Ciò che qui specificamente ci interessa è comprendere che cosa psicologicamente significa per un fedele il fatto di appartenere ad un gruppo religioso. Delimitiamo il nostro argomento fermandoci inizialmente alle comunità cristiane e alla Chiesa cattolica in particolare, avendo per centro il punto di vista psico‑sociale e lasciando da parte gli aspetti tipicamente teologici e giuridici dell'appartenenza religiosa: G. Dejaive, 1977.
La nozione di appartenenza religiosa
Seguendo lo schema d'analisi in precedenza proposto per lo studio dell'appartenenza sociale, tratteremo l'affiliazione religiosa come un atteggiamento di comportamento. Dal punto di vista psico‑sociale, il senso di appartenenza ad una Chiesa equivale all'atteggiamento specifico del fedele in quanto tale. Questo atteggiamento corrisponde ad una struttura della sua psiche risultante da processi contemporaneamente percettivi, emotivi e motivazionali riguardo alla propria Chiesa. La sua appartenenza, in altre parole, è il suo modo di vedere e di conoscere la propria Chiesa, di aderirvi effettivamente e di lasciarsi da essa ispirare nel proprio comportamento.
Precisiamo ulteriormente come vada inteso il carattere speciale di questo atteggiamento del fedele. Esso può essere guardato come sorgente di atteggiamenti non religiosi, quali, per esempio, si possono dare sul piano sociale e politico. Un cattolico voterà destra, un protestante sinistra o viceversa. Ma questo modo di considerare l'appartenenza religiosa rimane esterno al fenomeno che stiamo studiando. Ciò che occorre raggiungere è il vincolo psicologico, l'attaccamento stesso alla Chiesa. Occorre prospettare l'appartenenza non soltanto come sorgente di atteggiamenti profani, ma come oggetto di un atteggiamento specifico da scrutare in sé, come una disposizione non riducibile a nessun'altra. Riassumendo, considereremo l'appartenenza religiosa come un atteggiamento specifico. L'appartenenza alla Chiesa, vista dallo psico‑sociologo, è dunque il dinamismo psicologico fondamentale attraverso cui il fedele percepisce la Chiesa, vi si identifica, aderisce ai suoi valori, se ne ispira per le sue scelte, le sue convinzioni, i suoi comportamenti. L'appartenenza religiosa appare allora come l'identificazione psico‑sociale del membro al proprio gruppo religioso: è il suo atteggiamento proprio di fedele.
Come questo atteggiamento di appartenenza viene osservato dal punto di vista delle scienze umane?
Genesi dell'atteggiamento
Genesi dell'atteggiamento
Sarà, in primo luogo, esaminata la genesi o la nascita dell'atteggiamento di appartenenza. E per le vie della conversione, dell'educazione e dell'istruzione religiosa che il fedele aderisce coscientemente alla Chiesa. Ciascuno di questi processi dovrà essere attentamente studiato in termini psico‑sociali. Vi si vedrà come si produca l'integrazione dei valori a livello della persona e come si realizzi l'integrazione del membro nella struttura istituzionale della Chiesa. Si tratta, insomma, di analizzare questo duplice fenomeno d'integrazione, a livello della personalità e in seno alle strutture ecclesiastiche.
La conversione, come modo di adesione religiosa merita un'attenzione particolare. Se, infatti, è attraverso una conversione che si accede alla vita di un gruppo religioso, si può notare tutta l'originalità di questo modo di affiliazione. Nessun'altra adesione sociale, all'infuori delle conversioni religiose, apporta un così forte capovolgimento nella psiche. La conversione ad una religione ridà alla personalità una nuova unità, reintegra tutti i suoi valori, le procura uno status di identificazione in un gruppo religioso. E, in definitiva, in rapporto a questi tre elementi funzionali che si esplica una conversione: un Io nuovo, situato nei confronti di una collettività religiosa, e polarizzato dalla coscienza di una chiamata divina. Siamo di fronte a tratti distintivi.
