MÜLLER A., La posizione e la cooperazione di Maria nell'evento di Cristo, in Mysterium salutis, vol. 6, Queriniana, Brescia 1971, pp. 494-652; IDEM, Maria-Ecclesia, Paulus, Freiburg/Schweiz 1951; IDEM, Um die Grundlagen der Mariologie, in Divus Thomas (Fr.) 29 (1951) pp. 385-401; IDEM, Fragen und Aussichten der heutigen Mariologie, in AA. V. v., Fragen der Theologie heute, Emstedeln, 1960, pp. 301-318; IDEM, Discorso di fede sulla madre di Gesù. Un tentativo di mariologia in prospettiva contemporanea, Queriniana, Brescia 1983; IDEM, La posizione e la cooperazione di Maria nell'evento Cristo in Mysterium salutis, Queriniana, Brescia 1971, vol. III/2, pp. 513-530.
1. MARIA NEL MYSTERIUM SALUTIS
Con il suo scritto «La posizione e la cooperazione di Maria nell'evento di Cristo», Müller ci offre un trattato marialogico a sé stante anche se non completo, che sembra non tener conto di quanto è stato scritto nello stesso volume da altri teologi, per esempio sui misteri di Gesù, sulla kénosi e sulla logica della croce. Ciononostante, gli apporti di questa trattazione non sono trascurabili in ordine ad un rinnovamento della marialogia. Essi consistono nella prevalenza accordata alla parte biblica, che considera «la fatticità storico-salvifica, cioè l'intera vita di Maria 'o meglio' cos'è Maria come madre di Cristo nella storia della salvezza». Müller conduce una profonda riflessione biblica sui misteri in cui Maria è implicata, dall'annunciazione alla pentecoste: un modo di procedere inusitato presso i manualisti. Né questa prospettiva è a scapito della speculazione teologicodeduttiva, poiché l'autore non solo si sofferma su problemi sottili oggi meno interessanti (per es. la questione del «debito» o necessità per Maria di contrarre il peccato originale qualora non ne fosse stata preservata), ma pone anche con tutta serietà il tema del primo principio di marialogia. Esaminate le teorie che lo hanno preceduto, Müller si orienta verso la «maternità di Maria» come la «componente della sua esistenza, la più sicura rispetto alla rivelazione e la più importante per il contenuto». Essa va però inserita «nell'intero decreto divino di redenzione», che si realizza mediante l'incarnazione di Cristo e la partecipazione alla sua umanità. Appunto «la maternità divina si palesa proprio come la partecipazione più alta e più reale all'umanità di Cristo e come la più alta cooperazione quale membro, alla sua opera di redenzione». Il principio marialogico fondamentale si può formulare così: «Maria è colei che ha ricevuto la più intima partecipazione alla umanità di Cristo». In questo modo Müller supera la frase negativa e troppo generica con cui egli aveva introdotto il discorso marialogico: «L'evento Cristo non si compì senza Maria», conferendole il contenuto della maternità divina in contesto redentivo. Interessante, oltre all'inquadramento teologico e storico-salvifico dei dogmi mariani, è la valorizzazione epistemologica del simbolismo in ordine alla marialogia: «Il pensiero simbolico costituisce un altro accesso alla realtà, accanto al pensiero causale. La base della conoscenza dell'essere mediante il pensiero causale è la categoria della causalità: un essere proviene da un altro essere; un essere causa un altro essere. La base dell'essere attraverso il pensiero simbolico è la categoria della 'corrispondenza', dell'analogia: lo stato dell'essere su un piano dell'essere consente, sulla base della corrispondenza, la conclusione riguardo allo stato dell'essere su un altro piano dell'essere. Il pensiero simbolico rende l'essere di un piano simbolico dell'essere di un altro piano e 'legge' in questo quadro quell'altro essere che non gli è immediatamente raggiungibile. Fondamento del pensiero causale è l'osservazione dei rapporti causali, soprattutto di quelli che derivano dallo stesso uomo operante. Fondamento del pensiero simbolico è apparentemente il postulato che gli svariati piani dell'essere- quello inanimato rispetto a quello vivente, il materiale rispetto allo spirituale, il creato rispetto al divino stanno tra loro in rapporto di una corrispondenza, di un'analogia». Müller percorre per un tratto la via simbolica applicando a Maria l'immagine storico-religiosa della «salvezza per mezzo della donna» e notando come «il primo lavoro propriamente mariologico è il parallelo Eva - Maria in uso dal secondo secolo. Lo stesso secondo secolo mtroduce già l'analogia Maria-Chiesa».
