NAHUM - NAZARET - NAZIREATO - DIZIONARIO BIBLICO

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N
NAHUM - NAZARET - NAZIREATO
NAHUM
Il settimo, tra i profeti minori, nel canone biblico del Vecchio Testamento. Nativo di Elqos (1, 1), con tutta probabilità in Giudea (= l'attuale Bir el-Qaws presso Bejt Gibrin). Il brevissimo oracolo annunzia a Giuda la rovina del suo più terribile nemico, l'Assiria. Nel c. 1 N. celebra la potenza di Iahweh, giusto e supremo vindice che salva il suo popolo e ne colpisce i nemici. Quindi (cc. 2-3), in modo affatto pittoresco, descrive l'imminente caduta di Ninive e rievoca come esempio l'avvenuta caduta di Tebe (No'-'Amon: 3, 8 ss.; cf. Ez. 30, 14 ss.; tradotta erroneamente da s. Girolamo Alessandria populorum). Era un conforto per Giuda; e nahum in ebraico = consolatore. Le due indicazioni su Ninive e su Tebe permettono di porre la profezia di N. tra il 663 a.C., data della terribile distruzione di Tebe ad opera di Assurbanipal, e il 612 a. C., quando Ninive cadde sotto i colpi dei Medi e dei Caldei; ma molto più vicino (cf. Nah. 3, 18) al secondo termine (625. 615 ca.). N. pertanto è contemporaneo di Sofonia e di Geremia. «La sua poesia è squisita; di tutti i profeti è quello che per nobiltà e vigore più s'avvicina ad Isaia. Le sue descrizioni sono pittoresche e vivide; il suo pensiero è espresso in modo scultorio» (S. R. Driver). Queste lodi vanno specialmente ai cc. 2-3; il l cap. d'indole teorica e astratta, per la forma è stato avvicinato - ma indebitamente - ad un salmo alfabetico. La diversità del tema che è generico nel c. 1° e specifico, storico, palpabile direi, nei cc. 2-3 spiega questa differenza di forma. Si è voluto opporre N. agli altri profeti; mancherebbe infatti in lui ogni pensiero, ogni preoccupazione in ordine alla vita morale; avremmo la sola celebrazione della vendetta e della rivincita nazionale. Ma com'è possibile azzardare un simile giudizio, quando abbiamo a nostra disposizione, di tutta l'attività profetica di N., questo solo brevissimo oracolo? (cf. J. Touzard, in RB, 26 [1917] 57-61). N. è il profeta della sovrana giustizia di Dio, per tutte le genti.
[F. S.]

BIBL. - F. SPADAFORA, in Enc. Catt. It., VIII. col. 1602: E. FLORIT. in Biblica. 13 (1932) 409-17; M. SCHUMPP. Dao Buch der zwolf Propheten. Friburgo i.B. 1950.

NAZARET
***; siriaco, Nasrath; arabo, en Nasira). Amena località della Galilea, incoronata dai monti degradanti nella pianura di Esdrelon, a 37 km. ad est di Caifa e a 33 ad ovest di Tiberiade. Ignorata dal V.T. e da F. Giuseppe e di poca importanza ai tempi di Cristo (Io. 1, 46) è il luogo eletto per l'Annunciazione e la miracolosa Incarnazione del Verbo (Lc. 1, 26; 2,4). A. N. si stabilì definitivamente la sacra Famiglia dopo il ritorno dall'Egitto (Mt. 2; 23; v. Infanzia) e quivi Cristo rimase fino all'inizio dell'attività missionaria, a ca. 30 anni (Lc. 2, 51 ss.; cf. Mt. 21, 11; Lc. 4, 16; Io. 1. 46; At. 10, 38). L'origine e la dimora di Gesù a N. realizzava (Mt. 2, 23) le predizioni profetiche, per l'appellativo "Nazareno" che gli sarà dato. Si tratta di Is. 11, 1 dove il Messia è chiamato néser "germoglio" (cf. Ier. 23, 5; 33, 15 per l'idea); in N. infatti la radice è identica, cf. l'arabo en-Nasira, le versioni siriache Nasrath; e identico il significato "fiorire", "fiore". A N., Gesù ritornò dopo il battesimo ma per trasferirsi definitivamente a Cafarnao, più adatta alla sua attività missionaria (Mt. 4, 13-16). In una visita fugace, Cristo vi commentò Is. 61, 1-2 nell'adunanza sabbatica della sinagoga, asserendone la realizzazione nella sua missione; ma l'iniziale ammirazione dei concittadini si tramutò in disprezzo e si esasperò fino al tentativo di ucciderlo precipitandolo da un dirupo (Mt. 13, 53.58; Mc. 6, 1-6; Lc. 4, 16-30). N. diede l'epiteto a Cristo (***: Mt. 2, 23; 26, 59.71; Lc. 18, 37; Io. 18, 5.7; 19,19; e ***: Mc. 1, 24; 10, 47; 14, 67; 16, 6; Lc. 4, 34; 24, 39) e ai Cristiani (At. 24, 5). Nel luogo dell'Annunciazione fu costruita, probabilmente da Costantino, una chiesa, attestata esplicitamente solo dal 570 in poi, distrutta dagli Arabi, ricostruita dai Crociati e nel 1730. Sulla strada di Tiberiade, presso l'attuale fontana della Vergine, il protevangelo di Giacomo colloca la salutazione angelica. A 2 km. a sud, il Gebel el Qafzé, dominante di 300 m. la pianura di Esdrelon, fu considerato dai pellegrini come il "precipizio" di cui sopra e perciò fu chiamato il «Salto del Signore»; però il luogo probabile è uno balzo di una decina di metri situato presso l'odierna Chiesa dei Greci cattolici.
[A. R.]

