IAFET - IDOLITO - IEFTE - IETRO - INDEMONIATI - DIZIONARIO BIBLICO

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IAFET - IDOLITO - IEFTE - IETRO - INDEMONIATI
IAFET
Figlio di Noè (Gen. 5, 32; ecc.), minore di Sem (Gen. 10, 21 TM) e maggiore di Cham (9, 24), sebbene figuri sempre terzo. Iafet rispetta il padre ubriaco e con Sem riceve la benedizione (Gen. 9, 27; v. Messia). Iafet è il capostipite degli Iapetici o Indoeuropei, di quei popoli della costa fenicia o del nord della Siria o a est della Mesopotamia che per fisionomia, lingua, usi e costumi non si possono ridurre al tipo semitico (Gen. 10, 2-5).
Figli di Iafet
I figli di Iafet sono: Gomer (Gimirri dei testi cuneiformi, ***, Ez. 38, 6), Magog (mat Gag "il paese di Gog", Ez. 38, 1 s.), Madai (Medi, Mada, Is. 13, 17; Dan. 9, 1), Iawan (Ioni, Ez. 27, 13 iwn = ***, iauna persiano, Iamanu babilonese), Tubal (Ez. 27, 13 ecc., *** di Erodoto, Tabal assiro, popoli della sponda meridionale del Mar Nero), Mesec (Is. 56, 19; *** di Erodoto, acc. Musku, nord-ovest dell'Armenia verso la Colchide) Tiras (Tw-rw-s' dei testi egiziani, ***; Etruschi).
Figli di Gomer Askenaz
Figli di Gomer Askenaz (Ier. 51, 27; As-guza dei testi assiri, ***, Sciti, confusi spesso coi Cimmeri), Rifath (I Par. 1, 6; ***, montagne del nord-Europa? Aripsas dei testi di Boghazkoy?) Togarmah (Ez. 38, 3-6, acc. Tilgarimmu, popoli a nord della strada Karkemis-Harran).
Figli di Iaman
I figli di Iaman sono: Elisah (Ez. 27, 7; Alasia di El-Amarna, ***, 'Isj di Ras-Shamra, Cipro) Tarsis (Ez. 38, 13 ecc.; ***, Tar-si-si di Asarhaddon; la costa sud-occideutale della Spagna), Kittim (Ez. 27, 6 ecc.; Cipr, o Kti dei testi fenici, ***, nome esteso anche ai Macedoni e Romani) Rodanim (Ez. 27, 15 gli abitanti di Rodi).
[F. V.]

BIBL. - D. POULET, Tous les hommes sont-ils fils de Noé? Ottawa 1941, p. 314 ss.; F. SPADAFORA, Ezechiele, 2a ed.. Torino 1951. pp. 209 ss.; E. DHORME, Les peuples issus de J. d'après le ch. X de la Genèse (Recueil Dhorme). Parigi 1951, pp. 167-87; ID., Les peuples de l'Asie Mineure et des marches mésopotamiennes, in Peuples et civilisations, 1 (1950) 336-59.

IDOLOTITO
Letteralmente, dal greco, = "sacrificato all'idolo"; è la parte dell'offerta, in genere, o della carne dell'animale immolato in sacrificio alla divinità, che di diritto spettava ai sacerdoti; i quali, preso quanto loro era necessario, facevano vendere il rimanente nelle pubbliche macellerie (1Cor 10, 25). Secondo la mentalità del tempo, mangiar di carni siffatte era partecipare al sacrificio, al culto; entrare in comunione con la divinità (v. Eucaristia). Era lecito ad un cristiano, invitato ad un banchetto, mangiar di dette carni, notoriamente idolotite? O, in genere, come comportarsi per la loro mensa? Il concilio di Gerusalemme accolse il suggerimento di Giacomo il Minore, perché nelle comunità miste, i convertiti dal paganesimo, se ne astenessero, per non urtare il sentimento dei giudeo-cristiani (At. 15, 28 s.). Per i fedeli di Corinto (I Cor 8, 1-13; 10, 14.23), s. Paolo non dà un proibizione generica; in realtà, per chi conosce il nulla degli idoli, l'i. non ha nulla di speciale. Si tratta, diremmo noi, di materia indifferente. Il cristiano dalla coscienza ben formata si regola pertanto liberamente; ma egli deve tener sempre presente il principio aureo della carità fraterna, ad evitare di recar danno a qualche fratello, dalla coscienza ancora debole, il quale potrebbe essere indotto dal suo esempio a mangiar di quella carne, pur ritenendo ancora l'antica mentalità, e quindi contro coscienza. Per tale principio, pertanto, il fedele regolerà la sua condotta, praticamente, tenendo sempre presente l'ardente espressione dell' Apostolo: «Ma se io devo turbare la coscienza di un fratello, non toccherò mai della carne».
[N. C.]

