Lo studio della famiglia occupa un posto a parte nell'insieme delle scienze umane, perché in essa si concentra tutta la complessità dei rapporti tra le persone, le generazioni, la società e la cultura. Il tema della famiglia è indissociabile dalle principali analisi culturali che costituiscono l'argomento della presente opera. Alla fine di questo articolo gli opportuni riferimenti in merito. La nostra attenzione è qui posta sulla genesi culturale della famiglia, con sottolineatura al particolare apporto del cristianesimo al consolidamento dell'istituto familiare come anche alle sfide che la cultura moderna gli pone.
Quale origine? Fin dai suoi inizi, la ricerca dell'antropologia si è orientata sull'origine della famiglia. Ipotesi rischiose, formulate nell'Ottocento, sono oggi scientificamente rigettate come, per esempio, quella di L. Morgan, ripresa da Marx ed Engels, che sostenevano che all'origine regnasse la promiscuità sessuale. La tradizione aveva, al contrario, sempre ipotizzato che l'unità familiare fosse esistita fin dai primi stadi dell'umanità. Lo testimonia Aristotele che vedeva nell'Oikos, cioè nella famiglia formata dal marito, dalla moglie, dai figli e dalla servitù, partecipi del medesimo nutrimento e dello stesso culto, la forma elementare dell'organizzazione sociale. Gli antropologi moderni continuano a discutere sull'ipotesi dell'anteriorità della famiglia nei confronti della società. F. Benveniste sostiene che, da principio, si sia formata una grande comunità parentale: « un antenato intorno a cui si raggruppano tutti i discendenti maschi e le loro intime famiglie ». La società, secondo lui, sarebbe esistita prima della famiglia ristretta: « Ciò che è esistito all'inizio, è la società, questa totalità, e non la famiglia, poi il clan, poi la città. La società, all'origine, è frazionata in unità che si inglobano. Le famiglie sono necessariamente unite all'interno di un'unità più grande »: Le Vocabulaire des Institutions Indoeuropéennes, Paris, 1969.
Queste affermazioni sono delle ipotesi, più o meno giustificate e generalizzabili e non sono sufficienti a concludere il dibattito sull'origine della famiglia, che rimane non chiaramente risolto sul piano antropologico. Tali discussioni hanno, tuttavia, il vantaggio di attirare l'attenzione sulla duplice differenziazione che ha contemporaneamente segnato l'evoluzione delle culture e la molteplicità dei modelli di famiglia. Il fatto è attestato dalla grande varietà dei sistemi familiari che sono sorti nelle diverse culture.
L'antropologo G. P. Murdock, che ha portato la sua ricerca su più di duecento società, ha scoperto ottantadue tipi di società con un sistema di famiglia estesa; cinquantaquattro con un regime di poligamia; quarantasette con un modello di famiglia nucleare: Social Structure, New York, 1949.
I migliori rappresentanti dell'attuale antropologia ammettono che la famiglia sia una costante universale di cui quattro sono le funzioni essenziali: di natura sessuale, economica, riproduttiva, educativa. A queste funzioni elementari si aggiungono un ruolo di protezione del figlio, dell'anziano, del malato e un ruolo culturale di comune trasmissione dei valori e dei modelli di comportamento.
La famiglia nucleare
La famiglia nucleare
Il modello di famiglia su cui intendiamo porre particolarmente la nostra attenzione è quello della famiglia nucleare, chiamata anche famiglia coniugale. E la famiglia formata dallo sposo, dalla sposa, dai loro figli a cui si possono aggiungere una o più persone: nonni, zii e zie, domestici. E il tipo di famiglia più elementare e si trova su piano universale, anche se, nelle società del passato, le famiglie nucleari potevano raccogliersi in comunità familiari più larghe. Nelle società moderne è la famiglia nucleare che rappresenta il tipo familiare più esteso ed è anche il modello verso cui tendono le nuove generazioni nei paesi in via di sviluppo. Vedremo in seguito come l'ideale della famiglia sia stato rinforzato dalla cultura ebreo‑cristiana, particolarmente a partire da sant'Agostino.
Ciò che inizialmente è necessario sottolineare, nella nostra ottica, è il lento processo attraverso cui la famiglia è stata modellata da fattori significativamente culturali. Il dato elementare, sul piano strettamente biologico, è anzitutto il vincolo tra la madre e i propri figli. Il vincolo col padre è più debole e fragile e tutte le società cercano di rinforzarlo con regole e sostegni istituzionalizzati. Il diritto romano, per esempio, chiede che si presuma come padre del bambino il marito legittimo: Is est pater quem nuptiae demostrant. La paternità era, del resto, confermata dal gesto del marito che accoglie sulle sue ginocchia il bambino appena nato in segno di accettazione. E come un patto visibile tra il padre e il proprio figlio. Notiamo soprattutto un'altra regola di comportamento riguardo alle donne in età di procreazione. Tutte le culture si preoccupano di definire una regolamentazione socialmente accettabile della capacità generatrice delle donne per garantire la continuità della famiglia e della società e per assicurare la pace tra i gruppi sociali.
