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LA DOTTRINA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE
NEL MAGISTERO DELLA CHIESA
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3.1. Il Magistero fino alla proclamazione del dogma Papa Sisto IV († 1484) inaugurò, di fatto, la serie di interventi pontifici a favore della dottrina dell’Immacolata Concezione che condurranno alla proclamazione del dogma. Con la Bolla Grave nimis del 1482 dichiarava false, erronee e aliene dalla verità le affermazioni di quanti sostenevano che la festa dell’Immacolata si riferisse alla sola santificazione di Maria. Sul piano liturgico il Pontefice adottò ufficialmente per Roma la festa dell’Immacolata e prese la difesa della pia credenza, non permettendo che fosse tacciata come eretica o peccaminosa. Cosi l’opposizione alla dottrina dell’Immacolata, pur senza cessare del tutto, di fatto perse il suo vigore.[1] Ulteriori passi in avanti sono stati compiuti dal Concilio di Trento, che, nel 1546, senza definire l’Immacolata Concezione, non ha però incluso Maria nel peccato originale,[2] e da Alessandro VII con la celebre Costituzione Sollecitudo omnium Ecclesiarum del 1661. Nel suo documento il Pontefice ricorda il sentimento di devozione già antico, di cui i fedeli danno prova verso la Beata Vergine Maria, credendo che la sua anima dal primo istante della sua creazione e dalla sua infusione nel corpo, è stata per una grazia e un privilegio speciale di Dio, in virtù dei meriti di Gesù Cristo suo Figlio, redentore del genere umano, pienamente preservata dalla macchia del peccato originale e celebrandone in questo senso, con molta solennità, la festa della Concezione. Anche Clemente XI contribuisce notevolmente a rafforzare la fede nell’Immacolata Concezione quando nel 1708, determina di celebrarla come festa di precetto per la Chiesa universale.[3] Nel 1848 Pio IX istituisce una commissione di teologi e una di cardinali per fare il punto sulla questione, verificare la possibilità della definizione e suggerire come procedere alla medesima. Nel 1849, Papa Mastai con l’enciclica Ubi primum, inviata a tutti i vescovi della Chiesa, li invita a rispondere per iscritto sulla questione dell’Immacolata.[4] Le risposte non tardarono a pervenire: su 603, 546 erano favorevoli alla definizione di tale dogma. Così il Pontefice può, l’8 dicembre 1854, procedere alla definizione dogmatica chiudendo una lunga e talvolta accesa controversia teologica.[5] La bolla Ineffabilis Deus, solennemente afferma che: «la beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in considerazione dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, è stata preservata da ogni macchia di colpa originale».[6]
La
definizione del dogma dell’Immacolata, suscitò uno straordinario
entusiasmo religioso nel mondo cattolico dimostrando quanto fosse
vivo il sentimento della fede anche in un secolo aggredito dal vento
gelido del razionalismo e del naturalismo. Nelle settimane che
seguirono, l’intero mondo cattolico fu attraversato da un vento di
festa. Tra i molti segni di ricordo della solenne definizione, resta
la colonna dell’Immacolata innalzata il 18 dicembre 1856 in piazza
di Spagna a Roma e benedetta da Pio IX l’8 settembre 1857. Le
manifestazioni inneggianti alla Vergine si moltiplicarono dovunque,
sin nei piccoli villaggi, contribuendo in modo singolare e, si
direbbe vistoso, a fortificare e a sviluppare la devozione popolare
nei confronti della Vergine Maria.[7] 3.2. Dalla proclamazione del dogma al nostro tempo[10] I Pontefici succeduti al beato Pio IX, non hanno trascurato di parlare dell’Immacolata Concezione e sugli aspetti più significativi del dogma. Furono soprattutto S. Pio X e Pio XII a dare impulso all’approfondimento di esso, con due importanti encicliche e l’indizione di due giubilei mariani. Ma anche Paolo VI, lo stesso Concilio Vaticano II e Giovanni Paolo II, sono chiaramente intervenuti sull’argomento.
