Uno dei capi della scuola catechetica di Alessandria del IV secolo che si chiuse poco dopo la sua morte. Nacque intorno al 313 rimanendo cieco a quattro anni. Benché fosse carente di originalità, ebbe come suoi discepoli Girolamo e Rufino e ciò, unito al suo ascetismo- infatti condusse una vita da eremita-, lo portò a godere di un certo rilievo durante la sua epoca. Si spense verso il 398.
OPERE
Fu autore di tre libri Sulla Trinità, un trattato Sullo Spirito Santo e un altro Contro i Manichei. Scrisse anche diversi commenti ai libri dell'Antico e del Nuovo Testamento dei quali solo alcuni frammenti ci sono pervenuti. Sono andati perduti i suoi dodici libri Sui dogmi e Contro gli ariani, il suo volume Sulle sètte e la sua Difesa di Origine.
TEOLOGIA
Benché non fosse un brillante pensatore, Didimo contribuì notevolmente alla comprensione della Trinità con la sua formula: « Una sostanza e tre ipostasi ». Difese anche l'esistenza di un'anima umana nella persona di Cristo, ma non parla di fusione della natura umana e divina bensì dell'esistenza di due nature e di due volontà. Partendo dalla cristologia, Didimo si occupa della dottrina dello Spirito Santo che considera increato come il Figlio. È Dio ed è uguale al Padre. Lo Spirito Santo è il dispensatore di grazie divine nella Chiesa. Grazie a lui, la Chiesa si trasforma in madre dei cristiani ai quali dispensa la luce attraverso il battesimo. Ciò nonostante, Didimo preferisce chiamare la Chiesa Corpo di Cristo anziché Madre. Per Didimo il peccato originale consiste nella caduta di Adamo ed Eva e viene trasmesso dai genitori ai figli attraverso l'atto sessuale, il che spiega perché Gesù dovesse essere partorito da una vergine. Il battesimo cancella il peccato originale ed ha come conseguenza l'adozione a figli di Dio. Per questo motivo il battesimo è indispensabile per la salvezza sebbene possa venire sostituito dal martirio. Didimo nega inoltre la validità del battesimo dato dagli eretici. La mariologia di Didimo insiste sul fatto che Maria fu sempre vergine; inoltre insiste nel chiamarla Madre di Dio (Theotokos). Sul piano antropologico, Didimo condivideva l'errore origenista di sostenere che l'anima fosse stata rinchiusa nel corpo come castigo per i precedenti peccati, appoggiando in questo modo l'idea platonico‑origenista della preesistenza. Sul piano escatologico, benché Girolamo (Adv. Ruf., I, 6) sostenesse che Didimo era anche origenista credendo in una salvezza universale alla fine dei tempi, è certo che a partire dai suoi scritti risulta difficile accettare una tale opinione. D'altronde è innegabile che negli stessi scritti Didimo parli ripetutamente dell'inferno e dell'eterno castigo (De Trin., II, 12; II, 26). Quasten ha sottolineato che la testimonianza di Girolamo può considerarsi corretta posto che Didimo intendesse per salvezza universale che nel mondo futuro non ci sarà più peccato e che gli angeli desiderino essere redenti, ma entrambe le affermazioni non necessariamente devono vedersi contrapposte alla tesi di un castigo eterno per i condannati. Da Origene però Didimo sembra aver ereditato l'idea di purgatorio.