Intimamente legate al progresso umano, l'educazione e la cultura non si comprendono che nel loro reciproco rapporto. Noi qui consideriamo l'educazione nella sua relazione con la cultura intesa nella sua duplice dimensione individuale e sociale: cioè la crescita delle persone, come anche il modo di vita tipico delle società umane.
Nessuna società può sussistere senza una forma, sia pure rudimentale, di educazione, grazie alla quale sono trasmessi alle giovani generazioni i valori, le conoscenze e il senso di un destino comune. L'educazione informale è anzitutto dispensata in famiglia, poi attraverso la progressiva iniziazione alle attività comunitarie: rapporti di parentela e di vicinanza, apprendistati diversi, partecipazione al lavoro, alle feste, alle celebrazioni, al culto religioso. Il bambino vi acquista la propria lingua, le proprie conoscenze, gli usi, le credenze, le tradizioni, i comportamenti, le regole sociali indispensabili alla sua integrazione nel gruppo.
Con il progredire delle società, l'educazione si è sviluppata come funzione specifica affidata a gruppi o istituzioni particolari: scuola, palestra, collegio, università.
Cultura greco‑latina e educazione
Cultura greco‑latina e educazione
Per quanto concerne l'essenziale, il modello educativo delle società moderne ha le sue origini nella cultura greco‑latina e giudeo‑cristiana. Questo modello scolastico ha segnato l'Occidente come tutti i paesi che hanno accolto la modernizzazione economica, politica, sociale e educativa.
Se è vero che le tradizioni culturali della Cina, dell'India e dell'Egitto hanno, anch'esse, prodotto delle forme pedagogiche ammirevoli da cui il nostro mondo può ancora trarre ispirazione, bisogna tuttavia riconoscere che i loro metodi educativi non hanno avuto la sistemazione e l'irradiamento universale del modello greco‑latino diffuso dall'Occidente.
L'ideale greco dell'educazione proponeva un umanesimo, cioè una ragione di vivere degna dell'uomo. Questa pedagogia originale, chiamata paideia, mirava idealmente a formare l'uomo completo: corpo, anima, immaginazione, ragione, carattere, spirito. Il giovane si sviluppava attraverso la ginnastica, la musica, la danza, la matematica, la grammatica, la lettura, le lettere, le scienze, la retorica, l'arte, la filosofia. Il rapporto coi grandi autori offriva modelli di coraggio e di nobiltà e i giovani venivano così iniziati all'imitazione degli eroi. Omero fu una sorgente inesauribile per formare all'ideale della vita civile: egli fu l'« educatore della Grecia ». Rembrandt ha immortalato questa realtà dell'educazione civile nella sua famosa tela dove Aristotele contempla il busto di Omero. Bisogna soprattutto tenere presente che il genio ellenico ha creato tutte le discipline intellettuali, pratiche ed artistiche di cui ancora vivono i nostri sistemi educativi: grammatica, matematica, geometria, storia, teatro, scultura, musica, diritto, retorica, filosofia, scienza politica, medicina, fisica.
I Romani, conquistatori della Grecia, furono, a loro volta, conquistati dalla cultura greca ch'essi ebbero il merito di diffondere e di consolidare in tutto l'Impero: era il mezzo per « fare del mondo intero un'unica patria »: Rut. Nam. I, 63; Orazio, Ep. II, I, 156.
Eredi dei Greci, i Romani furono i propagatori di una pedagogia umanistica legata alla cultura classica: Cicerone traduceva paideia in humanitas, termine che esprimeva il divenire pienamente uomo. Questo modello pedagogico e culturale ha creato il mondo moderno. Questo umanesimo, di origine occidentale, è ora patrimonio universale. Henri Irénée Marrou nota: « Noi siamo Greco‑Latini: tutto l'essenziale della nostra civiltà è nato da loro; e questo è vero ad un grado elevato per il nostro sistema di educazione »: H. I. Marrou 1965, p. 18.
La pedagogia cristiana delle origini
La pedagogia cristiana delle origini
La diffusione del Cristianesimo in tutto l'Impero romano ha suscitato una sintesi culturale nuova, in cui i valori classici sono stati integrati ed arricchiti entro una visione evangelica del mondo e del destino umano.
