AVARIZIA - AVE MARIA - DIZIONARIO BIBLICO

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AVARIZIA - AVE MARIA
AVARIZIA
Amore sregolato dei beni terreni. L'ebr. besa' (etim. "guadagno illecito") è reso dal greco ***: (V. e N. T.). Vizio spesso riprovato nel V. T.; Ex. 18, 21; Iob. in, 24 s.; Ps. 119 [118) 36; Prov 1, 19 ecc.; Is. 5, 8; 33, 15; Jer. 6, 13; Ez. 22, 12 s.; 32, 21 ecc. e severamente punito: Achan, i figli di Samuele, Nabal, Giezi, (Ios. 7, 21-26; I Sam 8, 3; 25, 3-39; 2Reg. 5, 20-27). N. Signore la pone come l'ostacolo peggiore alla sua sequela, fino a porre la scelta tra mammona (v.) e Dio: (Mt. 6, 24; Lc. 16, 13 ss.; cf. Mc. 7, 22). «Dov'è il tuo tesoro ivi è il tuo cuore» Mt. 6, 21. Insegnamento che s. Paolo riprenderà, definendo idolatria l'a. (Eph. 5, 5; Col. 3, 5). Il danaro è l'idolo dell'avaro. Agli Apostoli Gesù raccomanda di evitarla (Lc. 12, 15; cf. 6, 24) e s. Paolo che ha tanta cura di fuggirla (I Tim. 2, 5) e la dice ancora «la radice di tutti i mali» (I Tim. 6, 10), ripete tale particolare raccomandazione al clero (I Tim. 3, 3; Tit. 1l, 7; così s. Pietro 1Petr. 5, 2; mentre l'a. è il movente, la caratteristica degli eretici 2Petr. 2, 3.14); dopo averla spesso stigmatizzata (Rom. l, 29; I Cor 5, 10 s.; 6, 10; Eph. 4, 19 ecc.). L'a. mosse Giuda al delittuoso tradimento (Mt. 26, 15; Mc. 14, 10 s.; Lc. 22, 3 ss. cf. Io. 12, 4 s.) e suggerì la fatale simulazione di Anania (v.) e Saffira: Act. 5, 1-11.
[F. S.]

AVE MARIA
Dopo il Pater (v.) è la più sentita, la più bella preghiera, che riassume tutti i privilegi e le glorie di Maria SS. (v.); dal medioevo, è anche detta salutazione angelica. Si compone infatti delle parole dell'arcangelo Gabriele: «Ave, gratia plena, Dominus tecum; benedicta tu in mulieribus» (Lc. l, 28), completate da quelle di s. Elisabetta: «Et benedictus fructus ventris tui» (Lc. 1, 42); segue - nella seconda parte, formata più tardi - la fiduciosa invocazione della Chiesa alla Madre di Dio. I nomi di Gesù e di Maria sono stati aggiunti al testo biblico come chiarimento (cf. Lc. l, 27-31) ed espressione di pietà filiale. Per l'esegesi di Lc. 1, 28 v. Maria Santissima. Qui è da notare che l'ultima espressione benedicta tu in mulieribus della nostra Volgata, attestata, in greco, dal testo occidentale e dal testo comune o receptus (v. Testo), già presente nell'antica versione latina, oggi dai critici è comunemente ritenuta non originale, ma entrata qui, per concordanza, con Lc. l, 42 (sulle labbra di s. Elisabetta), dove essa è atte stata unanimemente dai codici. Questa interpolazione tuttavia è molto antica, in quanto la lezione piena è già nel Protovangelo di Giacomo (v. Apocrifi), in Tertulliano (PL 2, 946) e in Eusebio (PG 22, 517). Comunque, se non angeliche, queste ultime parole sono di s. Elisabetta, che le pronunziò «ripiena di Spirito Santo» (Lc. l, 42: la Volgata rende qui inter mulieres la stessa frase greca): Tu sei benedetta tra le donne, ebraismo con valore di superlativo. «Con tali parole Maria è proclamata "novella Eva", vera "Madre di tutti i viventi", l'unica fra le donne che non abbia meritato e non tramandò la condanna, ma la benedizione, perché, per mezzo suo, Dio ha sciolto la maledizione antica ed ha benedetto i miseri figli di Eva (cf. s. Sofronio, Orat. II, 22: PG 87, 3242; ps. Hieron [Pasc. Radberto], Ep. 9, 5: PL30, 127; S. Bernardo, Hom. II super Missus est, 3: PL 183, 62 s.). «Così, concisa ma ricca di contenuto teologico ("arcana mysteria reserans", s. Bernardo, De diversis, Serm. 52, 2: PL 183, 6-5), la salutatio (Lc. l, 29) dell'arcangelo Gabriele, già messaggero dell'era messianica nel V. T. (Dan. 9, 21-27), annunzia, aurora di redenzione, che Maria è l'Immacolata ("piena di grazia"), eletta da Dio corredentrice del genere umano ("il Signore è con te"), quale novella Eva ("benedetta tu tra le donne"), Madre di Dio e Madre nostra, mediatrice universale di grazia» (I. Cecchetti): v. Maria Santissima; Protovangelo. L'A. sorse, come espressione liturgica, nel sec. VI; ma soltanto al sec. XVI si affermò nel testo odierno. Per l'Oriente, in due ostraka egiziani, sec. VI e VII, troviamo in greco la prima parte dell'A. Ed è quasi unanime la testimonianza delle antiche liturgie (la siriaca di s. Giacomo, la egiziana di s. Marco e l'etiopica dei XII Apostoli): alle parole dell'angelo e di s. Elisabetta esse aggiungevano soltanto: «Perché hai generato il Salvatore delle anime nostre». Per l'Occidente, l'offertorio della IV domenica di Avvento (liturgia romana) che risale a s. Gregorio Magno, ci dà il testo nella sua forma originaria: Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus et benedictus fructus ventris tui. Solo alla fine del sec. XII, troviamo le prime prescrizioni, per la diffusione della recita dell'A. nel popolo, cf. ad es. l'esortazione del vescovo di Parigi, nel sinodo del 1198: «Exortentur populum semper presbyteri ad dicendum Orationem dominicam ... et Salutationem Beatae Virginis». A partire dal sec. XIII, l'uso dell'A. si generalizza, con la pratica soprattutto del rosario mariano, e diviene una delle preghiere più care della pietà cristiana. A Urbano IV (1261- 64) si attribuisce l'introduzione del nome di Gesù nell'A. L'invocazione: Sancta Maria, Mater Dei, ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae. Amen, si è formata gradualmente nelle singole frasi tra il sec. XIII e il XV. La formula integrale odierna dell'A. fu fissata da S. Pio V, che nel 1568, riformando il breviario romano, ne prescrisse la recita, insieme a quella del Pater, all'inizio di ogni ora canonica (cf. I. Cecchetti).
[F. S.)

BIBL. - TH. ESSER, Storia della Salutazione Angelica, in Il Rosario, Memorie Domenicane 3 (1886) 334-38, 375-79, 4,62-67, 494-99, 615-23, 749-53; U. BERLIÈRE, Angélique (salutation), in DThG, I, coll. 1273-77; E. CAMPANA, Maria nel culto cattolico, I,Torino 1933, pp. 519-64; G. ROSCHINI, in Marianum 5 (194,3) 177-85; ID., nel Dizionario di Mariologia, 1961, p. 73 s.; G. ROSSI, Expositio Salutationis Angelicae di S. Tommaso d’Aquino, in Divus Thomas p. 34 (1931) 445-79; I. CECCHETTI, «Ave Maria», in Enc. Catt., II, coll. 51-2-516.

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