I rapporti tra la scienza e la fede non sono stati sempre facili. Come ha ricordato il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha largamente contribuito al progresso della cultura, ma, per ragioni storiche, « l'accordo fra la cultura e la formazione cristiana non si realizza sempre senza difficoltà »: GS, 62.
E nel secolo scorso che la tensione si è fatta più viva, quando il liberalismo e il positivismo hanno attaccato le posizioni tradizionali della Chiesa.
In nome delle nuove scienze e delle nuove filosofie, Leone XIII ha raccolto questa sfida ed ha dimostrato, a più riprese, che queste calunnie erano in grave contraddizione con il vero atteggiamento della Chiesa nei confronti della scienza, della ricerca, della filosofia. La Chiesa, diceva il papa, accoglie con gioia tutto ciò che allarga il campo della scienza, tutto ciò che permette di esplorare meglio la natura, tutto ciò che contribuisce a migliorare la condizione umana. Non ci può essere contraddizione tra ciò che la scienza scopre di vero e le verità rivelate, poiché ogni verità procede da Dio: Immortale Dei, 1885.
E il principio fondamentale che il Vaticano II ha riaffermato con chiarezza ottanta anni più tardi. Le tensioni tra la Chiesa docente e i rappresentanti più qualificati della scienza si attenuarono a poco a poco, proprio a causa della riforma intellettuale che Leone XIII, Pio XI e, più tardi, Pio XII e Paolo VI hanno suscitato, manifestando così l'interesse quasi connaturale della Chiesa nei confronti del progresso scientifico, caratteristica tra le più significative della cultura moderna. Pio XI ebbe il grande merito d'instaurare una profonda riforma delle facoltà ecclesiastiche, che incoraggiò lo studio delle scienze esatte e delle scienze umane. Nel 1937, egli inaugurò la nuova Pontificia Accademia delle Scienze. Pio XII, da parte sua, diede al mondo intero, nel suo lungo pontificato, una chiara testimonianza dell'interesse della Santa Sede per tutte le scienze, accogliendo moltissime delegazioni di specialisti e di esperti di tutte le discipline. Paolo VI egualmente si mostrò molto attento al mondo delle scienze, della cultura e dell'arte. E facile osservarlo nei suoi numerosi discorsi e nei documenti più importanti, quali la Popularum Progressio (1967), in cui il ruolo della scienza e della tecnica è fortemente sottolineato, e nell'Octogesima Adveniens (1971), in cui la funzione delle scienze umane è analizzata con grande penetrazione.
Nuovo dialogo
Nuovo dialogo
. Si può dire che nell'epoca moderna un cambiamento si è prodotto nelle relazioni tra il mondo scientifico e la Chiesa. Un nuovo tipo di dialogo si è andato instaurando tra la Chiesa e il mondo scientifico. Il Concilio Vaticano II ne è chiara testimonianza; la Gaudium et Spes, per esempio, insegna che le realtà terrene hanno le loro leggi e i loro valori propri ed è conveniente affermare che la loro « esigenza di autonomia è pienamente legittima ». Ed aggiunge che questa autonomia corrisponde alla volontà del Creatore, che ha fatto tutte le cose secondo la loro propria consistenza, il loro proprio ordine e le loro proprie leggi. Bisogna dunque rispettare tutto questo e « riconoscere i metodi particolari di ciascuna delle scienze e delle tecniche ». Nessun atteggiamento di timore deve sussistere, come se la ricerca scientifica potesse minacciare la fede o la morale. Il Concilio va anche oltre e deplora le paure ingiustificate di certi cattolici nei confronti della scienza. Il Vaticano II approfondisce la questione ammettendo che le ricerche più recenti possono porre nuovi problemi per la fede stessa. Ma questo esige indagini originali da parte dei teologi: GS, 36, 62.
E' un evento di vasta portata culturale l'attuale avvicinamento tra il mondo scientifico e la Chiesa cattolica. Ricevendo un folto gruppo di premi Nobel, Giovanni Paolo II diceva loro, il 9 maggio 1983: « La vostra presenza assume ai miei occhi un valore altamente simbolico, perché voi testimoniate che tra la Chiesa e la scienza un dialogo fecondo sta approfondendosi ».
Caso Galileo
Caso Galileo
L'attuale atteggiamento della Chiesa di fronte alla scienza è stato chiaramente illustrato dalla recente revisione del caso Galileo che per secoli è stato citato come prova della così detta intolleranza scientifica dei cattolici.
L'11 novembre 1979 Giovanni Paolo II parlando alla Pontificia Accademia delle Scienze chiese che il dibattito storico su Galileo fosse riaperto con la massima oggettività e franchezza, che i teologi, gli scienziati e gli storici riesaminassero il caso Galileo « nel leale riconoscimento dei torti, da qualunque parte provengano ».