Dall'amore intimo all'amicizia sociale
Dall'amore intimo all'amicizia sociale
La regola universale e di difficile spiegazione che domina tutta la storia della civiltà è l'interdizione di matrimonio tra consanguinei diretti. Nessuna necessità biologica imponeva di escludere l'unione tra consanguinei diretti: tra padre e figlia, madre e figlio, fratello e sorella. Tutte le spiegazioni proposte, psicanalitiche, economiche, biologiche rimangono inconcludenti. E interessante notare che la ricerca antropologica più recente si rivolge ad una spiegazione che raggiunge una profonda intuizione di sant'Agostino. Nella Città di Dio egli afferma che le alleanze si estendono al di là dei consanguinei prossimi in vista di una amore che si dilata. Se così non fosse, osserva sant'Agostino, l'amore rimarrebbe limitato entro la cerchia dei parenti prossimi e una sola persona concentrerebbe su di sé molti titoli di parentela; lo stesso uomo potrebbe essere contemporaneamente: padre, suocero, nonno, ecc. E per una ragione d'amore, di concordia, di utilità e per un maggiore bene sociale che le unioni non si concentrano all'interno di una stessa famiglia. Per Agostino, il matrimonio serve a propagare la specie umana, ma ha anche la funzione di sviluppare armonicamente la collettività sociale, cioè di diffondere largamente tra gli uomini i sentimenti d'unione e di amicizia sociale. Citiamo dalla Città di Dio: « Se i nipoti dei primi uomini, potendo sposare le proprie cugine, avessero sposato invece le loro sorelle, si sarebbero raccolte in un solo uomo, non due, ma tre parentele, mentre, in vista di un più esteso vincolo di carità, esse si sarebbero dovute ripartire tra persone diverse. Un solo uomo, infatti, sarebbe stato per i suoi figli, se i fratelli e le sorelle si fossero sposati tra loro, padre, suocero e zio e sua moglie, per gli stessi figli, madre, zia e suocera; i figli stessi tra loro non sarebbero stati soltanto fratelli e sposi, ma anche cugini in primo grado, essendo figli dei fratelli (...). Per alleanze multiple, invece, il vincolo sociale, non si raccoglie in una cerchia ristretta, ma si estende più largamente, a più individui »: « Opere di S. Agostino », NBA, V1‑3.
L'attuale antropologia conferma, in un certo senso, la ricca intuizione di sant'Agostino, perché situa la famiglia e il sistema di parentela in un quadro culturale caratterizzato dal dono, dallo scambio e dalla comunicazione. In questa prospettiva, l'interdetto dell'incesto acquista un significato positivo e fa della famiglia un'istituzione di scambio in cui si pratica il dono più prezioso, quello delle persone. Claude Lévi‑Strauss così ne scrive: « La proibizione dell'incesto è meno una regola che interdice di sposare madre, sorella o figlia, che una regola che obbliga a donare madre, sorella o figlia. E la regola del dono per eccellenza »: Le regard éloigné 1953. Questa tesi etnologica recente del « dono più grande » si è venuta elaborando in margine alla tradizione cristiana, ma, di fatto, prolunga l'argomentazione di sant'Agostino fondata sull'ideale del più grande amore (« ratio rectissima caritatis »), che si trova già in Origene e che s'incontra anche in altri Padri della Chiesa. L'attuale riflessione antropologica indica questa convergenza.
Certo, il pensiero cristiano non limita la comunicazione del più grande amore al dono delle donne. Le famiglie si costituiscono e si rinforzano attraverso il dono reciproco dei loro figli e delle loro figlie arricchendo, in questo modo, l'intera società, e, precisamente, facendo sposare i figli a congiunti scelti fuori della famiglia d'origine. E l'aspetto positivo e culturalmente creatore che occorre riconoscere alla proibizione delle unioni tra consanguinei diretti. Principi morali superiori, come anche un'esigenza profonda della cultura in quanto tale, hanno finito per imporre agli uomini civili un sistema familiare e relazioni interfamiliari che sono propriamente costitutive dalla società umana.
