SINAITICHE (ISCRIZIONI) - SINEDRIO - SINOTTICI - DIZIONARIO BIBLICO

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SINAITICHE (ISCRIZIONI) - SINEDRIO - SINOTTICI
SINAITICHE (ISCRIZIONI)
Trovate da Flinders Petrie nel 1905 e da susseguenti missioni archeologiche a Serabit el-Kh1idim nella penisola sinaitica. Si tratta di 14 iscrizioni scolpite nelle antiche miniere di turchese e nelle rovine del tempio della dea egiziana Hathor. L'interpretazione fu molto difficile ed incerta al principio. Il ripetersi di segni uguali fece subito pensare ad un sistema alfabetico. Il Gardiner nel 1915 fece un passo decisivo verso l'interpretazione, leggendo le lettere lb'lt (= a Ba'alat) rispondente al nome della nota dea fenicia, che in egiziano aveva nome Hathor, a cui era sicuramente dedicato il tempio di quella località. Tra i diversi altri tentativi di lettura ed interpretazione va ricordato, per il rumore che eccitò, quello fantasioso del Grimme (Althebraische Inschriften vom Sinai, 1923), che vide in dette iscrizioni il nome di Iahweh, di Mosè e di Manasse. Oggi questi straordinari avvicinamenti con la storia di Israele sono rigettati, e l'importanza di queste iscrizioni è valutata sotto un altro punto di vista, cioè quello filologico ed archeologico. Da queste iscrizioni dunque possiamo ricavare le seguenti notizie:
1) Esse furono scritte da prigionieri semiti nord-occidentali provenienti dall'Egitto e alle dipendenze degli Egiziani. Epoca di Tutmose III e di Hatshepsut, sua moglie, sec. XV a. C.
2) Si ha in esse una scrittura pittografica alfahetica cananea, rispondente ad altri tentativi di scrittura alfabetica (Lachis, Gezer, Sichem).
3) La lingua è il cananeo volgare, che, tolte alcune particolarità dialettali, può essere paragonata con i cananeismi delle lettere di Amarna e la lingua di Ugarit.
4) Le relazioni con gli Ebrei, che allora (quasi due secoli prima di Mosè) vivevano in Egitto, possono piuttosto essere immaginate che provate. Ad ogni modo si noti che in una di queste iscrizioni si trova il nome del mese Abib che dopo fu chiamato Nisan; unica testimonianza extrabiblica dell'antico nome di questo mese (in BASOR, 110, 21). Nella S. Scrittura si trova solo nel Pentateuco.

BIBL. - 1. B. SCHAUMBERGER. De mosaici quae putabantur, inscriptionibus Sinaiticis. in VD. 9 (1929) 90-96 ss. 124-28. 153; D. DIRINGER. L'alfabeto nella storia della civiltà. Firenze 1937, p. 245 ss.; G. R. DRIVER. Semitic Writing, London 1948. p. 94 ss.; W. F. ALBRIGHT, The early alphabetic inscriptions from Sinai and their decipherment. in BASOR 110, 6-22.

SINEDRIO
(Greco *** = assemblea). Supremo consesso giudaico per l'amministrazione della giustizia e le decisioni di carattere religioso-politico. Col nome di Gherusia è nominato in un documento di Antioco III (223-187; Flavio Giuseppe, Ant. XII, 138) e spesso nei libri dei Maccabei (cf. I Mach. 11, 23; 12, 6; 13, 36; 14,20.28; 2Mac. 1, 10; 4, 44; 11, 27); più tardi appare con la denominazione greca di S. (cf. Flavio Giuseppe, Op. cit. XIV, 167 ss.) trascritta spesso nei testi ebraici (sanhedrin), i quali impiegano anche la circonlocuzione Béth din, che propriamente significa "Casa del giudizio", "tribunale". Con oscillazioni varie circa l'ambito del suo potere e la sua importanza, il S. rimase in vita sino al 70 d. C. In genere la sua attività fu molto maggiore durante l'occupazione straniera (seleucida e romana) che sotto le dinastie locali (asmonea ed erodiana): la libertà più ampia l'ebbe ai tempi dei Romani perché questi non amavano interferire nei delicati problemi religiosi del popolo singolare ed anche in questioni secondarie politicoamministrative; mentre al tempo del dispotico Erode il Grande subì le limitazioni più gravi. La competenza del S. era eminentemente religiosa; ma esercitava anche la giustizia, con l'esclusione della pena di morte, per i reati che non implicassero direttamente la potenza straniera occupante, ed in genere aveva grande influsso su i vari settori della vita cittadina. Anche gli Ebrei della diaspora, che avevano propri sinedri locali. riconoscevano una supremazia almeno morale (cf. At. 9, 2) all'organismo centrale di Gerusalemme. Le adunanze erano tenute generalmente nella "Stanza delle pietre squadrate" (ebr. Liskhath haggazith), situata con molta probabilità nell'angolo sud-ovest del Tempio. Il S. contava 70 membri, oltre il sommo sacerdote. Essi erano raggruppati in tre categorie, designate - con alcune variazioni nelle fonti - con i nomi: sommi sacerdoti, scribi ed anziani (cf. Mt. 27, 41; Mc. 11, 27; 14, 43.53; 15, 1; Lc. 20, 1 ecc.). Col primo termine si comprendevano il sommo sacerdote in carica, quelli eventualmente deposti ed anche membri di famiglia, dalle quali si soleva eleggere alla suprema carica religiosa (cf. Io. 18, 19; At. 4, 6; 19, 14). Gli anziani (***) rappresentavano l'aristocrazia laica (cf. Flavio Giuseppe, Vita 9); gli scribi (***) provenivano da classi sociali disparate ed erano chiamati a partecipare al S., perché guide spirituali del popolo con la loro scienza giuridicoreligiosa.

