Salvatore M. Perrella
I “Vota” e i “Consilia” dei vescovi italiani sulla Mariologia e della Corredenzione nella fase antepreparatoria del Concilio Vaticano II
Edizioni «Marianum» (Roma) 1994
Tracciando un bilancio dei consilia et vota a carattere generale, il prof. Perrella rileva che essi, nel loro complesso, furono di modesta levatura. Egli concorda con altri studiosi nel ritenere che sia nelle fasi preparatorie sia nei dibattiti conciliari l'episcopato italiano non svolse un ruolo di protagonista. Ma sarebbe ingeneroso non riconoscere le intuizioni e le proposte coraggiose di alcuni vescovi italiani. Così il prof. Perrella riporta con compiacimento il votum del vescovo di Vittorio Veneto, mons. Albino Luciani - il futuro Giovanni Paolo I -, il quale, contrariamente a molti suoi collaboratori, si mostra pieno di fiducia e auspica che il futuro Concilio metta in luce l'«ottimismo cristiano» insito nell'insegnamento del Risorto; ed ancora osserva come nei vota et consilia dei vescovi di Bologna e di Milano - Giacomo Lercaro e Giovanni Battista Montini siano già in nuce molti temi che saranno affrontati nei documenti conciliari: dal primo, Inter mirifica, sull'importanza delle comunicazioni sociali, fino all'ultimo, Gaudium et spes, sui rapporti tra la Chiesa e il mondo contemporaneo. Ed è fuori discussione che in tema di rinnovamento liturgico, i consilia et vota dell'episcopato italiano non furono, per quantità e qualità, secondi a nessuno. Osservazioni queste riguardanti i suggerimenti e le richieste di carattere generale. Venendo ai consilia et vota di indole specificamente mariana, lo studio del prof. Perrella si fa più circostanziato. Dalle sue ricerche risulta che su 311 vota inviati alla Commissione Antipreparatoria i vescovi italiani fecero 205 osservazioni e richieste sul «tema Maria». Non causa sorpresa l'attenzione dei vescovi d'Italia verso la figura della beata Vergine, sotto il profilo sia dottrinale sia cultuale: essi erano sollecitati, oltre che dalla loro pietà personale, dalla tradizione viva delle diocesi e anche da un certo malessere che cominciava ad avvertirsi in campo mariologico. Sono gli anni in cui, negli ambienti accademici, si osserva una certa tensione. Facilmente si cade nella polemica. I mariologi vengono, con disinvoltura, etichettati come massimalisti o minimalisti. Lo scontro sul metodo teologico è più acuto in campo mariologico che in altri settori della teologia. Si coniano nuove espressioni per designare le opposte tendenze che si delineano nella mariologia: «cristotipica» l'una, «ecclesiotipica», l'altra (Congresso di Lourdes, 1958). I consilia et vota dei vescovi italiani hanno un tono più pacato delle pagine dei teologi, se non altro per il genere letterario del votum che è espressione di un desiderio, offerta tranquilla di un suggerimento. Ma in non pochi casi le controversie dei teologi si riflettono nei vota dei teologi. Dopo averne fatto una scelta di cui dirò in seguito, il prof. Perrella esamina ad uno ad uno i vota dei vescovi: inquadra ciascuno di essi nel suo contesto, ne osserva l'articolazione, ne studia il linguaggio, soppesa le ragioni addotte a sostegno del contenuto. A qualcuno verrà il sospetto che la lettura diventi monotona. Non è così. Il prof. Perrella ha l'abilità di far parlare il votum, di evidenziarne la corrente teologica a cui il suo autore appartiene, di individuare il problema pastorale che ad esso soggiace. Direi: di scoprire l' "umore" del momento in cui il voto fu scritto, venato di speranza o soffuso di pietà o segnato dalla preoccupazione. Vi sono vota telegrafici (Corredemptio B. M. V. definiatur ut dogma fidei) e altri che sono piccoli "trattati" teologici (card. Fossati, mons. D'Avack ... ). Dalle