«E se la fede, come dice l’Apostolo, non è altro che “sostanza di cose sperate”, tutti saranno d’accordo nel riconoscere che se l’Immacolata Concezione di Maria rafforza la nostra fede, per la stessa ragione ravviva in noi la speranza. Tanto più che se la Vergine è stata resa immune dalla macchia originaria, è perché doveva essere la Madre di Cristo: ora ella fu madre di Cristo perché le nostre anime potessero risorgere alla speranza».[14] 3.2.2. Pio XII (1939 – 1958) Nel 1953 con l’enciclica Fulgens corona,[15] Pio XII approfondì la lettura magisteriale del dogma dell’Immacolata, facendo scorgere alcuni tratti originali e nuovi. L’Enciclica è tutta dedicata al tema dell’Immacolata, essendo stata scritta e promulgata per il 1° centenario della definizione dogmatica di Pio IX. Nella Fulgens corona, Papa Pacelli fa anzitutto sintesi della modalità estetica con cui si è espressa, nella tradizione, la dottrina dell’Immacolata Concezione. Scrive il papa:
Anche la Fulgens corona motiva il privilegio dell’Immacolata Concezione evidenziando che tale privilegio di Maria è determinato dall’essere madre di Dio. Si parla poi dell’amore come giustificazione. Gratuito per essenza, l’amore viene presentato come argomentazione, come ragione giustificante del dono fatto a Maria. Considerato “l’infiammato e soave amore” di Dio per Maria non è possibile neppure “sospettare” che la Vergine sia stata soggetta al peccato. L’amore non tollera il peccato: sono antitetici nell’uomo (la grazia che scaccia il peccato è l’amore), lo sono infinitamente di più in Dio; il Padre, avendo amato Maria con amore privilegiato e avendola scelta dall’eternità quale Madre del suo Figlio, non poteva permettere che Maria fosse sfiorata dal peccato (né da quello originale, né da quello personale e storico).[19] 3.2.3. Concilio Vaticano II (1962 – 1965) Un grande momento di riflessione mariana è offerto indubbiamente dal Concilio Vaticano II (1962-1965) che, nel Capitolo VIII della costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, tratteggia con essenziali linee biblico - teologiche, la figura di Maria, non isolandola ma inserendola dentro un lucido orizzonte storico-salvifico.[20] Tenendo presente l’impostazione del Cap. VIII della Lumen gentium, occorre dire che l’Immacolata Concezione trova senso e spiegazione in riferimento a Cristo: la pienezza di santità e l’immunità dal peccato della Vergine vengono considerate in riferimento alla santità e alla Redenzione di Cristo. Perciò, anche nell’ottica conciliare, è dentro la prospettiva cristologia della Redenzione che trova pieno senso il dogma dell’Immacolata Concezione.[21] Cosi, il Concilio Vaticano II, forte di questa convinzione, ribadirà con autorevolezza che la Vergine è stata «redenta in modo ancor più sublime in considerazione dei meriti di suo Figlio e a lui unita da stretto e indissolubile vincolo».[22] Nessun privilegio di Maria, viene dal Concilio considerato al di fuori dell’opera salvifica di Cristo: la vergine Madre è quella che è “a causa di Gesù Cristo e a beneficio della Chiesa”. L’Immacolata Concezione è, pertanto, un frutto della Pasqua di Cristo ed è una grazia della stessa Pasqua di Cristo alla Chiesa.[23] Tutta la dottrina sull’Immacolata, che la Ineffabilis Deus, esprime nella solenne definizione e nell’insieme del documento, si ritrova nel Vaticano II, ma è proposta in un contesto nuovo e moderno, ove la figura di Maria acquista più risalto. Il Vaticano II non si limita a ripetere le parole della proclamazione dogmatica, ma si preoccupa di sottolineare il particolare ruolo della Vergine nella storia della salvezza: Ella, infatti, è stata non solo “totalmente ricettiva” nei confronti della redenzione di Cristo, ma anche “totalmente attiva” in vista della santificazione e della salvezza sua e degli altri. Sul filo della S. Scrittura e con riferimenti ai testi più significativi della secolare tradizione della Chiesa, il Cap. VIII della Lumen gentium presenta all’inizio Maria nel disegno divino della salvezza, espone e svolge poi la dottrina sulla funzione di Maria nell’economia della salvezza, la relazione tra Maria e la Chiesa, il culto che per lei si ha nella Chiesa, e infine le ragioni che ci fanno guardare a Maria come a segno di speranza e di consolazione per il pellegrinante popolo di Dio.