Si chiama arte la creazione di opere che piacciono per la loro bellezza, che sono frutto di virtuosità tecnica, di genio immaginativo, di ispirazione intellettuale. L'opera d'arte è un prodotto sia materiale, come la scultura, sia intellettuale come la letteratura. L'arte esalta la bellezza, ma non esclude l'utile: come ad esempio, la ceramica, l'architettura, la decorazione interna.
Gli antichi distinguevano le arti meccaniche e le arti liberali. Nel Medioevo s'insegnava che sette sono le arti liberali: la dialettica, la grammatica, la retorica (trivium), l'aritmetica, l'astronomia, la geometria, la musica (quadrivium). Le Belle Arti indicano le produzioni del bello plastico, quali l'architettura, la pittura, la musica. L'arte letteraria comprende tutte le forme di poesia, del romanzo, della storia, del teatro. Alcuni distinguono le arti dello spazio (architettura), le arti del tempo (la danza), le arti del linguaggio (letteratura), le arti dello spettacolo (teatro, cinema).
Un sistema comune di classificazione delle arti ritiene le seguenti categorie: la letteratura, le arti visive, grafiche, plastiche, decorative, le arti d'interpretazione e l'architettura. In pratica, si riduce la classificazione a due grandi categorie: quella delle arti plastiche ed applicate e quella delle arti d'interpretazione.
La sociologia sottolinea le strette interrelazioni che esistono tra le diverse forme di arte e gli stili di vita nelle società. L'arte degli aristocratici o dei privilegiati è diversa da quella dell'artigianato, dell'arte popolare, o dell'arte indigena. La società moderna ha creato l'arte di massa e una commercializzazione senza precedenti dell'arte, come per esempio la pop‑art, la musica pop, i cui dischi sono ascoltati dai giovani di tutto il mondo. La storia dell'arte mostra a che punto le forme artistiche si evolvono con il progresso delle tecniche e delle culture. Pensiamo al cinema, alla televisione, al fumetto che sono rispettivamente chiamate la settima, l'ottava e la nona arte.
L'arte e la cultura
L'arte e la cultura
L'arte e la cultura sono creazioni indissociabili del genio umano ed è a giusto titolo che la concezione tradizionale della cultura abbraccia sia la raffinatezza artistica che l'erudizione intellettuale. Ogni persona colta è tenuta ad apprezzare le Belle Arti e le lettere. Ma, considerato in una dimensione socio‑culturale, il ruolo dell'arte è molto complesso da analizzare e la sociologia dell'arte è lungi dall'aver trovato un'unica via d'interpretazione. Le ricerche più recenti evidenziano due maggiori prospettive: l'arte come espressione e linguaggio simbolico di una cultura e l'arte come gioco dell'immaginario, dell'utopia, della rottura.
L'arte è, per un aspetto, rivelazione dell'anima collettiva. Una società umana si fa conoscere attraverso la sua arte di vivere che comprende le forme creatrici della sua religione, dei suoi miti, delle sue tradizioni, delle sue celebrazioni comunitarie. I suoi monumenti, la sua architettura, i suoi scritti, i suoi spettacoli e le danze sono l'espressione stilizzata di una coscienza comune che continuamente rianima « la potenza creatrice dell'emozione artistica », come diceva Henri Bergson. L'arte egiziana, per esempio, sapeva avvicinare i vivi ai morti, venerando i defunti ed accompagnandoli nella traversata verso l'al di là. I miti raccontati da Omero hanno rivelato i Greci a se stessi, formando la loro anima e il loro genio. Nei miti di Edipo, di Elettra, di Narciso, è la cultura universale che si scopre. L'arte cristiana di un Giotto, ad Assisi, d'altronde, celebra gli episodi della vita di san Francesco, testimone di un fervore religioso che ha segnato la sua epoca e tutta la storia della spiritualità.
E difficile isolare l'arte dall'ambiente di vita da cui sorge perché è la cultura nel suo insieme che sussiste come creazione dello spirito, come arte del vivere insieme, come stile di vita in cui tutti gli elementi sono da osservare nella loro interdipendenza, nella loro armonia, nelle loro tensioni, nei loro contrasti. Per esempio, se i riti religiosi ispirano le forme del culto, essi influenzano anche tutti i riti sociali: il cerimoniale di corte, l'etichetta, il calendario, le feste, la moda. L'arte dell'abbigliamento nella Cina del secondo millennio a. C. situava ciascuno nella gerarchia sociale e nell'ordine del cosmo. Ogni società ha il suo codice di onore, le sue forme di buona educazione, le sue regole di convenienza. La sua concezione della vita dà forma all'architettura dei templi, dei monumenti e delle case nobili. Essa comanda la disposizione delle abitazioni nello spazio urbano, l'alternanza dei monumenti, dei giardini, dei centri di potere, l'ordine funzionale dei quartieri. L'arte proclama ed esalta uno stile ed una concezione dell'esistenza.