scrivanie dei vescovi i vota giungevano ai tavoli della Commissione Antepreparatoria dove dovevano sottostare a regolamenti e procedure burocratiche. La Commissione infatti aveva il compito di raggruppare e classificare i consilia et vota e di sintetizzarne il contenuto. Così scompariva, fatalmente il volto genuino di ciascun voto, la sua scrittura trepida o sicura. lo credo che nessun votum della fase antepreparatoria sia giunto in aula conciliare con i propri tratti e la propria veste. Eppure quella "massa" («Analyticus conspectus consiliorum et votorum quae ab episcopis et praelatis data sunt»), quasi amorfa e anonima, ottenuta mediante la decantazione di migliaia di voti, è divenuta materia per dare avvio ad un' altra fase conciliare. Il prof. Perrella, nella selezione che dovette operare tra i vota di argomento mariano, privilegiò due gruppi, comprendenti l'uno i vota che postulavano una presenza qualificata della mariologia nel panorama delle scienze teologiche, l'altro i vota che richiedevano un intervento chiarificatore del futuro Concilio sulla controversa questione della cooperazione di Maria all'opera della salvezza. Questa scelta bipartita si riflette nel titolo stesso del volume: I «vota» e i «consilia» dei vescovi italiani sulla mariologia e sulla corredenzione n'ella fase antipreparatoria del Concilio Vaticano II. I vota relativi alla mariologia non erano numerosi, ma erano significativi. Anzitutto i vescovi chiedevano che nell' agenda conciliare figurasse la trattazione della dottrina sulla beata Vergine. Trascurarla sarebbe equivalso a ignorare una questione di rilevante importanza dottrinale e pastorale. Gli esiti conciliari, maturati lungo un'appassionante vicenda, mostreranno la giustezza delle richieste dei vescovi d'Italia: il capitolo VIII della costituzione dogmatica Lumen gentium è, in un certo senso, la risposta al votum, convinto e pressante, dei presuli italiani, anche, se, ovviamente, non di essi soli. Altri voti di questa sezione riguardavano: la necessità dell'insegnamento organico della mariologia nel curriculum teologico istituzionale; l'opportunità di inserire in un redigendo Symbolum fidei le verità dogmatiche concernenti la Madre del Signore, definite negli ultimi secoli; l'utilità di esporre in una rinnovata struttura catechetica - un Catechismo del Concilio composto «ad instar» del Catechismus ex decreto Concilii Tridentini ad parochos (23 settembre 1566) - l'intera dottrina sulla beata Vergine. Il prof. Perrella esamina e commenta con mal celata simpatia questo gruppo di voti. Egli, per i motivi indicati, non può seguirli a passo a passo oltre la soglia dell'Analyticus conspectus, ma con occhio vigile scruta, per così dire, l'orizzonte conciliare e postconciliare con la fiducia di vederli riaffiorare non più come oggetto di un auspicio, ma come affermata realtà ecclesiale. E così è accaduto: in vari documenti, che si riallacciano al Vaticano II e ne sono naturale prolungamento, quei vota sono riemersi sotto la forma ora di un canone legislativo, ora di un articolo dottrinale, ora di una pagina catechetica. Si pensi, a questo riguardo, alla Lettera circolare della Congregazione per l'Educazione Cattolica su La Vergine Maria nella formazione intellettuale e spirituale (25 marzo 1988), che stabilisce che nei seminari e nelle facoltà teologiche venga dato il giusto posto all'insegnamento della mariologia; al Credo del Popolo di Dio di Paolo VI (30 giugno 1968), i cui nn. 14 e 15 sono una compiuta sintesi della dottrina cattolica sulla persona e missione di santa Maria nella storia della salvezza; al Catechismo della Chiesa Cattolica promulgato da Giovanni Paolo II (8 dicembre 1992), nelle cui pagine, volta a volta, secondo la