LUTHER M., Commento al Magnificat, Centro studi ecumenici Giovanni XXIII, Sotto il Monte 1967.
Il fenomeno che ha portato ad un recupero di Maria nella teologia protestante, ha i suoi prodromi nel periodo dell'illuminismo, quando «uomini e movimenti si proposero di nscattare l'eredità luterana dalle negative influenze del calvinismo». Risalendo alle origini della Riforma ci si è accorti «che l'atteggiamento antimariano non solo non proviene dai Riformatori del XVI secolo, ma è contro il loro stesso pensiero». Così il protestante W. Tappolet confessa di essere rimasto sorpreso di fronte ai numerosi testi mariani di Lutero, Calvino, Zwingli e Bullinger, da cui balza evidente il loro atteggiamento sostanzialmente positivo nei riguardi di Maria. È certo, per esempio, che Lutero nono rivolse originariamente la sua protesta contro Maria, ma contro i molteplici abusi della pietà popolare del suo tempo, contaminata dall'eccessivo sviluppo del sentimento religioso e dalla macchinsa ricerca di grazie. Senza giungere a fare di lui uno «dei grandi cristiani devoti di Maria», si deve riconoscere che Lutero conservò nella sua vita, sia pure con qualche flessione circa le raffigurazioni mariane e l'invocazione a Maria, un atteggiamento di lode e imitazione della Madre del Signore: egli ha composto circa 80 prediche sulla Vergine, proponendola come perfetto modello di vita cristiana e tipo della Chtesa. Quanto alla dottrina, Lutero tenne fede, anche negli anni della sua più decisa azione riformistica, alla maternità divina di Maria, «uno dei temi mariologici più ricorrenti» sotto la sua penna, inserito sempre nel quadro cristologico. Il suo famoso Commento al Magnificat del1520-1521 contiene al proposito affermazioni tutt'altro che minimiste: «Le 'grandi cose' non sono altro che questo, che Maria è divenuta Madre di Dio; in tale opera le sono stati concessi tanti e sì grandi beni, che nessuno li può comprendere. Infatti di qui viene ogni onore e ogni beatitudine, e a ciò è dovuta la sua singolare posizione sopra tutti in tutto il genere umano. Nessuno le è simile, poiché essa ha avuto dal Padre un figlio e un simile figlio. Essa stessa non gli può dare un nome
per l'immensa grandezza, e deve limitarsi a traboccare d'amore, essendo cose grandi che non si possono esprimere a parole, ne misurare. Perciò si è incluso tutto il suo onore in una parola, chiamandola cioè 'Madre di Dio'; nessuno può di lei o a lei dire cosa più grande, anche se avesse tante lingue quante sono le foglie e le erbe, le stelle del cielo e la rena del mare. Anche il cuore deve considerare cosa significhi essere Madre di Dio». Circa la verginità di Maria, Lutero offre testi in abbondanza, dove presenta Maria come sempre-vergine e risponde in senso cattolico a tutte le obiezioni bibliche. Anche la professione immacolatista, con sfumature e difetti, accompagna Lutero per tutta la vita, mentre egli nega costantemente l'Assunzione dato il silenzio della Scrittura. In base alla sua «theologia crucis» e alla radicale incapacità umana di portare un contributo anche infinitesimo all'azione di Dio, Lutero respinge la partecipazione di Maria nell'opera della salvezza; egli ammette che Maria possa essere nostra «Fürbitterin» (supplicante a nostro favore), ma non «Fürsprecherin» (Avvocata), né tanto meno «Mittlerin» (Mediatrice).
Pagina 2
A parte qualche testo favorevole ad una certa maternità spirituale di Maria, colpisce in Lutero l'insistenza sull'esemplarità di Maria; egli soprattutto insiste su due virtù di Maria: la fede e l'umiltà. Maria è la massima espressione di fede, intesa come manifestazione concreta della vita, abbandono totale e filiale alla volontà di Dio, momento sempre nuovo del contatto dell'anima col suo Creatore e Redentore, totale signoria della Parola e della grazia, superamento dell'apparente irrazionalità, rifiuto di essere artefice del proprio destino per lasciare a Dio l'iniziativa. Maria è esempio di umiltà come basso sentire di sé e autorinnegamento sotto il giudizio di Dio: «La Vergine Maria era un'ancella umile e disprezzata, non godeva alcuna stima e serviva Dio senza sapere che la sua umile condizione godesse, da parte di lui, tanta considerazione... Ma i maestri che ci dipingono e rappresentano la Beata Vergine in modo tale da non poter vedere in lei nulla di disprezzato, ma unicamentre grandi e splendide qualità, non fanno altro che mettersi soltanto dinanzi alla Madre di Dio anziché porre lei dinanzi a Dio. In tal modo ci rendono timorosi e scoraggiati e nascondono la consolante immagine della grazia, come si fa con i quadri durante la quaresima. Infatti non ci rimane più esempio alcuno in cui poter confidare, venendo essa innalzata al di sopra di tutti gli esempi. Eppure dovrebbe e vorrebbe essere volentieri il più illustre esempio della grazia di Dio, per incitare tutti alla fiducia, all'amore e alla lode della grazia divina; tutti i cuori dovrebbero attingere per mezzo di lei una tale confidenza in Dio, da poter dire con piena fiducia: Oh, Vergine Beata e Madre di Dio, che grande conforto Dio ci ha mostrato in te, poiché egli ha riguardato con tanta grazia alla tua indegnità e bassezza; in tal modo possiamo tener presente anche per il futuro che, dietro il tuo esempio, non disprezzerà, ma riguarderà benignamente a noi uomini poveri e meschini». È interessante infine osservare come Lutero prospetti degli accenni a Maria come figura rappresentativa della Chiesa. In quanto Maria persevera nella sofferenza è simbolo della Chiesa che rimane indistruttibile nonostante la spada delle persecuzioni. Maria che va sui monti «rappresenta il popolo cristiano che cammina nella libertà», mentre Elisabetta è «il popolo sotto la legge della Sinagoga... legato da molti precetti esteriori». Ella si identifica alla Chiesa «che è la vergine pura nello Spirito, possiede la Parola di Dio» e concepisce i fedeli.