La problematica dello sviluppo culturale trova un'espressione originale nell'insegnamento sociale della Chiesa. Questo insegnamento, che si radica nel messaggio evangelico e in una lunga tradizione d'impegno al servizio della giustizia, ha trovato una formulazione più sistematica nel momento della rivoluzione industriale, con l'enciclica Rerum Novarum: 1891. Seguirono numerosi documenti che precisavano la dottrina cattolica secondo le circostanze e le sfide nuove: problemi riguardanti il capitalismo, il socialismo, il comunismo, il fascismo, la guerra, la pace, la decolonizzazione e l'indipendenza delle nazioni giovani. In tutti questi interventi, la Chiesa adotta, per definizione, un approccio etico e religioso, sempre attento, prima di tutto, all'aspetto umano dei problemi, all'ottica culturale, come ora si dice.
Mondializzazione dei problemi
Mondializzazione dei problemi
Oggi, dopo una lunga maturazione dei problemi, i cattolici prendono coscienza che la questione sociale è diventata mondiale. In questo contesto, a livello di mondo, il problema dello sviluppo occupa un posto del tutto centrale.
I documenti fondamentali della Chiesa sullo sviluppo dei popoli sono le encicliche: Populorum Progressio (PP) di Paolo VI (1967) e Sollicitudo Rei Socialis (SRS) pubblicata da Giovanni Paolo II venti anni dopo, nel 1987, e Centesimus Annus, pubblicata nel 1991. Il pensiero della Chiesa in questa materia non può essere apprezzato a giusto titolo che se è compreso in una prospettiva nettamente culturale. E sempre l'orizzonte delle culture e della civiltà che è ricordato nell'impegno per lo sviluppo dei popoli e di tutti i gruppi umani.
Sviluppare tutto l'uomo ed ogni uomo
Sviluppare tutto l'uomo ed ogni uomo
L'espressione chiave dell'insegnamento di Paolo VI nella PP è « lo sviluppo integrale dell'uomo e lo sviluppo solidale dell'umanità ». I due aspetti, individuale e collettivo, sono inseparabili: « Lo sviluppo integrale dell'uomo non può aver luogo senza lo sviluppo solidale dell'umanità ». Ciò, è legato all'avvenire della civiltà: « In questo cammino siamo tutti solidali... La sopravvivenza di tanti bambini innocenti, l'accesso a una condizione umana di tante famiglie sventurate, la pace del mondo, l'avvenire della civiltà sono in gioco ». L'essenziale del messaggio si riassume in queste parole: « Lo sviluppo non si riduce alla sola crescita economica. Per essere autentico, deve essere integrale, il che vuol dire è volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l'uomo »: PP, 5, 43, 80.
Lo sviluppo, nome nuovo della pace
Lo sviluppo, nome nuovo della pace
Quasi ad ogni pagina, Paolo VI parla di cultura, di civiltà, di umanesimo, per dimostrare che nessuno sviluppo degno di questo nome è possibile senza una comprensione delle condizioni culturali del progresso dei popoli. Questa è la chiave di lettura del messaggio sullo sviluppo.
Lo sviluppo è compreso nella prospettiva più realistica possibile: Paolo VI richiama continuamente le realtà morali che sottendono tutto il progresso umano. Cultura, sviluppo e pace costituiscono un'unica cosa ed egli lo ha proclamato in una formula che ha colpito le immaginazioni: « Lo sviluppo è il nuovo nome della pace ».
La cultura e la giustizia sono indissociabili e devono essere promosse insieme. La giustizia o lo sviluppo non si ottengono unicamente attraverso pianificazioni economiche o progetti tecnici. La giustizia non è neppure il risultato automatico di un'azione violenta. Per instaurare nel mondo una situazione di giustizia, è indispensabile costruire « una civiltà della solidarietà mondiale », afferma Paolo VI. In altri termini, i fratelli devono porgere aiuto ai propri fratelli. E la coscienza mondiale della famiglia umana che è necessario promuovere. Il Vaticano II e gli ultimi papi hanno fortemente insistito sul principio della solidarietà universale dei popoli.
Occorre, contemporaneamente, raggiungere la cultura degli oppressi e quella degli oppressori, dei ricchi e dei poveri, dei donatori e dei beneficiari, delle nazioni opulente e dei paesi che aspirano ad uscire dalla miseria. E il senso più profondo dell'insegnamento della Chiesa sulla giustizia e lo sviluppo, che è, in definitiva, un appello alla fraternità umana. Non si otterrà un vero sviluppo che raggiungendo sia il dinamismo culturale dei ricchi che quello dei poveri. Da parte dei popoli più ricchi è necessaria una revisione culturale profonda perché si pongano all'ascolto degli uomini, loro fratelli, che sono nel bisogno e nella miseria. Anche da parte dei paesi economicamente poveri che vogliono accedere alla modernità, sono necessari dei cambiamenti culturali perché sarà loro necessario accogliere i valori della società industriale e tecnica, senza sacrificare l'essenziale delle loro tradizioni ancestrali.