Non intendiamo, tuttavia, assimilare tutte le conversioni al medesimo modello e dobbiamo distinguere quelle che rivendicano le sette e le diverse denominazioni religiose, da quelle che introducono nella Chiesa. L'adesione « settaria » è spesso caratterizzata da insicurezza psico‑religiosa manifesta; non vogliamo, tuttavia, spiegare le « conversioni settarie » come se non fossero che la risultanza di situazioni socio‑economiche traumatizzanti, di compensazioni psichiche o di semplici forme di protesta sociale. Vi si trovano, al contrario, i tre elementi specifici della conversione: delle psicologie individuali, accoglienti lo status e il ruolo che offre un gruppo religioso (anche rudimentale), e soprattutto quell'elemento di credenza che è determinante se si vuol comprendere come un comportamento settario si distingua da un altro. Che la si chiami illusione o elementarismo religioso, la fede del convertito alle sette è la spiegazione ultima del suo comportamento: B.R. Wilson, 1990.
Con la conversione alla Chiesa è il riferimento istituzionale che è posto in rilievo. La Chiesa offre una stabilità istituzionale propria, ed è nell'irradiamento della sua influenza che ci si converte ad essa; essa offre la salvezza totale. La risposta del convertito riveste ad un tempo la forma di un'acquiescienza e quella di una celebrazione. Nessun comportamento psico‑sociale rivela una così netta unificazione delle motivazioni: tra il fedele, la sua devozione, la sua fede, il rito del battesimo, la sua Chiesa e il suo Dio si stabilisce una continuità spirituale che dà alla personalità religiosa la propria unità mentre la lega intimamente alla comunità dei credenti.
Sul piano delle rappresentazioni religiose, si opera una forma di interpenetrazione tra il sentimento e il rito, il rito e la Chiesa, la Chiesa e Dio; per il credente l'accedere al battesimo è l'affiliarsi alla Chiesa e l'affiliarsi alla Chiesa è diventare figlio di Dio. Nessun comportamento, al di fuori delle condotte religiose, abbraccia dimensioni che siano insieme così intime e così universali.
Ruolo dell'educazione
Ruolo dell'educazione
Il senso di appartenenza religiosa si coltiva anche per la via dell'educazione. Notiamo, a questo proposito, come caratteristica dei sentimenti religiosi, la loro straordinaria precocità. Tra gli atteggiamenti dell'età adulta (atteggiamenti politici, sociali ecc.) pochi risalgono fino alla lontana prima infanzia. L'influenza parentale e l'ambiente primario in generale costituiscono i quadri privilegiati allo schiudersi dei sentimenti di appartenenza religiosa. L'identificazione con la religione dei genitori si prolunga in un'identificazione più ampia: è la scoperta progressiva dell'istituzione religiosa da parte del bambino. Verso l'età di dodici anni, l'adolescente sembra aver assunto nettamente il significato della sua appartenenza spirituale; egli è in possesso di convinzioni personali - nell'ipotesi di un'educazione che sia progredita normalmente -. Dopo essersi identificato con la vita religiosa dei suoi genitori, egli s'identifica ora con la vita della sua Chiesa, con quel fervore nell'attaccamento che caratterizza le appartenenze spirituali coscientemente assunte.
L'insegnamento religioso perfezionerà l'integrazione psico‑sociale e spirituale del fedele nella comunità di fede. Una lunga esperienza ha rivelato alla Chiesa i modi propri che presiedono alle trasformazioni degli spiriti e delle culture. L'istruzione religiosa dei giovani è per la Chiesa un compito primordiale; il permanere stesso delle comunità religiose ne dipende. Una pedagogia autentica presuppone, tuttavia, che l'istruzione religiosa si prolunghi sufficientemente nella vita dell'adolescente per dare modo alle motivazioni religiose di illuminare e ispirare i lenti processi d'individuazione dei valori e d'integrazione profonda della personalità.
