I rapporti tra la cultura e il diritto pongono nuovi problemi in costante evoluzione, come dimostrano i rari tentativi di sistemazione che descrivono la politica culturale degli Stati e la giurisprudenza che riguarda la cultura e i beni culturali.
Esamineremo la questione sotto un duplice punto di vista: quello dell'etica e quello dei diritti politici, ciò che ci permetterà d'osservare l'evoluzione progressiva del pensiero sociale e della giurisprudenza in materia. Partiamo dall'aspetto politico.
Diritti politici
Diritti politici
Sul piano propriamente politico, il punto essenziale da tenere presente è che la cultura appare oggi come un diritto dei cittadini a cui corrisponde un obbligo dello Stato.
Tradizionalmente, il diritto comune riconosceva all'artista o allo scrittore un diritto inalienabile sulle proprie opere. Nello stesso modo, il detentore di beni culturali o di opere d'arte godeva del diritto di possessore garantito dalla legge.
Nell'epoca moderna, la problematica dei diritti culturali si è considerevolmente sviluppata per effetto di una duplice evoluzione. Da una parte, la nozione di cultura che era un tempo limitata alla sua dimensione intellettuale, umanistica o artistica, ha ora acquisito un significato socio‑storico che abbraccia i tratti distintivi di un gruppo umano e tutti i diritti relativi alla sua identità culturale.
D'altra parte, e precisamente in rapporto con l'emergere di questa concezione allargata della vita culturale, lo Stato moderno è stato condotto a considerare la cultura come oggetto di una politica specifica. L'evoluzione è stata lenta ed i suoi sviluppi sono illuminanti.
In un primo tempo, lo Stato s'impegna a non impedire, a non ostacolare la libertà. Per esempio, la Dichiarazione dei diritti dell'Uomo e del Cittadino del 1789 dichiara: « La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell'uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere di abuso di questa libertà, nei casi determinati dalla legge »: art. 11.
Il liberalismo che soggiace a questo articolo ispira ancora la politica del lasciar fare in materia culturale in paesi come gli Stati Uniti che non hanno una politica ufficiale della cultura. Il presupposto è che l'individuo deve essere lasciato libero di esprimersi, di perfezionarsi, di coltivarsi secondo le proprie possibilità e i propri mezzi. La cultura, si pensa, sarà il risultato della libera iniziativa e della libera concorrenza. La critica a questa tesi è ch'essa lascia sussistere gravi ineguaglianze culturali in larghi settori della popolazione anche nei paesi più ricchi.
In Europa, invece, un orientamento più interventista dello Stato nel campo culturale si è imposto dopo la seconda guerra mondiale. Non ci soffermiamo sull'esperienza dei paesi dell'Est in cui i governi, prima del 1989, avevano la tendenza a confondere l'ideologia marxista con la cultura ufficiale. Gli Stati dell'Europa occidentale, raggruppati nel Consiglio d'Europa - che progressivamente si apre ai paesi dell'Est - hanno elaborato un pensiero ed una prassi comuni, che attribuiscono ai poteri pubblici una responsabilità positiva nella difesa dei diritti alla cultura e nella promozione dello sviluppo culturale di tutti i cittadini e di tutti i gruppi nella nazione.
Le Nazioni Unite e soprattutto l'UNESCO, hanno notevolmente contribuito alla maturazione di una coscienza universale in materia di diritti culturali, di politica della cultura e di sviluppo culturale. Segnaliamo, in particolare, la Dichiarazione di Messico sulle Politiche culturali del 1982, su cui dovremo in seguito ritornare.
Strumenti internazionali circa i diritti culturali
Strumenti internazionali circa i diritti culturali
Tra i principali strumenti internazionali che riguardano i diritti culturali, citiamo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, adottata dalle Nazioni Unite nel 1948, che stipula formalmente il diritto all'educazione e alla cultura. E precisato che l'educazione deve mirare « alla piena espansione della personalità umana », alla comprensione e alla pace: art. 26. Notiamo, in particolare, l'articolo 27 che riguarda più direttamente la cultura: « Ogni persona ha il diritto di prendere liberamente parte alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai benefici che ne risultano. Ciascuno ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali che provengono da tutta la produzione scientifica, letteraria o artistica di cui è l'autore ».
Nel 1966, le Nazioni Unite adottavano il Patto Internazionale relativo ai Diritti Economici, sociali e culturali. Questo patto costituisce, per gli Stati firmatari, un obbligo giuridico e non soltanto più una direttiva morale come quella della Dichiarazione del 1948. L'articolo 15 precisa i diritti culturali della singola persona: « Gli Stati‑membri con il presente atto riconoscono ad ogni persona il diritto: a partecipare alla vita culturale; a beneficiare del progresso scientifico e delle sue applicazioni; a beneficiare della protezione degli interessi morali e materiali derivanti da tutta la produzione scientifica, letteraria o artistica di cui la persona sia autore ». Gli Stati s'impegnano inoltre a adottare le misure necessarie per assicurare « il mantenimento, lo sviluppo e la diffusione della scienza e della cultura », e di facilitare « la cooperazione e i contatti internazionali nel campo della scienza e della cultura »: art. 15.
