DOCUMENTO SADOQITA - DOLORE - DIZIONARIO BIBLICO

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DOCUMENTO SADOQITA - DOLORE
DOCUMENTO SADOQITA
È la regola della comunità chiamata "Nuova alleanza" o "setta di Damasco". 'È stato scoperto in due manoscritti del sec. XI-XII d. C. nella Genizah del Cairo e pubblicato da S. Schechter nel 1910. Il nome di D. S. è dovuto a Sadiìq sotto il cui patrocinio simbolico sono i seguaci della setta che si chiamano bene Sadiìq. La citazione di Ez. 44, 15 non ha intenzione di stabilire il diritto sacerdotale dei capi. La setta espulsa dalla Palestina e stabilita si a Damasco verso il 170 a. C. o, secondo altri, al tempo di Alessandro Ianneo (103-76 a. C.), presenta affinità con la setta descritta dal Manuale di Disciplina scoperto a Khirbet Qumran dove è stato trovato un frammento del D. S. Ambedue sembrano apparentate col gruppo degli Esseni. Il D. S., la cui data è posta da molti verso il I sec. a. C., dimostra gusti pronunciati per le speculazioni escatologiche e ammette nel canone apocrifi come il libro dei Giubilei, il Testamento dei dodici patriarchi e il libro Hegu, conosciuto solo nel Manuale di Disciplina. Il D. S. ha una parte storica e una legislativa. Nella parte storica primeggiano tre nomi, Sadiìq, il dottore di giustizia e il Messia che non verrà da Giuda, ma da Israele e Aronne, non sarà sacerdote, ma dottore. Nella steso sa parte seguono esortazioni: separazione dai figli della perdizione, astensione dal lucro che danneggia le cose sante o spoglia le vedove e gli orfani, distinzione tra il puro e l'impuro, osservanza delle vere regole sul sabato, le solennità, il giorno del digiuno; carità fraterna, mutua correzione; fuga dalle unioni proibite. Nessun passo del D. S. parla molto chiaramente della sopravvivenza, né della retribuzione dopo la morte. La parte legislativa oscilla tra il codice penale e la procedura penale. Tratta degli oggetti perduti, dei testimoni e dei tribunali, della purificazione mediante l'acqua, del culto, dei rapporti tra Ebrei e Gentili e delle regole di osservanza del sabato con un rigore che supera quello dei Farisei. La setta è una società segreta alla quale si è ammessi dopo un serio esame e un giuramento solenne. I sacerdoti occupano il primo posto, ma sono confinati alle loro funzioni cultuali. Nei consigli hanno 4 voti su 10. L'amministratore generale e di ogni gruppo è un laico. Gli anziani sono eliminati: chi supera i 50 anni non può far parte del potere esecutivo; dopo i 60 si è esclusi dai tribunali.
[F. V.]

BIBL. - S. SCHECHTER, Fragments of a Zadoqite Work, Cambridge 1910; L. ROST, Die Damaskusschrift, Kleine Texte fur Vorlesungen und Ubungen, 1933; M. J. LAGRANGE, La secte juive de la nouvelle alliance au pays de Damas, in RE, 21 (1912) 213-40. 321- 60; S. ZEITLIN. The Zadoqite Fragments, Filadelfia 1952: H. H. ROWLEY, The Zadoqite fragments and the Dead Sea Scrolls, Oxford 1952.

