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  Maria è «Mediatrice»? 
MariologiaTermini e interpretazioni della funzione materna di Maria

Tematica teologica della mediazione

La mediazione universale di Maria, cioè la sua funzione materna nell’acquisto, nell’impetrazione e nella distribuzione di tutte le grazie, è uno degli aspetti più interessanti e più attuali dell’intero mistero mariano letto nell’ambito della storia della salvezza. Negli ultimo 100 anni ha interessato la ricerca teologica, il magistero pontificio, episcopale e conciliare e la liturgia ufficiale della Chiesa. A livello popolare, ha polarizzato sempre di più la fiducia e la pietà verso la potenza supplice e la misericordia di Maria; a livello ecumenico ha costituito e costituisce uno dei punti più salienti e contestati nel rapporto con le posizioni cattoliche. Dagli inizi di questo secolo questa tematica si è andata evolvendo, conservando una sua precisa attualità sia sotto il profilo dogmatico che teologico e pastorale.

Anche se la dottrina circa la mediazione di Maria ha avuto una vera sistemazione teologica solamente negli ultimi cento anni e di conseguenza il titolo di “mediatrice” ha assunto connotati dottrinali specifici e precisi, l’invocazione supplice a Maria esprimente fiducia nella sua protezione, è di origine antichissima nella Chiesa. Basta ricordare il “SUB TUUM PRAESIDIUM”, preghiera comunitaria che risale al III – IV secolo e che esprime una precisa credenza nell’intercessione della Madre di Dio (vedi appunti pag. 58). Questa credenza è andata sempre più precisandosi sotto l’impulso dei Padri e dei Dottori della Chiesa che, fin dal VI secolo, hanno cominciato ad usare il titolo di “mediatrice” (vedi appunti pagg. 66 – 67). Questo titolo divenne sempre più frequente a partire dal XII secolo, ma solo nel XVII secolo comincia ad esprimere una vera e propria tesi dottrinale e, infine, nel XX secolo appare in opere e articoli concernenti la funzione materna di Maria nell’intercessione e nella distribuzione delle grazie.
Dal 1921 si è sviluppata intorno a questo tema una vasta produzione teologica che si andrà sempre più qualificando fino al 1950. Proprio nel 1921, l’arcivescovo di Malines, il Card. Mercier, con la collaborazione liturgico – teologica dell’università di Lovanio e con l’appoggio di tutto l’episcopato, il clero e i fedeli della Chiesa belga, chiese l’approvazione della Messa e dell’Ufficio propri in onore di Maria mediatrice e presentò al papa una petizione ufficiale per la definizione dogmatica della mediazione universale di Maria. Nel 1922 Papa Benedetto XV accordò la celebrazione liturgica alla Chiesa belga e a quanti ne avessero fatto richiesta, ma non si pronunciò circa la definizione dogmatica.Questo atteggiamento mantennero i pontefici successori di Benedetto XV.
Tra il 1959 – 60, nella fase preparatoria del Concilio Ecumenico, pervennero alla Santa Sede 300 petizioni di vescovi, istituti religiosi e università cattoliche che chiedevano sempre la solenne definizione dogmatica della mediazione universale, rappresentando la sintesi del grande movimento mediazionistico mariano degli ultimi 60 anni che si era nel frattempo anche arricchito di qualificati interventi del magistero pontificio ed episcopale, della celebrazione liturgica e della sviluppo della pietà popolare che manifesta una coscienza e una fiducia illimitata nell’intercessione attuale e nella misericordia distributrice di grazia della Madre di Dio.
Il Concilio Vaticano II, non prese in considerazione la richiesta di definizione del dogma, ma formulò una chiara e sicura dottrina sulla mediazione di Maria.