Per quanto riguarda la diffusione più generale del messaggio religioso, conviene notare il genere particolare d'interazione che si stabilisce tra il predicatore e il suo ambiente. L'educatore religioso trasforma gli atteggiamenti tenendo conto delle solidarietà che uniscono i suoi uditori rendendoli collettivamente favorevoli o refrattari alla Chiesa. Se un'identificazione molto stretta lega i fedeli alla propria Chiesa, non si deve dimenticare il persistere delle solidarietà primarie (famiglia, amici, gruppi intimi) che rinforzano e sostengono gli atteggiamenti spirituali anche nell'adulto religioso. Le connessioni che, dall'interno, collegano l'atteggiamento religioso alle comunità culturali e agli ambienti primari ci sembrano essere un tratto distintivo della psicologia del fedele. E il caso di tenerne conto in ogni sforzo d'inculturazione. Nessun altro atteggiamento, pensiamo, suppone una simile sintesi, neppure sul piano psico‑sociale.
Ruolo della comunità
Ruolo della comunità dei credenti
Per comprendere le differenziazioni interne di appartenenza religiosa, occorrerà osservare, nella loro complementarità, la partecipazione del fedele e la coesione del suo gruppo.
In ogni gruppo religioso, anche nelle sette, l'elemento specificante della coesione sociale è la credenza che vi si professa; è questa, in definitiva, che determina l'orientamento e il significato, anche psico‑sociale, dell'affiliazione religiosa.
Le comunità ecclesiastiche hanno la loro propria coesione; esse suscitano appartenenze fondamentalmente identiche dal punto di vista della teologia, ma si esprimono con partecipazioni più o meno strette, per cui lo status psico‑sociale del membro della Chiesa comanderà zone più o meno profonde del suo comportamento globale.
Tra i fattori che influiscono sulla coesione delle comunità ecclesiastiche, segnaliamo, in particolare, il ruolo del clero, nel suo aspetto istituzionalizzato e personalizzato e nella qualità della sua relazione coi fedeli. La dimensione numerica delle parrocchie favorisce la vita comunitaria o la rende impossibile quando si sono superati certi massimi o certi minimi degli effettivi; i movimenti, le associazioni e gli istituti religiosi sono pertanto strutture tipiche di partecipazione e di identificazione tra la persona, la Chiesa locale e la Chiesa universale. Dobbiamo, a questo proposito, sottolineare le relazioni che esistono tra la partecipazione comunitaria ed il proselitismo religioso. La comunità si manifesta e si rafforza interiormente aggregandosi continuamente nuovi aderenti.
Di quanto detto, si dovrà ritenere come elemento specifico dell'appartenenza alla Chiesa che questa richiede una partecipazione eminentemente personale, ma in un quadro altamente istituzionalizzato. Poche affiliazioni psico‑sociali impegnano in questo modo la totalità della persona, pur richiedendo un sostegno istituzionale così complesso.
L'immagine che il fedele si fa del proprio gruppo religioso locale ha un ruolo capitale nel suo apprezzamento della comunità di appartenenza e nella qualità della sua partecipazione psico‑religiosa. Occorre qui interpretare le situazioni oggettive che, apparentemente, deprezzerebbero lo status esterno dei gruppi religiosi (persecuzioni, rifiuti, ecc.) e vedere come queste situazioni sono religiosamente assunte, nella fede, da parte dei fedeli. L'apprezzamento spirituale delle solidarietà nate dalla fede costituisce, ugualmente, un tratto specifico delle appartenenze religiose. Lo si comprende soprattutto esaminando le « espressioni simboliche » tipicamente religiose della comunità cristiana: le solidarietà vi sono concepite come relazioni vitali all'interno di un Corpo vivo.
Il contesto culturale
Il contesto culturale
Il modo di appartenenza alla Chiesa potrà variare da un contesto culturale ad un altro, perché una dialettica particolare si stabilisce tra i valori culturali di una società e l'identificazione propria dei cristiani che vivono in quell'ambiente. Si distinguono tre contesti abbastanza tipici che possono condizionare l'identità del cristiano dal punto di vista psico‑sociale: la cultura di sostegno, come quella di molti paesi tradizionali in cui le appartenenze sociali e religiose si rafforzano reciprocamente; la cultura di rottura, in cui inferisce una situazione di rigetto, di persecuzione e di marginalizzazione dei cristiani; la cultura pluralistica che obbliga i cristiani a precisare la propria identità, in un ambiente in cui tutte le condizioni coabitano in un clima generale di indifferenza.
