Concetto di un comportamento etico che si trova presente in tutte le culture, ma la cui estensione e le cui concrete applicazioni variano da popolo a popolo e da epoca a epoca.
Nell’Antico Testamento il termine giustizia qualifica anzitutto e soprattutto l’azione di Dio, il quale è il giusto per eccellenza. La giustizia di Dio si manifesta nella sua fedeltà all’Alleanza, cioè nell’aiutare il suo popolo e nel dargli la salvezza. L’espressione "giustizia di Dio" perde allora il carattere giuridico che la parola aveva all’inizio e diventa quasi sinonimo di misericordia, di clemenza, di salvezza (Gn 18, 25; Dt 32. 4). Lo stesso significato conserva il termine giustizia net Nuovo Tstamento. Ma è soprattutto S. Paolo a teorizzare la dottrina della giustificazione fondata sulla bontà di Dio, sulla sua misericordia e sulla fede, contro la dottrina della giustizia fondata sulla legge (cfr. Rm 4, 6; 5. 17; Gal 5, 5).
Nel pensiero greco, sia antico sia classico, la giustizia non è una qualifica che riguarda solo l’uomo o la convivenza in generale: la giustizia è l'ottemperanza a un ordine universale, grazie al quale tutte le cose occupano un posto e svolgono un compito determinato. Ma già con Platone la giustizia viene concepita come virtù umana sia sociale sia personale: a livello sociale essa procura di mantenere nel proprio ordine le classi sociali (governanti. guerrieri, artigiani), dando a ciascuna il suo; a livello personale essa fa si che sia salvaguardato l'ordine nei rapporti delle tre "anime" (concupiscibile, irascibile, razionale) che costituiscono l’essere umano.
Aristotele ha perfezionato e definitivamente chiarito il concetto di giustizia sociale, distinguendo tre forme principali di dare a ciascuno il suo: distributiva, commutativa e legale. Nella giustizia distributiva l’onere di dare a ciascuno il suo tocca allo Stato in rapporto ai cittadini; nella giustizia commutativa l’ onere tocca ai cittadini nei rapporti reciproci: nella giustizia legale l’onere incombe sui cittadini verso lo Stato e consiste nell’osservanza delle sue leggi.
S.Tommaso accetta la tesi di Aristotele sulla condizione dell’uomo, politico per sua natura (animal politicum), dotato di linguaggio, aperto alla totalità grazie alla mente e alla mano, insufficiente per se stesso e chiamato a vivere nella famiglia e nello Stato; come Aristotele anche S.Tommaso sottolinea il ruolo capitale che svolge la virtù della giustizia nella convivenza sociale. "Come il moderare le passioni è farle corrispondere alla regola della ragione, così il moderare le azioni esterne per rispetto agli altri è l’adeguarle in confronto degli altri, rendendo a ciascuno ciò che si deve e nella misura che si deve. Là dove questa adeguazione si trova in modo perfetto, si ha la virtù speciale della giustizia: e tutte le virtù che contengono questa adeguazione sono parti soggettive della giustizia Dove invece questa adeguazione è contenuta soltanto in modo relativo, si ha della giustizia una parte potenziale" (III Sent., d. 33, q. 3, a. 4).
S.Tommaso definisce la giustizia come "ferma e costante volontà di dare a ciascuno ciò che gli è dovuto (habitus secundum quem aliquis constanti et perpetua voluntate jus suum unicuique tradit)" (II-II. q. 58, a. 1). La giustizia è la virtù che ordina l'uomo all’altro e che fa si che debba rispettare sempre tale alterità perché ogni uomo è un altro, una persona. L’altro (ciascuno) abbraccia anche la comunità. Quindi l’indicazione "dare a ciascuno il suo" contempla sia il dovere del singolo a contribuire al bene comune, sia il dovere della comunità di dare il suo ai singoli cittadini.
1. DIVISIONE DELLA GIUSTIZIA
1. DIVISIONE DELLA GIUSTIZIA
Come Aristotele anche S.Tommaso distingue tre forme principali di giustizia: commutativa, legale e distributiva.
