BOFF L., Il volto materno di Dio. Saggio interdisciplinare sul femminile e le sue forme religiose, Queriniana, Brescia 1981.
1. MARIA DONNA PROFETICA E LIBERATRICE
Nel contesto della teologia della liberazione, anche L. Boff ricupera la figura di Maria come «profetessa, donna coraggiosa e forte, coinvolta nella liberazione messianica dalle ingiustizie storico-sociali dei poveri». Tale ricupero avviene adottando il circolo ermeneutico, che legge la Bibbia «nello sfondo della nostra situazione di cattività e di oppressione»: «Leggiamo con gli occhi di oggi le Scritture cristiane scritte ieri (da circa duemila anni e più). I nostri occhi sono carichi di interrogativi, aspettative ed interessi che balzano dalla nostra realtà. Con essi ci avviciniamo ai testi mariani che ci parlano di Maria. I testi sacri, a loro volta, ci lanciano il loro messaggio che si svincola dalla lettera. Ma i nostri occhi interessati staccano, dalla totalità dei testi scritturistici, quelli che maggiormente si configurano come rivelazione della nostra situazione». Poiché include «lo sforzo di captare la totalità del messaggio», il circolo ermeneutico non è vizioso; «è invece virtuoso, rivelando la ricchezza dei significati virtuali presenti nei testi, ma riscattati tramite gli interrogativi che irrompono dalle situazioni socio-storiche»: «Così la nostra situazione attuale diagnosticata come prigione ed oppressione sociale e politica si presenta come un luogo ermeneutico privilegiato per leggere il Magnifìcat di Maria e farci ascoltatori del suo messaggio. L'inno della Vergine è sorto in un quadro di rapporti corrispondente ai nostri. Per questo esso ci suona così vicino ed attuale. É evidente che i termini della situazione erano differenti; ma il tipo di relazioni tra i termini, lo spirito con cui la Vergine ha agito ed ha reagito di fronte ad essi, ci sembrano omologhi. Maria come per incanto, diventa una nostra contemporanea». Letto nel suo contesto storico-spirituale, il Magnificat (forse un inno giudeo-cristiano applicato a Maria come rappresentante dei poveri) disvela il suo «Contenuto liberatore». Lo mostra il parallelismo con il cantico di Anna (1 Sam 2, 1-10): in ambedue si parte dalla «Situazione oppressa» e si giunge al volto di Dio, che interviene rivoluzionando i rapporti iniqui ed elevando gli umili. Così è interpretata l'umiltà (tapéinosis) biblica. Il Dio di Maria, come già dell'antico popolo, è santo (tremendum) e misericordioso (fascinosum), nel senso che entra nel conflitto umano a favore degli emarginati e contro i potenti: «La misericordia di Dio non attende soltanto fino alla fine dei tempi. Non tollera che la piaga rimanga aperta ed a sanguinare indefinitamente. Essa assume forme storiche e si concretizza in gesti trasformatori del gioco delle forze. Gli orgogliosi, i detentori del potere ed i ricchi non posseggono l'ultima parola come sempre pretendono. Su di essi già si manifesta, storicamente, la giustizia divina. Saranno espropriati del potere; saranno smascherati nel loro orgoglio e rimarranno con un pugno di mosche (vv. 51-53). Il Regno di Dio non opera la consacrazione dell'ordine di questo mondo dove gli arrivisti decidono tutto». Come ha fatto Moltmann, pure Boff si chiede: Come si concilia questo Dio che si schiera dalla parte dei poveri con il «Dio senza discriminazioni» proclamato da Gesù Cristo? Il teologo brasiliano risponde così:
Pagina 2