L'arte non è puramente e semplicemente il riflesso o l'eco di una cultura, e spesso si produce uno sdoppiamento o una deriva tra il primo intento dell'artista e il nuovo significato che la società o il principe attribuisce all'opera artistica. La pittura egiziana, creata da principio come arte funeraria, esalta in seguito il culto dei faraoni. Le statue delle divinità greche diventano, col tempo, una forma di glorificazione della città e uno stile di decorazione delle fontane e dei monumenti. Anche la prodigiosa arte di Versailles sarà presto utilizzata, secondo le critiche di Colbert e del suo mercantilismo, come una vetrina di prestigio per la Francia e il suo re. Oggi le sedi sociali delle grandi imprese sono abbellite da pitture e sculture fatte su ordinazione, che richiamano la moda dei sovrani di altri tempi che incoraggiavano l'arte di corte.
Crisi dell'arte? L'arte specchio delle culture? Questo rimane ancora vero quando la morte di Dio e la morte dell'uomo hanno minato la pretesa umanistica dell'arte? In un'epoca in cui la miseria dei popoli rinvia l'umanità ai bisogni biologici elementari, in cui le società ricche idolatrano l'utile e il consumismo, in cui la razionalità tecnica tende a svalutare la logica intuitiva e la percezione dei simboli, in cui l'artificiale nasconde e distrugge le bellezze della natura, in cui l'aggressione visiva e uditiva dei media satura al massimo la psiche dalla più tenera età, si nota che lo spirito umano sembra diventare progressivamente insensibile allo splendore gratuito dell'arte, che è ora da molti considerata come fenomeno anacronistico borghese, esercizio vano e privo di significato. Anche la discussione sulla bellezza, che è stata appassionante in altre epoche, riscuote oggi scarso interesse. La crisi si rivelerebbe anche nella situazione sociale dell'artista il cui ruolo è ambiguo e marginale. La produzione artistica ha ancora un posto nell'insieme delle produzioni industriali?
Riconoscere questa crisi è ancora un altro modo per osservare gli stretti vincoli tra l'arte e la cultura: l'arte sarebbe allora ammalata della patologia della cultura. Noi pensiamo che questo giudizio non deve essere spinto all'estremo perché, se l'arte è in crisi, è lungi dall'essere moribonda. La creazione assume oggi delle forme inusitate e si dispiega in direzioni sconosciute nel passato: il cinema, la settima arte, ne è un esempio, come lo sono le nuove creazioni della musica, della pittura, lo sviluppo continuo del libro, il rinnovamento dell'arte popolare, la diffusione generalizzata dell'educazione artistica.
L'arte, d'altra parte, rimane sempre la memoria viva dell'umanità e mai come ora i tesori artistici del passato hanno esercitato un così grande fascino. La TV, la radio, il cinema hanno reso popolari i capolavori della musica, del teatro, della pittura, dell'architettura. L'arte sta certamente entrando in una nuova èra che darà un volto originale alle culture in gestazione.
Gioco dell'Immaginario sociale
Il gioco dell'immaginario sociale
Il linguaggio dell'arte è certo rivelatore delle credenze, delle ideologie, delle mode, dell'evoluzione dei gusti mutevoli di una società, ma denota anche una tensione tra i valori convenuti e l'immaginario collettivo, sempre aperto al senso del nuovo, spesso inatteso, imprevedibile, stupefacente. Per esempio, il tempio distrutto di Gerusalemme è diventato il tempio invisibile dell'ebraismo in diaspora, e questa immagine non ha cessato di nutrire le speranze del popolo d'Israele.
E al centro di questa dialettica, tra la cultura istituzionale e l'immaginario in continua ricreazione, che l'artista trova il suo spazio d'ispirazione e di libertà. Se si accontenta di servire l'arte del regime, tradisce se stesso e la sua opera diventa pura illustrazione o propaganda. E dunque come un gioco dell'immaginario, dell'utopia ed anche della rottura sociale, che l'arte deve essere percepita. L'artista non è soltanto l'interprete, egli è il profeta e il precursore che anticipa le forme innovatrici del pensiero, dell'immaginazione, della sensibilità sociale. I grandi geni, Omero, Dante, Cervantes, Shakespeare, Leonardo da Vinci, sono senza dubbio stati dei testimoni della loro epoca, ma essi hanno anche e maggiormente scolpito i tratti nuovi del loro popolo e della cultura universale. I grandi testi sacri della storia, come la Bibbia e il Corano, portano, attraverso le epoche, una carica innovatrice che continua a sconvolgere le coscienze e le società.