Terminologia, contenuti e impostazione dottrinale

Nella teologia preconciliare i teologi applicavano a Maria il titolo di mediatrice in analogia al titolo di mediatore dato da S. Paolo a Cristo, dando a questo titolo il significato di cooperazione sia all’opera redentiva oggettiva realizzata durante tutta la sua vita storica, sia all’applicazione dei frutti della redenzione (redenzione soggettiva) mediante l’intercessione e la distribuzione delle grazie. Mentre Cristo è, per gli ambedue oggetti della redenzione, l’unico mediatore perché causa principale, indipendente, autosufficiente e necessaria, Maria è mediatrice come causa secondaria, dipendente, non autosufficiente e solo ipoteticamente necessaria.
Che cosa significa allora il termine “mediatrice”?
- Per alcuni teologi si riferisce all’inpetrazione e distribuzione attuale di tutte le grazie;
- Per altri teologi significa la cooperazione alla redenzione oggettiva, cioè all’acquisto storico della grazia e la cooperazione alla redenzione soggettiva, cioè all’applicazione attuale per i singoli uomini dei frutti della grazia. In questa seconda ipotesi il titolo di “mediatrice” si distingue solo nominalmente e non realmente, da quello di “madre spirituale”, “madre della grazia”, per cui “mediatrice” sarebbe sinonimo della maternità spirituale di Maria.
Entrambi le ipotesi hanno come loro unica radice teologica la continua cooperazione di Maria all’opera salvifica di Cristo, dall’Annunciazione alla parusia del Signore e come loro unico fondamento l’unione della madre col Figlio attraverso la generazione umana nell’evento storico e l’unione nella gloria attraverso l’assunzione al cielo fino al concludersi dei tempi escatologici.

Appunti all'impostazione pre-conciliare

All’impostazione della teologia preconciliare possono essere fatti questi appunti:
a) Lo sviluppo e la sistemazione della mariologia quasi al di fuori degli altri settori della teologia ed il conseguente rilievo dato alla mediazione mariana, considerata al di fuori della soteriologia e la sua enfatica applicazione a scapito della cristologia, della ecclesiologia e della pneumatologia.
b) La mediazione di Maria è vista in analogia alla mediazione di Cristo che è, invece, fondamentalmente diversa. Quella di Cristo è quasi esclusivamente sinonimo di salvezza e di redenzione dal male e dal peccato, indicata dalla Genesi e sviluppata da alcuni testi di Paolo, nella quale l’uomo decaduto dalla grazia per il peccato originale, è bisognoso di un mediatore. Redimere è, quindi, opera storica di Cristo che riscatta l’uomo dal peccato, acquista la grazia e continua ad applicare gli effetti della grazia ad ogni uomo e tutto questo esprime la sua mediazione tra Dio e gli uomini. Manca nella teologia preconciliare un approfondimento specifico dei termini: mediazione, salvezza e redenzione necessario per poter comprendere, senza confusione e senza equivoci, l’analogia della mediazione mariana, pur nell’infinita distanza di questa da quella di Cristo;
c) La mediazione di Maria viene presentata come un dono dato volta per volta, anziché come un’azione costante svolta da Maria impegnata invece a sostenere e promuovere lo sviluppo e la santificazione di tutta la realtà umana al di dentro della sua storia e del suo cammino.

L'impostazione del Concilio Ecumenico Vaticano II

ATTEGGIAMENTO DEL CONCILIO
- Anche riguardo alla mediazione di Maria, il Vaticano II tenne fede al suo intento pastorale di non formulare definizioni dogmatiche e di non interferire nelle questioni teologiche ancora dibattute. Tenendo conto anche delle instanze ecumeniche utilizzò una terminologia più sicura e universale, evitando termini che avrebbero potuto indurre in errore e creare equivoci interpretativi;
- Circa i contenuti dottrinali, si limitò ad enunciare gli elementi essenziali ritenuti dalla comune fede della Chiesa;
- Il Concilio propose invece vere e proprie precisazioni teologiche e metodologiche sulla tematica della mediazione. Il Cap. VIII omette i titoli di “corredentrice” e “mediatrice” e quindi i correlativi di “corredenzione” e “mediazione” della teologia preconciliare preferendo ad essi:
- o Per designare Maria: “Serva del Signore”, “Socia del Redentore”, “Figlia di Sion”, “Madre del Salvatore”
- o Per esprimere la sua opera: “funzione materna verso gli uomini”, “maternità nell’economia della salvezza”, “funzione salvifica subordinata”.

