Termine filosofico indicante una categoria di oggetti che hanno in comune proprietà essenziali e differiscono per proprietà non essenziali. Nella logica aristotelica il genere è uno del cinque predicabili (insieme alla specie, alla differenza specifica, al proprio e all’accidente) e precisamente, come scrive Aristotele, "genere è ciò che si predica secondo l’essenza di molti che differiscono specificamente" (Topici 102a, 31 s).
S. Tommaso, ottimo conoscitore della logica aristotelica, riprende la nozione e i princìpi che aveva già fissato il grande Stagirita per questo concetto. Come definizione propone la seguente: "Il genere è ciò che si pone per primo nella definizione e nella predicazione di una cosa, mentre le differenze sono sue qualità; per es. nella definizione di uomo prima si pone animale e poi bipede oppure razionale, che è una qualità sostanziale dell’uomo" (V Met., lect. 22). Tra le varie proprietà del genere S. Tommaso ricorda le seguenti: 1°, il genere è contenuto nella specie e viceversa (I-II, q. 28, a. 2, ad 1); 2°, il genere contiene molte differenze potenzialmente come la materia (I-II, q. 46, a. 1); 3°, il genere rientra nell’essenza della specie e nella sua definizione (III, q. 58, a. 6); 4°, ammette delle aggiunte in due modi: "Primo, come determinazione che lo riguarda, e che virtualmente è contenuta in esso; per es. razionale è contenuto in animale. E tale aggiunta produce le varie specie di un dato genere, come dimostra il Filosofo. Secondo, quando le determinazioni si aggiungono al genere come qualche cosa di estraneo alla sua nozione: come quando all’animale si aggiunge bianco. E tale aggiunta non produce vere specie del genere, stando all’uso comune dei termini genere e specie" (I-II. q. 35, a. 8).