Per analogia con il principio etico che afferma che i beni terrestri hanno una destinazione universale perché sono stati creati per il vantaggio di tutti, oggi si pone il problema se anche i beni culturali, come quelli materiali, abbiano una destinazione universale. In un mondo sempre più interdipendente, come bisogna intendere la partecipazione di ogni persona e di tutti i gruppi umani ai beni della cultura? In altri termini, le regole della giustizia distributiva trovano una applicazione stretta nel campo dei beni e dei diritti culturali?
E' inizialmente indispensabile una chiarificazione a proposito della comunicabilità dei beni culturali. Questo appartiene essenzialmente alla natura della cultura, al suo modo di acquisizione e di trasmissione. In questa questione che riguarda insieme la cultura e l'etica, il nostro punto centrale di riferimento è il bene della persona, prima creatrice e beneficiaria del progresso culturale. Ora, in una prospettiva personalistica, è ogni singola persona che si perfeziona con l'apprendimento, l'allenamento intellettuale, l'approfondimento della conoscenza e la creatività del proprio spirito. E un bene proprio della persona che chiamiamo colta l'aver saputo dispiegare i propri talenti. La cultura, certo, esige la trasmissione delle conoscenze, ma essa è, in radice, il risultato di uno sforzo di assimilazione e di perfezionamento personale. Essa è il risultato di un autosviluppo e di un autoarricchimento perché è la persona che coltiva se stessa. Nessun altro la può arricchire al suo posto. Dobbiamo quindi riconoscere questa parte di singolarità e di incomunicabilità in ogni cultura personale. Ne abbiamo un'intuizione acuta quando la morte ci priva di un grande scienziato o di un noto artista. Abbiamo allora l'impressione che sia accaduta una perdita irreparabile per la cultura. Ognuno si distingue per la cultura che è collegata ai propri talenti e per la somma delle conoscenze e delle esperienze che l'hanno fatto crescere sul piano umano.
Occorre, tuttavia, subito aggiungere che il progresso autentico della persona richiama in controparte un incessante scambio all'interno della comunità umana, perché l'isolamento autosufficiente conduce alla morte dello spirito. Ciò che io conosco è insieme un'acquisizione personale ed un arricchimento condiviso con altri. La scienza, l'arte, la cultura esigono contemporaneamente l'interiorizzazione personalizzata e lo scambio collettivo. Il sapere, il saper fare e il saper vivere diventano allora attributi delle persone ed anche di tutta la società che chiamiamo colta. E questo valore deve essere difeso come il bene inalienabile che distingue le persone e i gruppi umani.
Beni culturali comuni
Beni culturali comuni
Ogni comunità umana si definisce precisamente per la sua cultura, cioè per il suo modo originale ed unico di percepire la vita, di giudicare, di comportarsi, di creare opere e istituzioni che umanizzano uno spazio fisico e sociale. La cultura così concepita specifica l'identità di ogni collettività umana. E il bene primo, il patrimonio e il progetto di vita tipico che nessuna società può sacrificare senza distruggere se stessa. Ma la cultura dei gruppi, come quella delle persone, non può sopravvivere nell'isolamento senza minaccia di chiusura, di disumanizzazione e d'incultura. La promozione dell'identità culturale richiama dunque, per una specie di necessità interna, la comprensione e il dialogo tra le culture. Questa reciprocità sottolinea l'interdipendenza dei beni culturali di ogni persona e di ogni gruppo. La destinazione universale dei beni dello spirito si opera dunque, in larga parte, con il libero scambio ed il reciproco arricchimento. La caratteristica dei beni culturali è proprio quella di poter condividere senza impoverirsi. Accade, anzi, che il contrario ne sia la regola, perché è diffondendosi che una cultura si approfondisce e si universalizza.
La solidarietà umana sarebbe illusoria senza il rispetto di una duplice esigenza: prima di tutto, la crescita e la salvaguardia della ricchezza culturale propria di ogni persona e di ogni società; e, contemporaneamente, la mutua fecondazione delle culture particolari, sorgente di arricchimento continuo della cultura umana in sé. Un bene culturale comune s'impone dunque come un imperativo di cui prende più chiaramente coscienza la società moderna. In controparte, s'impone la necessità della democratizzazione culturale.