[24] Infatti l’Immacolata è già come la Chiesa deve ancora diventare in modo perfetto; anche in questo senso è inizio della Chiesa. L’Immacolata, in modo del tutto particolare, anticipa la Chiesa nella santità a cui Dio la chiama, stimolandola a raggiungerla in modo progressivo e costante: «Mentre la Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine quella perfezione che la rende senza macchia e senza ruga,[25] i fedeli del Cristo si sforzano ancora di crescere nella santità per la vittoria sul peccato».[26] Perciò Maria, Immacolata e gloriosa, è per la Chiesa un segno di consolazione e speranza ed anche un “modello” con cui confrontarsi per imitare la sua santità. Per questa sua posizione e funzione nella Chiesa e nella vita cristiana, Maria SS. è degna del culto speciale a lei riservato nella dottrina e nella storia, che il Concilio approva ed incoraggia.[27] 3.2.4. Paolo VI (1963 – 1978)[28]
In un momento di grande difficoltà per la Chiesa, con la
Sollemnis professio fidei del 30 giugno 1968,[29]
pronunciata a nome di tutti i pastori e di tutti i fedeli, Paolo VI,
nel riaffermare i punti essenziali della fede messi in dubbio o
contestati, condensa anche e riafferma la dottrina mariana
ecclesiale, a partire dal dogma efesino, a quello della verginità
perpetua, ai dogmi più recenti dell’Immacolata Concezione e
dell’Assunzione al cielo, fino alla dottrina comune della
cooperazione di Maria alla salvezza, già riaffermata e chiarita dal
Concilio Vaticano II, per finire all’intercessione della Vergine
che, anche nella gloria celeste, non cessa di manifestare la sua
sollecitudine verso la nostra debolezza. La Sollemnis professio
fidei pur non essendo una definizione dogmatica, ha tuttavia un
certo carattere dogmatico. Essa si presenta come un’esposizione
dottrinale dei capisaldi della fede cattolica che viene svolta sulla
filigrana della confessione trinitaria niceno–costantinopolitana,
con qualche sviluppo richiesto dalle condizioni spirituali del
tempo. Questa caratura dogmatica qualifica anche i riferimenti a
Maria in essa compresi, il primo dei quali è la puntuale menzione
della Madre Vergine nel momento e nel modo dell’incarnazione del
Figlio di Dio.[30] 2. Semprevergine: «Noi crediamo che la beata Vergine Maria, che è rimasta sempre vergine…..». In tale inciso il Papa riassume la fede universale della Chiesa dalle origini ad oggi, sulla perpetua verginità di Maria.[33] 3. Immacolata: Questo è il primo “privilegio”, il primo dono divino concesso a Maria, rapportato alla sua singolare elezione a Madre di Dio, realtà che non la esime certo dall’essere stata redenta come tutti i figli di Adamo per i meriti del Figlio, ma la colloca, dal primo istante del suo concepimento, in una dimensione di unicità, perché redenta in modo più sublime e con dono di grazia superiore a quello di tutte le altre creature.[34] Paolo VI, pur riproponendo la definizione dogmatica di Pio IX, sottolinea con il Vaticano II, soprattutto l’aspetto positivo della grazia in Maria, con la quale Dio l’ha voluto preparare al sommo ufficio di Madre del Salvatore.[35] 4. Socia del Redentore: Papa Montini riprende al n. 15 questo tema fondamentale del Vaticano II che ha costituito il filo d’oro dell’esposizione dottrinale del cap. VIII della Lumen Gentium e caratterizza il servizio reso dalla Vergine dall’annunciazione al compimento escatologico. Maria, che collabora con il Figlio, non per necessità oggettiva ma per spontanea e continuata consacrazione all’opera della salvezza, «è unita con vincolo stretto e indissolubile al mistero dell’Incarnazione e della Redenzione.[36] 5. Assunta: Il Papa ripropone in tutta la sua ampiezza il dogma definito da Pio XII nel 1950, con una formula molto incisiva e ampia che spiega la consistenza e la completezza del dogma.