Bisogni elementari fisici e morali
Bisogni elementari fisici e morali
E dunque falso il contrapporre le richieste di giustizia e le esigenze della cultura, perché l'opera di giustizia è una delle più alte realizzazioni umane. E propriamente un'opera di civiltà e di elevazione dell'uomo. I bisogni elementari dell'uomo non sono soltanto di ordine fisico o materiale: essi sono allo stesso modo di ordine spirituale e culturale. L'uomo, certo, ha il bisogno essenziale di nutrirsi, d'essere curato, di trovare dove porsi al riparo, nella sicurezza, ma ha egualmente il bisogno vitale di sapere, di comprendere il mondo che cambia, d'essere rispettato nella propria identità, per affermarsi e crescere nella propria cultura. L'uomo aspira, dunque, con tutte le sue forze a soddisfare insieme i bisogni elementari di giustizia e di cultura.
La riflessione della Chiesa sulle esigenze di giustizia nel mondo insiste, a buon diritto, sulle interrelazioni concrete che esistono tra cultura, educazione, promozione dello sviluppo, lotta contro la fame, azione per la guistizia e la pace. Si tratta, dice Giovanni Paolo II all'UNESCO nel 1980 « di un vasto sistema di vasi comunicanti ». In nome stesso della giustizia, la Chiesa rifiuta tutti gli umanesimi chiusi su se stessi che finiscono per tradire l'uomo.
Appello alla coscienza universale
Appello alla coscienza universale
Giovanni Paolo II riprende, approfondendoli, i principi della Populorum Progressio. L'idea centrale è che lo sviluppo umano non può essere realizzato senza richiamarsi alla coscienza e alla solidarietà morale dei nostri contemporanei, ricchi o poveri, tutti impegnati nel vero progresso della famiglia umana e tutti corresponsabili. Sollicitudo Rei Socialis (SRS) sottolinea « la stima per la cultura e la civiltà tecnica che contribuiscono alla liberazione dell'uomo », ma riafferma con forza che lo sviluppo non può ridursi ai suoi aspetti tecnici ed economici. In altri termini, la Chiesa ricorda alla coscienza universale che non c'è vera promozione se non si parte dalla dimensione sociale, culturale e spirituale dell'uomo. La liberazione dell'uomo non si realizza che nella verità e la giustizia.
Le povertà materiali e culturali
Le povertà materiali e culturali
L'esperienza deludente di tre decenni di sviluppo viene a rinforzare questa analisi. Malgrado i numerosi sforzi, il mondo non è riuscito ad agire in profondità sulle cause del sottosviluppo di tante persone e gruppi umani. In molte parti del mondo, la miseria si è considerevolmente aggravata, e l'accelerazione dei cambiamenti sociali ha reso ancor più intollerabile la disparità tra gli esseri umani. A diverse riprese, Giovanni Paolo II utilizza nella SRS, l'espressione « vivere senza speranza » per descrivere la tragedia umana dell'estrema povertà. E dunque necessario rivalutare moralmente il senso della povertà che opprime tanti nostri fratelli. C'è, dunque, l'indigenza materiale, la mancanza di beni essenziali che riduce la vita ad un livello infra‑umano; ma c'è anche la povertà causata dalla privazione violenta dei diritti elementari della libertà sociale, culturale, religiosa. Questa povertà può essere molto grave, più penosa della stessa povertà materiale. L'azione per lo sviluppo riguarda dunque non soltanto i paesi del terzo mondo, ma anche tutti i paesi in cui l'uomo è oppresso fisicamente, culturalmente e spiritualmente. La sovranità e l'identità culturali di ogni popolo costituiscono obbiettivi fondamentali di promozione umana. Se l'opzione o l'amore preferenziale per i poveri mira particolarmente al terzo mondo, non si possono ignorare tutti quelli che, anche nei paesi più avvantaggiati, sono oppressi dall'indigenza materiale e culturale e sono trattati in maniera indegna. Lo sviluppo riguarda tutti i poveri del mondo.
Tensione disastrosa tra i blocchi
Tensione disastrosa tra i blocchi
Le diverse forme di povertà sono state aggravate dal fatto che tutta l'umanità è stata oppressa da una dura tensione tra i blocchi ideologici dell'Est e dell'Ovest, che ha prodotto un « gigantesco ingranaggio » dividendo il mondo in due concezioni opposte e criticabili dello sviluppo. Questa « situazione anormale » ha avuto per disastrosa conseguenza la concentrazione di immense risorse nei programmi militari di sicurezza, privando così la famiglia umana dei mezzi necessari allo sviluppo di tutti. C'è da augurarsi che la cooperazione tra l'Occidente e l'Est dell'Europa contribuisca allo sviluppo economico e culturale delle parti interessate come delle nazioni del terzo mondo.
