SCHILLEBEECKX E., Maria madre della Redenzione, Edizioni Paoline, Catania 1965.
Il libro di E. Schillebeeckx, Maria Madre della Redenzione, è come una piccola marialogia scritta in occasione dell'anno mariano 1954. Coerentemente con la sua impostazione teologica il domenicano olandese applica alla marialogia le categorie di economia della salvezza, sacramentalità e personalismo.
A. Alla teologia che procede in maniera astratta e metafisica Schillebeeckx oppone la teologia «economica», che procede in maniera concreta appoggiandosi sulla storia della salvezza: «La Rivelazione non è soltanto la comunicazione orale d'una coscienza soprannaturale tramite i profeti e Gesù Cristo; è più fondamentalmente la realizzazione storica di una iniziativa divina e transtorica all'interno della struttura della storia umana di cui per altro solo la Parola di Dio svela il significato». Se Cristo è il centro della storia della salvezza, in quanto Dio vive, agisce e si rivela in lui in una forma veramente umana e storica il personaggio principale dopo di lui è la Vergine di Nazareth, la cui vita rivela l'azione redentrice trascendente di Dio: «Il mistero mariano comporta dunque due dimensioni: una dimensione storico-umana che ci permette di considerarlo sul modesto piano d'una donna del popolo, dalla pietà semplice, tutta impregnata delle idee ebraiche dell'Antico Testamento... Questa storia è contemporaneamente rivelazione. É l'aspetto tangibile, visibile, storico d'una dimensione soprastorica che riguarda la salvezza di tutti gli uomini». Perciò nella vita di Maria non interessa tanto il lato episodico, quanto i «kairòi mariani, cioè glt atti umani storici di Maria veramente decisivi» ed il loro significato salvifico soprastorico. Esaminando il «posto di Maria nell'economia storica della salvezza», Schillebeeckx si preoccupa di unire le due prospettive che fanno di Mana il prototipo dei redenti e la madre della redenzione: la sua collaborazione all'incarnazione redentrice «si situa unicamente sul piano d'una recettività attiva». Riassumendo le sue riflessioni precedenti, Schillebeeckx costata il triplice ruolo di Maria nell'opera della salvezza:
«1. Anzitutto ella ha testimoniato il Cristo nel ricevere il più alto grado della redenzione, giacché Gesù era il frutto del suo concepimento corporeo-spirituale; lo ha fatto in un totale abbandono alla volontà del Padre che le si manifestava, quando ella non ne conosceva ancora tutta la portata, e vi si è liberamente e amorosamente conformata nel corso di tutta quanta la sua esistenza;
2. Parallelamente allo svolgimento storico del mistero di Cristo, ella diventa sempre più consapevole del proprio ruolo materno verso di noi, ed è sul Calvario e nella Pentecoste che la sua maternità spirituale, in quanto realtà psicologica, raggiunge la sua pienezza;
3. Ora ella vive gloriosa in cielo, pienamente consapevole del suo ruolo materno nell'opera della salvezza, attiva nel suo glorioso e trionfale dono d'amore ed eternamente recettiva, sempre unita col cuore e con la volontà alla volontà salvifica dell'unico Salvatore, il Cristo glorioso».
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Fondando la partecipazione di Maria alla redenzione sul suo «ruolo essenzialmente recettivo», Schillebeeckx si stacca da quei teologi che fanno di Maria «una vera e propria compagna di Dio» misconoscendo l'unica mediazione di Cristo. Non è lecito «attribuirle un ruolo propriamente redentore neanche aggiungendo questa restrizione: ma in modo subordinato in rapporto al Cristo», poiché Maria «è colei che riceve, la riscattata universale, e proprio in quanto tale è la nostra corredentrice». La dipendenza da Cristo e da Maria nella vita cristiana si situa «su due piani assolutamente differenti».
B. Nel pensiero marialogico di Schillebeeckx ritroviamo, in secondo luogo, l'applicazione della sacramentalità che caratterizza la Rivelazione. Il dono della salvezza, infatti, rivolgendosi all'uomo in quanto spirito incarnato, ha carattere essenzialmente sacramentale, cioè si presenta in forma esteriormente afferrabile nella sua visibilità storica. «L'uomo Gesù, manifestazione terrestre personale della grazia redentiva divina, è il sacramento, il sacramento primordiale perché quest'uomo, figlio di Dio, è voluto dal Padre come l'unica via d'accesso alla realtà della salvezza». Nella Chiesa, comunità visibile della grazia e segno elevato tra le nazioni, anche Maria ha un carattere sacramentale, che ha per radice ultima la sua maternità divina. Inanzittutto Maria è un sacramento perché rivela un aspetto insostituibile dell'economia della grazia già preannunciata dai profeti (Ger 31,3; Os 11, 1-4; Is 49, 15-16): «Maria manifesta, della redenzione stessa del Cristo, qualcosa che nell'atto redentore compiuto da quest'ultimo non appare né in quanto tale puo appanre: la tenerezza materna». Ella rivela altresì ed anticipa la struttura sacramentale della salvezza: «Come noi ci appropriamo soggettivamente del dono oggettivo del Salvatore mediante la nostra fede vivente, esteriorizzata nell'accettazione corporea. dei diversi sacramenti - per fidem et sacramenta fidei, - così Maria viene riscattata per mezzo della sua fede esteriorizzata nell'accettazione corporea de sacramento originario: la santa umanità del Cristo Gesù». Si nota dunque un'analogia tra il cristiano e Maria nel processo di crescita e di appropriazione personale della salvezza: come il bambino ricevendo il Battesimo: «è oggettivamente salvo, ma soltanto a poco a poco prenderà coscienza del suo stato interiore... appropriandosi cosl gradualmente della grazia redentrice, cosl Maria già realmente riscattata fin dal primo istante della sua esistenza, si appropria sempre più della sua eccezionale redenzione oggettiva attraverso tutta la sua vita cosciente, vissuta nella fede, nella speranza e perfetta carità». In tal senso Schillebeeckx può affermare che «tutta la sacramentalità della Chiesa... è prefigurata nella vita di Maria. Ella ha ricevuto nella fede non un certo sacramento particolare, ma il sacramento primordiale in persona, Nostro Signore Gesù Cristo». Tuttavia, in conseguenza del suo ruolo esclusivamente materno e non gerarchico, la Vergine non ha «un posto nella struttura sacramentale della Chiesa» pur esercitando un'universale mediazione materna di salvezza: Maria «è al di fuori della tecnica dei sacramenti, ma non della vita sacramentale».