BIBL. - P. VIAUD, Nazareth et ses deux églises, Parigi 1910; M. BRILLANT, Le village de la Vierge, Nazareth, Parigi 1931; U. HOLZMEISTER. "Mons saltus", in VD, 17 (937) 50-57; ID.. "Quoniam Nazareus vocabitur". in VD, 17 (937) 21-26; H, SIMON - J. DORADO, Novum Testamentum, 7a ed., Torino 1951, 343 ss.

NAZIREATO
Istituzione antichissima, codificata in Num. 6; è una forma speciale di voto, al quale potevano obbligarsi uomini e donne (ne è un esempio la madre di Sansone: Iudc. 13, 4-7). Il termine nazir (dalla radice nazar, nifal = votarsi a qualcuno [cf. l'affinità con nadar «fare un voto»] astenendosi e guardandosi da qualche cosa) significa «consacrato, votato». Il n., nella forma ufficiale, importava una triplice obbligazione: astenersi da tutto ciò che deriva dalla vite, e da ogni liquore inebriante (= sek'ar, sicera); lasciare crescere la capigliatura; evitare il contatto dei cadaveri (Num. 6, 1-8). Secondo il trattato rabbinico Nazir, il voto deve durare almeno 30 giorni. Samuele (1Sam l, 11; Eccli. 46, 13 ebr.) e Sansone (Iudc. 13, 4-14) furono nazirei per tutta la vita. Nella sottomissione volontaria alle due prime obbligazioni, c'era l’intenzione di conservare gli usi dei padri nomadi e fedeli iahwisti: di protestare contro la civilizzazione e i costumi cananei, impregnati di politeismo. È lo stesso motivo che spingerà i Recabiti (v.) a costumi simili (Ier. 35). Terminato il periodo del voto, il nazireo si recherà dinanzi al Santuario ed offrirà un agnello dell'anno in olocausto, un agnello dell'anno in sacrificio espiatorio, e un ariete per il sacrificio salutare; il primo e il terzo sacrificio saranno accompagnati dalle rispettive oblazioni e libazioni (cf. Num. 15); oltre alle quali, offrirà un paniere di focacce azzime intrise di olio, e sfoglie azzime unte con olio. Quindi si raderà la testa e porrà i capelli sul fuoco dell'altare. Queste prescrizioni sono un minimo; ogni nazireo aggiungeva doni volontari secondo i propri mezzi, e secondo il tenore del voto emesso. Terminavano così le obbligazioni assunte (Num. 6, 13-31). Nel caso di contaminazione per cadavere, il nazireo, dopo la settimana prescritta per l'abituale purificazione, doveva radersi la testa; offrire una tortora per un sacrificio espiatorio, una in olocausto, un agnello dell'anno in sacrificio di riparazione, e ricominciare da capo il suo voto, chè i giorni precedenti restavano annullati (Num. 6, 9-12). I nazirei, «uomini di Dio», furono con i leviti e i profeti l'anima della resistenza del puro iahwismo, contro l'influenza cananea. La loro astinenza era una protesta vivente contro l'idolatria e il disordine morale, e un'affermazione della loro fedeltà al culto del solo vero Dio. Oltre alle pratiche esteriori tale consacrazione a Iahweh comportava infatti una vita morale e religiosa più elevata di quella degli altri Israeliti. All' VIII sec., nel regno di Samaria, Amos (2, 11 s.) ritiene manifestazione della benevolenza divina l'istituzione dei profeti e dei nazirei, in Israele. Il n. era molto in onore nel Giudaismo (I sec. a.C.); vi si ricorreva per ottenere grazie e per purificarsi. Si è posto talvolta s. Giovanni Battista tra i nazirei, per Lc. l, 15 «non berrà vino né liquore inebriante». Ma le parole dell'angelo predicono solo la vita mortificata del precursore. Come il voto di s. Paolo (At. 18, 18) di farsi radere la testa, non è propriamente quello del n. che imponeva di lasciarsi crescere i capelli almeno per un mese e poi tagliarli a Gerusalemme, nel Tempio. In At. 21, 23s., s. Paolo paga le spese (sacrifici ed oblazioni) per quattro giudeo-cristiani che finivano il loro voto di n.
[F. S.]

BIBL. - L. DESNOYERS, Historie du peuple hébreu, I, Parigi 1922, pp. 195 ss. 311-14; A. CLAMER, La Ste Bible (ed. Pirot, 2) 1940, pp. 269-75.

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