materia trattata, è esposto in forma discorsiva l'insegnamento della Chiesa sulla beata Vergine Maria. Più numerosi erano i voti riguardanti la dottrina sulla corredenzione di Maria, con i quali si intrecciavano e si aggiungevano quelli, assai abbondanti, sulla mediazione. Il prof. Perrella usa, anche nel titolo stesso del libro, il termine corredenzione, perché esso figurava frequentemente nei vota dei vescovi italiani. Alla vigilia del Concilio Vaticano II la questione della corredenzione si presentava complessa: acceso era il dibattito teologico, sottili le distinzioni nel modo di intendere la natura e gli ambiti operativi della corredenzione mariana. E di vario tipo erano le richieste dei vescovi italiani: alcuni chiedevano un intervento risolutorio, una definitio dogmatica; altri una solenne declaratio, intervento certamente rilevante, ma meno impegnativo; altri una semplice explanatio. E non mancarono vescovi che "ammonivano" il futuro Concilio a non procedere a nuove definizioni dogmatiche nel settore mariologico e a tenere conto delle implicazioni ecumeniche che ogni discorso sulla corredenzione di Maria avrebbe presentato. Quale fu l'esito di questi vota? A prima vista si può dire - o, forse, si deve dire - che il Concilio Vaticano II approdò a lidi diversi da quelli indicati dai vota dei vescovi italiani in materia di corredenzione e di mediazione. L'Assise ecumenica infatti non volle procedere ad alcuna definizione dogmatica in questo campo e non volle usare il termine corredemptio, vocabolo che peraltro Pio XII aveva accuratamente evitato nel suo vasto e attento magistero. E si può aggiungere che l'impostazione storico-salvifica data dal Concilio al capitolo VIII della costituzione Lumen gentium è notevolmente diversa da quella da cui partivano i vescovi italiani. Ma affermato questo, non c'è dubbio che molti presuli italiani ritrovarono esaudite le loro richieste nella sintesi mariologica del capitolo VIII della Lumen gentium: questa, presentando la beata Vergine quale Redemptoris singulariter prae aliis generosa socia (n. 61), rilevando la condizione preliminare della acceptatio praedestinatae Matris (n. 56) in ordine all'attuazione storica della Redenzione, chiarendo il significato salvifico del consensus prestato dalla Vergine di Nazareth per cui «si è offerta totalmente quale Ancella del Signore alla persona e all' opera del Figlio suo, mettendosi al servizio del mistero della redenzione sotto di lui e con lui, con la grazia di Dio onnipotente. Giustamente quindi i santi Padri ritengono che Maria non fu strumento meramente passivo nelle mani di Dio, ma che cooperò alla salvezza dell'uomo con libera fede e obbedienza » (n. 56), mettendo in luce il carattere permanente della sua «funzione di salvezza» (n. 62), accoglieva i vota di quei vescovi italiani, che chiedevano una explanatio meditata e serena della cooperazione di Maria di Nazareth alla storia della salvezza. Un Concilio ecumenico è un momento straordinario della vita della Chiesa, vissuto sotto la luce e la guida dello Spirito. A configurarlo concorrono molti fattori, soprannaturali alcuni, storici altri. Al Vaticano II "toccò la sorte" di scrivere la più vasta sintesi mariologica che mai Concilio alcuno abbia prodotto. Essa ha segnato il cammino della ricerca mariologica in questi ultimi decenni. E continuerà a segnarlo. Alla sua scrittura remota hanno contribuito anche, come illustra efficacemente lo studio del prof. Salvatore M. Perrella, i vota dei vescovi d'Italia; essi traducevano profondi convincimenti dottrinali, espressione a loro volta della secolare "cultura mariologica" italiana, in cui si compongono armonicamente la pietà, la sollecitudine pastorale e la esigente riflessione teologica.