Le trasformazioni religiose
Le trasformazioni religiose
Anche nelle sue trasformazioni interne, l'atteggiamento religioso presenta tratti che lo differenziano dagli atteggiamenti profani. E soprattutto attraverso le rotture nell'unità delle sintesi spirituali che si dissolvono, si appiattiscono e si spengono i sentimenti religiosi. Si possono così tracciare certe vie che portano all'indifferenza, al disamore, alla scristianizzazione e all'incredulità religiosa. Esistono degli assoluti profani capaci di colmare il vuoto lasciato da una fede scomparsa? Le risposte negative date da molti psico‑sociologi a questo interrogativo riteniamo che pongano in rilievo la funzione propria del sacro nell'integrazione profonda della personalità, soprattutto se il sacro è contemporaneamente sia personalizzato che posseduto in comune.
A causa stessa delle motivazioni sacre ed assolute che l'accompagnano, il sentimento religioso gode di una stabilità particolarissima. Cambiamenti collettivi possono operarsi nei sentimenti religiosi, movimenti di indifferenza o di scristianizzazione; anche allora, tuttavia, delle persistenze e delle sopravvivenze tenaci stanno a testimoniare le influenze profonde, quasi non sradicabili, che le consuetudini religiose hanno lasciato nelle psicologie e nelle culture. Psicologi e etnologi si accordano nel riconoscere questo duplice tratto distintivo dei sentimenti religiosi: nessun atteggiamento offre una così grande resistenza al cambiamento, nessuno lascia tracce così persistenti nelle mentalità.
Si può, in un certo senso, dire che la caratteristica per eccellenza delle trasformazioni religiose, è il progresso spirituale, il movimento verso la santità. Nell'ottica dell'appartenenza alla Chiesa, la maturazione religiosa si esprime nell'apertura all'universale, nell'oggettivazione delle convinzioni personali che trasformano interamente la condotta, nell'assimilazione di una sapienza unificante. Appartenere alla Chiesa, per l'adulto religioso, è situarsi in rapporto all'universo degli uomini in cerca di salvezza e in rapporto a Dio. L'affiliazione religiosa è, in definitiva, un'accoglienza nella fede della Parola di Dio. Parola che suscita essa stessa e vivifica, agli occhi del fedele, la comunità dei credenti.
Questo atteggiamento fondamentale del membro della Chiesa ci offre la risposta alle apparenti antinomie che può suggerire l'identificazione personale ad una Chiesa: antinomia tra la libertà e l'appartenenza socio‑religiosa, tra la partecipazione istituzionale e il sentimento interiore, tra una religione personale e una religione sociologicamente intesa. Il sentimento di appartenenza, nel fedele, trascende queste distinzioni troppo sommarie. La psicologia sociale, che non intende trascurare né l'individuale, né il collettivo, ci serve da strumento privilegiato per osservare come si concilino e si arricchiscano, in una personalità adulta, il sentimento religioso intimo e l'appartenenza ad una comunità spirituale visibile.
L'appartenere ad una religione si accompagna ad una promessa di felicità e di progresso morale individuale e collettivo; ma ogni gruppo religioso deve continuamente superarsi per restare fedele alla propria vocazione e per evitare le tentazioni, più o meno coscienti, di egoismo o di chiusura culturale che spesso portano all'intolleranza e al settarismo. La maturità religiosa comporta una duplice apertura, cioè verso i fratelli nella fede e verso i fratelli di altre convinzioni. Al di là delle loro divergenze nella fede, c'è la speranza che il loro amore per Dio ispiri un comune amore per l'uomo. Questo richiede uno sforzo illuminato di dialogo interreligioso ed interculturale.
In conclusione, lo studio delle appartenenze religiose ci introduce in uno dei problemi più brucianti delle attuali culture: il bisogno urgente di difendere, nel medesimo tempo, l'identità religiosa di ogni gruppo e la comprensione tra le famiglie spirituali.
Bibl.: H. Carrier 1988. G. Dejaive 1977. P. Delooz 1969. H.J. Mol 1977. F. Oser et al. 1991. P. Tap. 1980. A. Battlori 1983. F. Garelli 1991, 1996. C.F. Lowe 1985. P. McDonough 1992. B. Secondin 1991. E.E Whitehead et al. 1990. J.P. Willaime 1992.