GIONA - GIORDANO - DIZIONARIO BIBLICO

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GIONA - GIORDANO
GIONA
Nel libro omonimo, quinto dei profeti minori, G. è detto figlio di Amittai (1, 1), suggerendo così l'identità col profeta originario di Gat di Hefer (villaggio del territorio di Zabulon, Ios. 19, 13), che vaticinò a Ieroboam II (787-746) il ritorno glorioso del regno ai suoi primitivi confini (2Reg. 14, 25). Altre notizie fornisce la leggenda giudaica che ne fa un figlio della vedova di Sarefta (I Reg: 17, 17 ss.). Il libro inizia, senza introduzione, con l'ordine di Iahweh a G. di andare a predicare la penitenza a Ninive. Il profeta, che vede in Assur il nemico capitale di Israele, e conosce la misericordia di Dio che facilmente perdona (cf. 4, 2), si ricusa e cerca sottrarsi all'ordine divino con la fuga verso Tarsis, imbarcandosi a Ioppe su una nave fenicia. Scoppia la tempesta e le sorti indicano in G. il colpevole che l'ha attirata. Viene gettato in mare e inghiottito da un grosso pesce (c. 1). G. rimane tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, e compone il cantico (2, 9-10), che è piuttosto un inno di grazie e presenta affinità letterarie con Ioel e diversi salmi (30, 23; 41, 8; 68, 3); quindi è vomitato illeso sulla costa palestinese (c. 2). Iahweh gli rinnova l'ordine, e G. reca a Ninive il messaggio di distruzione: «Ancora 40 giorni e Ninive sarà distrutta» (3, 4). La penitenza degli abitanti ottiene da Dio il perdono (c. 3). Invece di rallegrarsene, G. se ne adira; è avvenuto proprio quanto egli deprecava; e invoca la morte. Iahweh gli rimprovera questo sentimento di odio; anche i Gentili, sue creature, sono oggetto della sua misericordia: Iahweh fa crescere un ricino che s'alza a coprire la testa del profeta e a fargli ombra; il sole è scottante e quell'ombra reca immenso refrigerio a G.; ma la pianta a un tratto perisce e questi profondamente afflitto ne lamenta la scomparsa. Dio da questo episodio trae lo spunto per inculcar gli la suddetta lezione (c. 4). È qui manifesta la dottrina che l'a. vuole insegnare: il disegno salvifico di Dio non si restringe ai soli Giudei, ma abbraccia anche i Gentili. Tale insegnamento costituisce l'essenza del piccolo libro tra i più conosciuti; e ne fa una delle perle della letteratura ebraica. Fino al sec. XIX si ritenne realmente avvenuto quanto narrato in Ion.; e se ne continuò a difendere la storicità. Questa sembrava infatti affermata da Gesù (Mt. 12, 39 ss.; Lc. 11, 29-32), quando adduce l'esempio dei Niniviti insieme a quello, certamente storico, della regina di Saba (I Reg. 10), e vede nella dimora di G. nel pesce il segno profetico della sua sepoltura e risurrezione; come G. stette tre giorni e tre notti nel pesce, così il Figlio dell'uomo rimarrà tre giorni e tre notti nel cuore della terra (v. Risurrezione di Gesù). Il riferimento di Tob. 14, 4 (solo cod. B) è del tutto insicuro (R. Galdos, Tobit, Parigi 1930, p. 296; A. Miller, Tob., Bonn 1940, p. 106). Come risultano infondati i tentativi di trovare riferimenti all'episodio qui narrato, tra i testi cuneiformi (J. B. Schaumberger, in Miscellanea Biblica, II, Roma 1934, pp. 23-34). D'altra parte, la disubbidienza di G. al comando di Iahweh, parrebbe insolita e contrastante con quanto sappiamo dell'azione divina sul profeta (v.; cf. Ier. 20, 7 ss.); il cantico nel ventre del pesce, la conversione totale e subitanea di Ninive, sono stati giudicati poco verosimili; si parla della capitale dell'Assiria, come di una città del passato e con riferimenti inesatti (Ion. 3, 3-6); ma cf. al riguardo, A. Parrot, Ninive et l'Ancien Testament (Cahiers d'archéologie biblique, 3), Neuchàtel 1955, p. 63 s. Ninive fu distrutta nel 612 a. C.; il nostro G. non può pertanto essere il profeta vissuto sotto Ieroboam. Un insieme d'indizi favorirebbe pertanto l'interpretazione parabolica, che è sempre più seguita dagli esegeti moderni (Lagrange, Condamin, Dennefeld, Chaine, Feuillet, Rinaldi, già proposta da s. Gregorio Nazianzeno). Si tratterebbe di un libro didattico. Gesù nei passi citati fa riferimento illustrativo, per meglio scolpire la sua dottrina negli animi degli ascoltatori: tale riferimento ritiene valore ed efficacia sia che venga tolto da un fatto storico, sia da un racconto fittizio a scopo didattico morale, o ancora da un racconto leggendario. Ad es. I Cor 10, 4 e Iud. 9 ss. riferiscono leggende giudaiche, senza per questo mutarne il valore e il carattere (cf. 2Tim. 3., 8; Hebr. 7, 3 ecc.). Così la liturgia augura all'anima la pace eterna «con Lazzaro una volta povero». E noi parliamo del figlio prodigo, del buon Samaritano, incitando i fedeli a imitarne il pentimento, la carità; esempi tolti da parabole. Lo stesso vale per il tipo messianico, il paragone profetico stabilito da Gesù. Una conferma per l'indole didattica di G. sarebbe la sua dipendenza letteraria e teologica da Geremia; il profeta delle nazioni è stata la sua fonte principale (1, 14 = Ier. 36, 15; 3 = Ier. 36; 3, 8 = Ier. 18, 11 ecc.). Ma il P. Vaccari (v. bibl., 1961) in uno studio chiarissimo dimostra la dipendenza di G. dalla profezia di Amos. Gli aramaismi e i neologismi pongono G. tra i libri posteriori del Vecchio Testamento. Probabilmente il libro fu composto nel periodo della maggiore dispersione (v. Diaspora): verso il 300 a. C. Contro la corrente più ristretta che si opponeva alla diffusione del iahwismo tra i Gentili, si sentì il bisogno di affermare che la religione mosaica non escludeva i pagani (cf. Is. 56, 1-9). L'episodio di G. nella tempesta, ingoiato e rigettato incolume dal pesce, secondo le stesse parole di Gesù, tipo della sua risurrezione, è un tema tra i più comuni, delle più antiche pitture cristiane.
[F. S.]