Al limite, si può dire che l'artista è un rivoluzionario e che le sue tele, i suoi canti, i suoi poemi esercitano un effetto destabilizzante sui suoi concittadini e talvolta diventano chiamata al combattimento. La tela di Picasso Guernica, i canti rivoluzionari e molti degli inni nazionali ne sono un esempio. L'opera d'arte può perfino diventare un simbolo di mobilitazione, il cui impatto supera, di molto, le intenzioni del creatore. I Nazisti, per esempio, avevano interdetto la musica di Chopin in Polonia perché questa musica, secondo l'espressione di Robert Shuman, era come « cannoni sotto i fiori ». E alle note della Polacca in là bemolle che scoppierà l'insurrezione di Varsavia il 1o agosto 1944.
L'arte è un fermento inebriante che spesso provoca lo scandalo delle culture dissacrando le credenze e le norme morali tramandate. Ancora al tempo di Molière il teatro era considerato un'arte pericolosa e gli attori giudicati persone immorali. Le regole dell'etica e dell'estetica non interdicono la rappresentazione del male morale, questa dimensione drammatica dell'animo umano, ma l'arte distrugge se stessa se si compiace di ciò che è indegno, pornografico, crudele, perché in questo modo si perverte in anticultura.
I più grandi artisti sono stati insieme dei testimoni e dei veggenti di genio. Il loro rapporto con la cultura ambientale non è mai a senso unico. Essi sono segnati dal loro ambiente, anche nelle opere più inattese o le più provocanti per il pubblico. I cubisti furono i testimoni della rivoluzione culturale del soggettivismo e della pretesa umana di ricreare l'universo e le sue forme. Ma l'arte moderna ha, essa stessa, partecipato alla rivoluzione del soggettivismo. Le regole estetiche non hanno più nulla a che vedere con i canoni tradizionali dell'arte. Il soggetto e la sua ispirazione hanno il primato su tutto, col rischio che questo provochi contraddizione tra creatori ed interpreti. I surrealisti, per esempio, si rifacevano a Freud e alle sue rivelazioni sull'inconscio, ma il padre della psicanalisti li considerava, partendo dal proprio pensiero, dei « folli integrali ». Gli studi sulle motivazioni dei creatori di genio sono spesso lungi dall'essere in armonia con la sublimità e lo splendore delle loro opere. Anche l'artista è talvolta guidato dallo spirito di lucro, di concorrenza, di cortigianeria come ha dimostrato André Chastel: 1986. La psicanalisi dell'arte è illuminante, ma non toglie all'opera creata la sua vitalità e il suo linguaggio. I volti umani sfigurati di Picasso o di Jean Dubuffet scandalizzarono profondamente i loro contemporanei, ma oggi vi si legge l'angoscia dell'uomo moderno che ha perduto l'intelligibilità contemplando la propria immagine esplosa. Perfino l'architettura convulsa di certe agglomerazioni urbane ha un significato recondito. Le Corbusier diceva di New York: « E una catastrofe, ma una bella catastrofe » ed è noto che Dvorak ha composto la Sinfonia del Nuovo Mondo dopo aver scoperto New York che l'accoglieva.
L'ispirazione artistica, ch'essa sia serena o tormentata, raggiunge, nella sua finalità il mistero dell'uomo e le sue radici ontologiche. L'arte si apparenta alla contemplazione metafisica e al dramma religioso dell'umanità. Questo è vero per la pittura di Fra Angelico che è insieme meraviglia per lo sguardo e preghiera per l'anima. Jacques Maritain parlava del suo grande stupore di fronte ai personaggi apparentemente ingenui e ridicoli del pittore Georges Rouault, suo amico: « Questo strano assembramento di teste sinistre o pietose, questi fantocci paurosi e sintetici, giudici, ricchi borghesi, donne oneste, saccenti; questi poveracci deformati dalla miseria, questi giocolieri, questi pagliacci, questi tristi infermi, questi spaventosi storpi, sono forse un gioco di massacro preparato qui perché il pubblico rida e si diverta? No, tutto questo è un'opera seria... ». Maritain spiega che la contemplazione di Rouault getta una luce cruda sulla realtà profonda della miseria umana: « Ciò ch'egli vede e conosce con una strana pietà, e ciò che ci fa vedere, è la miseria e la dolorosa bassezza di questo tempo, ma non la miseria del corpo soltanto, ma la miseria dell'anima, la bestialità e la iattanza dei ricchi e dei mondani, la schiacciante fatica dei poveri, l'infermità di tutti... »: J. Maritain, testo inedito del 1910, in Cahiers Jacques Maritain, n. 12, 1985, pp. 23‑24.
