Nato verso il 185 in una famiglia cristiana di Alessandria, perdette il padre Leonide durante la persecuzione di Settimio Severo (202). Poiché l'amministrazione imperiale confiscò il suo patrimonio, dovette dedicarsi all'insegnamento per sopravvivere e sostenere la sua famiglia. Gli fu affidata la scuola dei catecumeni in Alessandria, che diresse conducendo una vita esemplare. È durante questo periodo che avvenne la sua famosa auto‑castrazione. Negli anni che vanno dal 203 al 231, nei quali diresse la scuola d'Alessandria, si recò a Roma, in Arabia e in Palestina in occasione del sacco di Alessandria per mano di Caracalla. Ordinato sacerdote mentre era di passaggio a Cesarea, Demetrio di Alessandria, secondo Eusebio, mosso dall'invidia, convocò un sinodo nel quale, argomentando che un eunuco non poteva essere ordinato sacerdote, Origene fu scomunicato. Nel 231 un altro sinodo lo depose dal servizio sacerdotale. Alla morte di Demetrio (232), Origene ritornò ad Alessandria, ma Eraclio, il nuovo vescovo, rinnovò la scomunica. Di fronte ad una tale situazione, Origene partì per Cesarea di Palestina, cominciando una nuova vita, giacché il vescovo di questa città gli affidò una nuova scuola di teologia. Verso il 244 tornò in Arabia, cercando di convincere il vescovo di Bostra, Berillo, dell'errore del suo monarchismo. Dopo aver sopportato numerose sofferenze durante la persecuzione di Decio, morì a Tiro nel 253. Dopo la sua morte si discusse, con ragione, del carattere eterodosso di alcune delle sue idee. Verso il 400, Epifanio di Salamina lo condannò in un sinodo che ebbe luogo vicino Costantinopoli e il papa Anastasio fece lo stesso in una lettera pastorale. Il concilio di Costantinopoli (543) pronunciò quindici anatemi contro Origene, decisione che venne sottoscritta da Vigilio, vescovo di Roma, e dagli altri patriarchi.
OPERE
OPERE
Epifanio dice che Origene scrisse seimila opere, ma della maggior parte di esse, forse a causa delle controversie relative al carattere eretico delle stesse, conosciamo solo il titolo (di ottocento opere). La maggior parte di esse sono riferite alla Bibbia e i suoi Hexapla sono il primo tentativo di redigere un testo critico dell'Antico Testamento. In esso il testo è sviluppato in sei colenne: ebraico con alfabeto ebraico, ebraico con alfabeto greco, la traduzione greca di Aquila, la traduzione greca di Simmaco, i LXX e la traduzione di Teodozione. Ai salmi aggiunse tre versioni in più formando le Enneapla. Inoltre redasse un'altra edizione in solo quattro colonne, le Tetrapla. Scrisse inoltre omelie, commenti e chiose su tutti i libri dell'Antico e del Nuovo Testamento. Scrisse anche diverse opere dogmatiche (Il Perì Archon, la Disputa con Eraclide, il trattato Sulla risurrezione, ecc.) e apologetiche, di cui la più importante è Contro Celso.
TEOLOGIA
TEOLOGIA
In quanto alla dottrina della divinità, Origene usò frequentemente il termine « Trinità », rifiutando il modalismo che non faceva distinzione fra le tre Persone divine. Sottolineò che il Figlio non ebbe principio né ci fu un tempo in cui non esistette. Inoltre coniò il termine « consostanziale » (homousios) che tanta importanza avrà nell'opposizione ad Ario. Malgrado ciò, Origene suppose un ordine gerarchico all'interno della Trinità, e ciò spiega la successiva accusa di subordinazionismo. In campo mariologico, benché Sozomeno (HE, VII, 32) sottolinei che Origene chiamasse Madre di Dio (Theotokos) Maria, non ci è giunto nessun passo in cui si possa convalidare tale affermazione. È certo invece che Origene ha insistito sulla necessità di considerare Maria come Madre per poter comprendere il Vangelo (Comm. In Ioh., I, 6). In campo ecclesiologico, Origene considerava la Chiesa popolo dei credenti e corpo di Cristo. Fuori di essa, nessuno può salvarsi né può avere la fede, giacché gli eretici non possiedono la fede, ma solo una vana credulità. In campo sacramentale, Origene sostenne il battesimo dei bambini (Hom. in Lev., VIII, 3) come mezzo per la remissione del peccato originale. Credeva in una sola remissione di peccati, quella battesimale, sebbene per ottenere il perdono dei peccati commessi dopo il battesimo enumeri altri sette mezzi: il martirio, l'elemosina, il perdono di chi ci ha offeso, la conversione del peccatore, la pratica dell'amore e la confessione del peccato, in alcune occasioni sembra fare riferimento ad un sacerdote, e in altre ad un credente maturo il quale deve consigliare se il peccato commesso debba essere confessato in pubblico oppure no. L'idolatria, l'adulterio e la fornicazione sembrano riservate al perdono sacerdotale, ma dovono essere precedute da una penitenza pubblica e prolungata. In quanto all'Eucaristia, coesiste in Origene un'interpretazione allegorica (che identifica il corpo e il sangue di cui parla la Scrittura con l'insegnamento di Cristo) ed una reale, con la quale Origene afferma che, per mezzo dell'orazione, il pane si converte in corpo santo. Origene sembra sostenere che l'interpretazione letterale era quella comune nella Chiesa, ma destinata alle anime semplici (In Mat., XI, 14), mentre quella simbolica è più degna di Dio ed è sostenuta dai sapienti (In Ioh., XXXII, 24; In Mat., LXXXVI). Dubbiose però furono le sue idee escatologiche, giacché negava il castigo eterno dei condannati sostituendolo con un fuoco purificatore per tutti, che si sarebbe concluso con la salvezza universale, senza escludere né Satana né i demoni, in un processo di restaurazione cosmica o apokatastasi. Questa tesi, unita a quella della preesistenza delle anime, un residuo platonico, e alcune conclusioni derivate da una eccessiva allegorizzazione del testo biblico, come quella di attribuire uno stato spirituale e senza corpo fisico agli esseri umani prima della caduta, furono giustamente condannate dalla Chiesa in varie occasioni, come del resto abbiamo già precedentemente sottolineato.