ARABI - ARAMAICA (LINGUA) - DIZIONARIO BIBLICO

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ARABI - ARAMAICA (LINGUA)
ARABI
Il termine, dalla radice 'arab che evoca la steppa, è descrittivo più che etnografico; ancor oggi l'a. per eccellenza è il nomade, il badawi (beduino), l'abitante della badija o la campagna rasa; fu attribuito, prima di tutto, alle tribù nomadi e seminomadi del deserto siriaco e delle solitudini della parte settentrionale dell'Arabia, l'immensa penisola (3 milioni di km2, ca. un quarto dell'Europa, dall'Oceano Indiano a sud, fino alla Siria, Palestina a nord). Quindi la denominazione fu estesa a tutti gli abitanti dell' Arabia. Il termine ricorre per la prima volta nella iscrizione di Salmanassar III sulla battaglia di Qarqar (854 a. C.): Gindibu' di Arbaa vi partecipa con 1.000 cammelli; sotto Teglatfalasar III, l'Arabia (mat Aribi) riceve un governatore assiro; Sargon (715) combatte contro i Tamudei e i Sabei; Sennacherib (703), Asaraddon (673), e, più profondamente, Asurbanipal penetrano in Arabia, e quest'ultimo sconfigge A., Cidareni e Nabatei. L'Arabia settentrionale fu il dominio preferito dei nomadi e dei carovanieri; in questi gruppi, si notano tre caratteri etnici principali: l'arameo; il ieminita misto a minei ecc.; e il beduino, propriamente detto, che ha tra i suoi più famosi rappresentanti, i Palmireni, i Nabatei, gl'Iturei. Al centro è il deserto, con oasi qua e là; prevalentemente al sud sono le popolazioni sedentarie, che formarono i regni minei, sabei, senza parlare degli stati di Qataban, di Hadramaut ecc. I nomadi del deserto siro-arabico, più di una volta compaiono nel Vecchio Testamento, come "figli dell'Oriente", Bene. Qedem, (Ez. 25, 4, 10; Iob 1, 3; Gen. 29, l), termine cui corrisponde l'espressione bizantina ***, Saraceni. In Ez. 23, 42 "i bevitori provenienti dal deserto", sono le tribù a. vicine alla Palestina, al di là del Giordano, con le quali Giuda fece alleanza (cf. Ier 27, 9 ss.). Is. 13, 20 usa 'arab come semplice appellativo = "nomadi", così Ier 3, 2. Nome di popolo è in Ier 25, 14. In Ez. 27, 21, col suo senso etnico, 'Arab è in linea con Cedar, Saba e Re'ema. Il gentilizio 'aràbi, 'arbi è frequente dopo l'esilio. Neemia ebbe molto a soffrire dall'ostilità degli a. (= i Nabatei; e le antiche popolazioni di Moab e Ammon). Tale denominazione divenne usuale e comune tra i Giudei, mentre i vecchi nomi Madian, Cedar, Saba ecc. cadevano in disuso (cf. 1-11 Par.). Tra le famiglie semitiche enumerate in Gen. 10, 26-29, troviamo appartenenti all'Arabia meridionale Ioqtan, Hasarmawet (= Hadramaut), Seba (regno di Saba), Diqlah (Daklan, ad est di Aden). Ez. 27, 21 S. nomina i principi di Qedar (nome proprio del figlio di Ismaele), tribù di nomadi nel deserto siro-arabico (Is. 21, 16; Ier. 2, 10; Plinio, Hist. nat. V, 12: Cedrei); nei testi cuneiformi Qidri e Qidarri. V. Ismaele; Madian; Saba.
[F. S.]

BIBL. - F. M. ABEL, Géographie de la Palestine, I, Parigi 1933, Pp. 288-97: II, ivi 1938, p. 122 s.; S. MOSCATI, Storia e civiltà dei Semiti, Bari 1949, pp. 1-6. 175-219.

