FORTE B., Maria, la donna icona del mistero. Saggio di mariologia simbolico narrativa, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1989; IDEM, Trinità come storia. Saggio sul Dio cristiano, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1985.
Il volume Maria, la donna icona del mistero. Saggio di mariologia simbolico·narrativa di Bruno Forte, costituisce un'attenta rivisitazione del trattato marialogico sotto il profilo metodologico-strutturale e contenutistico.
1. STATUTO EPISTEMOLOGICO
Dal punto di vista metodologico, Forte affronta e risolve in modo proprio due problemi fondamentali per la strutturazione del dis~ orso sistematico su Maria: la sua autonomia e il suo nucleo orgamzzatore.
A. Autonomia del trattato di marialogia
La discussione circa la legittimità e posizione del trattato di marialogia sembra risalire agli anni 1936-1938, quando Bonnichon, Bonnefoy e Zimara protestano contro l'uso di considerare la marialogia come «Scienza autonoma» e suggeriscono di reintegrare le tesi concernenti la Vergine nei diversi trattati di dogmatica. Più tardi A. Müller non prevede un futuro per una «mariologia separata», mentre G. Philips parla dell'esigenza di un «trattato sistematico» di marialogia da collocare tra cristologia ed ecclesiologia. Dal canto suo, M. Schmaus espone vantaggi e svantaggi sia della trattazione marialogica nei trattati di teologia (si eviterebbe l'isolamento, ma si trascurerebbe la connessione interna del discorso su Maria), sia dell'esposizione indipendente (pericolo di isolamento e perdita dei limiti teologici, ma vantaggio di un discorso unitario); la sua soluzione propone di smistare i riferimenti a Maria nei vari trattati e insieme di riservare un trattato organico su Maria nel piano salvifico. Sulla scia dell'opzione conciliare si è preconizzato per la marialogia «un rientro nella teologia, da cui si era staccata per esigenze di organicità particolare», in vista di un suo successivo riemergere «Come sintesi dei dati acquisiti nella riflessione globale senza pretesa di organicità autonoma». La posizione di Forte è chiaramente favorevole - né potrebbe non esserlo dal momento che scrive un saggio di marialogia - alla «trattazione specifica», alla «autonomia del discorso di fede sulla Madre del Signore». Queste espressioni non devono ingannare, quasi vogliano significare un ritorno al trattato separato; esse intendono solamente rivendicare uno «spazio per delineare i tratti di un'icona» di Maria, nella convinzione che in essa si riflette la totalità del mistero: «Non l'isolamento di un trattato separato, ma la distinzione piena di richiami e di rapporti viene dunque a caratterizzare la specifica riflessione di fede su Maria, motivando la relativa autonomia, la consistenza e l'originarietà, che le competono». Forte giustifica la trattazione speciale su Maria con un argomento fondamentale: la relazionalità di lei e conseguentemente del discorso teologico su di lei. Appoggiandosi sull'espressione di S. Luigi Maria da Montfort, fatta propria da Paolo VI: «Maria è tutta relativa a Dio e a Cristo», Forte la completa vedendo la Vergine in relazione alla Trinità, alla Chiesa, all'uomo e alla storia, ossia all'incrocio delle varie vie di approfondimento del mistero cristiano. Per conseguenza «la riflessione su di lei è tutta relativa al centro e alla totalità del mistero della salvezza e trova la sua consistenza propria e originale esattamente nella sua totale relazionalità». Paradossalmente, non la consistenza personale e funzionale di Maria, ma l'intreccio delle sue relazioni fonda la specificità del discorso su di lei. Non si tratta che dell'applicazione della dottrina trinitaria, per cui le persone divine si distinguono per la relazione vicendevole. Nessun pericolo dunque di scadere in un cristianesimo collaterale o di compromesso con il sentimento popolare, instaurando un discorso su Maria.