«Sì, Dio ama tutti e li avvolge con il suo gesto misericordioso, perché sono tutti suoi figli. Tuttavia vi sono figli che sono docili o ribelli, buoni o cattivi. In un mondo così contraddittorio e disumanizzato, dove vi sono innegabilmente oppressi ed oppressori, la forma dell'amore di Dio è differente. Gesù non tratta alla stessa maniera i poveri, gli ammalati, i farisei, i pubblicani, ed Erode. I poveri li chiama beati, i farisei sepolcri imbiancati, Erode lo chiama volpe, ai pubblicani fa vedere, come a Zaccheo, l'iniquità della loro ricchezza, accumulata con la frode. Dunque, la liberazione che vuole per tutti incontra strade differenti a causa delle diverse forme di oppressione. Così Dio esalta gli umili e fa giustizia ai poveri perché insorge contro gli oppressori che per le loro operazioni avide e egoistiche provocano impoverimento ed umiliazione. Disperde i superbi di cuore perché, convertiti e liberi dalla loro ridicola autoaffermazione, possano essere figli liberi ed obbedienti a Dio e fratelli degli altri uomini». Nella logica del Magnificat questi interventi forti di Dio nella storia, si esauriscono quando la conversione abolirà i ricchi e i poveri come «classi antagoniste» e tutti vivranno come fratelli nella casa del Padre: «Maria, dunque, accetta come inevitabile il conflitto storico. La riconciliazione per essere vera ha bisogno di passare attraverso il processo di conversione che genera conflitti. Ma la conflittualità storica non appanna gli orizzonti della speranza né oscura la presenza della gioia. Non cessa di essere istruttivo il fatto che Maria canti ed esulti gioiosamente nonostante le contraddizioni sociali manifestate nel suo inno. Il conflitto non è fatto ipostasi o ontologizzato; è preso nella sua espressione storica come concretizzazione dei divergenti interessi umani, alcuni che contraddicono il progetto di Dio sul mondo, altri che si mettono al suo servizio, alcuni che realizzano il peccato, altri la grazia».
2. L'IMMACOLATA SIMBOLO DELLA NUOVA UMANITÁ
Per L. Boff l'Immacolata Concezione è esenzione da quella radice che genera «le dimensioni inumane all'interno della vita umana»: in nessun momento della sua vita Maria fu sottoposta alla «alienazione fondamentale che stigmatizza la nostra esistenza. Lei realizza l'uomo che Dio ha sempre voluto, dritto verso il cielo (noi siamo incurvati dal peccato), aperto verso gli altri (noi ci concentriamo su noi stessi) e solidale e fraterno con il mondo (noi possediamo egoisticamente la terra). Ella appartiene al disegno primo di Dio, logicamente anteriore alla caduta dell'umanità». La via del simbolismo conduce a scoprire nell'Immacolata Concezione molto più della preservazione dal peccato originale. Questo fatto deve considerarsi «il supporto reale per tutta una costellazione di simboli» evocanti il mito del paradiso perduto e ricuperato: «Maria è il frutto non avvelenato dal serpente, il paradiso concretizzato nel tempo storico, la primavera i cui frutti non conosceranno più il pericolo della contaminazione... ln Maria sboccia il germe di vita eterna e di una nuova umanità. In Lei è simbolicamente racchiusa tutta la creazione purificata e trasparente per Iddio». Realizzazione della nuova umanità, l'Immacolata Concezione è però pienamente inserita nella storia: «non dobbiamo immaginare che la sua vita terrestre sia stata un mare di rose. Lei partecipa all'opacità dell'esistenza umana. Dire che era immacolata non implica affermare che non soffriva, che non si angustiava, che non aveva necessità di credere e di sperare. Lei è figlia della terra, anche se è benedetta dal cielo. In lei vi sono le passioni umane...». Poiché la concupiscenza, secondo l'insegnamento dei maestri francescani del Medioevo, non è peccato né conseguenza del peccato, ma appartiene alla creazione originaria, bisogna ammettere che «Maria, come ogni essere normale, sentiva le singole passioni della vita con le sue esigenze specifiche». Ella, tuttavia, ha ricevuto per grazia una forza interiore capace di «orientare tutto in un progetto santo». Anche se «l'Immacolata non soffre di meno degli altri dei limitati spazi e delle contraddizioni esistenziali», ella sa però trascenderli nel desiderio di Dio. Con lei ci accorgiamo che «è possibile un nuovo inizio per una umanità nuova... Vi è un presente che realizza i sogni più ancestrali, la terra celebra le nozze con il cielo, la carne si riconcilia con lo Spirito e l'uomo gioca davanti al grande Dio».
Maria nella teologia contemporanea, pp. 379-381; pp. 475-476.