BIBL. - BUCHSEL, in ThWNT, II, p. 375 s.; E. B. ALLO, Première épitre aux Corinthiens, 2a ed., Parigi 1935, pp. 195-215. 236-45.

IEFTE
Fu il grande capo e liberatore della tribù di Gad, cui appartiene (Iudc. 10, 6-12, 7). Scacciato dai fratelli, L, figlio illegittimo, nella regione vicina alle Fonti del Giordano, comandava con coraggio e valentia una schiera di razziatori; come già David nel deserto di Giuda e di Ziph (1Sam 22, 2). Oppressi dagli Ammoniti insediatisi in Galaad, i suoi conterranei, dopo aver invocato l'aiuto di Iahweh ed aver rimossa l'idolatria, volendo sollevarsi, si rivolsero a I., perché dirigesse la lotta. I. accettò, dopo aver fatto giurare, nel nome di Iawheh, agli anziani di lasciargli, dopo la vittoria, il potere. I., mentre si preparava, iniziò trattative con gli Ammoniti; una volta fallite, fiducioso in Iahweh, li attaccò e sbaragliò, riconquistando 20 città israelite, e liberando Galaad fino al Giordano. La sua fede era sincera (Hebr. 11, 32), ma rozza, e influenzata dai costumi cananei (cf. il re moabita Mesa; 2Reg. 3, 27); così per propiziarsi Iahweh, I. fece voto, prima della battaglia, di immolargli la prima persona (contro la proibizione della legge: Deut. 12, 31) che gli fosse uscita incontro dalla sua casa, al ritorno vittorioso. Fu l'unica sua figlia che, prima fra le vergini, avanzò per la rituale fantasia. I., pur nel suo strazio, credette suo dovere compiere il voto, immolandola dopo averle concesso di piangere sui monti con le compagne il fiore della sua giovinezza recisa. I. punì duramente l'insolenza degli Efraimiti, che gli facevano minacciose rimostranze perché aveva vinto senza di loro. Ai guadi del Giordano, gli Efraimiti in fuga, riconosciuti dalla pronunzia sibboleth (corrente) per sibboleth (spiga), vennero uccisi (come nei Vespri Siciliani, i Francesi si svelavano dicendo sesi, per ceci). Per sei anni governò Galaad; fu questo il secondo tentativo, dopo quello di Gedeone, di stabilire un principato monarchico.
[F. S.]

BIBL. A. MÉDEBIELLE, in DBs, III, coll. 11-24; L. DESNOYERS, Histoire du peuple hébreu, I, Parigi 1922, pp. 178-85. 308. 340. 397 ss.; R. TAMISIER, Le livre des Juges (La Ste Bible, ed. Pirot, 3), ivi 1949. pp. 233-45.

IETRO
Sacerdote di Madian (Ex. 2, 16; 3, l), ricordato nella Bibbia per aver dato una delle sue sette figlie, Sefora, in sposa a Mosè (Ex. 2, 16.21). Pare abbia avuto due nomi, perché oltre a quello di I. (Ex. 3, 1; 4, 18; 1.5. 8.12 ecc.) in Ex. 2, 18 e Num. 10, 29 ricorre anche quello di Raguel. Raguel (ebr. Re'iì'eI = amico di Dio) sarebbe il nome proprio, mentre I. rappresenterebbe un soprannome o un titolo onorifico. Fondati sull'elasticità che in lingua ebraica presentano i nomi di parentela (cf. 'ah = fratello, cugino, parente, amico ecc.), non mancano di quelli che rinunziando all'identità I.-Raguel, credono che Raguel sia il padre di I. e quindi il nonno di Sefora; per lo stesso motivo, da Iudc. 4, 11 (ebr.) s'è tentato addossare a I. un terzo nome: Hobab; ma pare senza fondamento. E assai probabile che I. fosse cultore del vero Dio, che aveva potuto conoscere dalla tradizione patriarcale (Ex. 18, 8-12). Avendo un giorno osservato, che il genero consumava tutto il suo tempo concedendo molte udienze, senza per altro riuscire a contentare tutti, I. con l'autorità che gli proveniva dall'età e dalla parentela, gli propose di affidare a un certo numero di anziani gli affari di ordinaria amministrazione, riservando a sé l'alta direzione degli affari del popolo (Ex. 18, 13-26). Mosè attuò la proposta, ottenendone effetti sorprendenti.
[B. P.]