[37] 6. Cooperazione celeste: La verità dell’azione celeste di Maria verso la Chiesa e verso gli uomini fratelli del Figlio suo, posti tra affanni e pericoli fino a quando non raggiungeranno la patria beata (LG 62),[38] è un punto nodale della fede ma ancora non pienamente accettato dalle altre confessioni cristiane. Per questo il Pontefice introduce questa verità con «e noi crediamo», quasi a ribadire che la dottrina esposta dal Vaticano II e qui sinteticamente riproposta, fa parte della fede cattolica. Papa Montini non usa, come non usò il Concilio, il termine “mediazione” per evitare equivoci e contestazioni, ma riafferma i contenuti della tradizione d’Oriente e d’Occidente come lo stesso Concilio aveva autorevolmente fatto; non chiarisce in qual modo si attua la cooperazione celeste, ma precisa che Maria collabora al nascere e al dilatarsi della vita divina nelle anime dei redenti.[39] Circa i due moderni dogmi mariani – Immacolata Concezione e Assunzione al cielo - c’è da precisare, infine, che il Papa li considera come soggetti salvifici dinamici. L’Immacolata è, infatti, una dotazione di grazia che è frutto anticipato dell’azione redentrice del Figlio e una forma di personalità e di santità orientata a ispirare la personalità e la santità di tutta la famiglia umana. L’Immacolata Concezione connota, in modo essenziale e definitivo, la persona di Maria che, madre messianica, si esprime in modo assolutamente dinamico, essendo chiamata ad operare una complessa e progressiva mediazione materna, nell’ambito di un definitivo progetto di salvezza che si radica nel tempo ma si immerge nell’eternità del progetto salvifico di Dio e mira ad una soglia escatologica rincorrendo una speranza, il cui vettore sorpassa i limiti della storia e la storia stessa. L’Assunta esalta l’inizio di grazia e la conclusione di gloria del mistero di Maria e il Pontefice sottolinea il nexus mysteriorum dei due dogmi, che fa scoprire la profondità dell’agire di Dio che ci indica amorevolmente il futuro di gloria che riserva agli uomini creati, redenti e resi suoi figli.[40] Il 2 febbraio 1974 Papa Martini pubblicò l’esortazione apostolica Marialis cultus,[41] per il retto ordinamento e sviluppo del culto della Beata Vergine. Infatti, la Marialis cultus è collegata con il rinnovamento liturgico e la riforma del calendario liturgico romano che fu accusata da più parti di essere chiaramente antimariana e la causa del raffreddamento del culto verso la B. Vergine. Ricordando che la solennità dell’Immacolata è una delle tappe liturgiche del periodo dell’avvento, Paolo VI la contempla quale radicale preparazione dell’umanità alla venuta di Cristo. La luce dell’Immacolata Concezione s’irradia a illuminare due inizi: l’inizio futuro della “venuta del Signore” e l’inizio futuro del “felice esordio della Chiesa”. Nella Marialis cultus viene osservato che alle due solennità già ricordate, dalla Concezione Immacolata e dalla maternità divina, sono da aggiungere le antiche e venerande celebrazioni del 25 marzo e del 15 agosto.[42] Proprio nella solennità dell’Immacolata, papa Montini ha pronunciato alcune importanti omelie. In pratica esse sono quattro, cadenti dentro l’arco del decennio 1965-1975 e descrivono la Vergine Immacolata come l’icona perfetta della bellezza umana, cristiana ed ecclesiale: a) L’Immacolata icona della bellezza umana e cristiana Nell’omelia in chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, dell’8 dicembre 1965, Paolo VI mette in rapporto l’Immacolata (creatura integra e non toccata dal peccato) e l’uomo (creatura segnata dal limite e dal peccato) sul tema della bellezza. L’Immacolata è presentata come creatura che ha realizzato in sé il proposito del Creatore di fare l’uomo a sua immagine e somiglianza, un proposito che riguarda l’intera famiglia di Adamo; ma, a causa del peccato, è solo per Maria di Nazaret che esso resta storicamente vero, mentre vocazionalmente, l’integrità immacolata è rivolta all’intera famiglia umana, alla quale Dio procura la strada della purificazione battesimale e della penitenza sacramentale ed ascetica come opportunità per realizzarla. Pertanto, la bellezza di Maria è la più fulgida perché in lei «l’immagine di Dio si rispecchia con limpidezza assoluta, senza alcun turbamento». Maria è dunque segno, icona, specchio della santa bellezza del Dio trinitario.