Scienza (Politica della) - DIZIONARIO DELLA CULTURA

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Scienza (Politica della)

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Il settore scientifico ha acquisito, nei paesi moderni, una tale ampiezza e un tale potere che esso necessita di una regolamentazione da parte dei governi. Gli Stati, del resto, sono fortemente interessati a mettere al riparo lo sviluppo della scienza e della ricerca da qualsiasi ritardo che possa essere di danno all'interesse della nazione. Sono nate, così, le politiche scientifiche, alle quali i partiti politici danno crescente importanza.

Descrizione‑definizione
Per politica della scienza s'intende, secondo la definizione dell'UNESCO, l'attività governativa che ha per oggetto tutta la gamma della ricerca scientifica, che va dalla ricerca nelle scienze fondamentali fino all'innovazione e all'invenzione pratica.
La politica della scienza abbraccia la scienza pura, la scienza applicata, la tecnologia, i processi d'invenzione e le creazioni pratiche. Si usano spesso le lettere R e D - Research‑Development - Ricerca e Sviluppo, per indicare l'insieme delle attività governative a proposito della scienza. I governi moderni mirano, per principio, a dotarsi di una politica scientifica globale. Il loro scopo non è soltanto quello di promuovere la ricerca nei settori specialistici nei quali il progresso è già acquisito, ma si tratta di ricerche sull'ambiente, nei settori dell'agricoltura, dell'energia, dei trasporti, dello spazio, della difesa, dell'elettronica, della medicina sociale, ecc. Gli Stati che perseguono una politica scientifica generale tendono anche a fare in modo che la ricerca sul piano nazionale non trascuri nessuno dei settori, perché l'equilibrio tra le discipline si mantenga in maniera razionale e l'informazione scientifica sia assicurata. Esiste una reale concorrenza internazionale nella corsa scientifica e tecnologica.
L'orientamento delle politiche scientifiche è naturalmente molto vario da un paese all'altro, ma si constata che la politica RD, in generale, poggia sull'azione di tre organismi: un consiglio o un organo di consultazione; un ministero o un organismo esecutivo; un fondo per il finanziamento dei progetti di ricerca. Se, nell'attuale società, lo Stato arruola in massa ricercatori e studiosi per il servizio della collettività, non si deve credere che gli obbiettivi dell'interesse comune siano percepiti nello stesso modo da una parte e dall'altra.
I rapporti tra la scienza e la politica, infatti, non sono senza tensioni e spesso comportano una vera lotta per il potere. Il fenomeno è stato bene analizzato dall'opera classica Il lavoro intellettuale come professione (1966) di Max Weber, a cui si aggiunge oggi una ricca letteratura.
Gli uomini di Stato, come pure i rappresentanti della scienza, possono essere tentati di confondere il fine con i mezzi. Ora è la scienza che rischia d'essere assoggettata alla ragione di Stato, ora è la classe degli scienziati che vuole utilizzare i mezzi dello Stato per far prevalere punti di vista politici o interessi particolari. La posta in gioco è importante perché il sapere oggi comporta un potere che la scienza non ha mai detenuto in passato. La classe degli scienziati esercita un potere privilegiato sugli organismi dello Stato che pianificano l'avvenire delle nazioni. D'altra parte, lo Stato per le grandi risorse che gli competono può facilmente operare la scelta tra diversi tipi di ricerca secondo un giudizio di priorità sul piano politico. Finora, nei paesi tecnicamente più sviluppati, la priorità è stata concessa a settori strategici come l'energia atomica, l'elettronica, la ricerca spaziale. La politica della scienza negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Francia, in Italia, in Germania, ha avuto, fino al recente passato, la tendenza a nettamente privilegiare sia le scienze esatte e naturali che la ricerca con finalità utilitarie, militari e industriali.

Nuovi obbiettivi
Da qualche anno, una precisa evoluzione si fa strada: si vede comparire un senso critico più avveduto a proposito delle politiche scientifiche. La complessità dei rapporti tra scienza e politica è percepita meglio. Gli Stati sono ormai più inclini a comprendere l'importanza di una ricerca fondamentale nelle scienze umane e nelle scienze della gestione. Queste questioni sono oggi studiate con una prospettiva più ampia e sono anche oggetto di una ricerca specifica che qualcuno chiama « la scienza della scienza ».
Si possono distinguere due tempi o due generazioni nell'elaborazione delle politiche della ricerca. La prima generazione aveva soprattutto per oggetto la difesa nazionale e l'innovazione industriale. Essa mirava ai progressi tecnici ed economici. La seconda generazione della politica scientifica cerca di superare la prospettiva esclusivamente economica e tecnologica. Essa insiste sulla ricerca in campi come quello della qualità della vita e quello che riguarda gli aspetti sociali e culturali. Si perseguono studi concertati su temi quali l'urbanizzazione, l'ambiente, la sicurezza sociale, il tempo libero, il ruolo della donna nella società. Si stabilisce dunque un vincolo più stretto tra la politica della scienza e i grandi temi della politica culturale e della politica dell'educazione. Questi ultimi sviluppi segnano, almeno a livello delle intenzioni, un progresso nell'orientamento della ricerca, quale è in pratica promossa dagli Stati moderni. Un problema centrale emergerà negli anni futuri ed è quello che riguarda il concetto di scienza definito in rapporto all'insieme del sapere e dei nuovi modi di conoscenza. E il problema detto del « New learning » trattato nella voce Scienza nuova.

Vedi
Politica culturale
Scienza (come istituzione)

Bibl.: J. Blamont 1993. H. Carrier 1972, cap. V; 1982a. P. de Bruyne 1988. Y. Dror 1971. L. Gallino 1983. W. McNeil 1982. P. Papon 1989. L. Rouban 1968. J.J. Salomon 1970. L. Sklair 1973. R. E. Kohler 1991.
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