E' per l'intermediario dei « gruppi di riferimento » che, in modo privilegiato, si è vincolati ad una determinata cultura. La nostra identità si struttura nella relazione che il nostro Io ha con i gruppi a cui aderiamo o che costituiscono per noi fonte d'ispirazione. Si tratta, d'altra parte, di un fenomeno che la psicologia popolare sottolinea con espressioni di questo genere: « Tale il padre, tale il figlio » o ancora: « Dimmi con chi vai e di dirò chi sei ».
William James ha molto riflettuto, a suo tempo, sull'ambivalenza dei nostri sentimenti in relazione alle nostre diverse forme di fedeltà sociale. Egli citava, in questo senso, le parole di un magistrato nella condanna di un criminale: « Come uomo ho pietà di te, ma come responsabile del mio ufficio devo essere spietato nei tuoi confronti ».
Questi esempi stanno ad indicare fino a quale punto i nostri atteggiamenti si riferiscano ad un contesto psico‑sociale e questo contesto non sia una realtà statica o stereotipata. Esistono, come vedremo, molteplici modi di riferimento tra i nostri atteggiamenti e i gruppi che ci circondano. Albert Einstein, con umorismo, in occasione di una conferenza pronunciata alla Sorbona così si esprimeva: « Se la mia teoria della relatività sarà confermata, la Germania mi reclamerà come tedesco e la Francia dichiarerà che sono cittadino del mondo. Se la mia teoria risulterà falsa, la Francia dirà che io sono un tedesco e la Germania dirà che io sono un ebreo ».
Questi esempi ci sembra siano sufficienti a far emergere i dati che ci interessano: i nostri atteggiamenti si situano in un quadro di riferimento sociale e il nostro comportamento si riferisce ai gruppi coi quali siamo psicologicamente collegati. Illumina la questione il cammino percorso dai sociologi nell'analisi metodica di questi dati. Tre tappe delle loro ricerche possono essere brevemente ricordate.
Evoluzione del concetto
Evoluzione del concetto
La prima tappa ha condotto i sociologi a liberarsi dal positivismo di origine durkheimiana secondo cui la pressione sociale impone all'individuo valori che potremmo definire assoluti, sacri e unilaterali. Queste teorie sono state sostituite da concezioni più duttili e più realistiche riguardo alla dinamica psico‑sociale. Senza trascurare le influenze socioculturali sull'individuo, si è giunti a riaffermare con più chiara precisione la funzione originale e l'apporto specifico della persona nel contesto della vita collettiva.
Rigettate le tesi del determinismo sociale, la seconda tappa è consistita nell'analizzare più da vicino i rapporti reciproci tra la persona e i gruppi a cui essa appartiene. Un esempio: un uomo è padre di famiglia, lavora in una équipe di tecnici, è membro attivo di un partito politico, appartiene ad un determinato gruppo religioso, ecc. Come l'osservatore si rappresenta la rete delle influenze sociali che si esercitano sulla psiche e la condotta di questo individuo?
Un modo semplice di concepire questa rete di interazioni psicosociali consiste nel paragonare i gruppi di appartenenza di un individuo ad un piccolo universo sociale, ad una società in miniatura dotata di proprie norme, di una propria gerarchia, di modi propri di comunicazione, di propri codici di condotta, di proprie sanzioni. Un sindacato, un gruppo professionale, un gruppo di amici, un gruppo di attivisti sono altrettanti esempi di questi piccoli universi sociali. Se uno di questi gruppi mi accetta come membro, per questo fatto stesso m'impone i propri valori; io devo, in un certo senso, conformarmi alle sue norme implicite o formali per non essere esposto alle censure (verbali o tacite) degli altri membri; sono previste sanzioni per i casi seri di deviazione o d'indisciplina. La condanna definitiva sarà l'esclusione e la rottura della mia affiliazione. Se accetto le prescrizioni del mio gruppo di appartenenza, ne sono ricompensato, la mia partecipazione alla comunità di vita si fa più stretta, il mio comportamento riceve l'approvazione dell'opinione collettiva, il mio prestigio cresce e la promozione nella gerarchia del gruppo verrà forse a confermare la mia perfetta identificazione col gruppo stesso. I rapporti che esistono tra il membro e il proprio gruppo possono essere rappresentati come una specie di sistema sociale, o di microcosmo sociale, che incide sulle psiche, sugli atteggiamenti e sulla condotta dell'individuo.