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Al contrario, la rinuncia ad esso impoverisce la teologia e spiritualità cristiana, poiché esclude una postazione provvidenziale, da cui contemplare e vivere l'intero mistero della salvezza, come dimostrano «innumerevoli storie di santità evangelica». Per Forte una teologia senza marialogia, come già «un cristianesimo senza Maria», risultano impoverirci di un frammento vivo, che fa parte del tutto, ma nello stesso tempo lo contiene e lo sintetizza. Come Maria, anche la marialogia ha carattere di sintesi, in ragione della rete delle molteplici relazioni che intesse con le altre realtà o aspetti del mistero totale. A questo punto, Forte deduce una conseguenza cui si devono riconoscere le note di originalità e coerenza. L'annoso problema della collocazione del trattato di marialogia nel contesto dell'insegnamento della teologia viene risolto scartando le ipotesi di farlo seguire alla cristologia o all'ecclesiologia e optando per la sua ubicazione a coronamento dell'intero corso teologico. L'argomentazione di Forte è lineare: «Proprio perché rinvia ai vari capitoli della dogmatica cristiana, la mariologia può costituirne efficacemente l'ultimo capitolo, una sorta di "verbum abbreviatum", di compendio argomentativo, narrativo e simbolico insieme, ricco di forza evocativa e di stimoli praticocritici». La soluzione di Forte si ispira alla linea della LG che pone la trattazione su Maria a coronamento della costituzione sulla Chiesa; ma, considerando che Maria «riunisce e riverbera i massimi dati della fede» (LG 65), il teologo sa di dover andar oltre e propone quindi la trattazione marialogica al termine dell'intera riflessione teologica. É merito di Forte trarre tale conseguenza dalle premesse, conferendo dignità e significato alla marialogia. Questa infatti è sottratta alla possibilità di apparire un'appendice ad un trattato teologico, perché in ragione del suo carattere relazionale, che la unisce dall'interno agli altri dati di fede, presenta un carattere di sintesi: riassume il tutto unificandolo nel frammento, che diviene così un nuovo modo di guardare al Tutto stesso. La soluzione apportata da Forte rovescia la posizione metodologica tomistico-suareziana, per la quale la conoscenza della Madre precede e introduce a quella del Figlio e anche l'asserto da lui citato «ad Jesum per Mariam». Accettando il «principio di totalità» e la «gerarchia della verità», Forte deve necessariamente partire da Cristo e in lui trovare tutti gli altri dati della rivelazione, compresa Maria. Il discorso su Maria quindi non è solo secondo, ma addirittura ultimo. Tuttavia ciò che qui viene dopo dal punto di vista metodologico, assume una densità assiologica in prospettiva contenutistica: non in quanto la marialogia sarebbe un riassunto sostitutivo dell'intera teologia, ma una sintesi che unisce e riverbera i massimi dati della fede rispettandone la consistenza e i livelli. E chiaro che la soluzione di Forte non può essere legittimata che a misura di un grande equilibrio teologico e di una profonda conoscenza delle dimensioni del mistero.
B. Il nucleo organizzatore della marialogia
È qui di pragmatica il rimando agli studi di C. Dillenschneider, K. Rahner o L. Boff per rendersi conto della varietà di posizioni contrapposte, proprio dove si attenderebbe un accordo totale. Forte non si schiera con nessuna di esse, anche se non manca di dichiarare che la «maternità divina... è... il punto di partenza di ogni prerogativa e di ogni funzione della Vergine Madre». Più che un fondamento o un primo principio da cui scaturiscono tutte le prerogative mariane, egli cerca un «principio di sintesi» (p. 36) e lo trova in Maria, «la concreta donna di Nazareth, l'icona dell'intero mistero cristiano». Lo sforzo di Forte si avverte nella contorta esposizione delle pagine 38-39, dove il teologo è alla ricerca di un nuovo modo di impostare il discorso marialogico. Egli prende le distanze dal metodo deduttivo e dall'uso dell'analogia, che hanno condotto all'enfatizzazione del contenuto marialogico, e cerca di ricondurre il discorso su Maria nell'ambito della teologia e della storia della salvezza. Nulla da eccepire circa le affermazioni programmatiche di Forte, dettate dal principio di totalità e dal primato della rivelazione biblica: «In mariologia non vale che l'"analogia dell'avvento", fondata sull'iniziativa di Dio, assolutamente libera e gratuita.... Il primo principio della mariologia non è altro, allora, che quello dell'intera teologia cristiana: "Deus dixit"!... L'orizzonte della storia della salvezza, il realizzarsi del mistero nel tempo, sono il quadro unificante in cui va situato tutto ciò che Maria è stata ed è davanti a Dio e per il mondo». Problematica e poco chiara è invece l'introduzione dei procedimenti razionali (analogia e via deduttiva) in campo storico-salvifico. In sostanza il ruolo della ragione e della cultura nella sistematizzazione del dato mariano non viene espressamente enucleato, lasciando l'impressione di attraversare un tunnel, dove i contenuti di fede su Maria vengono però teologizzati ed affermati nella felice espressione sintetica: «Maria, la donna icona del mistero».
2. CONTENUTI
Stabilita la metodologia, Forte comprende che è necessario procedere alla «rivisitazione del mistero di Maria nella storia di rivelazione e nella successiva vicenda di formulazione dogmatica» (p. 43). Egli mostra la sua visione originale nella parte terza, che presenta lo stesso titolo del volume: «Maria, la donna icona del mistero».