Nella Dichiarazione sul Diritto allo Sviluppo del 1986, le Nazioni Unite davano un significato più ampio dei diritti culturali, assimilandoli ai diritti della « terza generazione » (quelli della prima generazioni sono i diritti civili e politici; quelli della seconda generazione sono i diritti economici e sociali; quelli della terza generazione si riferiscono a un diritto di solidarietà, a un diritto collettivo dell'uomo e ai diritti delle collettività). La Dichiarazione stabilisce una forma di solidarietà tra i diritti civili, economici e culturali: tutti questi diritti sono considerati come « indivisibili ». L'articolo 6 lo sottolinea così: « La realizzazione, la promozione e la protezione dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali devono beneficiare di un'attenzione uguale, essere considerati con uguale urgenza ». Questa Dichiarazione non ha forza costrittiva e alcuni specialisti in materia non accettano tali diritti delle collettività, perché questi mancano di precisazione, sono difficili da rivendicare giuridicamente e rischiano di porsi in conflitto con i diritti della persona. Senza entrare nel merito di questo dibattito giuridico, è interessante notare l'ampiezza nuova che questa Dichiarazione accorda al diritto allo sviluppo integrale della persona e dei popoli: « Il diritto allo sviluppo è un diritto inalienabile dell'uomo in virtù del quale ogni persona umana e ogni popolo hanno il diritto di partecipare e di contribuire ad uno sviluppo economico, sociale, culturale e politico nel quale tutti i diritti dell'uomo e tutte le libertà fondamentali possano essere pienamente realizzate, e di beneficiare di questo sviluppo»: art. 1.
Pur notando la distinzione tra i piani giuridico e morale, è importante riconoscere il principio della solidarietà universale di fronte alle esigenze della crescita umana. Rivolgendosi all'Organizzazione Internazionale del Lavoro, Paolo VI non ha esitato ad affermare « il diritto solidale dei popoli al loro sviluppo integrale »: 6 giugno 1969. Gli stessi principi saranno ripresi dalle Nazioni Unite, quando lanceranno il Decennio Mondiale dello Sviluppo Culturale (1988‑1997).
La nozione di diritto culturale, come si vede, trova campi di applicazione sempre più estesi: le persone, le nazioni, i popoli in sviluppo, la comunità internazionale. Un'applicazione particolarmente significativa riguarda il fanciullo. Le Nazioni Unite vi hanno provveduto con la Convenzione Internazionale dei Diritti del Fanciullo del 1989.
Questa Convenzione, diversamente dalla Carta del 1959, chiamata Dichiarazione dei diritti del fanciullo, è uno strumento giuridico che ha forza di legge. Molti sono gli aspetti educativi e culturali che meritano di essere sottolineati in questa nuova Convenzione.
Al fanciullo è garantito il diritto di esprimere ampiamente la propria opinione, tenendo conto della sua età e della sua maturità (art. 12), e di ricorrere, per la formulazione e l'espressione di questa opinione, ai mezzi più diversi, compresa l'espressione artistica: art. 13. Gli Stati firmatari s'impegnano a tutelare il diritto del bambino alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione: art. 14. Essi riconoscono l'importanza dei mass‑media nella prima formazione del bambino, come veicolo della cultura nazionale ed internazionale. Essi incoraggiano la produzione di « materiale che presenti una utilità sociale e culturale per il bambino » e lo scambio di materiale « proveniente da diverse fonti culturali, nazionali ed internazionali ». Gli Stati incoraggiano sistematicamente la produzione di libri per l'infanzia, chiedendo che si vigili « a tenere particolare conto dei bisogni linguistici dei bambini autoctoni o appartenenti a gruppi minoritari»: art. 17. La Convenzione ricorda il diritto dei fanciulli handicappati a ricevere una vera educazione, il cui scopo è la loro «integrazione sociale più completa possibile e l'espansione personale, ivi compreso il campo culturale e spirituale »: art. 23.
Fondamento etico dei diritti culturali
Fondamento etico dei diritti culturali
Come dimostra la sintesi precedente, l'evoluzione del diritto internazionale invita ad una considerazione più generale riguardo al fondamento etico dei diritti culturali.
Il presupposto etico dei diritti culturali è chiaramente osservabile nella definizione della cultura presentata dall'UNESCO nella Dichiarazione di Messico del 1982, in cui si afferma: « Essa comprende, oltre alle arti e alle lettere, i modi di vita, i diritti fondamentali dell'essere umano, il sistema dei valori, le tradizioni e le credenze ». La cultura fa parte dei « diritti fondamentali dell'essere umano, precisamente perché dà all'uomo la capacità di riflessione su se stesso, è essa che fa di noi degli esseri specificamente umani, razionali, critici ed eticamente impegnati »; vedi: Dichiarazione di Messico.
