NAPIORKOWSKI S. C., Ecumenismo in DE FIORES S. - MEO S. (a cura di), Nuovo Dizionario di Mariologia, Edizioni Paoloine, Cinisello Balsamo 1986, pp. 518-527.
Un'analisi approfondita del problema ecumenico costituito dalla mariologia e dalla devozione mariana è condotta da C. S. Napiorkowski. Il teologo polacco distingue tre differenziate radici del problema marialogico-ecumenico:
1. RADICI METODOLOGICO-TEOLOGICHE
Sono individuate nella differente antropologia con cui le varie confessioni si accostano alla rivelazione, giungendo a interpretazioni favorevoli o contrarie ad una funzione salvifica di Maria. Il cattolicesimo e l'ortodossia, possedendo «un'antropologia fondamentalmente ottimista», hanno elaborato una visione relazionale tra Dio e l'uomo: «Dio in Cristo ha superato l'abisso tra sé e la creatura, ha fatto dell'uomo non soltanto un oggetto della sua misericordia, ma pure il compagno, un soggetto che agisce nel piano della salvezza. L'uomo pertanto può essere cooperatore di Dio (il problema della 'cooperatio'): aiutato dalla grazia puo meritare e fare da intermediario portando la salvezza di Cristo ad altri». In questa prospettiva, che si estende fino alla concezione della «communio sanctorum» come vivo legame tra i santi e i viatori, è chiara la possibilità per Maria di collaborare alla salvezza in Cristo e di aiutare i membri della Chiesa pellegrinante. La cristianità evangelica, invece, «possiede un'antropologia piuttosto pessimista» e perviene quindi ad «una radicale antinomia» tra Dio e l'uomo: «Dio e l'uomo sono due mondi differenti, Dio rimane così in alto che il pensiero di una cooperazione dell'uomo con Dio è semplicemente assurdo, incompatibile con il concetto stesso di Dio..». Conseguentemente a questa concezione esclusivista, «Maria non svolge nessuna funzione mediatrice ed è escluso che ci si possa nvolgere a lei (ed ai santi) con la preghiera ...».
2. RADICI TEOLOGICHE
Da questo punto di vista, si esaminano alcuni «concetti mariologici... legati a tutto il modo di pensare cattolico», che vengono contestati dai protestanti e fanno problema anche a molti teologi cattolici. Napiorkowski li formalizza nei seguenti termini:
a) «lpertrofia di speculazione psicologismo»
Si manifestava nella tendenza a discettare «sui cosiddetti privilegi di Maria», a proclamare suoi «nuovi titoli», a generare spesso «prediche sentimentali» ed a «moltiplicare eccessivamente il discorso su Maria». Allontanandosi dalla Scrittura, «il buon vino del vangelo era cambiato in un mare dt parole qualsiasi su Maria».
b) «Dimenticanza del principio di gerarchia nelle verità»
Invece di insistere sulle verità concernenti il fine (Trinità, Cristo, giustificazione, regno), la letteratura cattolica di devozione dedica maggiore attenzione - così sembra anche da alcune espressioni popolari - alle verità riguardanti i mezzi (tra cui l'intercessione di Maria e dei santi).
c) «Monoideismo mariologico».
Consiste nel presentare «Certe forme di culto mariano» (come il rosario, la medaglia, la «schiavitù mariana», ecc.), quali «sicuri mezzi per la salvezza». In tal modo non ci si accorge che Cristo viene posto più lontano, quasi «punto d'arrivo» e non «colui con il quale dobbiamo avere un contatto immediato e continuo»: «molto spesso capita che effettivamente, cioè quanto al merito, Cristo rimane il valore più importante, ma affettivamente, cioè in pratica, nel centro sta Maria e intorno a lei si orgamzza la devozione, tranquillizzando quanti si preoccupano di questa anomalia con la massima che Maria conduce a Gesù».
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d) «Modello gerarchizzato della mediazione di salvezza»
È rappresentato dalla dottrina di San Bernardo, che con un triplice «ma» alla mediazione di Cnsto «fonda efficacemente la mediazione di Maria quale mediatrice al mediatore»:
«1) Sostanzialmente la mediazione di Cristo è sufficiente ma Cristo è un uomo; pertanto conveniva che all'opera della riparazione partecipassero ambedue i sessi, così come ambedue avevano partecipato alla caduta.
2) La mediazione di Cristo è evidentemente sufficiente, ma pur essendo uomo, Cnsto non cessa di essere il Dio di maestà; la sua umanità sembra essere dominata dalla divinità ed assorbita da essa; Maria invece resta sempre e soltanto una creatura umana.
3) Cristo patì molto per noi mostrandosi del tutto misericordioso ma mantiene sempre la funzione di giudice; Maria invece è la madre della misericordia e non deve gtudicare».
Ne consegue che «siamo più ragionevoli rifugiandoci in Maria», la quale introduce nel cristianesimo «femminilità, umanità non congtunta alla divinità e misericordia non legata alla giustizia». Un simile concetto della mediazione di salvezza risulta problematico a protestanti e anche a molti cattolici.
3. RADICI METATEOLOGICHE
Riguardano le differenti confessioni cristiane e impediscono il dialogo ecumenico circa Maria per ragioni previe al discorso strettamente teologico.
a) «Mancanza di conoscenza e comprensione reciproche».
Se i cattolici sono piuttosto sordi alle voci dei protestanti, che sollevano difficoltà di fronte alle forme di devozione mariana, gli evangelici sono inclini ad attingere le loro informazioni marialogiche dagli scritti dei cattolici massimalisti e a valutare il culto cattolico verso la Vergme da alcune sue manifestazioni meno riuscite o inadeguate.
b) «L'atteggiamento 'anti'».
È rappresentato da un atteggiamento polemico da entrambe le parti. In specie, alcum protestanti «considerano primo articolo del loro 'credo' il dovere di contrapporsi a Roma, mentre si deve dapprima dire 'si' al vangelo». È chiaro che tale atteggiamento innalza barriere psicologiche difficili da abbattere.
c) «Usus-abusus»
Questo binomio vuole mostrare un processo realmente avvenuto nell'ambito della Riforma, i cui rappresentanti abbandonarono la pratica del culto verso Maria ( «usus») a causa dei suoi eccessi ( «abusus» ). Gli abusi perpetrati nella mariologia e devozione cattolica (massimalismo, isolamento, predominio del cuore, ipertrofia di speculazioni, mercanzia di culto... ) impedisce ai riformati di parlare di Maria in forma positiva.
Napiorkowski delinea alcune prospettive in vista della soluzione del problema marialogico-ecumemico: amettere un «pluralismo teologico» nelle chiese anche riguardo a Marta, correggere il modello cattolico «per Mariam ad Christum» con altre possibili formilazioni (mediazione in Christo, per hommes, in Spiritu sancto ... ), purificare la predicazione e approfondire la religiosità popolare. Al di là di quesu compiti, resta il fatto che «Se il dialogo ecumenico nel campo della mariologia, incontra difficoltà eccezionalmente gravi, quella fondamentale non è cosutuita dal carattere specifico di questo campo della teologia, ma dal fatto che in essa culminano altri settori di teologta e di metateologia, difficilmente componibili con quelli della Riforma».