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  Cana di Galilea, le fatidiche nozze e il primo miracolo 
StoriaDal libro di Dalla Libera Vittore, Maria nella sua terra, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1986, pp. 202-205



1. Cana di Galilea

La città di Cana di Galilea non era villaggio come Nazaret, dove gli abitanti vivevano ancora nelle case-grotte addossate alla collina, ma era una città vera e propria, con case costruite in pietra. Il nome stesso, con il suo specifico appellativo di "Kafr", che vuoi dire appunto "pietra", cioè città costruite in pietra, lo lascia intendere chiaramente. Anche oggi si chiama " Kafr Kann ", e sorge sullo stesso sito dell'antica città evangelica. La differenza sta solo nel fatto che ora i suoi abitanti non sono più ebrei, ma arabi: sono circa 8.000, in maggioranza musulmani. I cristiani sono circa 1.200, divisi in tre comunità: greco-ortodossi, cattolici melkiti e latini. Qui c'è anche una scuola cattolica dell'associazione nazionale per soccorrere i missionari italiani all'estero, gestita dalle suore Francescane del Cuore Immacolato di Maria, meglio conosciute con l'appellativo di "Suore Missionarie d'Egitto".
Al centro della via principale della cittadina, sorge la chiesa francescana detta del " Miracolo delle nozze", probabilmente nell'area dove c'era la casa dei fortunati sposi ricordati nel Vangelo: si deduce da un'antichissima tradizione e da alcuni reperti archeologici del periodo giudeo-cristiano e bizantino.

2. Le fatidiche nozze

Alla nostra mentalità occidentale riesce difficile comprendere l'ambiente e lo svolgimento del convito nuziale di Cana, di cui parla l'evangelista Giovanni, perché il fatto è accaduto in Oriente e non in Occidente, e non oggi, ma circa venti secoli fa. Veramente in quell'ambiente anche ai nostri giorni, si possono vedere simili conviti che ricalcano usi e costumi millenari. Più volte ho avuto l'occasione di parteciparvi. Ma per spiegarlo, devo scendere a particolari.
Innanzitutto bisogna tener presente che si tratta di un banchetto festoso, compendio e anche epilogo di un rito nuziale religioso, effettuato già un anno prima, diciamo un anno lunare e non solare. Dopo il festino, e solo allora, faceva seguito la coabitazione degli sposi, cioè il matrimonio che da " rato", diventava "consumato". Tale convito non durava un solo giorno, ma più giorni, fino a una settimana.
Il primo banchetto si svolgeva nella casa dello sposo e si celebrava nella prima notte, con le persone intime.
Ma nei giorni successivi si continuava a banchettare, sempre per far festa agli sposi. Si servivano le vivande in grandi vassoi con una ricchezza di cibi e di pasticcini che, non essendo caldi, potevano in ogni momento essere messi a disposizione degli invitati, venuti per presentare le loro felicitazioni agli sposi.
Gli inviti alle nozze erano generici e approssimativi - lo sono anche oggi in molti villaggi di quella terra - per cui l'organizzatore della festa non era mai in grado di prevedere con precisione la quantità  delle provviste occorrenti. Pertanto facilmente poteva accadere di trovarsi di fronte a qualche sgradevole sorpresa.

3. Il primo miracolo

Precisamente una di queste incresciose sorprese avvenne durante le nozze di Cana di Galilea quando a un certo punto venne a mancare il vino. « Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la Madre di Gesù gli disse: " Non hanno più vino"» (Gv 2,3).
L'evangelista non ci dà nemmeno il tempo di riflettere su questa improvvisa mancanza di vino, perché subito pone dinanzi la stupenda, provvidenziale figura di Maria, la quale con forza interviene per risolvere l'inconveniente, che sarebbe stato umiliante per gli sposi e per gli organizzatori della festa.
Maria è una donna forte e delicata, che, pur vivendo nell'umiltà e nel nascondimento, non teme di farsi avanti con energica dolcezza per risolvere all'istante il non facile problema della comunità in cui momentaneamente si trova a vivere.
Se dal banchetto fosse mancato del cibo invece del vino, forse la Madonna sarebbe ugualmente intervenuta; ma di fronte alla mancanza del vino ella non poteva rimanere indifferente in quanto il vino nel festino nuziale assumeva un significato molto importante, soprattutto nei confronti della sposa sua parente e conoscente.
Anche nei nostri festini nuziali il vino ha particolare importanza perché è l'elemento che porta allegria agli sposi e a tutti gl'invitati.
Nelle feste nuziali ebraiche il vino conteneva inoltre il significato ben più profondo della «fedeltà coniugale», di cui era un simbolo profetico. Infatti, la figura della vigna e del suo frutto, fu spesso assunta dai profeti come immagine e segno della fedeltà di Dio verso il suo popolo Israele. Anche Gesù, qualche tempo dopo, si servirà di questo simbolo per raffigurare il suo futuro regno messianico.
E come nell'Antico Testamento Dio affermò di essere stato fedele al suo patto stipulato con la sua vergine sposa, Israele (la quale però non ha mantenuto la promessa, diventando adultera), così Gesù dirà che la vigna d'Israele sarà tolta ai suoi perfidi vignaioli e sarà data da coltivare ad altri popoli.
Pertanto la mancanza del vino in quel banchetto nuziale non era solo un imbarazzo e una umiliazione per gli sposi, ma soprattutto era un segno di malaugurio per la sposa, amica di Maria. Non c'è da meravigliarsi dunque se ella intervenne con tanta dolce fermezza presso il Figlio, perché ponesse subito riparo al grave inconveniente.

 

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Inserito Lunedi 7 Novembre 2011, alle ore 9:15:29 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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