Libro liturgico della Chiesa romana, di uso facoltativo, che contiene le lezioni del secondo e terzo Notturno da leggersi durante i giorni delle ottave particolari delle feste dei patroni e dei titolari delle chiese. Stabilite definitivamente da s. Pio V, con la pubblicazione del Breviario (1568) e del Messale (1570) riformato, le norme per la celebrazione delle ottave particolari dei patroni e dei titolari delle chiese, si fece sentire la deficienza di lezioni proprie per i giorni correnti di queste ottave, poiché nel corpo del Breviario tali lezioni mancano. Per ovviare a questo difetto, il noto liturgista Gavanto, consultore della S. Congregazione dei Riti, si mise al lavoro e compose una collezione di letture patristiche, distribuite appositamente per i giorni di queste ottave particolari. Nacque allora il dubbio se tale raccolta dovesse entrare direttamente nel Breviario, o formare un libro liturgico a parte. La S. Congregazione venne nella determinazione di pubblicare un libro separato dal Breviario, e confermò questa deliberazione col decreto del 19 febbr. 1622, premesso al libro che ebbe il nome: Octavarium Romanum, uscito nel 1623 a Roma e quasi subito anche fuori in varie edizioni. Il Gavanto vi premise un'erudita introduzione, nella quale si trattiene lungamente sulla storia e sul significato delle ottave, introduzione rimasta nelle edizioni moderne. Le due ultime edizioni dell'Octavarium Romanum sono quelle del Pustet, curate dalla stessa S. Congregazione dei Riti, nel 1882 e nel 1902, con ampia appendice. L'Octavarium Romanum non è strettamente obbligatorio, ma, a un dubbio propostole, la S. Congregazione dei Riti ha risposto che le lezioni mancanti per le ottave particolari "desumantur ex O. R." (Decr. auth. n. 2735; 8 ag. 1835).
Bibliografia
Ph. Oppenheim, De libris liturgicis, Torino, 1940; Giuseppe Löw, da Enciclopedia Cattolica, IX, Città del Vaticano, 1952, coll. 62-63.
OFFERTORIO
OFFERTORIO
Il nome deriva dal verbo offerre (offrire, recare) il cui participio oblatum diede origine al vocabolo "oblazione", "oblata" con cui è indicata la cosa offerta. Ben presto designò la parte della messa compresa tra la presentazione delle offerte e il Prefazio, e poiché un canto accompagna tale parte della messa, anch'esso prese il nome di "offertorio".
OMBRELLINO
OMBRELLINO
(umbrella, umbraculum) Piccolo ombrello, ripiegabile, di seta damascata bianca (rossa nel rito ambrosiano), guarnito di frange d'oro o di seta, che si sostiene per riverenza sopra il sacerdote che porta il S.mo Sacramento nelle processioni (prima di entrare sotto il baldacchino grande e uscendone) e quando reca il Viatico in forma solenne.
OMBRELLONE
OMBRELLONE
(conopaeum, padiglione, sinnicchio) È un'insegna in forma di grande ombrello detta "conopeo" (nei decreti = padiglione), propria delle basiliche romane maggiori e minori e di quelle fuori Roma che hanno il privilegio e il titolo di "basilica minore".
O NIMIS FELIX MERITIQUE CELSI
O NIMIS FELIX MERITIQUE CELSI
La terza parte dell'inno dell'Ufficio nella festa della nascita di s. Giovanni Battista, composto da Paolo Diacono. Si canta alle Lodi.