E relativamente facile constatare oggi il frutto di questa esperienza millenaria della civiltà, ma le scienze umane esplorano con fatica il lento costituirsi di un'istituzione tanto complessa quale è la famiglia, in cui s'intrecciano, più o meno coscientemente, i valori elementari della vita, i rapporti tra i sessi, la riproduzione e la sopravvivenza delle generazioni, il senso della parentela e la necessaria appartenenza alla grande società. Per parte nostra, dobbiamo riconoscere che la necessaria prudenza degli esperti più qualificati dell'antropologia familiare ci invita a non prestare troppo facilmente fede a certi osservatori impazienti che, da un secolo, predicano l'estinzione della famiglia come istituto umano. Le crisi, certamente, non sono state risparmiate a questo istituto, e quelle di oggi non sono le meno gravi, ma periodicamente la famiglia ha saputo ritrovare nuovi sostegni e nuova vitalità. L'apporto del cristianesimo, su questo piano, si è rivelato decisivo.
L'apporto del cristianesimo
L'apporto del cristianesimo
L'evoluzione culturale dell'istituto familiare è stato, infatti, durevolmente segnato dal cristianesimo, che ha divulgato i tre valori fondamentali del matrimonio, indicati già da sant'Agostino come il triplice bene: il « tripartitum bonum: proles, fides, sacramentum » cioè: « il figlio, la fedeltà, il sacramento ». « Haec omnia bona sunt propter quae nuptiae bonae sunt: proles, fides, sacramentum »: De bono coniugali, cap. 24.
Secondo l'ideale cristiano, il matrimonio si fonda sulla comunione dell'intera vita tra gli sposi che s'impegnano liberamente e in assoluta uguaglianza. Il loro amore è, di per sé, ordinato alla generazione del figlio (proles), alla sua custodia e alla sua educazione, e il matrimonio comporta istituzionalmente l'obbligo della fedeltà coniugale (fides), dell'amore esclusivo tra gli sposi; inoltre, il matrimonio stabilisce un patto sacro (sacramentum) tra i coniugi, che implica l'unità e l'indissolubilità del loro impegno, sigillato dal sacramento, nel matrimonio cristiano, che simbolizza l'unione del Cristo e della Chiesa. Questi tre valori hanno foggiato il comportamento matrimoniale ovunque il cristianesimo si è diffuso, dando una configurazione tipica ad una civiltà fondata sulla famiglia come prima cellula della società e come gruppo elementare dell'acculturazione e dell'educazione. I tre principi che fondano la procreazione, la fedeltà coniugale e l'indissolubilità sono stati accolti nei codici civili per influsso del diritto canonico ecclesiastico ed hanno costituito norma giuridica fino all'epoca moderna.
Il Concilio Vaticano II, molto sensibile alle aspirazioni della cultura moderna, particolarmente in ciò che concerne il libero impegno delle persone e il loro sviluppo, ha voluto porre ancora più chiaramente in rilievo il valore proprio della comunità di vita e del progresso degli sposi che si donano e si ricevono reciprocamente. Essi sono impegnati, in una comunione di destino e di amore, ad approfondire il bene proprio della coppia e di ognuno dei coniugi. Il valore della reciproca comunione dà al matrimonio la sua dignità propria come pure la fecondità dell'unione che ne è il coronamento.
Il Concilio così parla dell'alleanza dei coniugi: « L'intima comunità di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal fatto coniugale vale a dire l'irrevocabile consenso personale ». La comunità di vita è ordinata alla fecondità dell'amore come anche al bene dei genitori: « Per sua indole naturale, l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale, generoso e cosciente, sono ordinati alla procreazione e all'educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento. I figli, come membra vive della famiglia, contribuiscono pure in qualche modo alla edificazione dei genitori »: Gaudium et spes, n. 48. Il nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983 ha sintetizzato questa dottrina, dicendo che il matrimonio è l'alleanza per la quale « un uomo e una donna costituiscono tra loro una comunità per tutta la vita, ordinata, per il suo naturale carattere, al bene dei coniugi come alla generazione e all'educazione dei figli »: Canone 1055.
La Chiesa cattolica ribadisce la validità permanente di queste esigenze che ha riformulato nell'Esortazione apostolica Familiaris consortio nel 1981 e riproposte nella Carta dei Diritti della Famiglia del 1984. Ma è innegabile che l'istituto familiare sta vivendo una situazione di crisi, iniziata con l'avvento della società industriale.
Crisi moderna della famiglia
Crisi moderna della famiglia
La crisi ha le sue motivazioni prima di tutto nell'impatto con la società moderna, ma anche nell'influenza di teorie sociologiche nettamente anti‑famigliari. E un fatto che nel mondo industrializzato ed urbanizzato la famiglia ha perduto la sua base patrimoniale tradizionale non essendo più legata alla proprietà fondiaria. L'evoluzione ha portato con sé il declino dell'imago paterna e instaurato un nuovo statuto dei sessi e della generazione. La famiglia si riduce alla coppia e ai figli, e la comunità di vita tende a prevalere rispetto all'istituzione, come hanno osservato E. W Burgess e H. G. Locke in From Institution to Companionship: New York 1945‑1960. I vincoli coniugali sono diventati fragili. Il divorzio è diventato un comportamento culturale che riguarda un terzo o anche la metà delle coppie in molte società industrializzate. La diffusione della contraccezione e soprattutto la legalizzazione dell'aborto hanno profondamente sconvolto i rapporti tra i sessi colpendo l'ethos tradizionale che salvaguardava il vincolo, in sé essenziale, tra matrimonio e procreazione, secondo la dottrina cristiana.
