CONVERSIONE - COPTE (VERSIONI) - DIZIONARIO BIBLICO

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CONVERSIONE - COPTE (VERSIONI)
CONVERSIONE
Moto di ritorno a Dio per chi se ne è allontanato col peccato. Per ottenere il perdono è necessario che l'uomo si umili davanti a Dio, riconosca la propria colpa, si allontani dal peccato e protenda la sua attività verso l'azione salvifica di Dio (2Sam 12,; 1Reg. 21, 27 ss.; Lev. 5, 5; 16, 21; 1Sam. 7, 5 s. ecc.; nei Ps. penitenziali 25, 7; 32, 5; 38, 19; 41, 5; 51, 6 ss.; 65, 4; 130, 1 ss.). Le espressioni più comuni adoperate per siffatti moti dell'animo sono: cercare Iahweh (2Sam 12, 16; 21, l; Os 5, 6; Sof. 2, 3), chiedere di Lui (Am. 5, 4.6; Os. 10, 12; Is. 55, 6), confessarsi a Lui (I Reg. 8, 33, 35). Identico concetto esprimono le forme esteriori di pianto, lamentazioni, ecc., ma contro ogni facile illusione, i Profeti ripetono il richiamo, ai sentimenti interiori: cuore sincero (Am. 5, 5; Os 7, 14; Is. 1, 10 ecc.), dirigersi verso il bene ed allontanarsi dal male (Am. 5, 14; Is. 1, 17; Ps. 34, 15; 37, 27), cambiare tenor di vita (Ier. 7, 3; 26, 13), formarsi un cuore nuovo (Ez. 18, 31), od ancora, nella lingua figurata del culto, lavare il cuore (Ier. 4, 14), lavarsi e purificarsi (Is. 1, 16; Ez. 36, 25). È un'intima azione personale che è necessaria all'uomo per trovare e ricongiungersi al suo Dio. Tutte le precedenti circumlocuzioni per questo mutamento profondo sono sintetizzate nel verbo ebraico subh (ritornare) donde subhah (= conversione, convertirsi); allontanamento dalla direttiva morale finora seguita, e la nuova direzione secondo il volere divino. È in questo termine che si concentra uno dei pensieri dominanti dei Profeti (Am. 4, 6.3 ss.; Os 5, 4; ecc.). La c. ha sempre il significato di un ritorno (cf. Os 14, 2-5; Ier. 3, 12.22; 18, 11; 25, 5 ecc.). Essa deve scaturire da una decisione della volontà dell'uomo: essendo una lotta dell'uomo per Dio ed in nome Suo (Is. 31, 6; Os 14, 2 s.; Ier. 3, 14.22; 4, 1; Ez. 14, 6; 18, 30; Zach. 1, 3). Is. (44-45) trascura quasi l'aspetto negativo della c., per rilevare eminentemente quello positivo, l'unione a Dio (così già Os.). La c. non è un atto, ma una condotta (cf. Ez. 18) di vita. L'uomo da solo non può operare la sua c.: è di estrema importanza l'insistenza sull'iniziativa divina: «Convertimi, ed io sarò convertito: Tu infatti sei il Mio Dio» (Ier. 31, 18), «Sanami, e sarò sanato» 17, 14; (cf. Lam. 5, 21; Ps. 80, 4.8.20; Zach. 1, 3); è Dio che deve operare la c. dell'uomo perché questa possa essere reale ed efficace; cf. Os 6, 11; 11, 3-11: è Lui che crea il cuore nuovo ed infonde il nuovo spirito (Ier. 24, 7; 31, 31; 32, 39; 15, 19; 17, 14; Ez. 11, 19 s.; 36,26 s.). Duplice aspetto, divino ed umano della c.: «Se ti convertirai, io ti convertirò...» (Ier. 15, 19), e «Convertici a Te, o Signore, e ci convertiremo» (Lam. 5, 21). La c. ha ancora un carattere escatologico: non tratta si semplicemente di una duplice azione divino-umana che si esaurisce quaggiù, ma del perdono-salvezza, di una unione che sorpassa il tempo e diviene perenne, già fin d'ora ancorata nella divina bontà (Ier. 3, 19-4, 4; 31, 18 ss. ecc.). La c., nel suo aspetto più profondo, è quindi il ristabilimento totale della primitiva armonica unione dell'uomo col suo Dio. Nel Nuovo Testamento l'invito alla c. riassume tutta la predicazione del Precursore (Mt. 4, 17; Mc. l, 14; Lc. 3, 8); e in esso Gesù incentra la sua (Lc. 5, 32; Mt. 9, 13; Mc. 2, 17). Gli Apostoli invitano i compatrioti alla c. (Mc. 6, 12). Anche nel N. T. la c. appare nel suo duplice aspetto negativo (At. 3, 19; 5, 31; 14, 15; 26, 18) e positivo (At. 9, 35; 10, 43; 11, 18.21; 13, 38; 15, 19; 20, 21; 26, 20): pentirsi, volgersi al Signore (Gesù C.), darsi a Lui, credere. Si giunge così alla «nuova creazione» (v. Rigenerazione) nella partecipazione della morte e della risurrezione del Redentore (Gal. 6, 15; Rom. 6, 4 ss.; 7, 6; Eph. 4, 22.24). Nel suo significato pieno e profondo - congiunta cioè con la fede - la c. unisce il fedele a G. Cristo comunicando la vita della grazia, la vita divina. Il tema profetico ha cambiato aspetto nella predicazione di Gesù e degli Apostoli, ma le linee fondamentali sono sempre uguali. In Io. (Vangelo e lettere) mai la parola c. o il verbo convertirsi; la c. per lui si identifica con «il credere» (cf. 3, 15-18; 5, 25; 6, 40.47; 9, 21-41; 12, 37-40.46 ecc.). La consegna di Gesù Cristo agli apostoli, è c. di tutti i popoli (Lc. 24, 47): per essa si compie la restaurazione totale dell'umanità; «convertirsi e credere» (Mc. l, 15). La c. è il primo passo ed il compimento della palingenesi dell'umanità e del creato in N. S. Gesù Cristo.
[L. M.]