BIBL, - A. FEUILLET. Les Sources du Liv. de Jonas, in RB, 54 (1947) 165-86; ID., Les sens du Liv. de Jonas, ibid., 340-61; ID., in DBs, IV, coll. 1104-31; G. WILPERT, La fede della Chiesa nascente secondo i monumenti dell'arte funeraria antica, Città del Vaticano, 1938, pp. 9 s. 124-28; A. VACCARI, La S. Bibbia, VII, I profeti, 2. Firenze 1955, PP. 335- 42; ammette la sostanza storica, con amplificazioni nei particolari; ID., Il genere letterario del libro di Giona in recenti pubblicazioni, in Divinitas 5 (1962); G. RINALDI. I profeti minori, II (La S. Bibbia, Marietti), Torino 1959, Pp. 190-213. Sostengono la storicità dei fatti di Giona, in questi ultimi anni, i cattolici J. E. STEINMULLER-K. SULLIVAN, in CBE, New Test., New York 1950, p. 357; Old Test. (ivi 1956), p. 579; E. SUTCLIFFE, in A Catholic Commentary on Holy Scripture, Londra 1953, p. 669; B. TRÉPANIER, in CBQ, 1951, pp. 8-16; Fr. N. HOEPERS, in Revista eclesiastica Brasileira, 1956, p. 954 s.

