Com'è normale dopo un concilio ecumenico, il lungo pontificato di Paolo VI (21 giugno 1963-6 agosto 1978) fu segnato dalle tensioni che al tempo scuotevano la Chiesa, manifestatesi prima, durante e dopo il Concilio Vaticano II. Nel gioco di forze che provocarono queste tensioni, dobbiamo considerare, per il caso in questione, da un lato il desiderio di purificare, semplificare e anche ridurre all'essenziale tanto la dottrina come la prassi liturgica nei confronti della Beata Vergine Maria e della pietà, che la sua figura ha sempre ispirato ai cristiani nel corso dei secoli; dall'altro, la naturale inerzia degli schemi mentali e dei costumi, molti dei quali presenti da secoli. Questa tensione, che si avverte in tutti i documenti conciliari, diventa palese per l'uso frequente di coniugazioni avversative, tese a temperare i documenti con l'uso più o meno equilibrato del sì e del no, tanto a livello dottrinale come pastorale. É facilmente riscontrabile una dosata composizione di pensiero e affettività, con i quali si vuole determinare una pietà e un'azione più armonizzabili con i diversi temperamenti e modi di essere, tanto dei vescovi partecipanti come dei loro rispettivi greggi. Questa tensione intorno alla persona di Maria è particolarmente evidente nelle costituzioni Lumen Gentium e Sacrosanctum Concilium, ed è ancora molto viva in alcuni ambienti ecclesiali. Per quanto riguarda Fatima, il problema di fondo per il Papa doveva necessariamente essere la realtà e il valore divino delle apparizioni, ammonimenti e richieste che la veggente Lucia aveva fatto giungere ai diversi papi, a partire da Pio XI, e che vincolavano la conversione della Russia e la pace mondiale a due elementi: un atto solenne di consacrazione di quella nazione all'Immacolato Cuore di Maria, in azione congiunta e simultanea del Papa con tutti i vescovi del mondo, e l'approvazione pontificia della cosiddetta devozione dei primi cinque sabati. Una richiesta dagli orizzonti e dalle ripercussioni politiche inimmaginabili in tutti i continenti!
Papa Paolo VI è considerato il pontefice che più visse sulla propria pelle, con intelligenza e generosità, questa tensione della Chiesa: da un lato, egli era il legittimo erede della pietà mariana della Chiesa preconciliare e aveva assistito Pio XII nel suo percorso di apertura a Fatima; dall'altro, egli era partecipe delle preoccupazioni intellettuali del suo tempo e desiderava soprattutto che la Chiesa si avvicinasse il più possibile ai fratelli separati, che da parte protestante avevano relegato in secondo piano il ruolo di Maria e da parte ortodossa non apprezzavano le due definizioni pontificie dell'Immacolata Concezione e dell'Assunzione, soprattutto per la dipendenza dal dogma dell'infallibilità pontificia. Tale situazione esigeva dal pontefice una grande misura nel linguaggio e nei gesti. Accadde, però, che proprio durante il concilio le forze più conservatrici erano riuscite a ottenere da parte di circa seicento vescovi la presentazione al Santo Padre di una petizione con cui veniva chiesto di approfittare della presenza di tutti i padri conciliari per dare una risposta positiva alla consacrazione della Russia. Come riuscì Paolo VI a sintetizzare la maggioranza conciliare che gli chiedeva cautela e questa minoranza, entrambe molto combattive? Mantenendo un certo equilibrio tra il più e il meno, dato che e nel più o meno, assai più che nel sì o no, che sussistono le grandi divergenze umane, fuori e dentro la Chiesa. Fu comunque necessaria al Papa una grande dose di coraggio allorquando, il 21 novembre 1964, alla chiusura della terza sessione, evocô Fatima nell'aula conciliare, innanzitutto per affermare che la Madre del Redentore meritava di essere invocata come Madre della Chiesa. L'argomento era stato precedentemente discusso dai padri conciliari senza esito. Paolo VI osò affermare l'autonomia della sua autorità in quella celebre dichiarazione che entrò a far parte definitivamente del tesoro dottrinale della Chiesa. E moltre, senza che il contesto lo esigesse, ma certamente per far capire che la petizione dei 600 padri conciliari meritava un gesto di accoglienza, il sommo Pontefice irruppe con una evocazione dell'atto che Pio XII aveva compiuto nel 1942, cui aveva presenziato, nel consacrare il mondo all'Immacolato Cuore di Maria, e annunciando che aveva deciso di inviare la Rosa d'Oro, tramite un cardinale legato, al Santuario di Fatima, «tanto caro non solo al popolo della nobile nazione portoghese [ ... ] ma anche conosciuto e venerato dai fedeli di tutto il mondo cattolico». Segui la stesura di una serie di importanti