Categoria teologica fondamentale: essa connota anzitutto i rapporti di Dio con gli uomini (rapporti che Egli interpreta non tanto in termini di giustizia quanto di misericordia e di perdono); nel cristianesimo connota anche i rapporti tra gli uomini, in ossequio al precetto evangelico: "Amate i vostri nemici" (Mt 5, 44).
Già nell’A. T. Dio assume verso gli uomini un atteggiamento di pazienza, di indulgenza, di misericordia, di perdono: Dio "dimentica", "getta dietro di sé il ricordo del peccato", "rimette il debito", "non imputa la colpa". Nel N. T. Gesù si presenta come "l’agnello che toglie i peccati del mondo" e in effetti col sacrificio della sua vita sul patibolo della croce egli consegue il perdono di tutti i peccati dell’umanità. Gesù perdona e insegna ai suoi discepoli a perdonare qualsiasi offesa ricevuta. Dice di perdonare a tutti fino a "settanta volte sette". Infine ha istituito il sacramento del perdono, conferendo agli Apostoli il potere di rimettere i peccati: "A coloro ai quali li rimetterete saranno rimessi, a coloro ai quali il riterrete saranno ritenuti".
S. Tommaso parla del perdono in due diversi contesti: trattando della carità e della confessione. In effetti è necessario distinguere due generi di perdono, il perdono delle offese ricevute e il perdono dei peccati.
1. PERDONO DELLE OFFESE
Questo è un dovere che si estende a tutti i cristiani e fa parte di quel precetto che Cristo ha dato ai suoi discepoli, di "amare anche i nemici" (Mt 5, 44). "L’amore dei nemici è imposto dalla carità: cosicché uno che ama Dio e il prossimo non deve escludere dall’amore universale del prossimo i propri nemici (..). Appartiene alla perfezione della carità, che uno ami attualmente per amore di Dio i propri nemici. Infatti siccome la carità ci porta ad amare il prossimo, per il Signore, quanto più uno ama Dio, tanto più mostra di amare il prossimo, a dispetto di qualsiasi inimicizia. Come se uno, amando molto un amico, per amore di lui ne amasse i figlioli, anche se suoi nemici" (II-II, q. 25, a. 8). Altrove S. Tommaso precisa che noi siamo sempre tenuti a perdonare le offese che sono state recate a noi; ma non quelle che colpiscono Dio o il prossimo (II-II, q. 11, a. 4, ad 2).
2. PERDONO DEI PECCATI
Siccome il peccato è un’offesa fatta a Dio, solo Dio può concedere il perdono di tale offesa. Ed essendo infinitamente magnanimo e generoso, "un Dio ricco di misericordia" (dives in misericordia, Ef 2, 4) non solo ha voluto concedere agli uomini il perdono dei loro peccati, ma anche ricolmarli della sua grazia e renderli partecipi della vita divina. Egli ha compiuto questa grandiosa opera di perdono per mezzo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo. E così di nessun peccato si può ottenere perdono se non con la passione di Cristo: "Nullius peccati remissio fieri potest nisi per virtutem passionis Christi" (III, q. 69, a. 1, ad 2). Però Gesù Cristo ha conferito il potere di perdonare i peccati anche agli Apostoli e ai loro successori: cosi i Vescovi e i Sacerdoti sono diventati i "ministri del perdono" (cfr. III, q. 84, aa. 4 e 7).