Nel 1981 si costituì una commissione interdisciplinare per studiare l'intera questione; questa presentò al Papa il 31 ottobre 1992 la sua relazione in una solenne sessione della Pontificia Accademia delle Scienze.
Il Papa espose, in quell'occasione, importanti argomenti per precisare la posizione della Chiesa riconoscendo che, in conseguenza del caso Galileo, si erano venute sviluppando delle gravi incomprensioni tra la Chiesa e il mondo della scienza. « Una tragica reciproca incomprensione è stata interpretata come il riflesso di una opposizione costitutiva tra scienza e fede. Le chiarificazioni apportate dai recenti studi storici ci permettono di affermare che tale doloroso malinteso appartiene ormai al passato » (L'Osservatore Romano, 1o novembre 1992).
La Chiesa, da parte sua, ha percepito meglio, grazie ad una forma di maturazione e di purificazione intellettuale, la distinzione che esiste tra le teorie scientifiche e la rivelazione. Nella Bibbia non s'incontra alcuna teoria astronomica e non si può invocare lo Spirito Santo per garantire una spiegazione che riguarda la costituzione fisica della realtà. La Chiesa, come qualunque istituzione storica, è stata solidale di un'epoca culturale e dei suoi condizionamenti. Il papa riconosce l'errore d'interpretazione che si commise in quell'epoca: « La maggioranza dei teologi non percepiva la distinzione formale tra la Sacra Scrittura e la sua interpretazione; il che li condusse a trasporre indebitamente nel campo della dottrina della fede una questione di fatto appartenente alla ricerca scientifica » (ibid).
Galileo sofferse molto in questo frangente. La teoria copernicana, che sosteneva con argomenti, che tuttavia non erano decisivi nelle loro dimostrazioni, finì per imporsi sul terreno scientifico soltanto quando i suoi successori scoprirono argomenti conclusivi tratti dalla meccanica, dall'ottica e da calcoli matematici.
Galileo, nel suo tempo, non ha potuto offrire la conferma della teoria copernicana per mezzo di prove che fossero irrefutabili. Il metodo sperimentale esigeva ch'egli si limitasse a presentare la sua posizione come un'ipotesi e non come una tesi, così come aveva compreso prudentemente Copernico. Gli scienziati che riconoscono il genio di Galileo e il merito delle sue importanti investigazioni percepiscono anche meglio attualmente i limiti della sua metodologia e l'insufficienza delle sue dimostrazioni empiriche a conferma della teoria di Copernico.
Il mondo scientifico, d'altra parte, si è anche venuto maturando ed ha riportato tutta l'argomentazione nel contesto culturale di questa epoca, ha precisato la critica dei propri metodi ed ha riconsiderato i propri obbiettivi e le proprie grandi responsabilità di fronte al mondo moderno. Oggi si avverte una maggiore responsabilità degli scienziati nei confronti dei valori dello spirito e della morale, ciò che apporterà alle loro discipline una dimensione nuova e una nuova apertura verso l'universale. Le ricerche in corso sull'emergere della complessità e sull'integrazione dei diversi rami del sapere dovrebbero favorire una collaborazione più stretta tra gli scienziati e i teologi, al servizio della totale verità.
Il papa guardando al futuro ha chiesto ai teologi: E un dovere per i teologi « tenersi regolarmente informati sulle acquisizioni scientifiche per esaminare, all'occorrenza, se è il caso o meno di tenerne conto nella loro riflessione o di operare delle revisioni nel loro insegnamento » (ibid).
Più di una volta il papa ha lanciato invito agli scienziati perché collaborino. Nel 1983 ha trattato il caso Galileo di fronte ad un gruppo di premi Nobel sottolineando le conseguenze positive di questa disgraziata controversia: « La Chiesa e la scienza stessa trarranno profitto da questo, scoprendo con la riflessione e l'esperienza, a volte dolorosa, quali siano le vie che portano alla verità e alla conoscenza oggettiva ». E aggiungeva: « Che non si ponga alcun limite alla nostra comune ricerca del sapere!... Lasciate che l'inclinazione del vostro spirito vi porti verso l'universale e l'assoluto. Più che mai il nostro mondo ha bisogno d'intelligenze atte ad abbracciare gli insiemi e a far progredire il sapere verso una conoscenza umanizzata e verso la sapienza » (L'Osservatore Romano, 9 maggio 1983).
L'attuale posizione della Chiesa riguardo alla famosa controversia tolomeo‑copernicana ha avuto una sua grande chiarificazione in occasione del 450o anniversario della morte di Copernico e della pubblicazione del suo celebre trattato De revolutionibus orbium coelestium. In una lettera del 20 settembre 1993 al rettore dell'Università di Ferrara, dove Copernico conseguì il dottorato in diritto canonico, Giovanni Paolo II dà testimonianza di apprezzamento per l'autore di una delle più famose rivoluzioni scientifiche di tutti i tempi.