« L'educazione cristiana », di cui parla già san Clemente di Roma nel terzo secolo, consiste nell'apprendimento delle verità da credere per la salvezza e le regole morali che sono proprie del discepolo di Cristo. Si può dire che il cristianesimo è una fede insegnata e una pedagogia. Il suo Fondatore aveva detto: « Andate e ammaestrate tutte le nazioni ». Le Lettere di san Paolo contengono, sul piano pedagogico, una parte dottrinale e una parte morale. La conoscenza del Cristianesimo, religione del Libro, presuppone una formazione intellettuale, una iniziazione alla lettura, all'interpretazione, alla riflessione morale, all'integrazione culturale.
I primi maestri cristiani utilizzarono i metodi pedagogici dei Greco‑Romani, attenti, tuttavia, a rifiutare le credenze e le pratiche pagane, inconciliabili con il Vangelo. Fin dai primi secoli, la Chiesa ha avuto letterati, filosofi e teologi che hanno fatto onore sia alla cultura classica che al pensiero cristiano: Origene, Giovanni Crisostomo, Agostino, Gregorio di Nissa, Girolamo e perfino Tertulliano, nonostante la sua posizione di categorico contrasto nei confronti degli autori pagani.
E soltanto nell'epoca barbarica e dell'estinzione della cultura classica che la Chiesa istituì, per una forma di esigenza pedagogica interna, sue proprie scuole collegate ai monasteri, alle sedi episcopali e alle parrocchie rurali. Il giovane vi apprendeva a leggere partendo dal testo sacro e veniva iniziato a venerare la Scrittura, ad interpretarla per alimentare la propria fede ed illuminare il proprio comportamento. Sotto la direzione di un insegnante, che era anche maestro di spirito, lo studente si formava alla vita interiore e alla comunicazione della propria cultura spirituale al popolo dei fedeli. I monasteri esercitarono una profonda influenza sulla cultura e sull'educazione in Europa. La regola di san Benedetto, nel sesto secolo, ha stimolato l'istruzione dei giovani maschi e, verso la stessa epoca, la regola di san Cesario ha dato impulso all'educazione delle ragazze.
Nascita delle Università
Nascita delle Università
. Le modeste scuole delle origini si svilupparono e prepararono la via a centri di studi superiori che divennero le università del Medioevo. Con la Scrittura, la teologia e la filosofia vi si insegnavano il diritto, la medicina e le arti liberali. La riscoperta dei classici greci, attraverso autori arabi, doveva condurre la pedagogia cristiana ad una sintesi originale fecondissima: quella che realizzeranno i grandi della Scolastica. Un posto particolare va riservato alla Somma Teologica di san Tommaso d'Aquino che integra i concetti essenziali di Aristotele e quelli della Rivelazione divina in una costruzione intellettuale scientifica che abbraccia Dio, l'uomo e l'universo. Nei secoli che seguiranno, la Summa e gli scritti della Scolastica diventeranno il compendium dell'insegnamento e del metodo pedagogico. La teologia si andò sviluppando in forma sistematica parallelamente alla filosofia, alla fisica, alla medicina, al diritto e alle arti liberali. Le università del Medioevo costituirono il prestigio dei grandi centri universitari d'Europa: Bologna, Parigi, Oxford, Salamanca, Vienna, Erfurt, Colonia, Basilea, Lovanio, Hannover, Budapest, Cracovia, Praga, Coimbra, Vilna, Upsala, Copenaghen.
Le università formarono i giuristi, gli avvocati, i notai, i teologi, i chierici, cioè i responsabili civili ed ecclesiastici che costruirono l'Europa. Una stretta simbiosi si stabilì dunque tra il sistema di educazione e lo sviluppo della cultura nell'Europa del Medioevo. Si può, con la stessa misura di verità, dire che l'Europa ha fatto le università e che le università hanno fatto l'Europa. Cultura ed educazione appaiono in tutta la loro interdipendenza. La pedagogia ha integrato lo studio della Scrittura e della teologia così come quello delle tradizioni intellettuali dei Greci e dei Romani, riscoperti dai Padri della Chiesa e dagli scrittori arabi che avevano, in maniera notevole, sviluppato la matematica, la filosofia, la medicina e l'astronomia.