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É il «principio di sintesi» intorno al quale organizza il discorso marialogico, accogliendo gli stimoli di autori vari: Giovanni Damasceno, Evdokimov, Ratzmger, De la Pottene, De Fiores. La proposta di Forte trova valido fondamento nell'affermazione del Concilio Vaticano Il: Maria «riunisce in sé e riverbera i massimi dati della fede» (LG 65). Egli precisa in dense pagine il significato dei termini donna, icona, mistero e scopre nella scena dell'annunciazione la triplice relazione di Maria alle persone divine, che fa di lei, in quanto Vergine-Madre·Sposa, l'icona della Trinità. Il lavoro teologico di Forte si dispiega nello scandagliare ognuno di questi tre titoli o aspetti della figura di Maria secondo un triplice livello: teologico-trinitario, ecclesiologico e antropologico. Bisogna riconoscere che quì Forte si muove a suo agio «partendo dal racconto pasquale delle origini» (cioè dai Vangeli delll'infanzia, soprattutto dall'annunciazione) e raggiungendo notevoli livelli di profondità concernenti Dio, la Chiesa e la condizione umana:
a)In quanto Vergine, inanzittutto, Maria è portatrice di un significato teologico ed antropologico essenziale alla fede. Ella testimonia infatti «il movimento radicalmente discendente dall'alto dell'Incarnazione e la totale impossibilità che allo stesso risultato possa giungersi partendo dal basso». Ne consegue che la creatura può entrare in gioco soltanto nel rispetto dell'assoluto primato dell'iniziativa di Dio, «solo nella forma della Vergine Maria, cioè di un'umanità non dominatrice, non creatrice, non sovrana, ma docile, ricettiva, disponibile». Sono affermazioni teologiche ispirate a K. Barth e che gioveranno senza dubbio al dialogo ecumenico con i teologi della riforma. Del tutto inedita è l'intuizione che fa della «Vergine fedele» l'icona del Figlio; come infatti il Figlio è «la ricettività pura davanti alla pura sorgività», così la Vergine è «la creatura che accoglie l'iniziativa di Dio con una ricettività pura... ». Ma ricettività - precisa Forte contro Barth - non è passività «e come nel mistero della vita intradivina la ricettività dell'Amato non è assenza di vita o di risposta, così l'icona verginale di questo ricevere, offertoci in Maria non è vuota di vita o di libera adesione».
b)In quanto Madre, Maria rivela al tempo stesso l'umanità di Dio e diviene l'icona materna del Padre. Forte restituisce con Barth tutta l'importanza che compete al titolo di Theotokos, in quanto necessaria o significativa «affermazione ausiliaria della cristologia», al punto che «la Madre di Dio è... la sentinella dell'assolutezza del cristianesimo, il segnale umile, ma sommamente indicativo, della presenza dell'Eterno nel tempo, di Dio in carne umana». Entrando in relazione con la Trinità, Maria manifesta la generazione eterna da parte del Padre e diviene «l'icona materna della paternità di Dio». Per Forte questa espressione ha un significato pregnante: non indica solo la partecipazione di Maria alla tenerezza del Padre, espressa nella Bibbia in termini di amore viscerale di una madre (Ger 31, 20; Is 49, 14s; 66, 13), ma anche la comunicazione a lei dell'essere materno come figura umana della Paternità divina. Forte interpreta questo esse maternale come partecipazione non solo biologica e transitoria, bensì «ontologica» e permanente alla potenza generativa del Padre: «È lo stesso essere profondo della Madre di Dio che è stato forgiato dal Padre ad immagine della sua fecondità di Generante, in modo da porsi come "essere materno" ("esse maternale"), costitutivamente legato all'intera vicenda -temporale ed eterna - della Vergine Santa». Tale prospettiva è quanto mai suggestiva e capace di unire la maternità divina e quella spirituale di Maria fondandole sulla «partecipazione ontologica alla potenza generativa del Padre».
c) La terza qualifica di Maria, in quanto Sposa, ha richiesto a Forte un supplemento di impegno teologico. Egli conosce «la complessità del riferimento sponsale attribuito alla Vergine Madre dalla tradizione vivente della fede». Sa pure che biblicamente Gesù è lo Sposo (almeno a Cana). La soluzione di Forte si presenta asimmetrica rispetto ai due precedenti titoli di Vergine e di Madre: se Maria è Figlia del Padre e Madre del Figlio, ella risulta però «Sposa nello Spirito». Tale espressione è intenzionale e consegue ad un preciso tracciato, che intende evitare rischi e risolvere le difficoltà in radice: «Più che definire Maria sposa di una Persona divina o della Trinità nel suo insieme, sembra conveniente chiedersi a quale delle Persone divine si rapporti immediatamente ciò che viene indicato con la simbologia nuziale». La teologia trinitaria non ha difficoltà ad indicare nello Spirito Santo «il vincolo dell'amore eterno del Padre e del Figlio», quindi «Un mistero di nuzialità». Maria, arca dell'alleanza e sposa delle nozze escatologiche, ha pertanto un peculiare legame con lo Spirito. Ella può quindi esserne «l'icona», cioè «il denso riflesso del mistero nuziale di cui Egli è l'artefice».
Il saggio di Forte rappresenta un apprezzato tentativo di sintesi teologica su Maria che mentre propone un'originale collocazione del trattato marialogico, fa assurgere la Madre di Gesù a segno polivalente del Dio unitrino ed a verbum abbreviatum dell'intero disegno salvifico. Esso risponde alla «trattazione sistematica» richiesta dalla Lettera della Congregazione per l'educazione cattolica su La Vergine Maria nella formazione intellettuale e spirituale, n. 28 (25. 3. 1988) e apre la via ad ulteriori interpretazioni storico-salvifiche della figura della Madre di. Gesù.