Copernico aveva compreso che il fatto di situare la terra al centro dei movimenti celesti costituiva un errore matematico, ma non riuscì a dimostrarlo con prove irrefutabili. Ciò nonostante, seguitò a sostenere con convinzione la teoria eliocentrica cercando di confermarla, benché senza esito. Per questo egli non volle pubblicarla come tesi definitiva a differenza di Galileo. Fu soltanto alla fine della sua vita, nel 1543, che i suoi discepoli pubblicarono il famoso trattato del maestro presentando la sua scoperta come ipotesi. Il papa sottolinea il valore dello scienziato che tentò di armonizzare la libertà del ricercatore con la fedeltà alla Chiesa. Copernico sapeva che la maggior parte dei teologi cattolici e protestanti del suo tempo rifiutavano la teoria eliocentrica come inconciliabile con la Bibbia, però continuò ad avanzare nelle sue ricerche con tutta lealtà e Giovanni Paolo II aggiunge: « Per la sua prodigiosa erudizione e la sua forza morale, Copernico incarna l'immagine dell'umanista prudente e audace, sempre preoccupato di conciliare l'insegnamento del passato con l'esplorazione valida delle nuove frontiere della scienza. Personalità eminente della scienza e della fede non pose limiti alla conoscenza della realtà e della verità. Rimanendo fedele al metodo scientifico più rigoroso, seppe situare le sue osservazioni in un ambito conoscitivo che includeva sia la filosofia che la teologia e quella conoscenza del creato che gli sembrava stesse nella linea della contemplazione del Creatore. Copernico ricorda ai nostri contemporanei che la grandezza del sapere ha la sua base in una disciplina intellettuale e in una forza spirituale capaci di motivare una vita tutta dedita allo studio e al servizio dei fratelli. Per questa ragione merita il nostro rispetto e la nostra gratitudine » (Lettera al rettore dell'Università di Ferrara, 20 settembre 1993. Bollettino Sala Stampa della S. Sede, n. 433, 19 ottobre 1993).
L'intervento del papa nella revisione della controversia tolomeo‑copernicana equivale al riconoscimento ufficiale, da parte della Chiesa, delle conclusioni a cui sono giunti la storia delle scienze e il progresso dell'esegesi per distinte vie. Gli scienziati e i teologi moderni, illuminati da questa eccezionale esperienza, troveranno per il futuro nella risoluzione di questo dibattito storico uno stimolo per approfondire il dialogo nella collaborazione interdisciplinare.
Legittimazione della scienza
Legittimazione della scienza
La Chiesa non è insensibile alla crisi della cultura scientifica. La scienza oggi rischia di corrompersi e di diventare uno strumento tecnico di dominazione o di manipolazione per fini economici e politici. Esiste una crisi di legittimazione della scienza. Questa entra in crisi quando la si riduce ad un modello puramente funzionale o utilitario. La scienza, che dovrebbe occuparsi della verità e del servizio all'uomo, rischia di ritorcersi contro gli stessi esseri umani. Ciò spiega la virulenza delle correnti antiscientifiche ed antintellettualistiche che nascondono anch'esse dei rischi propri, quali l'irrazionalismo, il nichilismo, i comportamenti istintivi. Di qui l'urgenza di difendere una scienza autentica, aperta al problema del significato dell'uomo e alla ricerca della verità integrale. La Chiesa non esita a farsi l'avvocata della scienza nel nome stesso della libertà di conoscere. Essa ricorda i problemi fondamentali che si pongono all'uomo di scienza: quali sono il ruolo e il fine della scienza? Riconosciamo che la scienza da sola « non è in grado di rispondere al problema del significato ». La cultura tecnico‑scientifica è in crisi perché ha dimenticato l'uomo nella sua totalità, ha trascurato il valore primario, che è la ricerca della verità. Pur nel rispetto delle esigenze metodologiche dell'astrazione e dell'analisi specialistica, non bisogna mai trascurare l'orientamento unitario del sapere. E soltanto in questo modo che si potrà superare la crisi della legittimazione della scienza: « Una scienza libera, dipendente unicamente dalla verità, non si lascia ridurre ai modelli del funzionalismo o ad altri modelli di questo genere, che limitino il campo conoscitivo della razionalità scientifica ». Giovanni Paolo II notava il paradosso: stiamo assistendo ad un vero rovesciamento della situazione ed è la Chiesa, un tempo accusata di oscurantismo, che ora si fa avvocato della scienza, della ragione, della libertà di ricerca: « Nel passato ci sono stati precursori della scienza moderna che hanno combattuto la Chiesa in nome della ragione, della libertà e del progresso. Oggi, di fronte alla crisi di significato che colpisce la scienza, alle molteplici minacce che assediano la libertà e al carattere problematico del progresso, i fronti della lotta si sono invertiti » (cf discorso a Colonia, 15 novembre 1980). E la Chiesa che ora difende la ragione e la legittimità di una scienza autentica.