Lo studio dei classici assume una notevole ampiezza nell'epoca del Rinascimento e particolarmente l'Università di Parigi acquista fama per il suo insegnamento umanistico orientato in prospettiva cristiana. Il metodo parigino, o modus parisiensis, sarà, in seguito, divulgato dai collegi dei Gesuiti eretti nelle principali città d'Europa e, poco a poco, in tutte le missioni della Compagnia di Gesù: nell'America del Nord e del Sud, in Asia ed anche in Africa. La Ratio Studiorum dei Gesuiti, cioè il loro metodo di insegnamento, segnerà profondamente la pedagogia e l'insegnamento umanistico fino all'epoca moderna: vedi Università.
L'umanesimo classico e cristiano
L'umanesimo classico e cristiano
Che cosa caratterizza questa pedagogia e questo umanesimo cristiano? Si tratta di una certa rappresentazione dell'uomo, responsabile di fronte a Dio dei talenti ricevuti e tenuto a farli fruttificare per crescere personalmente e per servire la comunità umana. Il giovane si forma a questo ideale con una ginnastica intellettuale che l'inizia all'analisi grammaticale e logica, alla composizione, all'eloquenza, all'interpretazione dei grandi autori greci e latini, alla comprensione della storia dall'antichità e dei tempi biblici. Questa formazione s'inserisce in un'educazione spirituale alimentata dalla fede. Essa dà allo studente orientamento e senso di responsabilità nella società.
L'umanesimo classico seppe aprirsi alle scienze in sviluppo: matematica, fisica, astronomia, come testimoniano i programmi del Collegio Romano nel sedicesimo secolo. E questo umanesimo letterario e scientifico che ha formato i nuovi universitari dell'epoca, i grandi esploratori, i missionari audaci come Matteo Ricci in Cina, Roberto de Nobili in India e i grandi uomini intraprendenti di cui aveva bisogno il mondo moderno.
Se si volessero sintetizzare i valori tipici che questo modello di educazione ha apportato alla cultura dell'uomo moderno, se ne potrebbero così elencare gli elementi: concezione della felicità propria dell'uomo situata nell'economia divina, rispetto dello spirito e della libertà, inclinazione alla creatività e al superamento, razionalità nei confronti di un universo da conoscere e sfruttare, bisogno d'intraprendere e di distinguersi, ricerca di ciò che eccelle, senso della competizione e dell'emulazione, interesse per lo Stato e i diritti umani, disponibilità al servizio del bene comune con un lavoro competente, concezione della persona creata ad immagine di Dio e chiamata ad un destino eterno. L'educazione classica aveva raggiunto il suo scopo se i giovani erano portati a dire a se stessi: « La nobilità fa obbligo » e se erano convinti, come Pascal, che « l'uomo oltrepassa infinitamente l'uomo ».
Questa educazione non ha prodotto sempre uomini grandi e il suo ideale è spesso stato deluso, ma rimane un modello a cui la scienza pedagogica moderna continua a riferirsi. Questa pedagogia richiedeva un acume della mente e del cuore che ha profondamente segnato l'anima cristiana d'Europa e dei paesi in cui si è diffusa la sua cultura.
Ricerca di un nuovo modello culturale e educativo
Ricerca di un nuovo modello culturale e educativo
Paradossalmente, è stato proprio il successo dell'educazione classica a provocarne il disorientamento; questa pedagogia, infatti, favorendo l'enorme sviluppo delle conoscenze ha portato alla rivoluzione tecnologica e alla nascita dello spirito moderno. L'educazione stenta a definirsi in una cultura ormai segnata dal pluralismo delle convinzioni e dei comportamenti, dall'obsolescenza e dalla rapida evoluzione delle conoscenze, dalla socializzazione dei beni culturali, dalla scolarizzazione generalizzata e dalle università di massa, dal ruolo dominante dei media moderni nella cultura, dallo sviluppo del settore quaternario che privilegia la costante innovazione e la ricerca, dall'aspirazione del terzo mondo all'educazione moderna, mentre ancora esistono quasi un miliardo di analfabeti nel mondo. La scuola e le università tradizionali sono decisamente in crisi di fronte ad un mondo in rapido cambiamento che difficilmente, accetta le élites e le gerarchie prestabilite e dove forti correnti antintellettualistiche sono in conflitto con chi detiene quel sapere che potrebbe sfociare, affermano, in dominio sociale, militarismo e distruzione ecologica.
