BOUYER L., Le trone de la Sagesse. Essai sur la signification du culte marial, Paris, Cerf, 1961; IDEM, Le culte de la Mère de Dieu dans l'Eglise catholique, Chevetogne, 1954; IDEM, Humanisme marial, in Etudes 87 (1954) mai, pp. 158-165; L 'Église de Dieu, corps du Christ et tempie de l'Esprit, Cerf, Paris 1970.
Louis Bouyer si preoccupa di mettere in evidenza il significato antropologico di Maria e del suo culto, giungendo a coniare l'espressione insolita di «umanesimo mariano». L'ottica di Bouyer non è certo quella di una psicologia teologica, ma di «un'antropologia soprannaturale: la teologia dell'uomo e del suo destino davanti a Dio». Egli rovescia pertanto il metodo della marialogia tradizionale ponendo alla base della riflessione su Maria non già dei principi speculativi, ma i temi generali della marialogia, contemporaneamente biblico-ecclesiologico-mariani: nuova Eva, Sposa del Signore, Sapienza associata. Attraverso queste figure, che emergono dall'entroterra biblico veterotestamentario interpretato dalla patristica, si scopre intuitivamente il significato di Maria per la Chiesa e per l'uomo: Maria è «la più alta rivelazione delle possibilità offerte all'umanità dalla grazia... la ripresa totale della creatura in Dio... la realizzazione perfetta dell'immagine divina». Senza dubbio Bouyer non dimentica che «Cristo è il modello trascendente di ogni perfezione umana» e che sarebbe deteriorare la nozione di salvezza pensare a Maria come a «un secondo Salvatore»; tuttavia solo in Maria, persona umana e solamente umana, ci è possibile scoprire «tutto ciò che la grazia poteva fare di una creatura, dell'umanità, lasciandola pertanto nel suo ordine creato». «La Vergine Maria è nostro modello senza restrizione... In Maria troviamo la perfezione che deve essere l'oggetto stesso dei nostri desideri e dei nostri sforzi: la perfezione di una persona umana come noi, condotta al punto più alto che nessuna persona creata possa raggiungere». Specificando il senso antropologico della figura di Maria, Bouyer analizza alcuni momenti della esistenza di Maria. L'Immacolata concezione è vista come ritorno alla purezza originale e restaurazione dell'umanità secondo il progetto iniziale di Dio. Maria è: «il paradiso razionale, come si esprimono i Padri, il recinto primordiale dove il più bel fiore della nuova creazione non è che il segno della sorgente divina. Là si nasconde e si trova la fontana segreta, dove il Logos stesso ha voluto sgorgare nel cuore della creatura umana». Posta alla confluenza tra l'antica e la nuova Alleanza, Maria è la cima e il compimento della perfezione umana, «l'esemplare insuperabile di ciò che deve interessare ogni umanesimo cristiano». Infatti, mentre Eva ha dimostrato la sterilità della falsa liberazione consistente nel rifiuto della relazione con Dio, Maria manifesta con la sua vita che l'ideale umano non si può raggiungere se non nella dipendenza, liberamente accolta, da Dio che parla. Con la sua fede e obbedienza totale, ella diviene «l'immagine perfetta dell'adesione dell'umanità all'opera salvatrice... Maria si definirà sempre più chiaramente come la perfetta realizzazione materna della vocazione dell'umanità». Infine, per la sua partecipazione alla vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, «Maria è l'icona escatologica della Chiesa», «la promessa già realizzata delle realtà ultime offerte alle speranze umane». Concludendo, Bouyer può affermare: «È dunque tutto un umanesimo, il solo umanesimo veramente integrale, che l'immagine di Maria ci propone. Questo umanesimo ha per base la fede, per via l'obbedienza sacrificate. Non intende nient'altro che operare la restaurazione dell'integrità originale della creatura, restaurando il suo rapporto filiale col Padre nel Cristo. E lo sviluppo di questa relazione rinnovata, sotto la mozione dello Spirito che ha coperto Maria della sua ombra e che vuole impossessarsi a poco a poco delle nostre libertà,... sarà la Vita, la vita totale di Dio vivente tutto in noi tutti».
Maria nella teologia contemporanea, pp. 74-76.
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Nel grosso volume di L. Bouyer, L 'Eglise de Dieu, corps du Christ et tempie de l'Esprit, l'ecclesiologia si snoda lungo le vie storica e comunionale, nella cornice cristologico-eucaristica. A differenza del Concilio Vaticano II, che non ha sviluppato una teologia della Chiesa locale, Bouyer vede proprio in questa la fondamentale realizzazione della Chiesa. Egli sembra dimenticare questa dimensione locale quando nell'ultimo capitolo «Ecclesia Mater», parla anche de «la Vergine Maria e la Chiesa Madre» pur affermando cose eccellenti. Bouyer, per esempio, fa derivare la santità e maternità di Maria dall'antico Israele e più remotamente dallo Spirito: «È ben vero che la santità e la maternità della Vergine non sono che il fiore e il frutto della santità e della maternità di grazia d'Israele, le quali non erano esse stesse che il risultato dell'incubazione dello Spirito... Come la Chiesa, Maria sale dalla terra, dal suo deserto che rifiorisce sotto gli acquazzoni di questo cielo, e tuttavia discende da Dio, come il dono stesso della grazia incorporata all'essere dell'umanità, alla creatura decaduta sulla via di essere salvata». A Maria va riconosciuto, oltre al radicamento nel suo popolo, un posto di rilievo in quanto ella «appare al centro della storia come il Trono della Sapienza» e la perfetta realizzazione della Parola:
«In Maria infatti giunge il momento supremo della storia umana e cosmica quando la parola salvatrice è pienamente intesa da una fede perfetta, la sua suprema creazione, e suscita questa risposta che precisamente genererà non solo tutti i salvati alla grazia, ma prima di tutto il Salvatore stesso dell'esistenza». Questa emergenza spirituale di Maria non è vista in prospettiva di privilegio, separante, perché «non soltanto in Maria la prima, ma in ciò che Maria ha di unico si realizza essenzialmente la maternità cui la Chiesa intera è chiamata ad associarsi e che la consacrerà come sposa eterna del Figlio, sempre con lui».