MADIAN-MADIANITI - MAGI - DIZIONARIO BIBLICO

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M
MADIAN-MADIANITI - MAGI
MADIAN-MADIANITI
Il nome forse di origine hurrita, in ebr. è midhjan, greco ***. Figlio di Abramo e di Qetura (Gen. 25, 2), capostipite dei M., popolo di nomadi, nell'interno del deserto siro-arabico (Gen. 25, 6), donde penetrano nel territorio di Moab. Qui sono battuti da Badad, quarto re di Edom (Gen. 36, 35). Figurano come mercanti nella storia di Giuseppe (Gen. 37, 28.36), spesso confusi cogl'Ismaeliti ai quali si uniscono per saccheggiare o per formare carovane di commercio. Mosè, fuggito dalla corte egiziana, si rifugia presso Ietro (v.), non lontano dal Sinai, tra Edom e Paran, sulla strada d'Egitto; e sposa la figlia Sefora, dalla quale ha due figli, Gersam ed Eliezer (Ex. 2, 14 s.; 18, 1 ss.). Il clan madianita conosce molto bene la via dal Sinai verso il Nord (Ex. 18, 27; Num. 10, 29 ss.). I M. riappaiono ad 'Arboth Moab, a nord-est del Mar Morto, dove sono uno scandalo per gl'Israeliti. In una lotta contra questi perdono cinque capi rappresentati come vassalli di Sehon, re degli Amorrei (Num. 22, 4.7; 25, 5-15; 31; Ios. 13, 21). Agl'inizi della storia dei Giudici i M. compiono, uniti ad Amàlec e a Benè Qedem (cf. Gen 23, 6) razzie periodiche nel territorio di Canaan, inondando coi montoni e i cammelli le campagne coltivate. Gedeone li mette in fuga e cattura i capi madianiti Zebah e Salmana a Qarqor (Iudc. 6, 8). M., come termine geografico (eres M.; LXX ***) è noto a Flavio Giuseppe (***) che rievoca il ritiro di Mosè presso il Mar Rosso (Ant. II, 11, 1), a Tolomeo sotto il nome di Madiama (Geogr. 11, 7, 27), a Eusebio (Onom. 124), a s. Girolamo (In Is. 60, 6; In Ez. 25) e al Corano, che indicano una regione e una città nell'Arabia, lungo le coste orientali del golfo di Aqaba. Gli Arabi fissano M. ad Hawra, presso l'oasi di el-Bed' o Mogiayer Shu'aib (il nome è identificato spesso a Ietro). Oltre l'episodio del suocero di Mosè, si hanno altri indizi per l'antichità dell'installazione dei M. al sud: l'unione dei M. (per Albright l'identità) ai Cusiti o Etiopici, provenienti dal sud-Arabia e che figurano nella genealogia di Seba' e di Dedan (Hab. 3, 7; Ex. 2, 16; Num. 12, 1); la discendenza di 'Ephàh da M. (Gen. 25, 4). Se i M. non sono espressamente nominati tra i popoli che, nel 73-2, portano a Teglatfalasar III, oro, argento, profumi e cammelli in segno di sottomissione, si può ammettere che sono rappresentati semmai dagli abitanti della città di Haiapa che appaiono dopo i Sabei. Ora Haiapa corrisponde a 'Ephàh che Is. 60, 6 unisce a M. e a Saba. Anche qualche nome degli altri figli di M. (Gen. 25, 4) come Epher, Hanòk, Abida (Ibadidi dei testi assiri), Eldaa appare in iscrizioni sabeo-minee e nella toponomastica dell'Arabia meridionale.
[F. V.]

BIBL. - F. M. ABEL, Géographie de la Palestine, I, Parigi 1933, P. 285 ss.; W. F. ALBRIGHT, in BASOR, 83 (1941) 84, n. 8; H. H. ROWLEY, From Joseph to Joshua, Londra, 1950, p. 152 s.