Le radici culturali e morali del sottosviluppo
Le radici culturali e morali del sottosviluppo
Un'analisi veramente realistica delle forme attuali del sottosviluppo porta a riconoscere che le povertà del nostro tempo sono radicate in fattori politici e, alla fine, in un male morale dovuto alle colpe e alle omissioni di molte persone. Sarà dunque necessario agire a livello del peccato sociale o delle strutture di peccato, intese come la somma o la risultanza di mancanze e di omissioni di una moltitudine d'individui. L'obbiettivo positivo è quello di costruire un avvenire umano più degno per tutti e la sfida dello sviluppo appare dunque come un appello pressante alla fraternità universale, sola realtà dinamica capace di ridefinire il vero progresso partendo dall'essere autentico dell'uomo. Limitarsi soltanto a obbiettivi economici o all'accumulo di beni materiali significa tradire le vere finalità dello sviluppo. Una profonda riforma morale e culturale s'impone se il nostro mondo vuole rimanere padrone del proprio destino comune. Bisognerà, in particolare, rivalutare il senso del lavoro umano, degli scambi e degli aiuti economici, delle iniziative locali e regionali, del commercio internazionale, della responsabilità civica in tutti i paesi, ricchi e poveri. Giovanni Paolo II invita i nostri contemporanei ad un grado superiore di organizzazione internazionale e cita spesso le realizzazioni delle Nazioni Unite, chiamate ad un'opera sempre più efficiente e solidale.
Rovesciare le culture egocentriche
Rovesciare le culture egocentriche
I cristiani sono convinti che, di fronte alla sfida dello sviluppo, la luce del Vangelo perverrà finalmente a trasformare le culture dominanti che frenano scandalosamente i tentativi di promozione generale e minacciano l'avvenire dell'uomo nel mondo. Occorre rovesciare la cultura della società dei consumi, le ideologie oppressive e la pura rassegnazione di fronte alla miseria delle masse. Siamo, invece, chiamati a instaurare una cultura della solidarietà e dell'impegno efficace a servizio del bene di tutta la famiglia umana.
Nella cultura contemporanea, si manifestano tendenze ed aspirazioni positive (SRS, 26) che potranno favorire l'impegno comune per lo sviluppo umano: una maggiore sensibilità per la giustizia e i diritti umani, un accresciuto senso di interdipendenza e di corresponsabilità per il bene comune dell'umanità, un maggiore impegno per la difesa della vita e della pace, una maggiore preoccupazione per l'ecologia. La Chiesa, in virtù della sua missione, si sente profondamente impegnata nell'opera della promozione umana che la nostra epoca reclama.
Per una nuova cultura della solidarietà
Per una nuova cultura della solidarietà
Un appello energico è dunque rivolto a tutti i popoli e a tutte le persone per suscitare un indispensabile movimento di solidarietà umana capace di affrontare efficacemente i doveri urgenti e gravi dello sviluppo. E il solo mezzo morale capace di promuovere lo sviluppo integrale di tutti gli uomini e di tutte le donne del nostro tempo, di edificare una pace duratura. L'enciclica SRS traduce questo obbiettivo nell'espressione: « Opus solidaritatis pax », la pace è opera della solidarietà.
La sfida può sembrare umanamente sproporzionata, ma la Chiesa non dubita della forza dell'amore e della fraternità ispirata dal Vangelo. Il papa afferma: « La solidarietà è indubbiamente una virtù cristiana »: SRS, n. 40. Questo messaggio si rivolge a tutti i credenti per suscitare le collaborazioni necessarie. Aggiungiamo che tutti, ispirati o non da una fede religiosa, sono chiamati d'urgenza ad un cambiamento degli atteggiamenti spirituali che condizionano i rapporti tra tutti gli uomini. Bisogna ritornare ad un amore elementare del fratello per il fratello nello spirito di una civiltà dell'amore.
E a questo livello delle mentalità, dei modi di pensare, di lavorare, di fare politica e di percepire la famiglia umana che bisogna agire. Le culture stesse devono essere cambiate perché la giustizia diventi operante, perché le ingiustizie siano combattute con efficacia. Questa concezione culturale dello sviluppo è, in fondo, la sola realistica perché essa sola si richiama alla dinamica più profonda delle nostre società e alla psicologia dei nostri contemporanei.
I due documenti della Chiesa PP e SRS si presentano come la Magna Charta dello sviluppo integrale dell'uomo che aspira alla propria promozione economica, culturale e spirituale.
Questi principi illustrano l'azione delle persone e dei gruppi impegnati nei compiti dello sviluppo culturale.
Vedi
Sviluppo culturale
Civiltà dell'amore
Bibl.: H. Carrier 1990a, 1993b. G. Filibeck 1991. O.I.C. 1989.