TRASFIGURAZIONE - TRINITÀ - DIZIONARIO BIBLICO

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TRASFIGURAZIONE - TRINITÀ
TRASFIGURAZIONE
«Sei giorni dopo (otto, dice Lc., computando il giorno di partenza e quello d'arrivo; dopo la solenne confessione di Pietro e il primo annunzio della passione, Mt. 16), Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni... e li condusse su un alto monte, in disparte. E si trasfigurò dinanzi a loro, così che il suo viso risplendette come il sole, e le sue vesti diventarono candide come la luce» (Mt. 17, 1-13; Mc. 9, 2-13; Lc. 9, 28-36). «Invece delle qualità di corpo mortale e passibile, che aveva preso per farsi in lutto simile a noi e soffrire per noi, Gesù rivestì le doti del corpo glorioso, che era la naturale conseguenza della visione beatifica di cui godeva la sua anima in forza della unione ipostatica col divin Verbo. Sospesa, con grande miracolo d'amore e di sacrificio, per tutto il resto della sua vita mortale, quella conseguenza ebbe sul Tabor il suo pieno effetto») (A. Vaccari). La t. ha la sua antitesi nell'agonia nel giardino di Getsemani; nei due casi, Gesù prende con sé gli stessi testimoni: Pietro, come capo della Chiesa; Giacomo, che sarà il primo martire; Giovanni, il prediletto tra i discepoli; la luce sfavillante della t. doveva preservarli contro lo scandalo dell'agonia. La tradizione si è fermata al Tabor; la salita è penosa, ma Gesù sceglie quella sommità isolata, dominante la circostante pianura, nel cuore della Galilea, per invitare i discepoli alla preghiera. Stanchi del cammino - si era ancora in piena estate, tra la Pentecoste e la festa delle Capanne, del secondo anno di vita pubblica, il 29 d. C., nel periodo dedicato in un modo diretto alla formazione degli Apostoli - i tre prescelti s'addormentano, mentre Gesù pregava. Al loro svegliarsi, verso i primi albori, lo videro trasfigurato, conversare con Mosè ed Elia della morte che a Gerusalemme avrebbe subito, per compiere il disegno divino. Pietro entusiasta vorrebbe stabilizzare, prolungare quella mirabile scena, - questa sì degna del Cristo -, egli che aveva, subito dopo la solenne confessione, protestato con energia contro l'annunzio della passione e della morte redentrice; e propone di rizzare trecapanne di frasche, per Gesù e i due eminenti rappresentanti dell'Antico Patto. La risposta venne dall'alto; una nube avvolse questi, mentre i discepoli si prostravano, colti da paura; mentre si udì una voce: «Questi è il mio Figlio diletto, ascoltatelo». I discepoli, guardatisi intorno, si videro innanzi il solo Gesù! La t. è la conferma autorevole della confessione di Pietro; la gloria irraggiata da Gesù, era pegno e indice della gloria della risurrezione; il tema del colloquio con Mosè ed Elia, la piena conferma della passione e della morte, già annunziata; erano parti essenziali di quel piano divino, cui i Giudei ricalcitravano, opponendogli il loro piano nazionalistico, prepotente e terreno (v. Tentazioni di Gesù), e del quale erano imbevuti anche i discepoli. I fortunati testimoni compresero che nessun dubbio era ormai possibile sulla identità Gesù-Messia, e vero figlio di Dio. Non sapevano quindi spiegarsi come mai Elia, che i rabbini insegnavano sarebbe apparso come precursore del Messia, e lo avrebbe intronizzato re, non avesse fatto nulla, mentre il Messia era già arrivato. E ne chiedono spiegazione a Gesù. Questi spiega loro che l'Elia predetto dai profeti già era venuto nella persona di Giovanni Battista (v. Elia), e accenna al martirio da lui subito; il precursore era stato tale non solo con le parole, ma anche con la sorte incontrata; così il Messia compirà pienamente il vaticinio di Is. 53 sul Figlio dell'uomo che deve molto soffrire e essere disprezzato. Quale il Messia, tale dev'essere il suo precursore. Così anche dalla morte del Battista, e dalla natura della missione espletata, Gesù mostra ai discepoli qual è la missione vaticinata nel Vecchio Testamento e rispondente al piano divino, ch'egli realizzerà quaggiù, per la salvezza del genere umano. D'altronde, nel comandò dato loro, subito dopo le parole del Padre «A nessuno parlerete della visione, fino a che il Figliuolo dell'uomo non sia risorto da morte», Gesù aveva già sintetizzato l'insegnamento della t.: morte e risurrezione; la gloria del Cristo attraverso le sofferenze e la morte.

BIBL. - M. J. LAGRANGE, L'evangelo di Gesù Gristo (trad. it.), 2a ed., Brescia 1935, pp. 253-57: J. HOLLER, Die Verklarung Jesu, Friburgo i. Br. 1937; E. DABROWSKI, La transfiguration de Jésus, Roma 1939; A. VACCARI, La S. Bibbia, VIII. Firenze 1950. p. 84 s.