documenti, tra cui segnaliamo la benedizione della Rosa d'Oro, del 28 marzo 1965, la lettera al vescovo di Leiria, la lettera di nomina del cardinale Cento in qualità di suo legato a latere e un messaggio ai pellegrini di Fatima per la consegna della Rosa d'Oro, il 13 maggio seguente. Intanto si avvicinava il cinquantenario delle apparizioni della Madonna. Per le rispettive commemorazioni, 1'Episcopato portoghese pubblicò una lettera pastorale, che conteneva la seguente affermazione: «Appoggiati nel testimonio della Chiesa, noi accettiamo il messaggio che i pastorelli trasmisero da parte della Madonna» (n. 2). Sicuramente su richiesta del vescovo di Leiria, Sua Santità, con lettera del 15 aprile 1967, nominò il cardinale José da Costa Nunes come suo legato alle commemorazioni. Diciotto giorni dopo, il 3 maggio, suscitando in tutti profondo stupore, Paolo VI dedicò l'intera udienza generale del mercoledì a «l'annuncio, che vogliamo Noi stessi dare, del nostro prossimo pellegrinaggio a Fatima». Le voci del tempo riferiscono degli sforzi dell'allora vescovo di Leiria, D. Joao Pereira Venáncio, affinché il Papa prendesse la storica decisione giorni dopo la nomina del legato a latere. Deve essere stata una decisione molto difficile, perché si trattava di un atto mai verificatosi, fino ad allora, nella storia del papato, per le circostanze - già riferite - interne alla chiesa e palesi nella reazione negativa di alcuni teologi mariani e anche per le serie divergenze tra la Santa Sede e il Governo portoghese, originate dalla lunga guerra che il Portogallo conduceva in Africa per mantenere le colonie e in una recente visita del Santo Padre in India, che aveva conquistato con la forza l'antichissimo "stato" di Goa portoghese, sede del patronato in Oriente. In effetti, nel menzionare un invito dei vescovi portoghesi divenuto "irrifiutabile", il Papa non fa riferimento alle autorità civili e spiega che la sua visita avverrà «in forma strettamente privata». II 13 mattina, il santo Padre non atterrò all'aeroporto civile di Lisbona, bensì a quello militare di Monte Real. A riceverlo era presente, oltre alle autorità ecclesiastiche e alla folta folla che lo acclamò lungo lungo il percorso di 50 chilometri che lo divideva dal santuario anche dal Presidente della Repubblica l'ammiraglio Américo Tomás. A Sua volta, il presidente del Governo, Oliver Salazar, avrebbe provveduto a salutare. Sua Santità in privato, presso il santuario. Celebrata l'Eucaristia, il pomeriggio di quello stesso giorno Paolo VI avrebbe fatto ritorno a Roma in aereo. Avvenne così, in circostanze che potremmo definire drammatiche, la più grande manifestazione di sostegno che Fatima potesse ricevere da parte del Romano Pontefice. Nei giorni e negli anni a seguire, varie volte il santo Padre ricordò in pubblico la profonda impressione che aveva lasciato in lui «un simile spettacolo di fede e fervore religioso». Le sue manifestazioni di simpatia nei confronti di Fatima lo avrebbero accompagnato fino alla fine del suo pontificato, con la nomina del cardinale luso-americano Humberto Medeiros in qualità di suo "inviato speciale" alle Celebrazioni del sessantesimo anniversario delle apparizioni, il 13 maggio 1977.
Significato degli atti di Paolo VI
Osservando gli aspetti più importanti da tener presenti, a partire da Pio XI, con l'apprezzamento manifestato con parole, gesti e azioni dai Sommi Pontefici nei confronti di Fatima, potremmo indicare i seguenti: il culto, che andava dalla devozione individuale alle grandi celebrazioni comunitarie; il locale, che si suppone essere il luogo delle manifestazioni sovrannaturali dove i pellegrini si riuniscono, col nome che da subito prese il Santuario di Fatima; le grazie e i benefici che possono essere considerati come semplice risposta alla pietà dei fedeli o come il segno dell'importanza che Dio vuole attribuire al luogo; l'immagine principale, il simbolo più prossimo dell'apparizione, quando gli si attribuisce il nome del luogo: Madonna di Fatima; prodigi e miracoli, di ordine fisico o morale, i quali, per la loro rarità e per una particolare presenza di sovrannaturale, fungono da segnale di autenticità in apparizioni e rivelazioni divine; i bambini, che si presentarono come veggenti e la cui testimonianza di vita può corroborare la loro testimonianza orale; il messaggio, cioè l'insieme di parole, gesti, affermazioni, richieste, esortazioni, minacce, promesse, ecc. provenienti dai veggenti come espressione di entità sovrannaturale; e infine le apparizioni, in cui i piccoli, e in seguito Lucia, videro, sentirono e mantennero il dialogo con le medesime entità.