BIBL. - P. HEINISCH, Teologia del Vecchio Testamento, Torino 1950, p. 289 ss.: J. BONSIRVEN, Les Enseignements de Jésus-Christ, Parigi 1950. p. 125 SS.; ID., Teologia del Nuovo Testamento, Torino 1952.

COPTE (VERSIONI)
La lingua copta, derivata dall'egiziano antico con influsso greco, consta di vari dialetti: il sahidico o tebano dell'alto Egitto, il più importante che finì per soppiantare gli altri; l'ahmimico (da Ahmim, città dell'alto Egitto); il subahmimico; il fajjumico (dalla regione el Fajjum, nel medio Egitto) ed infine il bohairico, il più recente dialetto del Delta del Nilo, divenuto lingua letteraria (sec. VI-VII d. C.) ed oggi lingua liturgica copta. Abbiamo versioni in tutti i dialetti (prevalentemente sahidico e bohairico), giunte a noi allo stato frammentario e ancora senza un'edizione critica completa che permetta sicurezza e solidità per la critica testuale. Le più antiche risalgono dalla seconda metà del II sec. al III d. C. La versione sabidica ha un'antecedenza sulla bohairica perché le popolazioni dell'alto Egitto subirono meno l'influsso ellenistico e furono perciò presto necessitate a tradurre le versioni greche della Bibbia nel dialetto sahidico e negli altri dialetti del medio Egitto, ben presto assorbiti dal sahidico. Per le principali edizioni del V. T. pubblicate frammentariamente, cf. A. Vaccari, De Textu (Inst. Biblicae, I), 5a ed., Roma 1937, p. 282 s. La versione sahidica del V. T. (15., Prov., Eccle., Ez.) risente l'influenza delle Esapli; Dan. segue Teodozione; Iob dà i LXX pregeronimiani. La versione c. del N. T. (sahid. e bohair.) è stata edita da G. Horner, The coptic version of the N. T., 4 voll., Oxford 1898-1905; Id., The coptic version of the N. T. in the southern dialect, 7 voll., ib. 1911-1924. Il N. T. bohairico nel complesso concorda con i manoscritti greci più antichi (B), nonostante aggiunte non originarie. Le versioni copte, derivate dal greco, hanno un valore grande per la storia e la critica dei LXX e del greco neotestamentario.
[A. R.]

BIBL. - M. J. LAGRANGE - ST. LYONNET. Critique textuelle, II. Parigi 1935, pp, 313-24. 450-3. 251 s. 569 s. 617 ss.

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