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  Cristocentricità ed ecclesiologia del Rosario 
Preghiere

da Ettore Malnati, Introduzione, in Lettera Apostolica di S. S. Papa Giovanni Paolo II, Rosarium Virginis Mariae. Il Rosario con i nuovi misteri della luce, Piemme, Casale Monferrato 2003, pp.11-14; 19-21.



Cristocentricità del Rosario

Se vi è una preghiera al di fuori della Liturgia che offre un'adeguata e ricca presentazione delle tappe del mistero di Cristo dall'Incarnazione alla sua gloriosa Ascensione, nulla trascurando della sua vita pubblica (misteri della luce) e del suo gesto redentore che sulla Croce lo rende unico mediatore di salvezza per l'intera famiglia umana, è la preghiera del Rosario.
La presenza di Maria nei vari misteri prende luce e senso dall'evento-Cristo.
La cristologia intrinseca del Rosario è un compendio lucido e popolare di ciò che Nicea e Calcedonia hanno offerto al dogma cristico.
La divinità del Figlio di Maria, l'umanità vera del Figlio di Dio, la sua missione di restauratore della nostra umanità impoverita dalla colpa adamitica, la redenzione offerta a ogni uomo purché la accolga e si lasci coinvolgere dall'itineranza cristiana, la Resurrezione come logica-altra che Cristo ha ricevuto dal Padre perché ha fatto la sua volontà «sino alla morte e alla morte di Croce» (Fil 2, 8), sono il «simbolo» cristologico, cioè la «regula fidei» che il Rosario ripropone al singolo credente e al popolo cristiano quale spirituale «ruminatio» del Mistero di Cristo Salvatore e Redentore.
Il tema che determina il pensiero teologico e pastorale dell'intero pontificato di Giovanni Paolo II, già nella sua prima enciclica, è appunto l'opera di Cristo Redentore.
Così scrive all'inizio del suo ministero petrino: «Il Redentore dell'uomo, Gesù Cristo, è centro del cosmo e della storia. A Lui si rivolgono il mio pensiero ed il mio cuore, in quest'ora solenne»18, «...desidero in questo modo entrare e penetrare nel ritmo più profondo della vita della Chiesa. Se infatti la Chiesa vive la sua propria vita, ciò avviene perché la attinga da Cristo... bisogna rivolgersi a Cristo, che è Signore della sua Chiesa e Signore della storia dell'uomo in forza del mistero della redenzione, noi crediamo che nessun altro sappia introdursi come Maria nella dimensione divina e umana di questo mistero. Nessuno come Maria è stato introdotto in esso da Dio stesso»19.
Rileggendo queste convinzioni profonde espresse e nutrite per venticinque anni del suo ministero pettino, risulta allora ovvia la lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, dove Giovanni Paolo II indica nella preghiera del Rosario lo «strumento» per imparare Cristo20 e conformarsi a Cristo con Maria21.
Anche l'ultima enciclica Ecclesia de Eucharistia esprime la medesima convinzione e necessità di far incontrare l'uomo con Cristo, offrendo in modo particolare la lettura profonda del suo mistero pasquale, non solamente come un evento che va ricordato, ma come realtà sacramentale che va vissuta22, soprattutto in quell'«unione intima» che l'Eucaristia ci dona23.
