E' una proprietà di Dio, del quale si dice non solo che è potente, ma che è onnipotente.
Oltre che in senso passivo (come correlativo di atto) il termine potenza si dice anche in senso attivo: in tal caso significa la capacità di fare qualche cosa. E' una capacità proporzionata al grado di essere o alla dignità che uno possiede. Quanto più in alto uno si trova nella gerarchia dell’essere e quanto più grande è la sua dignità, tanto maggiore e la sua potenza. Alla luce di queste elementari considerazioni è facile arguire che il potere di Dio è senza limiti, e sconfinato, Dio è onnipotente.
Dio è onnipotente in quanto "può tutte le cose che sono possibili". Come precisa il Dottore Angelico, il termine "possibile" va preso non tanto con riferimento agli oggetti da produrre (certo anche questo conta, perché non si possono produrre cose assurde), quanto al soggetto che agisce. Ora, trattandosi di Dio, come si argomenta la sua onnipotenza? Partendo da quale delle sue proprietà: dalla scienza che sa tutto oppure dalla libertà che può volere tutto?
S. Tommaso quando prova l’onnipotenza di Dio va più a monte e, in perfetta sintonia con la sua filosofia dell’essere (cioè col suo concetto intensivo di essere), radica l’onnipotenza nell’essere stesso di Dio: perché è nell’essere che si trova il fondamento di tutto ciò che è possibile. "Ora, l’essere divino su cui si fonda la ragione della potenza divina, è l’essere infinito, non limitato a un qualche genere di enti, ma avente in sé, in antecedenza, la perfezione di tutto l’essere. Quindi tutto ciò che può avere ragione di ente e contenuto tra i possibili assoluti, a riguardo dei quali Dio si dice onnipotente. Ora, nulla si oppone alla ragione di ente, se non il non ente. Dunque, alla ragione di possibile assoluto, oggetto della onnipotenza divina, ripugna solo quello che implica in sé l’essere e il non essere simultaneamente. Ciò, infatti, è fuori del dominio della divina onnipotenza, non per difetto della potenza di Dio, ma perché non ha la natura di cosa fattibile o possibile. Così, tutto ciò che non implica contraddizione, è contenuto tra quei possibili rispetto ai quali Dio si dice onnipotente; tutto quello invece che implica contraddizione, non rientra sotto la divina onnipotenza, poiché non può avere la natura di cosa possibile. Quindi è più esatto dire che ciò non può essere fatto, anziché dire che Dio non lo può fare" (I, q. 25, a. 3).
Analogo argomento a favore dell’onnipotenza di Dio viene tratto da S. Tommaso prendendo in considerazione la virtù (virtus, capacità) e l’atto. "Ogni virtù perfetta si estende a tutte quelle cose alle quali può estendersi il suo proprio ed essenziale effetto (..). Ma la virtù divina è essenzialmente causa dell’essere e l’essere è il suo effetto proprio. Dunque si estende a tutto ciò che non ripugna al concetto (ratio) di ente; poiché se la sua virtù avesse potere solo su qualche effetto, non sarebbe causa essenziale (per se) dell’essere come tale, ma di questo ente particolare. Ora, alla natura di ente ripugna l’opposto dell’ente, cioè il non-ente. E questo è quello che non implica contraddizione. Rimane dunque provato che Dio può tutto quello che non implica contraddizione. Inoltre, ogni agente opera in quanto è in atto; quindi il modo della sua virtù nell’agire corrisponde al modo della sua attualità (actus): l’uomo genera l’uomo, e il fuoco il fuoco. Ma Dio è atto perfetto, che contiene in sé le perfezioni di tutti; è quindi perfetta la sua virtù attiva, che si estende a tutto ciò che non ripugna al concetto dell’essere reale. Ma questo è soltanto ciò che implica contraddizione. Dio dunque può tutto, fuori di questo" (C. G., II, c. 22).