La sociologia dell'educazione si è occupata di questi problemi per misurarne la gravità e la complessità, ma da sola le è difficile trovare delle soluzioni soddisfacenti. Nell'attuale stadio di riflessione pedagogica e filosofica, alcuni orientamenti fondamentali meritano d'essere sottolineati:
1. Più che mai è importante ridefinire i fini dell'educazione. La bimillenaria tradizione dell'educazione classica e cristiana offre una risposta sempre valida affermando che il fine dell'educazione è la formazione di uno spirito capace di giudicare nella libertà. E una contraddizione pedagogica il ridurre la scuola a puro mezzo di riproduzione ideologica, a indottrinamento politico, ad addestramento d'ispirazione militare o a semplice formazione tecnica quale è richiesta dal sistema economico. Senza negare gli scopi pratici dell'educazione, la sua finalità più alta, che è di ordine umanistico, esige di essere fermamente rivendicata.
2. Occorre realizzare il difficile equilibrio tra la formazione personale dello studente e la sua informazione enciclopedica. L'enorme sviluppo delle conoscenze in tutti i campi rende ormai impossibile un'assimilazione sintetica di tutto il sapere. Nella cultura moderna bisogna imparare a vivere con un immenso margine di non‑sapere: gli estesi settori delle scienze riservati agli esperti di discipline sempre più specializzate. Uno sforzo comune s'impone, tuttavia, perché sia percepito ed affermato il fine umanistico ed etico del sapere che viene dispensato. La scuola dovrà dunque sforzarsi di far capire che la conoscenza è più importante del sapere, poiché essa soltanto può condurre alla responsabilità morale e alla saggezza.
3. La famiglia, in quanto primo ambiente educativo, e i maestri di professione conservano tutto il loro ruolo nella società moderna. Non si può, senza cadere in contraddizione, in nome di un razionalismo politico ed economico, mobilitare la scuola per farne uno strumento di potere, di manipolazione economica, di riproduzione sociale e ideologica. I partiti politici, i sindacati, soprattutto quelli degli insegnanti, i ministeri dell'educazione hanno certamente un ruolo da assolvere nell'avvenire della scuola, ma dovranno evitare il pericolo di minimizzare il ruolo degli educatori naturali quali la famiglia e i maestri di professione. Le forze politiche e sindacali hanno talvolta la pretesa di farsi educatori della nazione. L'esperienza dimostra che nessun progetto educativo può riuscire senza la partecipazione delle famiglie, dei maestri competenti e delle forze vive della cultura. La politica dell'educazione in una nazione è chiamata, prima di tutto, a favorire l'uguaglianza delle possibilità offerte nell'ambito dell'istruzione a tutti i livelli, ponendo le risorse dello Stato al servizio del sistema educativo. I poteri pubblici, tuttavia, non possono sostituirsi agli educatori in quanto tali e alle istituzioni specializzate, la cui esperienza e vocazione propria sono insostituibili. Stimolare, incoraggiare e coordinare i ruoli educativi della nazione tocca allo Stato, ma il compito di educare e d'istruire appartiene alla comunità umana, alle famiglie, alle scuole, alle università e a tutte le istituzioni culturali che formano l'ambiente educativo propriamente detto. Nelle società complesse d'oggi l'opinione pubblica deve essere efficacemente sensibilizzata a questa responsabilità collettiva, perché la missione educativa esige, come non mai per il passato, vigilanza e discernimento, insieme a un opportuno adattamento ai rapidi cambiamenti delle culture.
4. Pur difendendo la prospettiva umanistica dell'educazione, occorre riconoscere che la scuola del passato ha potuto favorire, più o meno coscientemente, un individualismo poco preoccupato delle responsabilità degli insegnanti e degli studenti nei confronti dei cambiamenti sociali. Una nuova presa di posizione s'impone alle culture che ora valorizzano - almeno intenzionalmente - la solidarietà e l'aspirazione generalizzata allo sviluppo e alla giustizia. Anche se la formazione umanistica della persona conserva tutta la sua validità, occorre, più che nel passato, mettere l'accento sulla funzione sociale dell'educazione. Le società tradizionali avevano la visione di un mondo relativamente statico, in cui i rapporti tra le classi sociali e i popoli erano percepiti come un dato praticamente immutabile. Uno dei mutamenti più profondi della nostra epoca è la crescente convinzione che le società possono effettivamente cambiare attraverso uno sforzo umano concorde. Questo reclama un'educazione alla responsabilità sociale, al senso civico e politico inteso nella sua accezione più ampia. Questo aspetto dell'educazione acquista una particolare urgenza in un mondo alla ricerca di giustizia e di universale partecipazione alla cultura. L'educazione è ormai concepita oltre che come servizio all'individuo, come fattore di sviluppo e di promozione per l'insieme della società.