Il Rosario offre l'opportunità di una quasi esperienza mistagogica sui generis per accompagnare il cristiano ad «intus legere», in tutta la sua profondità, l'opera salvifica di Cristo, non escluso l'aspetto escatologico.
Se giustamente il teologo riformato K. Barth afferma che non c'è cristianesimo senza escatologia, noi a fortiori sottolineiamo il fatto che il Rosario nella sua dimensione di contenuti e di metodo ci richiama a considerare l'effetto di speranza che la cristologia offre a una antropologia in cerca di senso.
Oltre a richiamare l'Annunzio del Kerygma cristiano come evento straordinario progettato da Dio per la salvezza di coloro che crederanno (1 Cor 1,21), il Rosario offre costantemente il richiamo a essere, in ogni occasione «opportune et importune» (2 Tim 4, 2), ascoltatori e imitatori di Cristo, proprio per storicizzare quel Kerygma che, avendo Lui come oggetto e soggetto dell'Annunzio, ci salva.
La cristologia del Rosario è essenzialmente esperienziale, sia per lo stupore che dona dell'evento Cristo, sia perché induce il cristiano all'impegno di evangelizzazione, donando alla sua missione di annuncio e testimonianza la vera ragione per cui l'uomo deve conoscere Cristo e credere in Lui. Perché Egli è venuto nel mondo per toglierci dall'impoverimento del peccato (1 Tim 1,15) e offrirci una progettualità nuova, sia nella prospettiva della realtà viatoria che oltre la dimensione del tempo. È importante allora per ogni battezzato, sia fedele laico che ministro ordinato, «imparare e conformarsi a Cristo». Il Rosario ci offre una guida e sorella maggiore in questa avventura necessaria: Maria, Madre di Cristo e della Chiesa.
Le ragioni per scegliere questa itineranza ce le indica Giovanni Paolo II: «Se - egli afferma - sul versante divino è lo Spirito il Maestro interiore che ci porta alla piena verità di Cristo (cfr Gv 14, 26; 15, 26; 16, 13), tra gli esseri umani nessuno meglio di Lei conosce Cristo, nessuno come la Madre può introdurci ad una conoscenza profonda del suo mistero. Il primo dei "segni" compiuti da Gesù - la trasformazione dell'acqua in vino alle nozze di Cana - ci mostra Maria nella veste di Maestra mentre esorta i servi a eseguire le disposizioni di Cristo: "Fate tutto quello che Egli vi dirà" (Gv2, 5).... Il passare con Maria attraverso le scene del Rosario è come mettersi alla "scuola" di Maria per leggere Cristo, per penetrare i segreti, per capirne il messaggio»24.
Ma vi è inoltre qualche cosa di più che ci offre questa preghiera il nostro conformarci a Cristo come tralci uniti alla vite (Gv 15,5). Certo tale dono è proprio del Battesimo, ma questo sacramento deve continuamente essere reso vivo da una consapevolezza interiore di cui anche il Rosario, per la sua cristocentricità, è foriero nella volontà del cristiano che esso orienta «ad avere gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2, 5).
«Per questo processo di conformazione a Cr^lsto, nel Rosario noi ci affidiamo in particolare all'azione matura della Vergine Santa... l'icona perfetta della maternità della Chiesa»25.
La vera devozione a Maria, ebbe a dire Paolo VI, sta nel volerla imitare nel suo essere diligente discepola di Cristo, divenendo così esemplare nel discepolato eristica e aiuto di noi credenti.