Non potendoci aspettare che Paolo VI arretrasse rispetto alle chiare posizioni dei suoi predecessori, è opportuno chiedersi se il suo modo di procedere rivelò qualche progresso. La risposta è difficile, per i motivi già esposti, ma non impossibile. Stupisce innanzi tutto il fatto che il Papa, sin dal principio, abbia definito "celeberrimo" il Santuario di Fatima, non solo ammettendo che i cristiani portoghesi, ma anche quelli del resto del mondo, apprezzano particolarmente questo luogo, ma confessando addirittura, nel celebrare l'atto di benedizione della Rosa d'Oro, «la devozione che abbiamo per l'insigne Santuario». E evidente un profondo legame affettivo per il pellegrinaggio/culto locale, il nome della "Madonna di Fatima" è usato frequentemente e senza reticenze. Il Papa riconobbe, nel 1964, che ella è «la patrona specialissima della vostra nobile Patria». Riguardo alle grazie e benefici spirituali, ci basti citare la bella frase pronunciata in occasione della nomina del cardinale Costa Nunes: «e avvenne in modo provvidenziale che nella terra deserta e arida, sgorgasse una sorgente limpida e abbondante, un tesoro prezioso, una fonte di acqua viva che diffuse e sparse in lungo e in largo l'abbondanza dell'amore materno». Nel messaggio radio di Pio XII del 1946, quando Montini era suo segretario di Stato, si avverte l'eco di un autentico inno d'azione di grazia per Cova da Iria.
Paolo VI si adoperò in qualche modo per rispondere al messaggio relativo alla consacrazione della Russia, autentica pietra angolare per delicatezza politica e suscettibilità ecclesiale? Cercò in qualche modo di soddisfare la petizione che i 500 vescovi gli avevano presentato? (VF 51 (496) 13 gen. 1964, p. 21). Certo, ma in modo incompleto. In effetti, sempre nel discorso che chiudeva la terza sessione conciliare, il Sommo Pontefice rinnovò la consacrazione, non la evocò soltanto, come affermarono alcuni. Nell'esortazione Signum magnum egli rievocò la consacrazione «da noi rinnovata il 21 novembre del 1964». Data l'evidente apertura sincera a una richiesta che egli stesso avrebbe voluto soddisfare, è altrettanto palese che le circostanze del momento gli consigliavano anzitutto di non offrire il fianco alla corrente minimalista conciliare, e secondariamente di non irritare i comunisti che erano, in quegli anni e un po' ovunque, all'apice della loro forza, dentro e fuori l'Unione Sovietica, il cui impeto il rappresentante di Cristo si proponeva di mitigare con la sua celebre Ostpolitik, di cui il cardinale Casaroli sarebbe stato il massimo artefice.
Nella seppur ispirata esortazione Signum magnum, pubblicata il 13 maggio 1967 per segnalare il suo pellegrinaggio a Fatima, il Santo Padre avrebbe proprio insistito sulla necessità che ogni cristiano si consacrasse a Maria: «Esortiamo tutti i figli della Chiesa a rinnovare personalmente la propria consacrazione al Cuore Immacolato della Madre della Chiesa». Con intuizione pastorale, il Papa rigettava la caparbietà di alcuni nostri fratelli, soprattutto appartenenti a Paesi e a classi agiate, che adottavano una lettura in chiave magica della consacrazione della Russia, come se si trattasse di un rimedio automatico in grado di esonerarli dall'obbligo di cercare la propria conversione, anche sociale. É bene ricordare che Arcipelago Gulag di Solenicyn non era stato ancora pubblicato, e che non erano rare, nella Chiesa, le lodi ai regimi comunisti, le cui atrocità solo poco alla volta cominciarono a filtrare dalla Cortina di Ferro. Impiegando una volta in più l'espressione "consacrazione al Cuore Immacolato di Maria", il Santo Padre riconosceva la legittimità di tale consacrazione e la necessità che avvenisse nella consacrazione di ogni cristiano, come avrebbe poi spiegato con lucidità nel 1982, a Fatima, Papa Giovanni Paolo II. La prudenza gli consigliò comunque di non ordinare a tutti i vescovi del mondo, come richiesto dal messaggio di Fatima, di eseguirla contemporaneamente a lui e con la menzione speciale della Russia; così come non diede risposta alla richiesta dei primi cinque sabati e continuò a lasciar passare sotto silenzio le apparizioni dell'angelo. In conclusione, diremo che diverse volte Paolo VI adoperò l'espressione "apparizioni di Fatima", dando così a intendere, senza ulteriore determinazione, che le apparizioni fossero un dato di fatto per la Cattedra di Pietro.
[LUCIANO GUERRA, Paolo VI e Fatima, in MOREIRA C. A. - CRISTINO L., Enciclopedia di Fatima, Cantagalli, Siena 2010, pp. 319-322]