5. L'attitudine all'analisi sociale e culturale è oggi parte integrante di ogni tipo di formazione umana. Non si tratta di chiedere a tutti gli studenti una specializzazione in sociologia, ma tutti, in una situazione di accelerato mutamento culturale, hanno bisogno di imparare a giudicare e discernere nel complesso dei valori pluralistici e delle contraddizioni ideologiche. La formazione al discernimento culturale è necessaria per evitare l'indeterminazione etica e la perdita d'identità. Nel passato, l'ambiente e la stabilità delle istituzioni aiutavano gli individui a situarsi entro una cultura; oggi la responsabilità è in gran parte affidata alla singola persona. L'educazione classica insegnava ad analizzare le grandi opere letterarie del passato; l'educazione moderna, senza trascurare questo atteggiamento, deve preparare gli studenti ad analizzare le culture vive: i loro valori dominanti, la loro evoluzione, il loro impatto sulle mentalità e sui comportamenti. Educare significa oggi insegnare ad educare continuamente se stessi in un ambiente culturale fluido e in costante evoluzione; ne consegue la necessità di un'educazione permanente, diventata esigenza indispensabile per le culture in cambiamento: vedi: Educazione permanente.
6. Nella società moderna, il pluralismo culturale pone nuovi e difficili problemi ai responsabili dell'educazione. Una soluzione di falso razionalismo detta ad alcuni governi una politica educativa che fa astrazione da ogni convinzione religiosa e morale delle famiglie, lasciando che questi valori siano confinati nella sfera del privato. Si tratta di un atteggiamento che dimentica il diritto primario delle famiglie a trasmettere ai figli le proprie credenze e la propria eredità spirituale. In nome dello stesso pluralismo, un'altra soluzione è oggi rivendicata: quella di diversificare i servizi offerti ai cittadini, tenendo conto delle convinzioni delle famiglie e in base alle risorse di cui dispone lo Stato. Una politica educativa, rispettosa del pluralismo culturale, dovrà dunque riservare un posto legittimo all'insegnamento religioso e alla formazione morale. Si tratta di un diritto culturale fondamentale, come ricorda il Vaticano II: « Il Sacrosanto Sinodo dichiara che fanciulli e giovani hanno diritto di essere aiutati sia a valutare con retta coscienza e ad accettare con adesione personale i valori morali, sia alla conoscenza approfondita e all'amore di Dio. Perciò chiede e raccomanda a quanti governano i popoli o presiedono all'educazione di preoccuparsi perché mai la gioventù venga privata di questo sacro diritto»: Gravissimum educationis, 5. Le realizzazioni pratiche sono di competenza degli Stati in dialogo costruttivo con gli educatori e le famiglie. Molti governi hanno saputo dare una soluzione soddisfacente a questo problema: « La Chiesa loda quelle autorità e società civili che, tenendo conto del pluralismo esistente nella società moderna e garantendo la giusta libertà religiosa, aiutano le famiglie perché l'educazione dei loro figli possa aver luogo in tutte le scuole secondo i principi morali e religiosi propri di quelle stesse famiglie »: ibid., n. 7.
La gestione di un sistema educativo moderno pone alla società problemi amministrativi molto complessi, ma le sfide più grandi sono di carattere culturale. Queste sfide, soprattutto quelle che pongono i media moderni, sono esaminate particolarmente negli articoli Culture nuove, Comunicazione sociale e Modernità. Si tratta di questioni analoghe a quelle sollevate dalla politica culturale e della comunicazione in una società moderna e pluralistica, preoccupata delle identità molto differenziate e della partecipazione di tutti allo sviluppo umano della collettività. Queste esigenze sono oggi rafforzate dagli imperativi dell'educazione permanente, che hanno fortemente ampliato le responsabilità educative delle nazioni.
Vedi
Educazione permanente
Politica culturale
Comunicazione sociale
Famiglia
Sviluppo culturale
Catechesi
Lingua
Arte
Scienze
Università
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