Sul piano delle teorie sociologiche, la famiglia moderna è, da molti autori, presentata come un rifugio protettore nei confronti della società dominata dalla produzione, dalla competizione e dalla dura razionalità economica. La famiglia è il luogo in cui ci si ritira nell'intimità e nell'affettività per difendere la propria vita privata. Da una concezione di questo genere alla considerazione della famiglia come ghetto egoista il passo è breve. La famiglia borghese è stata allora accusata d'essere il modello privilegiato della società dei consumi. Andando più avanti, la Scuola di Francoforte considera la famiglia come la struttura che tende a garantire, grazie all'autorità paterna, il sistema dominante della società borghese, pur mantenendo l'illusione della libertà privata nell'intimità della propria casa. Queste teorie, sostenute da M. Horkeimer, T. Adorno e H. Marcuse, hanno avuto una vasta diffusione negli anni intorno al 1968. Il carattere unilaterale di queste teorie è oggi oggetto di critica e di denuncia.
Capacità innovatrice della famiglia
Capacità innovatrice della famiglia
Una visione più equilibrata del ruolo della famiglia nella cultura moderna tende oggi ad esprimersi. Numerosi sono gli studi che cercano di approfondire la capacità innovatrice della cellula familiare nella società contemporanea.
La famiglia, infatti, preserva e rinforza un tipo di solidarietà fondata sull'amore interpersonale, sull'intimità tra gli sposi, sulle cure materne e i rapporti parentali. La società di produzione riscopre questa esigenza insostituibile delle solidarietà familiari, esigenza primaria di ogni cultura.
Al di là degli eccessi di una società permissiva, le aspirazioni all'amore che emergono nell'uno o nell'altro dei coniugi e il desiderio di creare una comunità parentale emergono come un bisogno permanente. Numerosi studi vedono in questi atteggiamenti il presentimento di un ordine culturale più umano. L'uomo e la donna, infatti, liberamente formano una coppia risoluta a fare la propria storia a due, vivendo una relazione interpersonale ed uno scambio reciproco continuamente aperto all'altro nell'uguaglianza e nell'identità proprie a ciascuno.
Malgrado la crisi che colpisce l'istituto familiare, si possono dunque riconoscere le tendenze positive che si manifestano nell'attuale realtà. Il documento Familiaris consortio, prima citato, così si esprime: « Da una parte, infatti, vi è una coscienza più viva della libertà personale e una maggiore attenzione alla qualità delle relazioni interpersonali nel matrimonio, alla promozione della dignità della donna, alla procreazione responsabile, all'educazione dei figli; vi è inoltre la coscienza della necessità che si sviluppino le relazioni tra le famiglie per un reciproco aiuto spirituale e materiale, la riscoperta della missione ecclesiale propria della famiglia e della sua responsabilità per la costruzione di una società più giusta »: n. 6.
Le nazioni moderne ritornano ad essere più sensibili al ruolo indispensabile della famiglia nei compiti complessi dell'educazione e dello sviluppo culturale. Questa è la sfida che devono affrontare i governi nel compito di armonizzare la loro politica educativa, culturale e familiare. L'equilibrio e il vigore culturale di una società dipendono sempre dalla salute morale delle famiglie, come sosteneva la sapienza tradizionale e come dimostrano, a loro modo, le ricerche moderne.
La famiglia, oltre ad essere la cellula che accresce fisicamente la società, è anche il focolare in cui si radica e si sviluppa tutta la cultura viva. E nel suo seno che il bambino scopre la propria identità culturale ed impara la lingua materna, principale veicolo della cultura e che familiarizza con le regole elementari della socialità e della fraternità. Queste funzioni non hanno perduto nulla della loro importanza nella società pluralista e multiculturale di oggi.
Si assiste, proprio oggi, ad una riscoperta dell'istituto familiare come soggetto di politica e come soggetto culturale, perché l'esperienza della società moderna ha messo in evidenza che l'assenza delle famiglie rende praticamente impossibile il buon funzionamento del sistema scolastico e della salute pubblica, come l'acculturazione della nuove generazioni ai valori comuni che danno identità ad una comunità umana. La crescita delle persone e lo sviluppo culturale della società trovano nell'istituto familiare un elemento determinante ed un sostegno indispensabile. Tutta la storia della civiltà ne è testimonianza.
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Acculturazione
Educazione
Lingua
Cultura
In questi articoli è stato particolarmente studiato il ruolo della famiglia nel processo educativo e culturale.
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