C. Infine, nella marialogia di Schillebeeckx si ha l'eco della filosofia personalistica ed esistenzialistica assimilata a Parigi al contatto con Le Senne, Lavelle ed altri autori. Il teologo non affronta l'argomento mariano come se si trattasse di una dottrina astratta, ma si mette in atteggiamento interpersonale di rispetto e di preghiera: «Studiare una persona vivente non è una cosa di per sé molto simpatica. Non si analizza una persona con cui si hanno intimi rapporti di amicizia. Ma Dio, il Cristo e Maria hanno diritto all'omaggio della nostra intelligenza, del nostro pensiero orante». La persona vivente oggi è vista più che nel passato non «come una realtà bella e fatta, ma un dovere, un compito da realizzare». L'immagine evangelica della Madre di Dio documenta, sia pure fuggevolmente, il continuo progresso nella fede attraverso un passaggio graduale dalla mentalità ebraica a quella cristiana.
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Applicando la tesi principale della sua gnoseologia, cioè «la distinzione fra conoscenza preconcettuale e concettuale della realtà», Schillebeeckx afferma: «Quest'evoluzione della fede di Maria non va... dall'ignoranza positiva alla conoscenza precisa, bensl da una consapevolezza reale, ma confusa e non espressa, a una presa di coscienza manifesta. È un passaggio da coscienza a scienza come quello che troviamo... nel processo dottrinale della Chiesa: un dogma prima vive nel cuore dei fedeli, poi emerge alla loro intelligenza che cerca di formularlo in maniera organica, infine viene definito dal magistero». Questo itinerario di fede si svolge per Maria al contatto con l'umanità del Cristo e conosce difficoltà, apparenti contraddizioni e dolori: ella «resta sottoposta alla legge normale di ogni vita cristiana sulla terra» ed è «un eminente esempio per noi». «Quella di Nazareth è la casa dei credenti che lottano ed affrontano coraggiosamente le difficoltà della vita con totale abbandono alla Provvidenza... Questa vita non ha nulla a che vedere con le fiabe... Maria in questo caso, non sarebbe affatto un esempio che ci incoraggi, ma solo una bevanda inebriante che al risveglio lascia disillusione e tristezza. La sua vita, invece, era del tutto simile alla nostra, fatta di tanti piccoli guai, delle mille difficoltà e asperità che riempiono la vita sociale dell'uomo». Anche il culto mariano è presentato da Schillebeeckx come atteggiamento religioso, proveniente dalla carità che unisce i santi in comunione, di fronte al valore della persona di Maria «splendore del Cristo, perché svolge un ruolo assolutamente insostituibile nell'economia salvifica». Bisogna evitare ogni zelo intempestivo nguardo a forme particolari di devozione a Maria, così pure la «mariolatria» intesa come «quella devozione mariana che mette in sordina il culto del Cristo» e le devozioni che trascurano l'immediato rapporto con Cristo o implicano una sostituzione di Maria al nostro impegno personale. Anche le manifestazioni periferiche del culto popolare e le apparizioni devono «essere sottoposte al controllo del dogma». Tuttavia fare a meno della Vergme nella vita cristiana è impossibile: «Senza recar torto all'invito divino, senza derogare all'ordine cristiano e senza trascurare le tenere attenzioni di Dio».
La marialogia di Schillebeeckx rappresenta un ottimo esempio di divulgazione scientifica del pensiero teologico pre-conciliare su Maria: esso supera l'impostazione manualistica astratta e presenta la persona concreta della Vergine in vista di un incontro personale con lei. Tuttavia l'influsso ecumenico è minimo, in quanto vengono sottolineate solo le differenze confessionali; l'attenzione alla liturgia è assente, l'inserzione di Maria nella Chiesa è ambigua, poiché ella non è posta né sul piano di Cristo né su quello dei riscattati.