[43] Nel primo anniversario della chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, l’8 dicembre 1966, Paolo VI pronuncia un’Omelia in cui vede negli splendori della Santa Vergine l’inno alla bellezza. Nella bellezza di Maria, l’Immacolata e la piena di grazia, è contemplabile la bellezza dell’intera umanità:in essa l’umanità viene restituita all’originaria innocenza. Perciò in Maria troviamo l’umanità integra, pura, buona, di nulla mancante, di tutto ricca e adorna. La causa di questa pienezza di umanità santa è data dalla sua vicinanza a Cristo.[44] L’8 dicembre 1968, in occasione del primo centenario dell’Azione Cattolica Italiana, all’Omelia Paolo VI così si espresse: «La considerazione che ora scegliamo è quella dell’esemplarità di Maria. Un’esemplarità che si riflette su tutta la Chiesa e ne costituisce il modello perfetto. Si, la bellezza della Chiesa quale Cristo l’ha concepita e l’Apostolo la descrive, come quella di Splendida Sposa, gloriosa, intatta, santa e Immacolata,[45] ha in Maria la sua espressione sublime».[46] L’Omelia di Paolo VI va a concludere con una nota critica: il mondo di oggi sullo sfondo della bellezza dell’Immacolata appare deturpato dalla presenza disgregante del brutto. L’accortezza velata di Paolo VI per l’odierna contaminazione della bellezza, che lo sguardo dell’Immacolata gli ricorda, si risolve tuttavia nella gioia che gli procura il constatare che la bellezza dell’Immacolata è un’icona di speranza: «ella sostiene i nostri passi, ella ci insegna con la realtà del suo esempio, che anche noi, mediante l’aiuto del Signore, abbiamo la capacità di essere cristiani veri e santi; ella ci conforta a osare , a sperare; non solo ne abbiamo il dovere, ne abbiamo la possibilità».[47] b) L’immacolata icona della bellezza ecclesiale(8 dicembre 1975) Nel decimo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II, troviamo ancora Paolo VI a pronunciare la sua annuale Omelia mariana, nella Solennità dell’immacolata, l’8 dicembre 1975. Questa volta l’angolatura del discorso fu quella del rapporto fra la bellezza dell’Immacolata e la Chiesa. Paolo VI sottolinea molto che Maria è Immacolata per la Chiesa, per preparare pedagogicamente la Chiesa la suo futuro ultimo. In termini concreti, per Paolo VI, l’Immacolata è esempio di santità per la Chiesa; la “Tutta Santa” insegna alla Chiesa come diventare santa.[48] 3.2.5. Giovanni Paolo II (1978 – 2005) Anche Papa Wojtyla nella sua Enciclica mariana Redemptoris Mater del 25 marzo 1987, riflette sul mistero – dono dell’Immacolata Concezione. Il Papa dichiara subito di voler svolgere la sua riflessione sul significato che Maria ha nel mistero di Cristo (prima parte) e sulla sua presenza attiva ed esemplare nella vita della Chiesa (seconda parte). A tale intenzione si collega anche l’idea madre dell’Enciclica che sembra essere quella della “mediazione materna” (terza parte). Il Papa ha ampiamente considerato la cooperazione della Vergine all’opera trinitaria della salvezza sotto le categorie di”mediazione in Cristo” e di “mediazione materna”, cioè come funzione particolare della maternità universale di Maria nell’ordine della grazia: Maria, serva del Signore, è al servizio di tutti i suoi fratelli bisognosi di redenzione, attraverso la sua mediazione materna, alla luce dell’unico mediatore Cristo. [49] L’Enciclica presenta il dogma della Concezione Immacolata della Madre del Signore nel caratteristico dialogo della salvezza, fatto di iniziativa divina, di grazia preveniente ma anche di risposta di libertà ed impegno umano.[50] A tal proposito possiamo ben dire che Maria di Nazareth, “predestinata” a dare una carne alla Parola, non ha visto soppressa la propria libertà, ma al contrario, l’ha vista porsi a servizio dell’accoglienza teologale e materna del Verbo, suo e nostro Salvatore.[51] La Redemptoris Mater inizia con una considerazione sul punto centrale della storia salvifica, dominato dall’ingresso del Figlio nella storia umana, qualificato necessariamente anche come punto mariano, perché quel Figlio mandato dal Padre, nacque “da donna”.