GIORDANO
(Ebraico Iarden; arabo el Urduun; greco ò ***). - Il più importante fiume della Palestina, formato dalla confluenza di tre fiumicelli, Nahar Banjas, Nahr el Leddan e Nahr el-Hasbani, che hanno le loro sorgenti ai piedi del nevoso Hermon. La sorgente del N. Banjas, localizzata dagli antichi in una grotta dedicata al dio Pan (F. Giuseppe, Bell. I, 21, 3), ora bloccata da movimenti sismici, si trova attualmente ai piedi di un contrafforte dell'Hermon (m. 329 sul mare); quella del N. el-Leddan è presso Tell el Qadi (m. 143) e quella del N. el Hasbani a Hasbejjah (m. 563). Il G., dopo aver indugiato per ca. 10 km. in mezzo ai canneti e ai giunchi della fertile Ard el Huleh, si raccoglie nel paludoso lago Huleh o Semaconite (m. 2 sul mare). In 17 km. scende da m. 2 a m. 208 sotto il livello del Mediterraneo, precipitando rumoroso attraverso una valle stretta di rocce basaltiche e sfocia nel lago di Genezaret (v.). Di qui al Mar Morto (km. 109 in linea retta) il G. si snoda così tortuosamente da triplicare il suo percorso (km. 320), attraverso la vallata (Gor) che ha un'ampiezza minima di km. 2-3 nei primi 20 km., ma raggiunge i 15-20 km. nelle vicinanze di Gerico. La vallata (Gor) è conformata a tre terrazze degradanti a modo di anfiteatro verso il corso del fiume: la più esterna e la più elevata è formata da tumuli nudi e deserti, senza vegetazione, torridi, eccettuato dove la presenza di fonti costituisce oasi abitate nel passato ed oggi (Gerico, Bethsan); la media è ricoperta da arbusti; la più interna (ez-Zor), corrispondente all'alveo del fiume ed inondata ogni anno nei mesi di piena (cf. Ios. 3, 15; I Par. 12, 15; Eccli. 24, 24) è ravvivata da arbusti e da piante di salici, pioppi e da animali (anticamente anche leoni: Ier. 49,19; 50,44; Zac. 11, 3). Dei numerosi affluenti che alimentano il G. i principali sono il Iarmuk ed il Iabbok a sinistra, il Nahr Gialud ed il Wadi Far'ah a destra. Non utilizzabile per l'irrigazione, se non artificialmente, né navigabile, il G. costituisce più una barriera che un tramite di comunicazione, sebbene non manchino ponti (Gisr Benat Ia'qub, Gisr el Mugami', Gisr Sh-Ahsein, Gisr el Goraniye) e guadi (circa 60) non sempre praticabili tra cui Mahadet 'Ahara e ed-Damiye. Nella Bibbia il G. è ricordato soprattutto come frontiera (Num. 34, 12; Ez. 47, 18), attraversata da fuggitivi (2Reg. 7, 15; Iudc. 12, 5) o da Israeliti che si mettevano in salvo sull'altra riva (1Sam 13, 7; 2Sam 2, 29; 17, 22). La parte inferiore, di fronte a Gerico, denominata nel V. T. hak-kikkar o kikkar hajjarden (Gen. 13, 10, 12; 19, 17; 2Sam. 18, 23) e nel N. T. *** (Mt. 3, 5; Lc. 3, 3) è associata indelebilmente al passaggio miracoloso degli Israeliti (Ios. 3, 1 ss.), ai profeti Elia ed Eliseo (2Reg. 2), al ministero di Giovanni Battista (Io. 1, 28) e al Battesimo di Cristo (Mt. 3, 13-17 e par.).
[A. R.]

BIBL. - L. SZCZEPANSKJ, Geographia historica Palaestinae antiquae, Roma 1928, pp. 50-59; F. M. ABEL, Géographie de la Palestine. I. Parigi 1933, pp. 161-176. 474-489; N. GLUECK, The river Jordan. Londra 1946.

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