UBBIDIENZA - ULIVI (MONTE DEGLI) - UMILTÀ - DIZIONARIO BIBLICO

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UBBIDIENZA - ULIVI (MONTE DEGLI) - UMILTÀ
UBBIDIENZA
(Ebr. jeqahah, semo'a; greco: ***). La virtù morale che inclina all'esecuzione degli ordini ricevuti dall'autorità divina od umana.
1) Ubbidienza a Dio
È premiata in Abramo con la promessa di una numerosa discendenza (Gen. 22, 18; 26, 5; Hebr. 11, 8); è preferita da Dio ai sacrifici (I Sam 15, 22; Eccle. 4, 17); costituisce il principio essenziale della religione dello spirito (Os. 6, 6; Am. 5, 21-24; Is. 1, 10-20; Mi. 6, 6-8; Ier. 7, 3-26; Mt. 12, 2-7; Mc. 12, 29-34) implicando l'osservanza della legge divina (Ex. 15,26; Lev. 26, 18; Deut. 11, 13.27; ecc.). Si deve ubbidire più a Dio che agli uomini (I Mach. 2, 20; 2Mach. 7, 30; At. 5, 29). L'u. a Dio sarà premiata (Deut. 30, 2.20), la disubbidienza, non infrequente presso il popolo ebraico (I Sam 28, 18; Ier. 37, 2; At. 7, 39 ecc.), sarà severamente punita (Ier. 43, 7). Cristo, cui è predetta l'u. dei popoli (Gen. 49, 10), cui durante la vita terrestre ubbidiscono gli elementi e i demoni (Mt. 8, 27; Mc. l, 27; 4, 41; Lc. 8, 25) pone come condizione per la salvezza l'assoluta u. alla sua parola (Rom. 1, 5; 6, 17; 10, 16; 15, 18; 2Cor 9, 13 ecc.); egli che ci ha mostrato nella sua U. ai decreti del Padre celeste (Phil. 2, 8; Hebr. 5, 8) la causa prima della redenzione, in antitesi perfetta col ribelle Adamo (Rom. 5, 19).
2) Ubbidienza agli uomini
Nel Vecchio Testamento è imposta verso i sacerdoti ed i giudici (Deut. 17, 12), verso i genitori (Deut. 21, 18; Prov 30, 17) ed è sottolineata quella di Giacobbe verso i suoi genitori (Gen. 28, 7), degli Egiziani verso Giuseppe (Gen. 41, 40), degl'Israeliti verso Mosè (Deut. 34, 9; Ios. 1, 17), ,dei Recabiti verso il loro antenato Ionadab (Ier. 35, 8-18). Nel Nuovo Testamento è inculcata l'u. dei Cristiani ai genitori, ai padroni (Eph. 6, 15; Col. 3, 20.22; 1 Pt. 2, 13 ss.), all'autorità civile (Tit. 3, 1); è stigmatizzata la disubbidienza dei pagani ai propri genitori (Rom. 1, 30; 2Tim. 3, 2) ed è lodata l'u. dei fedeli all'autorità religiosa (2Cor 2, 9; 7, 15; 10, 6; 2Ts. 3, 14 ecc.).