ORAZIONE
ORAZIONE
Nella liturgia il termine orazione è preso nel significato preciso di preghiera recitata dall'officiante (vescovo o sacerdote) come interprete presso Dio dei sentimenti di lode, di supplica, di adorazione, comuni a tutti i fedeli, indirizzati a lui in loro nome. Qui il termine orazione è preso nel significato preciso, che assume nella liturgia la preghiera recitata dall'officiante (vescovo o sacerdote) come interprete presso Dio dei sentimenti di lode, di supplica, di adorazione, comuni a tutti i fedeli, indirizzati a lui in loro nome. Prima, queste orazioni erano composte dall'officiante stesso (Giustino, Apol. I, 67); ma già nei primi secoli se ne notarono, raccolsero e ripeterono parecchie, ben composte (p. es., Didaché, Eucologion di Serapione, Sacramentari romani). In seguito, l'orazione si specificò nelle 4 orazioni della Messa: - la 1ª, detta Colletta, prima delle letture; - la 2ª, all'Offerta dei doni (Super oblata, Secreta); - la 3ª, dopo la Comunione (Postcommunío, Ad complendum); - la 4ª, recitata sul popolo (Super populum);
Infine il termine orazione si restrinse specialmente alla prima, l'oratio per eccellenza.
I caratteri specifici dell'orazione, specialmente nella Colletta, sono:
1) di essere una supplica, riserbando la lode e il ringraziamento alle altre orazioni eucaristiche; questa supplica si tiene sulle generali e non discende mai troppo al minuto e quando si accenna all'intercessione dei santi od a qualche mistero, ciò avviene unicamente per appoggiare la nostra preghiera;
2) una supplica universale: cioè orazione di tutti e per tutti, per un bene di tutta la comunità; il che si manifesta nel soggetto "noi" ("quaesumus", "preces nostras"), nell'oggetto ("ut... serviamus", "ut... vivere valeamus");
3) una supplica assolutamente spirituale nelle sue domande; si domandano sempre beni spirituali e soprannaturali ("sic transeamus per bona temporalia, ut non amittamus aeterna", domenica 3ª di Pentecoste).
Secondo un principio liturgico tutte le orazioni vengono indirizzate a Dio, cioè al Padre, interponendo la mediazione di Cristo (I Pt. 4, 11; I Clem., 61; Tertulliano, Adv. Marcion., IV, 9). Il Concilio di Ippona, nel 393, precisa che "cum altari assistitur, semper ad Patrem dirigatur oratio". Nella liturgia romana sono rivolte a Dio Padre quasi tutte le orazioni, provenienti dal periodo classico dei Sacramentari cosiddetti leoniano, gelasiano e gregoriano (e in origine anche le o. dell'Avvento); mentre nella liturgia gallicana le orazioni si rivolgono sovente al Figlio, facendo precedere alla finale la clausola "Salvator mundi". Nel Messale, Breviario, Pontificale e Rituale romano si trovano ca. 50 orazioni rivolte al Figlio, una sola allo Spirito Santo (nella benedizione dell'abate), ma sono tutte di origine medievale o moderna, posteriori, cioè al sec. XVI; mentre la Colletta ed il Postcommunio della Messa del "Corpus Domini", del sec. XIII, costituiscono le prime eccezioni. Nella conclusione caratteristica romana "Per Dominum... " furono aggiunte più tardi le due apposizioni "Filium tuum" e "Deus", per accentuare la divinità di Cristo. Nella forma letteraria delle Collette si distinguono un tipo semplice e un tipo più complesso: - Il tipo semplice, ed anche più antico, esprime l'oggetto sostanziale o con forme verbali Concede... , Da nobis... , Exaudi... , Praesta... , o con un sostantivo designante la grazia richiesta Auxilium..., Gratiam... Questo tipo occorre anche nelle Secreta e nei Postcommunio. Caratteristico della Secreta è di cominciare la formola con una parola allusiva all'offerta dei doni. Accepta... , Accipe..., Haec hostia... , Haec oblatio... , Haec sacrificia... , Munera... Similmente i Postcommunio riferiscono il frasario della Comunione. Haec communio... , Refecerunt... , Sacramenta... , Sumpta;
- Lo schema del tipo più complesso comprende quattro parti o suddivisioni:
a) un'allocuzione a Dio, apponendovi attributi (omnipotens, sempiterne, Deus) o un'intera proposizione predicativa (Deus qui abundantia pietatis tuae);
b) un'invocazione (Concede... , Praesta... , Respice... ), con aggiunto quaesumus;
c) una domanda (ut... );
d) la motivazione della domanda (Per Dominum... ). Questo tipo più complesso è proprio delle Collette, non occorre mai nelle Secreta o nei Postcommunio. L'invocazione a Dio con l'aggiunta predicativa qui... viene usata specialmente nei giorni commemorativi o festivi sia del Signore, sia dei Santi.
