Bene morale - DIZIONARIO SAN TOMMASO

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Bene morale

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BENE MORALE
E’ il bene che l’uomo è chiamato a compiere con le proprie azioni. Mentre il bene ontologi­co è “ il bene che si trova oggettivamente nelle cose e viene messo in atto da Dio o diretta­mente o tramite alcune creature, il bene mora­le è il bene attuato dall’uomo stesso mediante il proprio agire, e grazie al quale l’uomo stesso diviene moralmente buono. Nelle creature prive di ragione la bontà ontologica è tutto; nell’uomo invece la bontà ontologica è soltanto l’inizio, il presupposto del bene morale. Gli esseri privi di ragione sono già buoni, l’uomo, per contro, ha il privilegio di diven­tare buono (o cattivo) mediante l’esercizio della libertà. di bene dell’uomo (bonum hominis) in senso pieno e assoluto va ricercato nella buona operazione o nel giusto uso del­le cose che egli possiede. Ora, noi facciamo uso di tutte le cose per mezzo della volontà. Perciò si dice che un uomo è buono in base alla buona volontà con cui fa buon uso delle cose che possiede (ex bona voluntate, qua homo bene utitur rebus habitis, dicitur homo bonus); mentre a causa della cattiva volontà si dice cattivo “ma1us” (I, q. 48, a. 6).
Oggetto della volontà è senz’altro il be­ne, perché la volontà non può avere altro oggetto all’infuori del bene; ma la volontà umana persegue il bene liberamente e per­ciò può anche fallirne il raggiungimento. In­fatti la volontà è un appetito razionale. Ora ogni appetito ha per oggetto il bene soltanto (appetitus non est nisi boni). E il motivo sta nel fatto che l’appetito consiste precisamen­te nella inclinazione dell’appetente verso un oggetto. Ma nessun essere prova inclinazio­ne verso cose a lui non conformi e non con­venienti. E siccome ogni cosa, in quanto en­te o sostanza, è un bene, è necessario che ogni sua inclinazione sia orientata verso un bene (...). Ora, bisogna considerare che, de­rivando ogni inclinazione da una data for­ma, l’appetito naturale dipende dalla forma che si trova nella natura (cioè nell’essenza dell’ente stesso); mentre l’appetito sensitivo e quello intellettivo o razionale, chiamato volontà, dipendono dalle forme ricevute dalla percezione. Perciò come l’oggetto ver­so cui tende l’appetito naturale è il bene esi­stente nella realtà, così l’oggetto verso cui tende l’appetito animale o quello volontario è il bene conosciuto. E quindi, perché la vo­lontà tenda verso un oggetto, non è necessa­rio che esso sia un vero bene, ma che sia co­nosciuto sotto l’aspetto di bene (quod appre­hendatur in ratione boni)” (I-II, q. 8, a. 1). Le ragioni per cui la volontà può fallire il conseguimento del bene sono molteplici. Oltre all’errore, a cui si fa cenno nel testo citato, altrove l’Angelico ricorda l’ignoranza, l’in­ganno, la concupiscenza o qualche altra pas­sione.


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