La prima riguarda i doveri di giustizia tra persone private;
la seconda quelli degli individui verso la comunità;
la terza quelli della comunità verso i singoli.
"I rapporti di una parte con un’altra, cioè quelli di una persona privata con un’altra (...) sono guidati dalla giustizia commutativa, la quale abbraccia i doveri reciproci esistenti tra due persone". (II-II, q. 61. a. 1). "La parte è essenzialmente del tutto. Quindi qualsiasi bene della parte è ordinabile al bene del tutto. Ecco perché il bene di qualsiasi virtù, sia che ordini un individuo in se stesso, sia che lo ordini rispetto ad altri individui, è preferibile al bene comune, al quale invece interessata la giustizia E per tale motivo alla giustizia possono appartenere gli atti di tutte le virtù, in quanto essa ordina l’uomo al bene comune. Ebbene, rispetto a questo compito la giustizia si considera una virtù generale o universale. E poiché spetta alla legge ordinare al bene comune, questa giustizia generale si denomina giustizia legale: poiché con essa l’uomo viene a concordare con la legge che ordina gli atti di tutte le virtù al bene comune" (II-II. q. 58, a. 5). "Un altro tipo di rapporti considera il tutto in ordine alle parti: e sono i rapporti tra la collettività e le singole persone. Questi rapporti sono guidati dalla giustizia distributiva, la quale ha il compito di distribuire le cose comuni in maniera proporzionale" (II-II. q. 61, a. 1).
Il compito della distribuzione del bene comune ai singoli, ossia l’onere della giustizia distributiva, appartiene a chi presiede la comunità: "l’atto di distribuire i beni comuni appartiene solo a chi presiede la collettività: ma la giustizia distributiva appartiene anche ai sudditi che ricevono, in quanto sono contenti di una giusta distribuzione" (II-II, q. 61, a. 1, ad 3). Giusta distribuzione si ritiene quella che si pratica in maniera proporzionale: "Nella giustizia distributiva viene attribuito qualche cosa ai privati perché ciò che è proprio del tutto è dovuto alle parti. E l‘assegnazione e tanto più grande quanto la parte occupa un posto più alto (maiorem principalitatem) nel tutto. Ecco perché nella giustizia distributiva a una persona viene dato tanto del bene comune quanto più in alto si trova nella collettività" (II-II, q. 61, a. 2).
Delle tre forme di giustizia quella più eminente secondo S.Tommaso non è ne la giustizia distributiva né quella commutativa, bensì la giustizia legale. "E' manifesto che la giustizia legale è la più bella delle virtù morali, essendo che il bene comune è superiore al bene singolare d’una sola persona; perciò il Filosofo dice che “la più bella delle virtù par che sia la giustizia; né la stella del mattino né quella della sera sono così mirabili" (II-II, q. 58, a. 12).
2. GIUSTlZIA SOCIALE
2. GIUSTlZIA SOCIALE
Nel linguaggio di S.Tommaso non figura mai un’espressione motto cara ai moderni, quella di giustizia sociale". Ma si tratta di una carenza meramente lessicale, perché di fatto tutti e tre i tipi di giustizia studiati da S.Tommaso appartengono alla giustizia sociale: si tratta sempre del dovere verso gli altri (singoli o comunità). salvaguardando una certa uguaglianza di rapporti, perché "l’atto specifico della giustizia non consiste in altro che nel rendere a ciascuno il suo" (II-II, q. 58, a. 11). La giustizia sociale nella sua accezione più ampia si identifica principalmente con la giustizia legale. Ma se si restringe il termine (giustizia sociale), come avviene in certi casi, ai soli rapporti economici tra gruppi e categorie di cittadini, allora non si esce dalla giustizia commutativa di cui parla S.Tommaso. E se finalmente è lo Stato che funge da padrone universale, tale giustizia si riduce alla giustizia distributiva.