Di fronte all'esigenza di sviluppo di tutti gli uomini e di tutti i popoli, possiamo meglio comprendere la funzione della scienza, dell'arte e della cultura in genere nel progresso della società umana. Nuovi problemi etici s'impongono alla coscienza universale e alla riflessione cristiana. Teniamo presenti alcuni dei più recenti fenomeni di evoluzione che si compendiano nelle seguenti espressioni: la socializzazione della scienza, lo slancio dello sviluppo culturale, la politicizzazione della cultura, la democratizzazione culturale.
La scienza, un bene socializzato
La scienza, un bene socializzato
La scienza non è più soltanto una questione che riguardi gli scienziati considerati individualmente. La scienza oggi costituisce una vera e propria istituzione della società. Il settore scientifico rappresenta un considerevole potere che implica una responsabilità collettiva di uomini e donne di scienza per la promozione di una società giusta, pacifica e fraterna. La scienza si è socializzata e le équipes o i centri di ricerca sono ormai sottoposti a norme e regole di condotta richieste dal bene comune.
Lo Stato moderno è, in questo modo, condotto a definire una politica della scienza per dotare la nazione di un equipaggiamento equilibrato nelle principali discipline che sono vitali per il progresso dell'industria, della medicina, per la difesa, la ricerca fondamentale, la qualità della vita (notiamo il crescente ruolo delle scienze umane). Criteri di comune partecipazione al progresso della scienza fanno ormai parte di una politica illuminata. Questo impegno si fa complesso per i rapidi progressi della scienza, per l'accumulo quasi illimitato delle conoscenze e per la superspecializzazione delle discipline che, spesso, crea una situazione oggettiva di incomunicabilità all'infuori degli esperti e degli iniziati. Come allora la società può controllare l'uso delle scienze a beneficio di tutti?
L'aspetto internazionale delle politiche scientifiche pone dei problemi ancora più complessi, al di là del diritto al segreto (supposto o reale), del rispetto per i brevetti d'invenzione e dei diritti d'autore. La politica e la pratica delle nazioni ricche, in materia di scienze, tendono a creare una nuova situazione di dipendenza o di colonizzazione culturale. La condivisione dei vantaggi della scienza tra nazioni esige molta chiaroveggenza e generosità da parte del mondo scientifico e dei responsabili politici. La loro responsabilità è molto grande di fronte alla prospettiva dello sviluppo di tutti i popoli.
Partecipazione allo sviluppo culturale
Partecipazione allo sviluppo culturale
La nozione di sviluppo culturale pone oggi in rilievo la dimensione umanistica ed etica del progresso dei popoli. Uno sviluppo autentico esige la partecipazione ai vantaggi sia economici che culturali del progresso umano. L'esperienza ha ampiamente dimostrato che i progetti di sviluppo producono illusione e disinganno quando si limitano agli aspetti economici e tecnici trascurando l'identità dei popoli e le loro aspirazioni culturali. Nessun gruppo umano può rinunciare a progredire sotto pena di perdere la propria anima e la propria cultura. Ma per accedere ai benefici della modernizzazione, i popoli in sviluppo devono operare una scelta molto complessa: pur accogliendo la scienza e la cultura moderne, essi devono discernere gli elementi che sono conciliabili con la propria cultura tradizionale. Essi devono, d'altra parte, chiedersi quali siano i valori tradizionali da mantenere vivi in un paese che sta emergendo, ma che intende preservare la propria identità nazionale.
I beni della scienza e della tecnica acquistano oggi un'importanza considerevole nello sviluppo delle nazioni. Giovanni Paolo II così si esprimeva: « Un'altra forma di proprietà esiste, in particolare, nel nostro tempo e riveste un'importanza non inferiore a quella della terra: è la proprietà della conoscenza, della tecnica e del sapere. Su questo tipo di proprietà si fonda la ricchezza delle nazioni industrializzate molto più che su quella delle risorse naturali »: Centesimus annus, 1991, n. 32. Le nazioni industrialmente più avanzate sono chiamate ad esplorare insieme alle nazioni in via di sviluppo, come queste possano partecipare ai vantaggi delle scienze tecniche. D'ambo le parti s'impongono dei discernimenti responsabili. Se queste scelte non raggiungono il progetto idoneo, il rischio è che le nazioni ricche sommergano la cultura dei paesi in via di sviluppo. Questi aspirano ardentemente ad acquistare tutti i vantaggi della scienza e della creatività culturale e certamente i programmi di sviluppo devono rispondere a queste esigenze. Ma è soltanto in un dialogo responsabile tra paesi ricchi e paesi poveri che l'intercomunicazione culturale potrà tener conto della duplice esigenza del rispetto delle identità nazionali e della libera partecipazione ai tesori dell'educazione, della scienza e dell'arte che devono, progressivamente, diventare il patrimonio comune dell'umanità. Questo patrimonio includerà anche la ricchezza dei costumi, l'eredità artistica, la sapienza e la filosofia delle culture tradizionali.