ARAMAICA (LINGUA)
Lingua che appartiene al ceppo semitico nord-occidentale, e data la sua diffusione storica più che una lingua comprende un gruppo di idiomi forniti di peculiari proprietà fonetiche, morfologiche e sintattiche fondamentalmente simili Gli Aramei sono nominati già nel secolo XXIII, ma la loro storia comincia propriamente dal tempo in cui si stabiliscono in Mesopotamia e Siria (sec. XI-X). Sorgono gli Stati aramei indipendenti tra loro ma indicanti il periodo del massimo influsso e floridezza politica degli Aramei (cf. Aram Sobah, Aram Ma'akah, e soprattutto il regno di Damasco). Orbene la lingua usata da queste genti aramaiche mostra (almeno dai documenti pervenutici) una iniziale incertezza, in quanto si riscontra la tendenza di usare la lingua del luogo di conquista. Ma quando si sentono più autonomi, guadagna in autonomia la loro stessa lingua e compaiono i testi propriamente aramaici.
Si può dunque dividere la storia dell'aramaico in questi periodi:
1) a. dialettale (testificato solo nel secolo VIII) in cui si trovano le tipiche forme a mescolate con forme cananee, fenicie o comunque alloglotte (cf. Iscrizioni a Zengirli della statua di Hadad e di Panammu; Cooke, North-Semitic Inscriptions, nn. 61, 62, con disamina degli elementi a. e cananei p. 184).
2) a. classico dal tempo in cui fioriscono i regni (sec. X) fino alla conquista di Ciro (539).
I testi giunti fino a noi non sono numerosi né lunghi, tuttavia sufficienti per farci conoscere questa lingua letteraria, e soprattutto l'immensa diffusione della parlata a.
a) Assiria. L'episodio tra i messi di Sennacherib e il re Ezechia (2Reg. 18, 17 ss.) mostra che in Assiria era nota la lingua a. Ostraca, iscrizioni su pesi, altre epigrafi, tavolette cuneiformi con note aramaiche documentano, segnatamente per il periodo dell'impero neobabilonese, come l'a. s'imponesse sempre più quale lingua diplomatica.
b) Siria. Evidentemente permane l'a. come lingua parlata e letteraria (cf. le iscrizioni trovate a Nerab del sec. VII. Cooke, nn. 64, 65).
c) Palestina. Il papiro di Saqqara (lettera di un certo Adon re di Ascalona (?) al faraone Necao II [610-595]) conferma che la lingua diplomatica era l'a. (in Biblica, 30 [1949] 514 ss.).
d) Egitto. Dal papiro suddetto appare che l'a. doveva essere noto in corte, e senza dubbio anche in altri ambienti.
3) Dopo Ciro fino ad Alessandro Magno (323). Con la costituzione dell'immenso impero degli Achemenidi (dal Nilo allo Indo) con la capitale in Susa, l'a. divenne la lingua ufficiale sebbene non unica. In tutte le satrapie dell'impero si trovano testi a. Il papiro di Torino, studiato dal Clermont-Ganneau, ci mostra come un egiziano scriva ad un persiano in lingua a. In Egitto sono di questo periodo i famosi papiri a. di Elefantina: contengono, già in scrittura quadrata, dei contratti e importante corrispondenza tra una comunità giudaica di Elefantina e le autorità di Gerusalemme. Furono in parte pubblicati dal Cowley (Aramic Papyri of the fifth Century b. C., Oxford 1923); ora altri 17 ricevono la prima pubblicazione (cf. Biblica. 34 [1953] 265; due distinti volumi, uno di E. Kraeling e l'altro di S. R. Driver). Notevoli ancora 14 manoscritti a. su cuoio (sec. V) contenenti la corrispondenza di Arsam, governatore persiano dell'Egitto (in Orientalia, 22 [1953] 445). L'a. egiziano ha un'ottima grammatica in P. Leander, Laut-und Formenlehre des Aegyptisch-Aramaischen, Goteborg 1928. In Persia sono celebri gli ideogrammi (o meglio metagrammi) a. Si tratta cioè di elementi a. mescolati con elementi iranici: tali elementi a. avevano valore di ideogrammi (metagrammi), che perciò non erano pronunciati come a., ma subito trasferiti durante la lettura stessa in vocabolo iranico (Dupont-Sommer, Les Araméens, p. 95). Il che ancora una volta dimostra il largo uso della lingua a.
4) Dopo Alessandro Magno. La lingua greca prende il sopravvento quale lingua ufficiale. Allora per l'a. comincia il processo di diversificazione in a. occidentale e a. orientale, che all'epoca di Cristo sarà definitiva. La scrittura passa definitivamente all'impiego delle lettere così dette quadrate, che prevarranno poi anche nella scrizione deitesti ebraici. Intanto si concreta un fatto di grande importanza per l'a. occidentale e per la sua susseguente fortuna: gli Ebrei, conducendo a termine il fenomeno cominciato ai tempi di Esdra, usano sempre l'a. come lingua propria, fino a tralasciare l'ebraico. Ora va subito detto che proprio perché avvenne ,questo, l'a. occidentale poté avere una grandiosa letteratura, che non ebbe o meglio non ci pervenne dal periodo precedente. Gli Ebrei usarono l'a. nel periodo che susseguì il ritorno dall'esilio. In a. ci giunsero anche alcuni brani di testo biblico, i più notevoli nel libro di Daniele e di Esdra e Neemia, scritti quando non esisteva la distinzione in a. occidentale e orientale, ma riproducenti le particolarità grammaticali che saranno proprie dell'a. occidentale. (H. Bauer- P. Leander, Grammatik des Biblish-Aramaischen, Halle 1927). In a. erano tradotti i testi biblici ebraici letti ma non intesi dal popolo durante le funzioni sinagogali, così ebbero origine i Targumin (versioni o piuttosto parafrasi a dei testi biblici).
La distinzione in a. occidentale e orientale è determinata da particolarità grammaticali (lo stato enfatico, il prefisso della 3a persona sing. masc. del futuro, ecc.).
1) l'a. occidentale comprende:
a) a. palestinese (Dalman, Grammatik des Judisch-palastinischen Aramaisch, Leipzig 1905).
b) a. dei Targum (v.);
c) a. del Talmud palestinese;
d) a. dei Samaritani (traduzione del Pentateuco);
e) a. delle iscrizioni di Palmira (mescolate).
2) l'a. orientale comprende:
a) a. babilonese con il celebre Talmud (Margolis, Lehrbuch der Aramaischen Sprache des Babylonischen Talmuds, Munchen 1910);
b) a. della letteratura mandaica e manichea;
c) il dialetto di Edessa già noto da testi precristiani ha dato origine alla grandiosa letteratura siriaca cristiana, con due ulteriori divisioni (dal sec. V) in siriaca iacobita e siriaca nestoriana. Questa letteratura siriaca (a. orientale) gareggia e forse supera la letteratura a. orientale. L'a. vive ora in piccole isole linguistiche presso Damasco, presso Mossul e il lago Urmia.
La conoscenza dell'a. è di somma importanza per il biblista sia perché alcuni testi sono scritti in a., sia perché essa fu la lingua di Gesù e degli Apostoli, di cui è quindi notevolmente impregnato il sostrato dei libri del Nuovo Testamento.
[P. Bo]

BIBL. - BOWMAN, Arameans. Aramaic. and the Bibl., in INES, 7 (1948) 65-90; P. KAHLE, Das zur Zeit Jesu in Palastina gesprochene Aramaisch. in TRu. 17 (1949) 201-16; A. DUPONT-SOMMER, Les Araméens, Paris. 1949.

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