DOTTRINA DEL CONCILIO
Alla questione della mediazione di Maria, il Vaticano II apporta un triplice arricchimento:
a) Proclamazione ufficiale e solenne della funzione materna di Maria verso gli uomini
Maria non è solo la madre del Capo ma, avendo cooperato con la carità alla nascita dei fedeli nella Chiesa, è veramente madre delle membra di Cristo. In questa cooperazione Maria non è stata uno strumento passivo, ma ha offerto un apporto responsabile ed attivo attraverso un servizio liberamente espresso e realizzato con fede, speranza e carità. Questa maternità di Maria non ebbe termine con il tempo storico della redenzione, ma perdura senza soluzione di continuità anche dopo l’assunzione al cielo e fino al coronamento di tutti gli eletti. Questa maternità si manifesta:
- con la molteplice intercessione per ottenere agli uomini i doni della salvezza
- con la cura materna per i suoi figli che si trovano ancora tra i pericoli e gli affanni della vita.
Il Concilio evita di pronunciarsi sulla necessità fisica o morale e sulla distribuzione di tutte le grazie, sia per non creare equivoci sulla mediazione di Cristo e sia per non avvallare posizioni teologiche ancora in discussione.
b) Criteri interpretativi della funzione materna di Maria
Circa la natura, la finalità, la portata della mediazione materna di Maria verso gli uomini, il Cap. VIII ha indicato precisi criteri dottrinali di cui la ricerca e l’approfondimento teologico devono sempre tenere conto:
- Il criterio fondamentale è costituito dall’enunciato paolino che uno solo è l’unico mediatore tra Dio el’umo, Cristo Gesù (1 Tm 2, 5-6), per cui nessuna creatura è paragonabile al Verbo incarnato e redentore ed ogni cooperazione umana alla sua opera va intesa come partecipata e suscitata da quell’unica fonte che è la redenzione di Cristo;
- La mediazione di Maria, di conseguenza, non offusca o diminuisce la mediazione di Cristo che resta unica, ma ne mostra l’efficacia e va sempre intesa in modo che nulla aggiunge o toglie alla dignità ed efficacia dell’unico mediatore;
- Nessun influsso salvifico di Maria è assolutamente necessario o postulato dalla natura delle cose, ma nasce dal beneplacito di Dio, sgorga dai meriti di Cristo, si fonda sulla mediazione di Lui, ne dipende, gli è subordinato e ne attinge ogni efficacia;
- L’influsso di Maria come cooperazione all’opera di Cristo, non va inteso come necessità tra Cristo e gli uomini e perciò non impedisce l’unione immediata dei credenti con Lui, anzi la facilita e la promuove;
- La cooperazione di Maria non è un fatto salvifico unico ma fa parte di quella immensa realtà che è la cooperazione creaturale all’opera salvifica di Cristo. Quella di Maria si differenzia non in quanto all’essenza, quanto al grado e al modo, per cui la si può definire eminente e singolare.
c) Dimensione nuova della missione di Maria
- La funzione di Maria verso gli uomini va sempre computata fra le cooperazioni umane suscitate e dipendenti da Cristo e limitata all’opera salvifica e redentivi che si è svolta e continua a compiersi dal momento dell’incarnazione fino all’ultimo giorno della parusia gloriosa;
- Questa cooperazione diventa operante ed efficace da momento del consenso espresso nell’evento salvifico dell’annunciazione. E’ con questo consenso che Maria diventa persona attiva e responsabile nelle mani di Dio per una cooperazione eminente e singolare all’opera salvifica e redentivi del Cristo. Maria ha veramente cooperato perché gli uomini fossero liberati dalla schiavitù del peccato ed avessero aperta la via della grazia. Nel cielo ella continua la sua opera impetrando e distribuendo le grazie per la salvezza dei fratelli del Figlio suo e assistendoli con la sua materna premura nella loro esistenza ancora piena di pericoli, affanni e disgrazie;
- Questa funzione materna di Maria si estende, non solo alla salvezza umana, ma a tutte le forme esistenziali di sviluppo e promozione antropologica, sociale ed ecclesiale che portano l’uomo a realizzarsi integralmente come figlio di Dio e la Chiesa a concretizzarsi come popolo e famiglia di Dio. E’ dunque una funzione che non è soltanto assistenza dall’alto, ma anche presenza, forza, guida materna all’interno dell’umanità nel suo cammino storico verso il proprio destino finale.