Democratizzazione culturale
Democratizzazione culturale
Questi bisogni incitano oggi gli Stati a dotarsi di un'autentica politica della cultura. L'obbiettivo minimo è costituito dalla difesa e dalla promozione del patrimonio culturale comune della nazione: luoghi, monumenti, arti tradizionali e popolari, archivi, opere letterarie ed artistiche. Una finalità più ambiziosa tende ora ad imporsi: essa mira alla democratizzazione culturale secondo la quale tutti i cittadini e tutti i gruppi devono potenzialmente avere accesso ai vantaggi della scienza, dell'educazione, dell'arte, della formazione permanente.
Per promuovere il diritto e l'accesso alla cultura devono essere assicurate certe condizioni. Gli Stati, attraverso la loro politica, possono favorire la democrazia culturale garantendo, prima di tutto, un minimo di uguaglianza nelle possibilità di progresso date ai cittadini. Sul piano negativo, occorre escludere ogni forma di discriminazione basata sulla razza, sul sesso, sulla religione. Sul piano positivo, la democratizzazione presuppone che sia stimolata la creazione popolare e che tutte le componenti della comunità nazionale possano liberamente esprimersi. Non è compito dello Stato imporsi direttamente o dettare i criteri di una cultura. Il suo ruolo consiste piuttosto nell'assicurare la libertà di partecipazione e l'accesso di tutti ai benefici della cultura. Questa libertà è difesa quando il pubblico acquista la capacità di critica dell'informazione e non rimane passivo di fronte al consumismo di massa.
L'influenza dominante dei media impone condizionamenti che rischiano di uniformare le culture. La politica culturale deve favorire tutto ciò che incoraggia la libera scelta e la creatività delle persone e dei gruppi.
Diritto umano fondamentale
Diritto umano fondamentale
Pur accettando una certa mondialità della cultura, conseguenza della grande interdipendenza tra le nazioni, occorre vegliare affinché il bene proprio di ogni cultura sia protetto e promosso, altrimenti l'omologazione delle culture diventa un pericolo comune. I vantaggi apportati dalle scienze, dalla tecnica e dall'arte contribuiscono certamente al progresso di tutte le persone e di tutti i popoli, ma la condivisione effettiva dei beni culturali esige che siano rispettate le leggi di un libero scambio tra i collaboratori interessati.
E applicabile la giustizia distributiva nella condivisione dei beni culturali? Forse, ma in modo molto particolare. I beni culturali non si distribuiscono come i beni materiali. Non si tratta semplicemente di ripartire tra tutti gli uomini la somma delle conoscenze e delle produzioni artistiche, ma piuttosto di rendere ogni persona intellettualmente capace di accedere, in piena libertà, ai tesori del sapere, della scienza e dell'arte. Si tratta di una forma di giustizia superiore o di un diritto fondamentale che permetta ad ogni uomo e ad ogni donna di realizzarsi come essere umano. Per beneficiare dei beni culturali, occorre, in primo luogo, una educazione di base, poi una progressiva iniziazione che esige applicazione e prolungato sforzo. E un compito che rimane sempre incompiuto perché i tesori della cultura umana sono inesauribili, ivi compresi quelli della conoscenza teologica e dell'arte sacra. Un immenso progresso etico si compirà quando i nostri contemporanei si convinceranno che tutte le risorse della scienza e dell'arte devono progressivamente concorrere all'elevazione intellettuale e spirituale di tutti gli uomini. Soltanto una nuova educazione della coscienza dei ricchi come dei poveri potrà affrontare una sfida così complessa.
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Diritti culturali
Politica culturale
Politica della scienza
Bibl.: Giovanni Paolo II, Enciclica Centesimus annus, 2 maggio 1991. H. Carrier 1990 b. J. Hersch 1968, 1985. R. Etchegaray et al. 1992.