Civiltà dell'amore - DIZIONARIO DELLA CULTURA

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Civiltà dell'amore

C
Questa espressione creata da Paolo VI appartiene oggi al linguaggio corrente. Paolo VI ha parlato, per la prima volta, della civiltà dell'amore il giorno di Pentecoste 1970. Rivolgendosi alla folla dal suo balcone, egli ha detto: «E' la civiltà dell'amore e della pace che la Pentecoste ha inaugurata, e tutti sappiamo quanto il mondo d'oggi abbia bisogno di amore e di pace».
Questa bella espressione è stata in seguito costantemente ripresa e ripetuta sia di fronte a uditori cattolici, sia in incontri internazionali, per esempio, nel discorso che il Papa di consuetudine rivolge al Corpo diplomatico. Come spiegare il successo di questa espressione se non per il fatto che Paolo VI proclama in quel modo la ricerca della fraternità che è una delle maggiori aspirazioni dei nostri contemporanei? Con un sentimento d'amore ispirato al Vangelo, la Chiesa manifesta pubblicamente ch'essa s'identifica con la causa dell'uomo, praticando un tipo di comunione culturale, ed assumendosi questa «primaria universalità».
Il documento conciliare Gaudium et spes era riuscito a proclamare, in termini nuovi, l'amorevole attenzione della Chiesa per il mondo del nostro tempo. Paolo VI, come è noto, aveva voluto intervenire direttamente perché la Guadium et spes assumesse i tratti di una Costituzione uguale in dignità alle altre Costituzione del Concilio, in modo da sottolineare ancora più nettamente l'interesse centrale del Vaticano II per l'uomo storico e il mondo contemporaneo.
Questo messaggio d'amore per l'uomo moderno è stato magistralmente sottolineato nel discorso del Papa in chiusura del Concilio: «Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno. Riprovati gli errori, sì; perché ciò esige la carità, non meno che la verità, ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore. Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo: i suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette»: 7 dicembre 1965.
Il 10 gennaio 1968, Paolo VI ha indetto la prima Giornata mondiale della pace, celebrata poi ogni anno e che trova sempre una vasta eco nell'opinione pubblica. Per Paolo VI la pace, l'umanesimo e la cultura si costruiscono insieme: «Questa interiorizzazione della pace è vero umanesimo, vera civiltà»: 19 dicembre 1974. Questo messaggio universale di pace e di fraternità è stato proclamato con particolare solennità in occasione delle visite di Paolo VI e di Giovanni Paolo II nella sede delle Nazioni Unite, nel 1965 e nel 1979.
La Chiesa incessantemente ricorda che la civiltà ha il suo fondamento nell'Amore di Dio e degli uomini. La famiglia è la cellula fondante di ogni cultura. «Essa è una sapiente istituzione del Creatore per realizzare nell'umanità il suo disegno d'amore», come dice l'enciclica Humanae Vitae (1968), che aggiunge: «Difendendo la morale coniugale nella sua integrità, la Chiesa sa di contribuire all'instaurarsi di una civiltà veramente umana» n. 8, 18.
Nel 1967, Paolo VI aveva pubblicato l'enciclica Populorum Progressio che illustra, in maniera del tutto nuova, il vincolo dinamico che esiste tra il progresso umano e l'avvenire della civiltà. Il documento ha avuto un impatto profondo nella Chiesa e nelle nazioni. E un appello alla fraternità e alla solidarietà. «I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell'opulenza. La Chiesa trasale davanti a questo grido d'angoscia e chiama ognuno a rispondere con amore al proprio fratello»: n. 3. Lo sviluppo è in radice un'opera di giustizia, di amore, di cultura umana.
Nel 1987, Giovanni Paolo II ne prolungava l'insegnamento a vent'anni di distanza, riaffermando nell'enciclica Sollicitudo rei socialis il principio etico e culturale dello sviluppo autentico, ispirato dall'amore evangelico.
I cristiani devono riconoscere di avere una missione urgente: quella di far penetrare il messaggio evangelico nella civiltà moderna. L'impresa sarà difficile perché l'attuale cultura si è ampiamente dissociata dai valori del Vangelo. Che cosa significa « evangelizzare le culture », se non far penetrare il messaggio di amore del Cristo nell'intimo delle mentalità?
L'azione della Chiesa si estenderà ad una cooperazione con ogni persona di buona volontà, per difendere e promuovere la dignità, la giustizia e la cultura integrale di tutti gli esseri umani. Questa impresa presuppone un impegno a livello della cultura, considerata nel suo aspetto popolare ed antropologico, come anche nel suo aspetto umanistico, intellettuale, estetico, scientifico. Proporre una civiltà dell'amore esige, insomma, un vero atto di fiducia nell'avvenire della società umana, cioè una fiducia nella capacità reale della nostra umanità di costruire una forma di vita comune che realizzi la fraternità originaria dell'uomo.
Forte della sua fede in Cristo, la Chiesa propone per il nostro tempo molto più di un'utopia. Il suo progetto di una civiltà dell'amore continua a stimolare i cristiani che, nel rispetto della libertà, offrono al nostro tempo un ideale generoso per l'avvenire delle culture. Giovanni Paolo II ha costantemente riaffermato la validità e l'attualità di questo messaggio: «La Chiesa rispetta tutte le culture e non impone a nessuno la sua fede in Gesù Cristo, ma essa invita tutte le persone di buona volontà a promuovere una vera civiltà dell'amore, fondata sui valori evangelici della fraternità, della giustizia e della dignità per tutti»: Discorso al Pontificio Consiglio della Cultura, 15 gennaio 1985.

Vedi
Evangelizzazione della cultura

Bibl.: P. de Laubier 1990. H. Carrier 1985, 1987. J. Lavados et al. 1983.

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