Ecclesiologia del Rosario

Nella sua metodologia antica e nuova il Rosario sottolinea in modo particolare quella dimensione propria di un convenire nell'ascolto, nella lode, nella domanda per una missione di testimonianza ecclesiologica, cioè della preghiera offerta come specificità della Chiesa domestica.
Giovanni Paolo II testimonia questa scelta ecclesiologica del Rosario, affermando che esso è da sempre «preghiera della famiglia e per la famiglia. Un tempo questa preghiera era particolarmente cara alle famiglie cristiane e certamente ne favoriva la comunione. Occorre non disperdere questa preziosa eredità»38.
Comunione e unità costituiscono una delle note caratteristiche della Chiesa. L'essere preoccupati di tutelare e promuovere la comunione significa adoperarsi concretamente a edificare e tutelare questa particolarità, che deve essere propria di ogni comunità ecclesiale.
Giovanni Paolo II osa addirittura sostenere come certezza che «la famiglia che prega unita, resta unita»39 e indica nel Rosario la «preghiera in cui la famiglia si ritrova. I singoli membri di essa, proprio gettando lo sguardo su Gesù, recuperano anche la capacità di guardarsi sempre nuovamente negli occhi, per comunicare, per solidarizzare, per perdonarsi scambievolmente, per ripartire con un patto di amore rinnovato dallo Spirito di Dio»40.
I coniugi esercitano così quella ministerialità di trasmettitori primi di una risposta adeguata al dono della fede, gli urti verso gli altri, divenendo contemplazione reciproca dell'incarnazione, cioè di quella gestualità eristica che è l'amore del Signore nei confronti della sua Chiesa, che deve divenire visibilità evidente nella loro vita di coppia, sacramentalmente costituita presenza di questo amore nella storia.
Di fronte alla crisi dell'indissolubilità dell'amore coniugale, richiamare e realizzare questa esperienza ecclesiologica attraverso il momento orante nella contemplazione della «analogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dell'angelo e l'amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il Corpo del Signore»41, significa offrire l'opportunità di una ripresentazione quasi sacramentale del «sì» pronunciato davanti all'altare del Signore il giorno dell'inizio del sacramento del matrimonio, che oltre ad aver fatto dei due una carne sola, li ha costituiti Chiesa domestica, capace di essere presenza vera del Mistico Corpo di Cristo.
Una concreta spiritualità del matrimonio non può prescindere dall'esperienza di preghiera della famiglia e nella famiglia. La Chiesa è edificata grazie all'ascolto della Parola e all'accoglienza del Kerygma, dove il mistero di Cristo ne è oggetto e soggetto di annuncio.
Il Rosario non fa altro che riportare alla riflessione di chi lo vive seriamente come esperienza di preghiera il Kerygma cristiano, che va accolto perché illumini la volontà dei soggetti ad aderire costantemente al progetto di Cristo.
Giovanni Paolo II non ha esitato a indicare nel Rosario il compendio del Vangelo in una dimensione che porta alla convergenza «verso il Crocifisso, che apre e chiude il cammino stesso dell'orazione. In Cristo è centrata la vita e la preghiera dei credenti. Tutto parte da Lui, tutto tende a Lui, tutto mediante Lui, nello Spirito Santo, giunge al Padre»42.
Il richiamo al dono pasquale del perdono, come una sacramentalità e una ministerialità che la Chiesa deve celebrare e vivere, viene sottolineato nell'aspetto dell'ascesi cristiana dallo stesso Giovanni Paolo II proprio come un atteggiamento che la preghiera del Rosario può offrire43 a chi con consapevolezza si lascia da essa coinvolgere.
Il perdono è la caratteristica da chiedere e da donare prima di presentare l'offerta (Mt 5,23-24), nel momento più alto della dimensione ecclesiologica, che è l'Eucaristia44.
Si tratta dunque di un'esperienza che non può essere disgiunta dall'identità, che ci rende appartenenti all'unico popolo di Dio, che è la sua Chiesa.
Pur essendo dispersi nella dimensione geografica del cosmo, avendo i medesimi sentimenti di Cristo, siamo il suo Corpo Mistico che è offerto grazie alla nostra fede viva per la salvezza del mondo. Salvezza che Cristo ha già acquistato per noi sul Calvario e che raggiungerà il susseguirsi della storia grazie alla fede di coloro che in Lui riporranno la loro speranza.
Vivere da parte della Chiesa domestica un momento di ascolto, di lode, di contemplazione, di domanda come è la preghiera del Rosario, significa consumare e proporre lo stupore di questa salvezza e sentire il bisogno di essere evangelizzatori di questa che è la rivelazione all'intera umanità della Buona Notizia: "quel Gesù di Nazaret che fu messo a morte, Dio lo ha resuscitato dai morti e di questo ne siamo testimoni" (cfr At 3,15).


NOTE

18 GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Redemptor hominis, 1.
19 Ibid., 22
20 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae, 14.
21 Ibid., 15.
22 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ecc. Ecclesia de Eucharistia, 14.
23 Ibid., 16.
24 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae, 14
25 Ibid., 15
26 GIOVANNI PAOLO II, Angelus, 29 ottobre 1978: Insegnamenti I (1978), p. 76.
...............................
38 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae,  41.
39 Ibid.
40 Ibid.
41 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ecc. Ecclesia de Eucharistia, 55.
42 ID., Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae, 36.
43 Ibid., 41.
44 CONC. ECUM. VAT. II, Cost dog. Lumen gentium, 3.


 

Inserito Mercoledi 18 Maggio 2011, alle ore 11:09:37 da latheotokos
 
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