Si può dividere l'orazione anche in due parti: preludio e tema, o invocazione e petizione, più o meno ampiamente o brevemente svolte. Il preludio comprende l'indirizzo con l'ampliamento, cioè il fondamento della nostra domanda; il tema contiene la domanda stessa (Preludio: Deus qui nos in tantis periculis... non posse substinere, tema: da nobis... ut... vincamus). L'invocazione può precedere la petizione, ma anche seguirla (Excita... Largire... ). Altre particolarità delle antiche orazionì classiche sono la conveniente disposizione dei vari membri, ben proporzionati fra loro e arricchiti di complementi, di parallelismi e di antitesi, e l'eufonia basata sull'euritmia delle clausole, sia incidentali che finali, sulle successioni armoniche di parole e di sillabe, cioè nell'uso del "cursus", In tal modo, le Collette romane mostrano in generale un carattere di sobrietà e d'eleganza.
Bibliografia
J. A. Jungmann, Die Stellung Christi im liturg. Gebet, Münster 1925, pp. 102-107, 186-87; J. Cochez, La structure rythmique des oraisons (Cours... Semaines liturg., VI), Lovanio 1927, pp. 139-50; P. Alfonso, L'Eucologia rom. antica. Lineamenti stilistici e storici, Subiaco 1931; P. Salmon, Les protocolles des oraisons du Missel romain, in Eph. lit., 45 (1931), pp. 140-47; H. Rheinfelder, Zum Stil der latein. Orationen, in Jahrb. für Liturgiewissensch., 11 (1931), pp. 20-34; O. Casel, Beiträge zu röm. Orationen, ibid., pp. 35-45; G. De Stefani, La S. Messa nella lit. rom., Torino 1935, pp. 429-42; M. G. Haessly, Rhetoric in the Sunday Collects of the Roman Missal, Saint Louis 1938; P. Alfonso, I riti della Chiesa, III, Roma 1945, pp. 40-44; G. Brinktrine, La S. Messa, ivi 1945, pp. 75-81; J. A. Jungmann, Missarum Sollemnia, I, Vienna 1949, pp. 460-74; M. Righetti, Man. di st. lit., I, Milano 1950, pp. 202-209; F. Di Capua, Cursus, in Enc. Catt., IV, coll. 1083-92; Pietro Siffrin, da Enciclopedia Cattolica, IX, Città del Vaticano, 1952, coll. 212-214.
ORDINES ROMANI
ORDINES ROMANI
Gli Ordines Romani sono "libelli" elaborati nel secc. VIII-XIV, contenenti la descrizione e le regole per lo svolgimento delle principali cerimonie sacre: battesimo, messa, ordinazioni, dedicazione delle chiese, uffici della Settimana Santa e le principali feste dell'anno liturgico.
OREMUS
OREMUS
(Preghiamo) Invito generico nel rito romano dell'officiante ai fedeli prima delle preghiere nella messa (Collette, Secreta, Postcommunio, Pater noster), nell'ufficio e in altre occasioni.
OSTENSORIO
OSTENSORIO
È un vaso sacro (monstrantia, tabernaculum [mobile o portatile], custodia) che si adopera per la solenne esposizione del S.mo Sacramento o per recarlo in processione, in uso soltanto nella Chiesa latina.
OTTAVA
OTTAVA
Prolungamento di una festa liturgica per otto giorni.