Gruppo di riferimento e gruppo di appartenenza
Gruppo di riferimento e gruppo di appartenenza
Queste spiegazioni degli studiosi di psicologia sociale sono suggestive, ma richiedono un completamento perché insistono solo sui gruppi a cui realmente si appartiene e lasciano in ombra tutti gli altri gruppi a cui ci si può riferire nella propria condotta pur non essendone membri effettivi, per esempio una classe sociale a cui si aspira, o un gruppo prestigioso su cui si modella la propria condotta senza esserne, di fatto, membro.
Questo ci conduce a descrivere una terza tappa dell'analisi scientifica degli atteggiamenti collettivi. Questa tappa è stata raggiunta con i primi lavori di H. Hyman sui gruppi di riferimento. Il concetto di gruppo di riferimento è più ampio di quello di gruppo di appartenenza. Per gruppo di riferimento s'intende ogni gruppo a cui l'individuo si collega psicologicamente, sia che già ne faccia parte come membro, sia che desideri di esservi incluso sul piano della proiezione. Il gruppo di riferimento polarizza la psicologia e l'interesse pratico dell'individuo: può essere si tratti di un gruppo di appartenenza reale, come la propria famiglia, il proprio gruppo professionale o religioso, ma può anche trattarsi di un gruppo a cui ci si riferisce senza farne parte, per esempio un determinato gruppo sociale a cui positivamente si aspira, o un dato partito a cui ci si oppone.
La teoria dei gruppi di riferimento è relativamente recente. Hyman ne creò il concetto nel 1942. La nozione è stata ripresa e precisata da numerose ricerche in sociologia e in psicologia sociale. Ciò che costituisce l'originalità e la specificità della teoria non consiste nell'esplicitazione del vincolo che collega i nostri atteggiamenti ai nostri gruppi di appartenenza reale, ciò che già era stato acquisito, ma nell'aver sottolineato che i nostri comportamenti, i nostri atteggiamenti e i nostri giudizi sono influenzati anche da gruppi a cui non apparteniamo effettivamente come membri. Questa scoperta sembra essere di interesse capitale per comprendere certi fenomeni ambivalenti quali l'acculturazione progressiva, le aspirazioni sociali, la mobilità da una classe all'altra, le conversioni ideologiche o religiose, e per analizzare, su di un piano più generale, i conflitti di fedeltà che minacciano gli individui che vivono in una società fortemente differenziata, in cui l'integrazione sociale porta a scelte talvolta contraddittorie.
La teoria dei gruppi di riferimento dimostra, dunque, che i nostri atteggiamenti sono influenzati dai valori e dalle norme dei gruppi a cui psicologicamente ci colleghiamo, sia sul piano dell'appartenenza reale, che su quello della pura e semplice identificazione, o della proiezione negativa.
Questo quadro analitico sembra molto utile per interpretare i comportamenti psicosociali che si osservano nelle nostre società complesse. Data la divisione del lavoro e la differenziazione estrema delle funzioni e dei gruppi in queste culture, ognuno è posto di fronte ad affiliazioni concorrenti se non antagonistiche.
Tra i gruppi di riferimento, si possono distinguere vari tipi. Descriviamone alcuni. Il gruppo di riferimento può suscitare un atteggiamento di lealtà, come può ispirare il desiderio della rottura, della fuga, dell'antagonismo. Il gruppo di semplice riferimento potrà, in caso di conflitto, offrire la possibilità di un'evasione, potrà polarizzare un desiderio di promozione sociale, incarnare la speranza del cambiamento o della mobilità. Ci sono gruppi di riferimento a cui l'individuo si conforma e ci sono quelli contro i quali egli si ribella. Ci sono gruppi di riferimento a cui ci si identifica realmente, sia per trovare norme (o giustificazioni) della propria condotta, sia per definire o affermare se stesso, sia semplicemente per proiettare le proprie aspirazioni o precisare la propria radicale differenza.
Si vede subito che questo schema analitico ha le sue applicazioni nel campo dell'educazione, della vita morale e religiosa, nei quali i processi di identificazione individuale e sociale hanno un ruolo capitale. Lo studio dei gruppi di riferimento apporta un chiarimento indispensabile per la comprensione degli atteggiamenti e delle appartenenze.
Vedi
Coscienza collettiva
Atteggiamento
Appartenenza
Bibl.: H. Carrier et E. Pin 1967, cap. XVII. L. Gallino 1983. J. Maisonneuve 1966. M. et C. Sherif 1964. E. Singer et H.H. Hyman 1968. P. Tap 1980‑1981.