Alla morte di Mensurio, avvenuta nel 311, tre vescovi africani elessero come successore di quest'ultimo il diacono Ceciliano. Ciò provocò una reazione negativa da parte dei cristiani estremisti i quali accusarono Ceciliano di aver consegnato le Scritture alle autorità civili durante le persecuzioni. Settanta vescovi della Numidia, riunitisi a Cartagine, annullarono l'elezione di Ceciliano e nel 312 elessero Maggiorino, probabilmente corrotti da Lucilla, un'abbiente matrona avversa a Ceciliano. Alla morte prematura di Maggiorino, la successione toccò a Donato. Nel 313 i donatisti ricorsero a Costantino per ottenere da quest'ultimo una mediazione dei vescovi della Gallia per la risoluzione del problema. Nell'ottobre di quell'anno si riunirono a Roma vari vescovi, galli e italici, sotto la presidenza del vescovo della città, papa Milziade, decidendo in favore di Ceciliano. I donatisti fecero appello all'autorità di un concilio che si tenne ad Arles nel 314, nel quale si ottenne il risultato contrario. Nel 316 Costantino scelse di impiegare, contro questi ultimi, la forza e ne esiliò i capi. Malgrado ciò, lo scisma non ebbe termine. Di fatto, nel 321 Costantino promulgò un editto di tolleranza che permise il rimpatrio degli esiliati. Successivamente, Donato, che condivideva l'opinione di molti cristiani africani, contrari all'intervento dell'imperatore nella vita della Chiesa e che consideravano il potere politico come qualcosa di anticristiano e tuttora incrostato nel seno della comunità, creò tutta una struttura ecclesiastica parallela, convinta di essere la Chiesa pura di fronte ad una Chiesa rilassata e semi‑apostata. Nel 347, Costante inviò due funzionari, Macario e Paolo, per porre fine allo scisma. Donato si oppose a tale misura imperiale in materia religiosa. Macario allora rispose con la persecuzione del donatismo, dei suoi adepti, delle sue comunità e con l'esilio dei dirigenti fra i quali Donato. Quando, nel 362, Giuliano autorizzò il ritorno degli esiliati, Parmeniano (m. 391) riorganizzò il movimento donatista e riuscì a porre il gruppo cattolico in posizione di minoranza dalla quale emergerà soltanto alla fine del IV secolo con Aurelio di Cartagine e Agostino di Ippona, i quali però, molto probabilmente, non avrebbero trionfato senza l'appoggio militare dell'imperatore. Dopo il concilio di Cartagine del 404, Onorio, promulgò nel 405 un editto contro gli scismatici. Nel 411 una conferenza, alla quale parteciparono cattolici e donatisti, celebratasi a Cartagine, si concluse con la vittoria dei cattolici poiché il nuovo capo donatista, Petiliano di Costantinopoli, non soltanto non fu all'altezza dei suoi predecessori, Donato e Parmeniano, ma non riuscì ad abbattere l'armatura teologica costruita da Agostino di Ippona su cui contava la fazione cattolica. Questo rovescio degli scismatici animò Onorio, il quale promulgò l'anno seguente un altro editto repressivo contro costoro. In poco tempo il movimento donatista si vide schiacciato dalle forze imperiali e finì per degenerare, negli ultimi anni, in gruppi armati dediti al banditismo- come nel caso dei circumcellioni- il cui interesse sembra essere stato più nazionalista e sociale che religioso.