INDEMONIATI
Sono detti ossessi o i. gli uomini mossi fisicamente dal demonio che dimora in loro; che sono sotto l'influenza di uno o più spiriti cattivi (Mc. 1, 23-27; Mt. 12, 43 ssS6.; Lc. 8, 2; 11, 24 ss.). Nel Nuovo Testamento, 23 volte, tali spiriti sono detti impuri; si tratta di impurità morale (spesso in alternativa con ***); lo spirito cattivo spinge gli uomini a commettere atti proibiti dalla legge naturale e dalla legge divina. Nei Vangeli s'incontrano molti i. Espressione tangibile del dominio di Satana sul mondo (Mt. 12, 22-37; Mc. 3, 22-30; Lc. 11, 14-28); finora Satana regnava (come il signore nella propria fortezza) da padrone assoluto; ora, se è scacciato dal suo impero, a viva forza, vuol dire che è arrivato qualcuno che è più forte di lui, che ha appunto la missione di fondare il regno di Dio sulle macerie di quello di Satana. «Se io scaccio i demoni per virtù divina (***), il regno di Dio è già in mezzo a voi» (Mt. 12, 28). Gl'i. figurano, ben distinti, fra i malati colpiti da vari mali, e guariti dal Messia (Mt. 4, 24; 8, 16). L'ossessione vien presentata senza (Mc. 1, 23-28 l'indemoniato nella sinagoga, cf. Lc. 4, 33·36; Mc. 7, 24-30 l'indemoniata, figlia di una siro-fenicia, cf. Mt. 15, 21-28) o accompagnata a disturbi fisici, mutismo (Mt. 9, 32 ss.), mutismo e cecità (Mc. 3, 22-30; Mt. 12, 22-37), epilessia (Mt. 17, 14.20), o tormenti fisici, con la pazzia (Mt. 8, 28-34; Mc. 5, 1-5, gli ossessi di Gadara). Non è facile discernere se si tratti di malattia anteriore o di disturbo fisico prodotto dall'ossessione; in Mt. 17, 14-20 l'ossessione si manifesta con caratteristiche particolari: paralisi della volontà, privazione dell'uso dell'udito e della parola, idee di suicidio. Gesù prima scaccia il demonio e quindi guarisce completamente l'ossesso (Lc. 9, 42; Mc. 9, 16 s.). Maria di Magdala è una ossessa miracolata (Lc. 8, 2; Mc. 16, 9) e di una forma di ossessione più grave «Gesù aveva scacciato da lei sette demoni», cf. Mt. 12, 43 ss.; Lc. 11, 24 ss.). Il demonio conosce la messianicità e divinità di Gesù e lo fa gridare dagli ossessi, chiaramente (Mc. l, 24-34; 3, 10 ss.; 5, 7; Lc. 4, 4) «Tu sei venuto per mandarci in rovina. So, chi tu sei: il Santo di Dio»; «scacciò molti demoni, ma non li lasciava parlare, perché essi lo conoscevano»; «uscivano anche demoni da molti, gridando e dicendo: Tu sei il Figlio di Dio». Queste solenni ed aperte attestazioni rientrano nel piano di Satana nettamente contrario al disegno messianico di Gesù (v. Tentazioni). Questi evitava accuratamente tutto ciò che poteva dare ansa alla falsa concezione nazionalistica che i Giudei avevano del Messia: cf. Io 6, 14 s.; tutto ciò che avrebbe facilmente acceso quegl'illusi contro i Romani. Gesù impone il silenzio ai demoni e autorevolmente li scaccia col semplice comando, senza discutere: «Taci; ed esci da quell'uomo» (Mc. 1, 25; ecc.) e il demonio, pieno di odio e di rabbia, s'infuria, urla, ché sa di venire ormai detronizzato, ma deve fuggire. Anche gli Apostoli, nella loro missione, scacciano i demoni (Mc. 6, 13); tale potere è loro conferito dal Risorto (Mc. 16, 15-18). S. Paolo a Filippi (At. 16, 16 ss.) libera dal demonio una fanciulla, che al vederlo passare con Sila, esclamava: «Questi son servi dell'Altissimo, e ci annunzia no la via della salvezza». Anche tra i Giudei c'erano degli esorcisti (At. 19, 27; cf. Mt. 12, 27; Lc. 11, 19) ed alcuni di essi presero a scacciare i demoni nel nome di Gesù (Mc. 9, 38).
[F. S.]

BIBL. - O. S. SMIT, De demoniacis in historia evangelica, Roma 1913; D. Buzy, S. Mt.; L. PIRROT, S. Mc. (La Ste Bible, ed. Pirot, 9), Parigi 1946, pp. 47. 110. 122 s. 157-161. 230. 415. 439 SS. 504 ss.; L. MARCHAL, S. Luc (volume 10), ivi, pp. 70. 113. 129. 148.

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