Nuove prospettive teologico-pastorali e conclusione

Per far comprendere meglio al mondo contemporaneo la funzione materna di Maria nell’ambito della storia della salvezza, è necessario rileggerla in quelle prospettive nuove che scaturiscono dall’approfondimento teologico del mistero della Chiesa, dalle istanze della teologia antropologica, dall’esigenza delle scienze umane e storiche del nostro tempo. Va riletta, quindi, sotto la prospettiva ecclesiologica, la prospettiva storico – sociologica e la prospettiva antropologica. a)Prospettiva ecclesiologica
La funzione materna di Maria a favore degli uomini deve essere letta prima di tutto in chiave ecclesiologica non soltanto perché Maria è membro della Chiesa iniziale e perfetto, ma anche perché svolge ancora oggi, fino alla fine dei tempi, una funzione materna nella Chiesa e per la Chiesa intesa come Popolo di Dio, Corpo di Cristo, Regno di Dio. Maria si adopera perché la Chiesa si attui nel suo cammino storico e si realizzi nel suo compimento escatologico. Per questo Maria è modello della Chiesa storica che, come lei e imitando le sue virtù, si realizza come vergine e madre; ed è inizio della Chiesa escatologica per cui è, in quanto assunta in cielo, immagine realizzata e perfetta della Chiesa che dovrà realizzarsi e segno sicuro della sua speranza.
b)Prospettiva storico - sociologica
- Sotto il profilo storico, abbandonando l’esposizione speculativa e sistematica della mariologia preconcilare, il Vaticano II espose tutto il mistero di Maria, seguendo il paradigma della successione degli eventi salvifici e socio – religiosi, così come sono narrati dalla Scrittura. Maria è così presentata come un personaggio storico che interpreta la storia umana come storia della salvezza. Nella sua persona storica si realizzano tutti i valori della comunità messianica per cui in lei si concludono i tempi dell’attesa e della speranza e iniziano quelli della realizzazione delle promesse;
- Sotto il profilo sociologico Maria si configura come l’ultima espressione del Popolo dell’Antica Alleanza e la prima perfetta realizzazione del nuovo universale Popolo di Dio. In tutti gli eventi messianici della sua vita, Maria manifesta un significato storico – sociologico che coinvolge l’intera umanità del suo tempo e di ogni tempo. Il suo Fiat dell’annunciazione, ad es, esprime non soltanto il suo personale assenso al piano di Dio, ma anche il “si” del popolo di Dio e di tutta l’umanità nell’accogliere il Salvatore. Altro elemento significativo sul piano sociologico è il suo “Magnificat”. Esso dimostra che Maria non solo fa, ma legge e interpreta la storia. In esso Maria indica le modalità storico – sociologiche nelle quali Dio compie il suo progetto: egli sovverte le attese dei ricchi e dei potenti e realizza la salvezza con i poveri e gli umili.
c)Prospettiva antropologica del femminile
Rileggendo in questa prospettiva i brani evangelici che la riguardano, Maria ci appare non solo come la Madre del Salvatore che esplica nella storia della Salvezza una precisa funzione materna verso il Cristo, ma anche una persona femminile, decisamente equilibrata e autonoma che agisce con coscienza e responsabilità. Essa è una creatura femminile che liberamente si dispone ad un servizio per gli altri che è anche adesione al percepito progetto di Dio. Il suo impegno concreto al fianco di Cristo, non è segno di passività o debolezza femminile o espressione scontata di sensibilità materna, ma l’apporto di una donna che comprende di dover esprimere collaborazione all’opera del Salvatore. In tal senso Maria realizza il paradigma della dignità femminile e, nell’opera svolta storicamente e che ancora svolge per l’umanità, indica alla donna e alla sua missione nella storia, la vera via della liberazione e della promozione umana. Più che un simbolo astratto e ideale, Maria è un modello concreto della dignità e del comportamento femminile che media, dal di dentro della sua femminilità, il riscatto della donna da ogni forma di pregiudizio e di asservimento.

CONCLUSIONE

1.La teologia preconciliare, essenzialista e sistematica, ha considerato la mediazione di Maria in una prospettiva verticale, con finalità salvifiche soprannaturali riguardanti l’acquisto, l’impetrazione, la distribuzione di tutte le grazie finalizzate all’escatologia dell’uomo;
2.La teologia conciliare e postconciliare, più esistenzialista e storico – salvifica, intende la funzione materna di Maria a favore degli uomini in una linea orizzontale e umana che abbraccia tutta la gamma del loro essere e del loro operare prima di giungere alla gloria futura. Essa non è quindi solo ristretta all’intercessione e alla distribuzione delle grazie, ma esprime anche il suo continuo impegno per la realizzazione della Chiesa; la sua assistenza e la sua guida per il riscatto della storia dell’uomo e della società umana da ogni processi e forma di involuzione e degradazione; il suo aiuto per la promozione e la liberazione di tutto l’essere umano da ogni situazione di oppressione e di asservimento.

Inserito Lunedi 14 Settembre 2009, alle ore 15:45:24 da latheotokos
 
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