DE LUBAC HENRI - AUTORI MARIANI

80 Teologi di varie confessioni religiose
che scrivono su Maria.
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DE LUBAC HENRI (1896-1991)

DE LUBAC, Meditazione sulla Chiesa, Edizioni Paoline, Milano 1965.

Accanto agli approfondimenti di diversi teologi sul rapporto di Maria e la Chiesa, si pone la riflessione teologica di P. Henri De Lubac, che a due anni dall'edizione di Urbild der Kirche (1950), pubblica la sostanziosa e stimolante Meditazione sulla Chiesa, dedicando un lungo capitolo a La Madonna e la Chiesa. Basandosi sulla sua vasta competenza patristica e medioevale, De Lubac giunge alla conclusione che «tra la Chiesa e la Vergine i legami non sono soltanto numerosi e stretti: sono essenziali. Sono intessuti dal di dentro. Questi due misteri della nostra fede sono più che solidali: si è potuto perfino affermare che essi sono 'un solo ed unico mistero'. Diciamo, almeno, che essi sono tra loro in tale rapporto che si avvantaggiano sempre ad essere chiariti l'uno con l'altro; anzi, che all'intelligenza dell'uno è indispensabile la contemplazione dell'altro». Raccogliendo dalla tradizione i vari simboli applicati simultaneamente a Maria e alla Chiesa, De Lubac vi trova il fondamento nel fatto che Maria è percepita dalla coscienza cristiana come «la figura ideale della Chiesa... il suo sacramento... lo specchio in cui si riflette la Chiesa intera... essa la porta e la contiene già tutta intera nella sua persona». Oltre al parallelismo della maternità santificante e della sponsalità verginale, che rendono somiglianti Maria e la Chiesa, Padri e teologi si pongono il problema della distinzione e superiorità dell'una nei confronti dell'altra. La soluzione di tale questione si articola in base alla concezione della Chiesa: «Un testo di Agostino, è vero, mette la Chiesa al di sopra di Maria, ma in questo caso sant'Agostino considera il corpo mistico nella sua totalità, con il suo Capo». Indubbiamente di fronte a Cristo bisogna ricordare che «Maria... fa parte con tutti noi della grande famiglia dei redenti... Come ognuno di noi, essa è naturalmente indigente... Il nostro Salvatore è anche il suo Salvatore» Così pure se si considera la Chiesa nella sua universalità, essa comprende Maria come un suo membro, quindi come sua «figlia». Tuttavia Maria, essendo alle origini della Chiesa, «con molta maggior verità la si dovrà chiamare invece sua madre» e inoltre Maria è nella Chiesa «Un caso 'speciale'... unico, vero, universale, concreto, che comprende eminentemente nella sua assoluta purezza, la somma di perfezione di tutti gli altri membri: Ecclesiae totius portio maxima, portio optima, portio praecipua, portio electissima». A Maria si applica la regola formulata da Isacco della Stella: «La stessa cosa viene detta universalmente della Chiesa, specialmente di Maria, singolarmente dell'anima fedele». De Lubac traduce questo specialiter con le espressioni «fuori serie, per eccellenza, in modo sovreminente, incomparabile», sicché può affermare che «come Dio ha raccolto tutta la nobiltà sparsa nel grande universo per deporla nell'uomo, suo capolavoro, così Egli ha raccolto tutta la nobiltà di quell'universo spirituale che è la Chiesa, per deporla in Maria». Ciò non significa che Maria sia «una prodigiosa eccezione al destino comune, a noi totalmente estranea»: essa è germe e forma perfetta della Chiesa, si trova in lei tutto quanto lo Spirito riverserà sulla Chiesa. Maria rappresenta fin dall'inizio «quel mondo nuovo che la Chiesa dovrà faticosamente realizzare», mentre la sua assunzione «segna il trionfo definitivo e completo dell'opera divina nei suoi stessi nflessi corporei», è «promessa e anticipazione» del trionfo della Chiesa. Non si deve dunque credere che Maria «eclissi la gloria di tutti i santi, come il sole al suo sorgere fa scomparire tutte le stelle»; al contrario, come ha intuito S. Bonaventura, «la Beata Vergme supera e orna tutti i membri della Chiesa». Maria aiuta la Chiesa non solo ad auto-comprendersi, ma anche ad auto-trascendersi in uno sforzo perenne di purificazione orientandosi alla glorificazione della Trinità.

Maria nella teologia contemporanea, pp. 52-54.
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