La potenza di Dio è inesauribile: essa è talmente grande da oltrepassare tutte le sue opere: nessuna esaurisce la potenza divina. Secondo S. Tommaso non esiste "il mondo migliore dei possibili", che rappresenterebbe l’ultima, estrema possibilità per Dio. C’è certamente un limite anche per Dio quando si tratta della realizzazione delle singole cose: la sua potenza è in certo qual modo vincolata dalla loro essenza. "C’è una duplice bontà nelle cose, osserva S. Tommaso, una appartiene alla loro essenza, come essere ragionevole rientra nella essenza dell’uomo. E quanto a questa bontà (perfezione), Dio non può fare una cosa migliore di come essa è, sebbene possa farne un’altra migliore. Come pure non può fare maggiore il numero quattro, perché se fosse maggiore non sarebbe più il numero quattro, ma un altro numero (...). L’altra bontà è estranea all’essenza delle dose; come per l’uomo è un bene non essenziale essere virtuoso ed essere sapiente. E secondo questa specie di bontà, Dio può rendere migliori le cose che egli ha fatto. Ma, assolutamente parlando, di qualsiasi cosa da lui fatta, Dio ne può fare un’altra migliore" (I, q. 25, a. 6).
Le creature possono partecipare alla potenza di Dio, come partecipano a tutti gli altri attributi; ma non possono eguagliare la sua potenza: nessuna creatura è onnipotente, neppure il più perfetto degli angeli. "Benché siano sostanze separate dalla materia. gli angeli sono sempre intelligenze create e di virtù finita, se si fa il confronto con la virtù divina: e soltanto si dice infinita confrontandola con le cose inferiori. Tutto ciò che di perfezione c’è nella creatura è una copia della perfezione divina: ma in Dio si trova più perfettamente che nella creatura, e nella creatura non può trovarsi nello stesso modo con cui si trova in Dio. Ogni nome pertanto che designa una perfezione divina assolutamente, senza concernere alcuna modalità, è comunicabile alla creatura: come la potenza, la sapienza, la bontà e simili. Invece ogni nome che concerne la modalità con cui una perfezione si trova in Dio, non può essere comunicato alla creatura, come essere il sommo bene, l‘onnipotente, l’onnisciente e simili" (I Sent., d. 43, q. 1, a. 2).
Il potere di Dio non ha limiti. Mentre il potere umano, anche quello degli artisti più grandi e più geniali, è sempre un potere limitato e condizionato (condizionato dalla cultura, dalla società, dalla materia), il potere di Dio non conosce nessun limite. Il documento più grande e più impressionante della potenza di Dio è l’atto creativo, che è il potere di trarre le cose dal nulla e di porle nella luce dell’essere. L’uomo è sempre e soltanto un manipolatore, un plasmatore più o meno abile; in assoluto egli non è autore di nulla. Ci vuole un potere infinito per scavalcare la barriera del nulla. Questo significa essere onnipotenti. Questo è il potere di Dio. Per questo motivo S. Tommaso nega che l’opera della creazione possa essere delegata a qualche creatura (vedi: CREAZIONE).
Tra le vane questioni "curiose", attinenti alla potenza divina, che S. Tommaso affronta nel De Potentia e nei Quodlibetalia, specialmente interessante è quella che chiede se è possibile che Dio faccia esistere un’infinità di cose in atto: "Utrum Deus possit facere infinita in actu". La risposta di S. Tommaso è sostanzialmente negativa: "Cum ergo quaeritur utrum sit possibile Deo facere aliquid infinitum in actu, dicendum quod non". Tuttavia poi soggiunge che assolutamente parlando: se si tiene conto soltanto della potenza di Dio e non della sua sapienza, si deve concedere che dato che la cosa non implica contraddizione, da parte dell’agente tale possibilità esiste. Invece se si tiene in considerazione la divina sapienza, si comprende che ciò è impossibile. "Infatti Dio agisce mediante l’intelletto e il Verbo, che e ciò che conferisce la forma a ogni cosa; per cui è necessario che tutto ciò che fa sia “formato”. Invece infinita qui (nel mondo delle creature) può essere soltanto la materia senza forma: infatti l’infinito si dà soltanto dalla parte della materia. Pertanto se Dio facesse questo, ne risulterebbe che l’opera di Dio sarebbe qualcosa di informe; ma questo ripugna al suo modo di agire; poiché egli agisce sempre mediante il Verbo, per mezzo del quale sono formate tutte le cose (Quodl., XII, q. 2, a. 2) (cfr. De Pot., q. 5, a. 3; De Ver., q. 2, a. 2, ad 5).