BIBL. - U. HOLZMEISTER, in Biblica, 19 (1938) 43-58. 151-74; ID., Storia dei tempi del Nuovo Testamento, trad. ital., Torino 1950, pp. 160-71.

SINOTTICI
Sono i tre primi evangeli, Mt., Mc., Lc., così chiamati perché, disposti in colonne parallele, il loro contenuto, in genere affatto identico, può rilevarsi con un sol colpo d'occhio. J. J. Griesbach, pare sia stato il primo ad usare il termine sinossi per una siffatta disposizione dei primi tre evangeli, da lui stesso composta (1774). In realtà, la più grande somiglianza risalta nello schema, nel contenuto e nella stessa forma letteraria (talvolta negli stessi termini rari), dei tre S.; accompagnata, ed è ancor più notevole, da non minor dissimiglianza, egualmente nel contenuto e nella forma. Per averne un saggio basta aprire una sinossi e leggere ad es. Mt. 9, 2.6; Mc. 2, 5-11; Lc. 4, 30·24; e, caso tipico di dissimiglianza nella disposizione e nella forma, la narrazione dell'istituzione della SS. Eucaristia (Mt. 26, 17-30; Mc. 14, 12.25; Lc. 22, 7.30). Sono state compilate statistiche minuziose e varie (cf. Da Fonseca). Se i singoli Evangeli si dividono in 100 parti, il calcolo dà i seguenti risultati: a) nelle narrazioni: Mt. 2 in comune con gli altri; 23 diverge; Mc. rispettivamente 3 e 47; Lc. 0,50 e 34; b) nel riportare le parole di Gesù, ecc.: Mt. 15 concorda e 60 diverge; Mc. rispettivamente 13 e 37; Lc. 9, 50 e 56. Come spiegare questo fenomeno singolare? La questione sinottica ne ricerca le cause. Si tratta di una questione essenzialmente letteraria; piuttosto unica che rara; che non ha ricevuto finora una soluzione al tutto adeguata e soddisfacente, dati i molteplici aspetti, spesso contrastanti, da essa offerti. Bisogna fissare bene i punti fermi, storicamente assodati, sull'origine, la composizione, l'autore di ciascuno dei tre S. Essi sono:
l. Autori dei rispettivi evangeli sono, nell'ordine, Matteo, Marco, Luca.
2. Matteo ha scritto secondo la catechesi apostolica in uso in Palestina, nei rapporti particolari con i Giudei; Marco riflette direttamente la predicazione di s. Pietro, in un ambiente più vasto, quello dell'impero ed esattamente della capitale; Luca infine scrive seguendo la predicazione dell'Apostolo delle Genti, e per i Gentili. Questi dati sono già offerti negli Atti e nelle lettere di s. Paolo (v. Catechesi apostolica) con lo schema dell'unica catechesi.
3. Matteo scrisse in aramaico; ben presto però il suo vangelo fu tradotto in greco; a noi rimase soltanto la traduzione; Mt. greco, come si suole sintetizzare, è sostanzialmente identico, per non dire, ritrae fedelmente ed esattamente Mt.-aramaico, suo prototipo.
4. L'ordine cronologico pertanto è: Mt.-aramaico, Mc. e Lc.; rimane incerto il posto di Mt. greco. Da G. E. Lessing (1779) in poi, sono state proposte varie soluzioni.
Gli acattolici abusarono della questione sinottica per intaccare l'autenticità e il valore storico degli Evangeli; le loro soluzioni si basavano unicamente su argomenti di critica interna, spinti da un soggettivismo arbitrario e dominati da teorie aprioristiche quali, l'impossibilità del soprannaturale, la collettività creatrice ecc. Delle soluzioni avanzate, la Chiesa ha condannato quella delle due fonti: Q (***) e Ur- Markus (o Marco primitivo), che nega a Matteo e a Marco il loro rispettivo Evangelo. Ormai, la soluzione più comune, considera come causa, quasi adeguata, dei fenomeni letterari su accennati, la catechesi apostolica, nella sua fondamentale unità e nelle sue particolarità. Per le affinità, strettamente verbali, si ricorre alla ipotesi della mutua dipendenza, almeno di Mt.-greco da Mc., e di Lc. da Mc. e forse da Mt.-greco. In realtà la catechesi apostolica è la sola causa stabilita con argomenti storici; tutte le altre ipotesi, anche questa della mutua, dipendenza, che tanto favore gode tra i cattolici (come concausa con la precedente) non escono dal campo della pura critica interna. E in questo campo, bisogna riconoscerlo, tutto è aleatorio. Uno studio recentissimo (L. Vaganay, Le problème synoptique, Paris 1964, pp. XXIV- 474) nega di fatti questa mutua dipendenza e cerca la spiegazione della questione sinottica nella dipendenza diretta dei tre evangeli Mt.-greco, Mc. e Lc. da un prototipo comune, un Matteo arcaico in una trascrizione greca. Il Mt.-aramaico della tradizione, eco della catechesi apostolica prende pertanto al riguardo un'importanza decisiva.

BIBL. - A. DA FONSECA. Quaestio synoptica, 3a ed., Roma 1952; la migliore sinossi: M. J. LAGRANGE. Sinossi dei quattro evangeli, 2a ed., Brescia 19~8; L. CERFAUX, Le problème syn. A propos d'un livre récent, in NRTh, 76 (1954) 494-505; J. LEVIE, L'év. araméen de s. Mt. est-il la souree de Mc.? in NRTh, 76 (1954) 689-715, 812-43.

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