[52] Giovanni Paolo II considera Maria a fianco del Figlio e, conseguentemente, al centro della stessa salvezza, da Dio preparata in modo eminente a svolgere questo grandissimo compito con quella misteriosa qualificazione personale che inizia con il concepimento immacolato. Ispirandosi all’inno cristologico della lettera agli Efesini 1,3-14, e ricordando anche diversi altri testi del corpus paolinum, l’enciclica intravede il mistero della singolare elezione di Maria, della benedizione suprema e della chiamata alla “pienezza di grazia” nel progetto della salvezza, per Cristo nello Spirito, a lode e gloria del Padre. Il Pontefice asserisce anche che l’uomo, tutti gli uomini, come Maria, la “piena di grazia”, sono scelti e accompagnati da Cristo e dallo Spirito nella loro esistenza per essere santi e immacolati nella carità, essendo predestinati ad essere figli adottivi. Dio infatti ha predestinato tutti ad essere figli per opera del Figlio e tutti hanno la redenzione, la remissione dei peccati e la ricchezza della sua grazia mediante la sua oblazione.[53] In questo piano di salvezza avvenuta per mezzo di Gesù Cristo, Maria, predestinata ed eletta quale sua madre verginale e santa, emerge per la singolarità ed unicità del posto che occupa nel mistero-evento del Verbo incarnato. Ma la Piena di Grazia non può sfuggire e non è sfuggita alla inderogabile legge iscritta nel mistero della volontà divina che vuole tutti redenti e tutti salvati da Cristo.[54] Maria di Nazareth è la capofila di tutti i redenti da Gesù Cristo. Maria sin dall’inizio appartiene a Cristo e la sua pienezza di grazia è frutto del suo sacrifico. Infatti Papa Wojtyla afferma che è stato il Cristo nella sua grande generosità a redimere in modo particolarmente sovrabbondante dal peccato la Madre. Questa generosità del Figlio verso la Madre risale al primo momento della sua esistenza. Si chiama Immacolata Concezione. Il Pontefice, dunque, non solo afferma che Maria è l’esordio della Chiesa, ma ne indica anche il “perché”: l’Immacolata precede, come l’aurora, l’avvento del sole alto e glorioso che illumina ogni cosa, che è Cristo.[55] Afferma l’Enciclica: «come questa stella [la stella del mattino] insieme con l’”aurora” precede il sorgere del sole, cosi Maria fin dalla sua concezione immacolata ha preceduto la venuta del Salvatore, il sorgere del “sole di giustizia”nella storia del genere umano».[56] 3.2.6. Prospettive di fondo del Magistero Sulla scia di Pio IX, di Pio XII e soprattutto del Concilio Vaticano II, Paolo VI e Giovanni Paolo II collegano il mistero di grazia dell’Immacolata Concezione con il mistero di gloria dell’Assunzione. Infatti, la santità di Maria è una, ma si esprime in due forme: in quella “dell’inizio grazioso” e in quella della “fine gloriosa”. Sono due i modi con cui il Dio trinitario l’ha amata e sono due i modi con cui noi siamo amati dallo stesso Dio: nel bagno purificatore e fecondo del Battesimo nel quel siamo già scesi e nella luce splendente ed eterna della gloria filiale che ci attende perché siamo diventati figli.[57] La permanente e fondamentale constatazione che emerge dall’analisi dei documenti magisteriali è questa: la concezione immacolata non separa ma unisce in maniera più profonda Maria a Cristo e alla Chiesa, a tutti gli uomini suoi figli e fratelli in umanità L’Immacolata è la creatura senza peccato, cioè integra, senza difetti, senza “caduta”; essa è la perfetta creazione parziale di quanto Dio aveva desiderato fosse la creazione totale. Ma l’Immacolata, con la sua integrità, non ricorda solo come poteva e doveva essere l’intera creazione se l’uomo fosse rimasto fedele a Dio, ma profetizza anche come essa può e deve diventare. Nell’Immacolata è possibile vedere a quale vertice Dio ha inteso portare (già in Maria) e intende portare (in noi) l’intera creazione; l’Immacolata è pertanto la meta che indica l’integrità a cui Dio vuole riportare con l’opera salvifica, l’intera realtà creata.[58]
[1]
Cf. A. M. Calero, La
Vergine Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, 183–184. |