DOLORE
Nel Vecchio Testamento, il dolore fisico e morale, assente dalla creazione originariamente buona (Gen. 1; Eccli. 39, 33), è la triste eredità del peccato originale (Gen. 3, 16 ss.). Alla luce della tradizionale retribuzione terrena, il d. fu soprattutto considerato come il castigo del peccato personale o collettivo, inflitto da Dio eminentemente giusto e santo (Ex. 20, 5; Deut. 5, 9; Ier. 32, 19; Ps. 62, 13: Iob 34, 11.20; 35, 8; 37, 14.15; Is. 3, 11 ecc.). La storia biblica, specie in certi libri (Ex., Iudc., Reg., Par.), è presentata sotto l'angolo visuale di questa concezione giuridica del d. Contro questa concezione tradizionale si levarono però isolate le voci di protesta, in nome dell'esperienza quotidiana attestante la prosperità dell'empio e la sofferenza del giusto (Ier. 12, 1 ss.; Mal. 2, 17; 3, 15): specialmente in Iob, che verte tutto sul conflitto tra la soluzione tradizionale relativa al d. (la sofferenza è conseguenza di peccato), sostenuta dagli amici di Giobbe, e la risposta netta e sicura della coscienza, che sente di non aver peccato. Il conflitto non viene risolto bensì viene proiettato nella misteriosa sapienza della Divinità; vien rilevato che la fortuna dell'empio è solo effimera (Ps. 37; 112, 10; Prov 10, 25.27.30; 12, 7), la sua morte prematura ed improvvisa (Ps. 55, 24; Eccle. 7, 17. Per il giusto viene espressa la speranza nella retribuzione dopo la morte (2Mach. 7, 9- 14; Sap. 3, 1-9; 4, 7-5, 23). Oltre questa fondamentale funzione retributiva, del d. vengono affermate altre funzioni: la funzione purificatrice (Prov. 3, 12; Eccli. 2, 4.5; Iudt. 8, 27; Ez.: l'esilio babilonese; Iob 36-37: discorsi di Eliu; II Mach. 6, 12,-16) e quella sperimentale (prova di fedeltà) per l'intervento di spiriti malvagi (Satana: nel prologo di Iob) o di uomini malvagi (persecuzioni) o per le condizioni della vita umana stessa (Iob 14, l; Eccle. 2, 23; Prov. 14, 13); si delinea per una funzione espiatorio - soteriologica che permette la realizzazione dei divini disegni di salute (sofferenze dell'esilio che fanno conoscere ai pagani la potenza, la giustizia e l'amore di Jahweh: Ez. 12, 16; 17, 24; 21, 10; 36 ecc.; le sofferenze dei profeti: Is. 26; Ier. 16, 1-4; Ez. 4; la sofferenza nei salmi di liberazione: 35; 41; 59 e in altri salmi: 22; 69; 40) e l'espiazione vicaria realizzata dal Servo di Iahweh (Is. 53, 6.12; cf. Zach. 12, 10). Nel Nuovo Testamento non è scomparsa la fondamentale funzione del d. come castigo del peccato (Io. 5, 14; 9, 2; I Cor 11, 3). Prevalgono però le altre funzioni, già timidamente affermate nel Vecchio Testamento: la funzione purificatrice-sperimentale per cui il d. è una necessità per il cristiano (Io. 15, 20; 2Tim. 3, 12; Mt. 24, 9; Lc. 21, 12; 22, 31); e quella soteriologica che associa alla Croce (v.) redentrice di Cristo (2Cor l, 5.7; Phil. 3, 10; I Pt. 4, 13; Col. l, 24-27; I Cor 12, 26 ecc.). La problematica del d. si risolve però definitiva mente, come già negli ultimi libri del Vecchio Testamento, su un piano escatologico: la sofferenza sopportata in unione con Cristo che si sublima in gloria eterna (At. 14, 22; Rom. 8, 17-18; II Cor 4, 17, Iuc. 1, 12).
[A. R.]

BIBL. - J. STAMM, Das Leiden des Unschuldigen in Babylon und Israel, Zurigo 1946: C. DEL GRANDE, Hybris, Napoli 1947; P. HEINISCH, Teologia del Vecchio Testamento, trad. ital., pp. 295-306 (con bibliogr.); M. CARREZ, Souffrance et gloire dans les épitres pauliniennes (Col. 1, 24-27), in RHPhR, 31 (1951), 343-53.

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