Specchio enigmatico della condizione umana, l'arte ci seduce, ci interpella nel più profondo di noi stessi. Tutte le religioni sono ricorse all'arte per celebrare il mistero e il dramma dell'uomo di fronte alla vita e alla morte, di fronte alla trascendenza e al fascino del divino. L'intera storia della Chiesa ne è testimonianza.
La Chiesa e l'arte
La Chiesa e l'arte
Il Concilio Vaticano II ricorda che la Chiesa ha sempre incoraggiato l'arte e gli artisti perché essa riconosce le alte capacità civilizzatrici della creazione artistica: Gandium et Spes, n. 57 e 62. In particolare, l'arte dà alla preghiera e al culto un'espressione e uno splendore incomparabili: Sacrosantum Concilium, n. 122. Il Cristianesimo ha ispirato opere meravigliose; ne sono testimonianza le cattedrali, i capolavori dell'arte sacra come i più illustri nomi della pittura, della letteratura o dell'architettura. I musei più celebri sarebbero molto impoveriti se li si privasse dei capolavori dell'arte cristiana.
Ma bisogna riconoscere che nell'epoca moderna le relazioni tra la Chiesa e l'arte si sono alquanto raffreddate. Da una parte e dall'altra si sono accumulati motivi di risentimento: gli artisti sono stati accusati di secolarismo, di dissacrazione e perfino di iconoclastia estetica. La Chiesa, d'altra parte, riconosce di aver abusato di un'arte religiosa di bassa qualità e di non avere sufficientemente compreso i nuovi artisti. Di fronte a queste incomprensioni, Paolo VI non nega le deficienze che hanno potuto offuscare gli artisti: « Noi non vi abbiamo spiegato le nostre cose... Ecco perché voi non ci avete conosciuti... Noi andremo fino in fondo ai nostri «mea culpa», noi vi abbiamo offesi ricorrendo al falso, all'oleografia, all'opera d'arte a basso prezzo ».
Rapporti più promettenti prendono ora forma e un nuovo patto tra la Chiesa e gli artisti è prospettato dal Concilio Vaticano II e dagli ultimi Papi. Vi si ricorda che, da sempre, il culto cristiano è stato nobilitato dalla poesia, dalla musica, dalla pittura, dall'architettura. E se la Chiesa si vedesse ora privata del concorso degli artisti, essa dovrebbe reinventare un « ministero artistico e profetico » per « far vedere che fra sacerdote e artista c'è una simpatia profonda e una capacità d'intesa meravigliosa »: Insegnamenti di Paolo VI, II, 1964, pp. 312‑317; XI, 1973, pp. 446‑450.
Nel suo Messaggio all'umanità il Concilio (dic. 1965) offre una nuova alleanza agli artisti: « Non lasciate interrompere un'alleanza feconda fra tutte... Questo mondo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione... Ricordatevi che siete i custodi della bellezza nel mondo ».
Non soltanto bisogna che la storia sacra, la letteratura e la Bibbia in particolare continuino ad ispirare i creatori, gli scultori, i pittori, i poeti, i compositori di opere musicali e teatrali, ma bisogna ancora che l'uomo contemporaneo riscopra l'arte nel suo significato spirituale. L'arte infatti è apertura al mistero e alla tensione religiosa dell'essere umano: « E un passo un po' analogo a quello della fede... L'essenziale dell'arte si situa nel più profondo dell'uomo, in cui l'aspirazione a dare un senso alla propria vita si accompagna ad una fugace intuizione della bellezza e della misteriosa unità delle cose »: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII1, 1985, p. 1563. Senza l'arte l'uomo resterebbe ampiamente cieco a se stesso, al proprio mondo interiore, al senso drammatico della propria miseria, del proprio destino, della propria sete d'infinito. Il mondo, la Chiesa hanno bisogno dell'arte come della contemplazione. La musica, tra tutte le arti, esalta l'armonia universale e suscita la fraternità dei sentimenti al di là di tutte le frontiere: essa « per la sua natura può far risonare interiori armonie, solleva intense e profonde emozioni, esercita un potente influsso con il nuovo incanto ». La musica è « uno strumento di vera fraternità, aiutando a superare discriminazioni e frontiere ». La Chiesa insiste perché nella liturgia « l'arte musicale entri come elemento di glorificazione a Dio, come espressione e sostegno della preghiera, come mezzo di effusione degli animi dei partecipanti »: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII2, 1985, pp. 209‑211; cf VI2, p. 691ss; VIII1, 1984, p. 429ss. Tra le arti e la religione si rivelano connaturalità e convivenza spirituale. I cammini dell'arte e le vie della Chiesa si raggiungono là dove palpita lo spirito umano alla ricerca d'identità e di assoluto.
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