ULIVI (MONTE DEGLI)
(Ebr. har. haz-zethim; oggi Gebel el Zeitun). Monte ad oriente di Gerusalemme (Zach. 14, 4; Ez. 11, 23), da essa separato dalla valle del Cedron (2Sam 15, 23; Io. 18, 1) e lontano un percorso sabatico (ca. 1 km.; At. 1, 12). Presenta tre punti culminanti: a nord l'odierno Karm el-Sajad "vigna del cacciatore" (m. 818), chiamato dagli antichi pellegrini "mons viri Galilaei" in ricordo delle parole angeliche (At. 1, 11); al centro l'odierno Gebel et-Tur (m. 812); al sud l'odierno Gebel Batn el Hawa (m. 734), chiamato dagli antichi pellegrini "mons offensionis", "mons scandali", ch'è il nome impiegato dalla Volgata per designare la località idolatrica di Salomone (2Reg. 23, 13). Ricoperto di ulivi, parzialmente ancora esistenti, il monte è traforato da caverne, cisterne, e grotte, legate a ricordi biblici e tradizionali e utilizzate a sepoltura. Ai tempi di David, sulle sue cime era installato un luogo cultuale (2Sam 15, 32). È salito da David in pianto con la testa velata ed i piedi scalzi, mentre fugge al ribelle Absalom (2Sam 15, 30). Salomone innalzò, sulla cima meridionale elle dominava la vallata di Siloe, un luogo cultuale per le divinità idolatriche delle concubine straniere, che fu distrutto dal riformatore Iosia (2Reg. 23, 13). Sulla cima del monte, Ezechiele vide sostare Iahweh, che abbandonava il tempio di Gerusalemme, feticisticamente creduto intoccabile, per trasferirsi fra gli Ebrei di Babilonia (Ez. 11, 23); sulla sua cima si poserà Iahweh, il grande vittorioso, il quale determinerà una grande spaccatura nella montagna stessa (Zach. 14, 4). Il monte degli U. è particolarmente legato alla storia di Cristo; attraversato nell'andirivieni da Gerico (Mt. 21, 1; Mc. 11, 1; Lc. 19, 29) e da Bethania, situata nel Versante orientale, alla sua base sono situati il Cedron (v.) ed il Getsemani (v.) con la sua grotta; verso la cima un'altra grotta conserva il ricordo degli ultimi insegnamenti di Cristo, tra i quali il Pater noster (Lc. 22, 39; 21, 37; Mt. 24, 3; 26, 30; Lc. 11, 1-4); sulla piattaforma occidentale invece è conservato il ricordo dell'Ascensione (At. 1, 12; Lc. 24, 50 ss.); ed infine sul versante orientale il ricordo del pianto di Cristo su Gerusalemme (Lc. 19, 41-44) e dell'ovazione tributata gli dai discepoli e dai simpatizzanti con rami d'olivo e palme (Mt 21, 1-11 e par.). Attorno ai tre grandi santuari, eretti nel sec. IV, sul monte d'egli U. (Ascensione, Getsemani ed Eleona, da ***) s'intensificò la pietà cristiana nell'età bizantina e medioevale ed oggi è più viva che mai.
[A. R.]

BIBL. - F. M. ABEL, Géographie de la Palestine, I, Parigi 1933, pp. 64. 372 ss.; L. PIROT. in DRs, I, coll. 628-43.

UMILTÀ
(Ebr. 'anawah, 'oni; gr. ***). È anzitutto uno stato oggettivo nell'uomo, proveniente da povere condizioni sociali, schiavitù, malattie, disgrazie (Gen. 29, 32; Deut. 26, 7; Iudt. 6, 15; Lc. 1, 48; 2Cor 10, 1 ecc.). Se non è connesso con un disordine morale, tale stato è un titolo di gloria presso Dio (Iudt. 8, 17) sebbene non lo sia presso gli uomini (Eccli. 13, 22.24): esso determina la consolazione (2Cor., 7, 6) e la glorificazione da parte di Dio (Iudt. 8, 17; Eccli. 11, 13; 20, 11; Lc. 1, 52; Iac. 4,10; I Pt. 5, 6 ecc.). Come disposizione d'animo, mentre presso i pagani è un difetto, è invece presso gli Ebrei e soprattutto i cristiani una virtù morale di cui Cristo "umile di cuore" (Mt. 11, 29) fu un modello perfetto. Molto accetta, a Dio (Eccli. 3, 21), molto raccomandata ai cristiani (I Pt. 3, 8), l'u. consiste nel riconoscer la propria nullità di fronte alla trascendenza divina (Ps. 39, 6), nell'accettare le umiliazioni sull'esempio di Cristo (Phil. 2, 8), nell'abbassarsi di fronte al prossimo (I Pt. 5, 5), disposti a servirlo (Mt. 20, 26; Lc. 22, 26). L'u. è principio di saggezza perché conserva l'uomo nell'equilibrio (Prov. 11, 2); è la condizione per l'efficacia della preghiera (Iudt. 9, 16; Ps. 102, 18; Ps. 22, 25), della grazia (Iac. 4, 6; I Pt. 5, 5) e della salvezza (Mt. 18, 4; 23, 12); infine è il preludio della gloria (Prov. 15, 32; 29, 23).

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