TRINITÀ
Mistero fondamentale, che insegna l'esistenza in Dio di tre persone, uguali e distinte, nell'unità della natura. Si sogliono citare vari testi del Vecchio Testamento, i quali o con una forma plurale o con la ripetuta menzione dello Spirito (v.) di Dio e con l'affermazione che il Messia sarà figlio di Dio, insegnerebbero od almeno preparerebbero la rivelazione del mistero trinitario. Oggi si è d'accordo nello spiegare simili espressioni con ragioni stilisti che o come semplici personificazioni di attributi divini. La rivelazione del mistero è la grande novità del Nuovo Testamento, come riconoscevano già scrittori antichi: «Che cosa vi è fra noi e loro (= gliEbrei), se non questa differenza? Quale è lo scopo del Vangelo, quale la sostanza del Nuovo Testamento..., se non il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo?» (Tertulliano, Adversus Praxeam 31; cf. s. Ilario, De Trinitate V, 27; PL 10, 147; s. Basilio, Adversus Eunomium II, 22; PG 29, 620). La prima menzione esplicita delle tre persone si trova nel racconto del battesimo di Gesù. Ivi si ha la testimonianza del Padre, che addita Gesù Cristo con le parole: «Questo è il mio Figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto» e la presenza dello Spirito Santo, che scende sul battezzato sotto una forma sensibile perché gli astanti l'avvertissero (Mt. 3, 16 s.; Mc. 1, 10 s.; Lc. 3, 21 s.). Ancora più esplicita è la relazione del quarto Vangelo (Io. 1, 32 ss.), in cui risulta meglio anche la personalità dello Spirito. Per trovare una menzione chiarissima delle tre persone nell'unità della natura bisogna giungere all'ultimo capitolo del Vangelo di Matteo (28, 19), quando Gesù prescrive la formula per il conferimento del Battesimo «nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Tutte e tre le persone, che costituiscono un Dio solo (nel nome), concorrono al miracolo della trasformazione morale nell'anima del battezzato, il quale viene ammesso a partecipare della vita soprannaturale (cf. Io. 3, 3; Eph. 5, 26; Tit. 3, 5; 2Pt. 1, 4). Fra i numerosi testi trinitari di s. Paolo ricordiamo i più sicuri. Trattando dei carismi, egli procede ad alcune appropriazioni alle singole persone: «Ora - egli dice (I Cor 12, 4 ss.) - vi sono distribuzioni di carismi, ma il medesimo Spirito; distribuzioni di ministeri, eppure il medesimo Signore; distribuzioni di operazioni, ma il medesimo Dio che opera tutto in tutti». Ancora più esplicita ed indiscussa nel suo valore dottrinale è la benedizione finale della seconda lettera ai Corinti (13, 13): «La grazia del Signore Gesù Cristo e la carità di Dio e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi». Altri testi trinitari, talvolta richiamati in discussione ma senza un motivo serio, si hanno in Eph. 4, 4 ss.; Gal. 4, 4 ss.; Rom. 8, 14-17; 15, 15 s.; 2Coro 1, 21 s.; Tit. 3, 4 ss. Secondo molti esegeti si ha una descrizione della T. nell'espressione dell'Apocalisse (1, 4 s.): «A voi grazia e pace da colui che è, che era e che verrà, e dai sette Spiriti, che sono davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, testimonio fedele, primogenito dei morti e principe dei re della terra». La difficoltà consiste nelle parole "sette Spiriti", che alcuni credono trattarsi di Angeli, mentre altri vi scorgono una perifrasi dello Spirito settiforme con allusione ai suoi doni (cf. Is. 11, 2). Oggi sono ben pochi gli esegeti che ammettono l'autenticità del famoso comma giovanneo (I Io. 5, 7 s.), che è l'espressione più precisa del mistero trinitario: «Tre sono quelli che rendono testimonianza in cielo: Padre, Verbo e Spirito Santo; e questi tre sono una cosa sola». Comunque, l'interpolazione molto antica, se non ha un valore scritturistico, è una preziosa testimonianza della tradizione, che seppe formulare in maniera così esatta la trinità delle persone e l'unità della natura. Numerosi sono, invece, i testi trinitari nel Vangelo di s. Giovanni. In essi leggiamo anche perspicui riferimenti alla vita intima della T. La seconda persona è il Figlio Unigenito (1, 18) generato del Padre. Egli è chiamato anche il Verbo (1, 1); la denominazione prelude alla celebre interpretazione teologica circa il modo di questa generazione eterna. Altrove si precisa il modo di procedere dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio (14, 26; 15, 26; 16, 13 ss.; cf. Gal. 4, 4 ss.; Rom. 8, 14.17). Le tre persone divine vivono una vita eterna in se stesse, infinitamente beate, ma tutte e tre hanno voluto cooperare alla santificazione dell'umanità, per partecipare la loro beatitudine agli uomini. A codesti pellegrini s. Pietro si rivolgeva col saluto augurale: «Pietro, apostolo di Gesù Cristo, agli eletti... secondo la prescienza di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spio rito, per l'obbedienza e l'aspersione del sangue di Gesù Cristo» (I Pt. 1, 1 s.).
[A. P.]

BIBL. - J. LEBRETON. Histoire du dogme de la Trinité des oridines au Concile de Nicée. I, 6a ed., Parigi 1924: ID., La Révélation du mystère de la Sainte Trinité, in La Vie Spirituelle, 74 (1946) 764-76: F. CEUPPENS, Theologia biblica, II, De Sanctissima Trinitate, Roma 1938.

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