Pagina 2
2. LA MATERNITA DIVINA DI MARIA
A. Müller, tornando ad approfondire i significati della maternità divina di Maria, scartando la priorità concessa da certi marialogi ai concetti metafisici per attribuirla invece alla rivelazione biblica: «Si ha un'autoalienazione della teologia quando per esempio con le espressioni rivelate 'Figlio di Dio', 'Madre di Cristo', 'Capo'. 'Corpo (mistico)', si opera secondo grandezze puramente filosofiche senza confrontare continuamente il loro contenuto e le possibilità delle conclusioni con il contesto concreto delle fonti. Primariamente non la metafisica del concetto di madre (di Dio) bensì la sacra Scrittura nella tradizione ecclesiastica ci consente di dire che cosa è dato e che cosa non è dato con il fatto della maternità divina di Maria». Poiché la Bibbia pone in primo piano il fatto che Maria è madre di Gesù, ne consegue, come abbiamo già sottolineato, che «la riflessione circa un principio mariologico fondamentale deve incontestabilmente partire dalla maternità di Maria, come dalla componente della sua esistenza la più importante per il contenuto». Fermandosi su questo dato, alcuni hanno dedotto l'assoluta singolarità e l'appartenenza della Madre del Figlio di Dio all'ordine ipostatico. Per Müller occorre guardarsi dal considerare «isolata pienamente dalle altre categorie teologiche» la maternità divina, che deve invece essere posta «in connessione con la dottrina totale dell'incarnazione». Ora nel piano divino «il Figlio di Dio si fa uomo, per dare agli uomini attraverso la sua umanità la partecipazione alla sua divinità». Questa è la categoria biblica che permette di capire la maternità divina di Maria in un contesto di salvezza: «La maternità divina si palesa come la partecipazione più alta e più reale all'umanità di Cristo e come la più alta cooperazione quale membro, alla sua opera di redenzione». La formulazione teologica del principio fondamentale della marialogia si condensa nella fase: «Maria è colei che ha ricevuto la più intima partecipazione alla umanità di Cristo». Poiché non si tratta di cooperazione solo fisico-naturale, ma di un evento di fede reso possibile da un'alta dotazione di grazia, Maria «costituisce il caso supremo del processo della redenzione». Ne risulta una reciproca illuminazione: «Maria illumina la più intima essenza della redenzione così come la redenzione rischiara l'essenza teologica della sua maternità». Proseguendo la riflessione, in diversi scritti, Müller interpreta la maternità messianica di Maria con la categoria della «rivelazione di trascendenza» propria della Bibbia e garantita criticamente dalla teologia. La maternità di Maria diventa un «discorso sulla mediazione di trascendenza». Infatti «Se l'avvento di Gesù di Nazareth come Messia è 'l'evento Cristo', la somma dell'autocomunicazione di Dio, la mediazione di trascendenza stessa per l'intero genere umano, allora anche l'atto della maternità di Maria, osservato in tale contesto, dovrà essere affermato come il vertice di questo stesso evento». È una conclusione limpida in quanto il riferimento alla trascendenza è inserito nella maternità di Maria: «Una maternità nella quale 'Dio è il padre' è una maternità che va scorta interamente nella prospettiva di trascendenza.... La confessione di fede 'generato da Maria Vergine' è quindi una confessione dell'intera portata trascendente di una maternità attraverso la quale un individuo, per fede, produce il Messia e attraverso la quale Dio stesso si comunica pienamente al genere umano». La qualifica efesina di «Madre di Dio» è interpretata da Müller come «una formulazione iperbolica del fatto che attraverso la maternità di un individuo il genere umano ha sperimentato la massima autocomunicazione di Dio,... un termine che in modo esuberante caratterizza l'attiva partecipazione dell'uomo a questo avvenimento di trascendenza». Scartando il senso erroneo di «produzione materna di Dio stesso», il nome di «genitrice di Dio» risulta più preciso per la tradizione; ma oggi il termine «madre» di tipo personale-relazionale «suona maggiormente espressivo per la mentalità contemporanea».
Maria nella teologia contemporanea, pp. 152-154; pp. 494-496.