Responsabilità morale
Responsabilità morale
E' per una ragione fondamentale che la Chiesa difende la scienza moderna, malgrado le occasionali deviazioni di cui può essere oggetto. Esiste un vincolo connaturale tra la scienza e la Chiesa. Per un autentico servizio all'uomo, scienza ed etica si richiamano a vicenda.
La Chiesa ha un interesse particolare riguardo alla responsabilità morale degli scienziati. Nel nostro tempo, la scienza è diventata un'istituzione che, nei paesi moderni, costituisce ciò che è chiamato il settore scientifico, vero potere capace di meravigliose realizzazioni, ma anche di opere di morte. In questa prospettiva, gli scienziati assumono una nuova responsabilità: l'avvenire delle nostre società e dell'intera umanità dipende dal loro atteggiamento morale. Giovanni Paolo II agli universitari spagnoli (3 novembre 1982) ha detto: « Uomini e donne che rappresentate la scienza e la cultura: il vostro potere morale è enorme! Voi potete fare in modo che il settore scientifico serva prima di tutto alla cultura dell'uomo e che mai si possa pervertire ad essere utilizzato per la sua distruzione ».
Un fatto culturale ed etico gravido di promesse nel mondo moderno è l'emergere di una comunità scientifica mondiale cosciente delle proprie responsabilità e del proprio potere morale. La collaborazione tra gli scienziati di tutto il mondo ha permesso di realizzare scoperte che sono state estremamente positive per il progresso dell'umanità intera, che suscitano la nostra ammirazione quali: la lotta contro le malattie e le epidemie, le scoperte di nuove fonti di alimentazione, l'intensificazione delle comunicazioni, la difesa dalle catastrofi naturali. Gli scienziati, tuttavia, devono essere vigilanti perché il loro potere non venga sfruttato contro il bene dell'umanità. La Chiesa fa appello a tutti gli scienziati del mondo perché resistano all'utilizzazione della scienza per scopi militari di aggressione o di distruzione. Tutti gli scienziati dovrebbero essere uniti in questo rifiuto della morte, al fine di disarmare la scienza e trasformarla in uno strumento di pace. L'uomo di scienza può essere paragonato al medico che fa giuramento d'impegnare tutte le proprie energie per guarire gli ammalati. La comunità scientifica internazionale, d'altra parte, non può essere assoggettata al dominio di qualche potenza o nazione: « Non basta che sia scomparso il colonialismo politico, occorre anche che cessi ogni forma di colonialismo scientifico e tecnologico ». La Chiesa si rallegra di poter dialogare con scienziati appartenenti a tutte le nazioni del mondo, senza distinzione di razza o di religione.
Promozione della ricerca
Promozione della ricerca
L'interesse particolare della Chiesa per la ricerca scientifica ha i suoi segni visibili nel sostegno che la Santa Sede prodiga a importanti centri di ricerca quali l'Osservatorio astronomico del Vaticano (la Specola Vaticana) e la Pontificia Accademia delle Scienze. Quest'ultima comprende ottanta accademici di rinomanza mondiale, designati senza alcuna restrizione di carattere raziale o religioso, e conta un buon numero di Premi Nobel. Pio XI diceva che l'Accademia serviva da « Senato accademico ».
Svolgendo i propri studi in piena libertà, l'Accademia partecipa anche all'insieme delle ricerche assunte da altri centri accademici e culturali della Santa Sede. Giovanni Paolo II riconosceva il suo contributo in questi termini: « Non posso non rallegrarmi con la Pontificia Accademia delle Scienze che abbraccia un numero sempre più grande di scienziati appartenenti a tutte le nazioni del mondo, senza nessuna discriminazione raziale o religiosa: è una forma di ecumenismo culturale che la Chiesa, promotrice di un verace ecumenismo religioso, non può non considerare con un senso di viva soddisfazione »: 12 novembre 1983.
L'attività scientifica e culturale della Santa Sede s'inserisce nella rete mondiale degli istituti superiori, diretti dalla Chiesa e dedicati alla ricerca e all'insegnamento universitario. Il numero di questi Istituti supera molte centinaia.
Vedi
Educazione
Modernità
Vaticano II e la cultura
Bibl.: H. Carrier 1985, cap. IX, 1990a. M. Gargantini 1985. J. Ladrière 1985. G. Minois 1991. P. Poupard 1983, 1984. T.F. Torrance 1980.