E' dunque a un diritto umano fondamentale ed anteriore ad ogni legge positiva che si collega il diritto alla cultura e il diritto della cultura. Se l'essere umano non si realizza che attraverso la cultura, questa si presenta allora come una necessità vitale urgente come i bisogni primari nell'ordine biologico. Si tratta del diritto ad una vita propriamente umana. Questo diritto primo è costitutivo e fonda i molteplici aspetti dei diritti culturali. Non è possibile enumerarli tutti. Ricordiamo, in particolare, il diritto alla prima educazione, alla scolarizzazione, all'apprendimento di base, all'istruzione professionale; la possibilità di accesso all'insegnamento superiore; il diritto al lavoro, all'esercizio di una professione, alla formazione permanente; il diritto alla libertà di espressione, d'informazione e di comunicazione, alla creazione; il diritto alla reputazione; il diritto ad una scelta di vita; il diritto di fondare una famiglia; il diritto di associazione; la libertà di spostamento. Un elenco dettagliato di questi principali diritti si trova nell'enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII: 1963.
Se ci si interroga sul fondamento primo del diritto alla cultura, lo si trova nella libertà radicale dello spirito umano, fondata sulla libertà di coscienza, che rende ogni persona responsabile del proprio destino. L'essere umano non può crescere che attraverso la ricerca di significato e nell'apertura di sé alla trascendenza. La cultura gli assicura questa indispensabile libertà spirituale. Il diritto alla cultura è fondamentalmente collegato alla libertà religiosa. Giovanni Paolo II, nell'enciclica Centesimus annus (1991) lo spiega così: « Fonte e sintesi di questi diritti è, in un certo senso, la libertà religiosa, intesa come diritto a vivere nella verità della propria fede ed in conformità alla trascendente dignità della propria persona »: n. 47.
Tutti questi diritti interessano la persona, ma essi comportano anche un aspetto sociale per cui è difficile distinguere, in maniera troppo categorica, tra diritti individuali e diritti collettivi, tra i quali va sottolineato il diritto all'identità nazionale, garantita da un regime adeguato di sovranità, il diritto delle lingue, il diritto delle minoranze, il diritto allo sviluppo culturale, e il diritto, per ogni popolo, di avere assicurate le condizioni di questo sviluppo: in modo particolare, le infrastrutture di un sistema educativo, una rete di libere comunicazioni, un regime di diritto e i mezzi per una politica della cultura, del patrimonio e della ricerca.
Sul piano propriamente giuridico, i diritti culturali suscitano un nuovo approccio della giurisprudenza e della scienza del diritto. Per esempio, J.M. Pontier et al., in Le droit de la culture (1990) distinguono il diritto « alla » cultura, dal diritto « della » cultura, essi studiano le principali questioni giuridiche che riguardano le istituzioni culturali, le competenze dei poteri pubblici, le professioni culturali, lo speciale regime degli spettacoli, le produzioni culturali, le biblioteche pubbliche e tutto ciò che riguarda la politica culturale dello Stato, come il regime finanziario e fiscale della cultura.
La comunità internazionale, come si è visto, dà un'interpretazione sempre più ampia ai diritti e agli obblighi correlativi riguardanti la partecipazione di tutti ai beni culturali. La portata giuridica delle Dichiarazioni e Convenzioni ufficiali andrà certamente precisandosi, in modo da riflettere progressivamente le esigenze dell'etica che chiede, secondo l'espressione di Paolo VI « l'equa ripartizione delle ricchezze della natura e dei frutti della civiltà »: Discorso per il 25o anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, 10 dicembre 1973. L'insegnamento sociale della Chiesa (G. Filibeck, 1991) insiste fortemente sulla stretta solidarietà degli esseri umani di fronte alla vocazione di tutti alla crescita, che non è facoltativa. Giovanni Paolo II lo affermava in questi termini al Corpo diplomatico a Kigali: « E sufficientemente valutato il fatto che una esistenza decente, con un minimo di sicurezza, costituisce un diritto comune ed è un dovere comune assicurarlo a tutti e su tutte le terre del pianeta? »: Discorso a Kigali, 7 settembre 1990.
Vedi
Beni culturali
Dichiarazione di Messico
Sviluppo culturale
Politica culturale
Bibl.: H. Carrier 1990a. Diritti economici, sociali e culturali... 1990. G. Filibeck 1991, 1992. Fiuc 1991. J. Hersch 1985. J.M. Pontier et al. 1990. H. Shaughnesy et C. Fuente Cobo 1990. M. Verwilghen 1989. R. Etchegaray et al. 1992. E.A. Harvey 1990a, 1991, 1992. J.‑P. Lebreton 1993. J. Rawls 1987.