TOZZI FEDERICO [1883-1920]
Canzone alla Vergine
Parevami toccar quasi le cime delle guglie d'enormi cattedrali, quand'io vedea formate le mie rime ventando un poco una dolcezza d'ali.
E, dopo una Madonna di Neroccio mi sorrideva che mi convertissi; e come l'acqua appena giunta al doccio così pareva a me ch'io l'obbedissi.
E feci bene. Ma non vidi subito come accolto sarei nell'infinito: e pure di salire più non dubito or che mi sento come preferito.
Preferito da te, dolce Madonna, da te, che non disdegni quel che dico; e se talvolta l'anima si assonna tu la ridesti col tuo volto amico.
E m'inviti a venir su le ginocchia, perché tu sai che sei la Madre eterna, la Madre bella che non ha sirocchia, la più benigna ed ultima lucerna.
Oh, quando tu mi prendi sopra i polsi, e mi porti fin quasi alla tua bocca! Oh, come di dolcezza mi trabocca l'anima che per il tuo amore sciolsi!
Oh, come tutto è gaudio che sorride in ogni parte! E come tu rispondi da dove prima l'anima ti vide leggiadra de' misteri tuoi profondi!
È il tuo grembo che ride ed ha splendore di stelle innumerabili rinate nel cielo pieno, tutte dal tuo amore e dalla bontà tua costì chiamate.
Della natura se' la veste eterna che d'anime si adorna come gigli e l'unico suggello hai ne' tuoi cigli di tutto 'l tempo ch'entro lor s'interna.
E la canzone mia così venuta fino a pregarti dove l'odi meglio, ora dinanzi al tuo cospetto ammuta come l'anima fosse innanzi a speglio.
O paradiso dove il gaudio è come la materia che foggia la sua incude! O paradiso dolce di tue chiome ché te, Madonna, per sua gloria chiude!
Certo, il tuo ventre fa sognare ancora la sua grande dolcezza e la salute che per il mondo tuo traesti fuora a ripigliare le anime cadute.
Ventre misterioso, dove a noi rinnovellasti la terrena origine, viene da dentro te la scaturigine che mi disseta co' piaceri tuoi!
E l'anima mia sento divenuta come la veste che t'avvolge tutta. Ella t'ama da quando t'ha veduta, e nel tuo caldo le sue gemme butta.
Ricordo quando l'angelo a te venne da una purezza simile alla luce; come la primavera i fiori adduce così l'anima a te l'eterne penne.
E sì come la luce un corpo tocca, l'angelo fermo, al sole simigliante, venne a toccare alquanto la tua bocca portandoti le sue parole sante.
Ave, Maria, ti disse. E ti sembrava che l'anima gravata di un suo giglio sognasse troppo. E l'angelo indugiava soave ad annunciarti il Grande Figlio.
Par che tu sappia qualche cosa, ed io non possa mai saperlo; benché trovi che tutto quel che dici è del tuo Dio, i cui misteri sono sempre novi.
Ed incontrarti prima che la via divenga troppo lunga! Il tuo sorriso par che rifletta a me l'anima mia per l'amore che senti, com'io avviso.
Or da per tutto il manto vedo scorrere il tempo come un fiume senza foce; io lo vedo rossigno d'una croce, e tutto il mondo all'ombra sua soccorrere.
O mia canzone simile a una spada confitta in una pietra (e vibri ancora del colpo che t'aprì la dura strada) nessuno di costì ti tragga fuora.
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