MAGI
Personaggi venuti dall'Oriente a Betlemme, guidati da una stella, per adorare il Re dei Giudei (Mt. 2, 1-12). Dopo gli studi del P. G. Messina è indubbio il legame fra i M. e il riformatore della religione iranica, Zarathustra. M. = partecipi del dono (nell'Avesta: magavan, moghu), e il dono è la dottrina di Zarathustra; cioè seguaci o discepoli di Zarathustra La tradizione letteraria che descrive i M. quali astrologhi ed indovini è di epoca posteriore e deve la sua origine soprattutto a Bolos di Mendes, fondatore della scuola neopitagorica di Alessandria, intesa a studiare le attività magiche delle pietre e delle piante. Da allora i M. furono confusi con i Caldei di Babilonia e con i maghi egiziani, e perciò considerati stregoni e fattucchieri. Tale concezione ebbe enorme credito presso il popolo dal II sec. a. C. fino al tardo Medioevo. Per i tempi del N. T., cf. At. 13, 6 ss. (Il mago Elima-Barjesu) e 8, 9 (Simone il mago ***). Si ebbero però vivaci proteste dal sec. III a. C. al sec. III d. C. presso scrittori bene informati sui M. e la loro dottrina, differenziandoli nettamente dai Caldei (Dinone, Dione Crisostomo, Porfirio). La maggioranza degli scrittori cristiani, soprattutto gli Orientali e tra questi i Siri (che erano a contatto più immediato con i M.) ce li presentano come seguaci di Zarathustra, in opposizione ai Caldei e ai sacerdoti egiziani. Le testimonianze storiche e letterarie ora esposte ci portano a cercare la patria dei M. in Persia, cui può benissimo riferirsi n termine generico "Oriente" (Mt. 2, 1; cf. Is. 41, 2). Alcuni Padri pensarono all'Arabia, perché interpretavano alcuni testi del V. T. in connessione con la venuta dei M. (Ps. 72, 10.15; Is. 8, 4). Ad essa pensano, come identificazione geograficamente più facne, anche molti moderni (Lagrange, Lebreton, Prat). Oggi sul carattere miracoloso della stella, considerata come una meteora prodotta direttamente da Dio, è quasi unanime l'accordo degli esegeti. I tentativi di Keplero che vi vedeva la congiunzione di Giove con Saturno (7 a. C.) o di altri che vi hanno riconosciuta la cometa di Halley (12 a. C.) non possono adattarsi al testo. L'idea che ha preparato questi M. a ricercare e a riconoscere il Salvatore, sarà stata quella del "soccorritore". Nell'Avesta (v. Persiani) ricorre l'idea di uno (o più) soccorritore "Saushjant" che nelle Glithas è un personaggio storico, presente e reale, mentre nell'Avesta posteriore è prevalentemente escatologico; negli scritti medio-persiani la sua attività è inquadrata nel sistema cronologico dei 4 trimillenni in cui è divisa l'età del mondo. Scopo del suo apparire è il trionfo definitivo del Bene, cioè del regno di Ahura-Mazdah contro quello di Anra-Mainju. Suo nome è Astvat-ereta "verità incarnata": i lineamenti del Sau-shjant sono ricalcati su quelli dei mitici eroi persiani; Un tratto mitico, totalmente assente nelle Gathas, è la sua nascita da una donzella rimasta incinta dal seme di Zarathustra custodito dai regni nel lago Kajanseh dove la fanciulla andrà a bagnarsi. Dalla dottrina cronologica medio-persiana si sa che i soccorritori appariranno alla fine di ogni millennio del quarto periodo del mondo e che n primo apparirà mille anni dopo Zarathustra; se quest'ultimo è vissuto, secondo la notizia più antica di Xantos, verso il 1082 a. C., il Saushjant doveva aspettarsi verso il principio dell'era nostra. Tali credenze erano note anche ai cristiani (soprattutto siri), i quali, pur conoscendo che Zarathustra non apparteneva al popolo giudaico, fanno di lui un profeta precristiano e messianico. Il ravvicinamento del Saushjant con n Messia ebraico era già stato iniziato da scrittori giudei in contatto dei Persiani fin dal tempo di Ciro. («Oracoli di Istaspe»). «Fu soprattutto la dottrina del "Soccorritore" che formava un ponte per riunire i M. ai Giudei e ai cristiani... e la propaganda giudea si servì di questa dottrina per attirare i Persiani ad ammettere e ad aspettare quello che essi stessi aspettavano... Nel mondo pagano non c'era quindi gente meglio preparata dei M. per seguire l'appello degli astri verso Betlemme». (Messina, p. 95). Mentre il testo nulla dice del numero, dei nomi, la tradizione ha variato il numero dei M. da un minimo di 2 ad un massimo di 12; ma il più comune è di 3, dedotto dal numero dei doni. I nomi di Gaspar, Balthasar e Melchior non risalgono oltre il secolo IX. La stessa incertezza riguarda il tempo della loro venuta che la sentenza più comune pone dopo la Presentazione al Tempio. La regalità attribuita ai M. da s. Cesario di Arles in poi non ha fondamento. I doni sono tipicamente orientali. Qualcuno tenterebbe a vedere nel primo dono non l'oro ma un aroma, in armonia con l'incenso e la mirra (G. Ryckmans, in RB, 3 [1951] 372-76).
[S. R.]

BIBL. - G. MESSINA, I Magi a Betlemme e una predizione di Zoroastro, Roma 1933; H. SIMON - G. DORADO, Praelectiones Biblicae, N. T., I, Torino 1947, pp. 331-38; G. RICCIOTTI, Vita di Gesù Cristo. 3a ed., pp. 285-88.

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