NOÈ - NOMI TEOFORI - DIZIONARIO BIBLICO

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N
NOÈ - NOMI TEOFORI
NOÈ
(Ebr. Noah, LXX ***, acc. Nuhija). Figlio di Lamec (Gen. 5, 28). Il nome è spiegato con la radice nhm "consolare" sebbene la consolazione derivi solo dal vino che N. gusta per primo (Ier. 16, 7; Prov 31, 6). Padre a 500 anni, di Sem, Cam, Iafet (Gen. 5, 32; 6, 10; 10, 1), uomo giusto (cf. Ez. 14, 14.20) tra i suoi contemporanei, cammina con Dio (Gen. 6, 9) come Enoch (Gen. 5, 22). È l'eroe del diluvio (v.) biblico. Da Dio riceve l'ordine di costruire, secondo precise misure, l'arca. N. eseguisce il mandato e, all'avviso di Dio, a 600 anni, entra nell'arca con la sua famiglia per sfuggire alle acque del diluvio. Dopo un anno solare dall'entrata nell'arca (Gen. 8, 14 cf. però 8, 13b), N. esce per ordine di Dio, costruisce un altare, offre olocausti e riceve con l'umanità la benedizione (cf. Is. 54, 9) di Dio che stringe un patto con lui. Il segno dell'alleanza è l'arcobaleno che per gli Assirobabilonesi simbolizza il favore o lo sfavore degli dèi a seconda della posizione dell'arco. N. coltiva la vite: ubriaco, si denuda nella tenda e si espone alla derisione di Cam, padre di Canaan. È rispettato e avvertito da Sem e Iafet. Maledice quindi Canaan e benedice gli altri due. N. muore a 950 anni. È elogiato come speranza nel mondo per la sua fiducia in Dio (Sap. 14, 16), modello di fede (Hebr. 11, 17), araldo della giustizia divina (2Pt. 11, 5). Nella tradizione giudaica N. è il predicatore che tenta invano di convertire i contemporanei (Flavio Giuseppe, Ant. I, 3, l; Oracoli Sibillini I, 129.159.198; ecc.). N., come eroe del diluvio, presenta affinità, (affinità letteraria, v. Genesi), col protagonista del diluvio mesopotamico che ha nomi vari nelle diverse recensioni: nella tavola XI del poema di Gilgames, Utnapistim (ricerca o signore della vita) o Umnapistim ruqu (giorno lontano di vita), equivalente di Ziudsuddu, l'eroe della recensione di Nippur, o Ziudsudra, di cui ***, ecc. della versione di Beroso (presso Alessandro Polistore e i frammenti di Abideno raccolti nella cronaca di Eusebio) sarebbe la lettura più vicina, e Atrahasis (saggissimo) della recensione di Ninive e che è uno dei titoli di UtnapiStim (DT, 42, lin. 11). N. figura al decimo posto nella lista dei patriarchi prediluviani (Gen. 5, 28) come Ziudsuddu nelle tavole di Larsa (WB, 62) e ***, in Beroso (presso il Sincello). N. muore mentre l'eroe mesopotamico ottiene l'immortalità.
[F. V.]

BIBL. - R. H. MOTTRAM, Noah, Londra 1937; G. CONTENAU, L. Déluge Babylonien, Parigi 1941; E. DHORME, Le déluge babylonien, (Recueil Dhorme), Parigi 1951, pp. 561- 84; ID., L'aurore, de l'histoire babylonienne, ibid., pp. 3-79; A. PARROT, Déluge et Arche de Noé, Neuchatel 1952.

NOMI TEOFORI
Nomi propri composti dal nome della divinità e da un termine di parentela. Più che espressioni dommatiche essi sono invocazioni fiduciose della divinità, tanto più toccanti quanto più intimi sono gli appellativi: padre, fratello, ecc. I genitori nell'imporre tali n. ai loro figliuoli, manifestavano le loro credenze religiose, la loro fiducia nella divinità. I n. t. si riscontrano presso tutti i popoli semiti: tra i Babilonesi, Marduk-abì = Marduk è mio padre; Istar-ummi = Istar è mia madre, ecc.; tra gli Aramei, Ba-ah-li-AN = Dio è il mio signore; Zi-im-ri-AN = Dio è la mia protezione, ecc.; tra i Cananei, i Fenici, gli Arabi. Abbondano soprattutto i n. t. composti con 'el ed un sostantivo o un verbo; El, infatti, è il nome primitivo e più diffuso dell'Essere Supremo tra i Semiti. Tali n. esprimono la relazione diretta della divinità col suo cultore; da un lato la divinità eminentemente buona, benefica, dall'altro il fedele, pieno di fiducia e di affetto per lei, che magari moltiplica gli appellativi di parentela per esprimere con la intensità che più gli è possibile questi suoi sentimenti. Nulla dunque di più certo e dimostrato dell'abitudine tra i Semiti di considerare Dio come un parente o anche come un padre, protettore, per ciascun membro della famiglia, della nazione. Lo stesso fenomeno, naturalmente, riscontriamo in Israele. L'uso di dare al fanciullo il nome paterno fu, per dir così, sconosciuto per lungo tempo; e volentieri i genitori imponevano ai figli dei nomi, il cui significato doveva essere un pegno di fortuna e di felicità. Il nome infatti tra i Semiti non è mai un semplice appellativo, ma indica qualche caratteristica speciale, talvolta la missione, la medesima natura di chi lo porta; il nome sta per la stessa personalità. Non reca sorpresa pertanto riscontrare numerosi n. t. Non si tratta soltanto di n. quali Abijjah=Iahweh è mio padre, Abijjah = Iahweh è fratello (o mio fratello), ecc., ma ancora di n. nei quali i termini di padre e di fratello stanno al posto di un nome divino, quasi una specie di sinonimi usuali da tutti intesi; i verbi usati indicano anch'essi un'azione divina piuttosto che umana (Eliezer = Dio è mio soccorso; Eliseo = Dio è la mia salvezza; ecc.). Tra i più antichi (Num. 1): Amminadab = mio zio ( cioè, Dio) ha dato; Abieser = il mio fratello è soccorso; Eliab = il mio Dio è padre; Ammisaddai (= 'immisaddaj) = saddai (nome di Dio) è con me; cf. Eliu = egli è il mio Dio (Sam. 1, 1), ecc. Questi n., come presso tutti gli altri Semiti, esprimono la credenza nella provvidenza paterna di Iahweh per ciascun fedele in particolare e l'amore del singolo israelita per il suo Dio; essi esalano un delizioso profumo di pietà e di devozione verso il Dio d'Israele. Notevole il fatto che identici n. t. si trovano nei papiri di Elefantina. I Giudei sincretisti di quella colonia rispecchiano la religione (v.) popolare, basata sul ritualismo, che prima di Iosia vigeva anche in Giudea nella regione di Bethel. Ebbene anche in quella deviazione dalla religione legittima, dal puro iahwismo, l'anima di ciascun fedele si sentiva in relazione immediata con la divinità. Nei n. t., viene espressa ora la lode di Dio, ora la confidenza in Lui, ora il ringraziamento e ora il desiderio e la preghiera; sintesi e testimonianza della pietà individuale.
[F. S.]

BIBL. - F. SPADAFORA. Collettivismo e individualismo nel Vecchio Testamento, Rovigo 1953. pp. 322-28. 337-40; con esatti riferimenti e ricca bibliografia.

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