ODI DI SALOMONE
1. Cosa sono
Sono la più antica ed importante raccolta di poesia cristiana giunta fino a noi. Si tratta di 42 componimenti poetici in lingua siriaca ma con ogni probabilità composte originariamente in greco nella prima metà del II secolo. Esse sono una imitazione intenzionale dei Salmi dell’Antico Testamento, e la loro struttura è di stampo semitico (cfr., ad esempio, il parallelismo, la presenza di immagini ardite); la maggior parte di questi inni termina con «Alleluia». 2. Caratteristiche Esaminiamo brevemente le caratteristiche di quest’opera. Sostenute da un meraviglioso slancio di linguaggio e di gioia, queste Odi sono composte in vista della preghiera e non contengono, per questo, alcun dato dottrinale. Vi sono tuttavia frequenti riferimenti alla mistero della Trinità, all’Incarnazione del Verbo, alla Redenzione attraverso la croce, alla discesa agli inferi, al battesimo e al suo rito. Ci si meraviglia di non trovarvi il nome di «Gesù». Ma si sbaglierebbe se si dimenticasse la finzione letteraria: Salomone non può parlare che del «Cristo», ovvero dell’Unto di Dio. Vi si riconosce l’influsso del pensiero giovanneo, ma tuttavia non si può parlare di una reale parentela letteraria, perché il Vangelo secondo Giovanni dipende dai temi del messianismo sapienziale. È possibile, invece, un certo influsso della filosofia e della mitologia greche. Alcuni studiosi hanno creduto di poter riconoscere in queste Odi un’opera gnostica. In effetti, non mancano tracce di gnosticismo, come ad esempio l’intera ode 19 che, in particolare, si presta a questa attribuzione. A tale riguardo ci pare molto fondato il giudizio di Rendel Harris, che riportiamo qui di seguito: «Se gli gnostici potevano scrivere cose così belle su Dio, dovremmo solo concludere: Piacque a Dio che tutti i cristiani fossero gnostici». La coesione dell’opera e lo stile sempre identico sono argomenti forti in favore di un solo autore. Si è anche supposto che fossero state scritte in greco, invece il manoscritto è, come abbiamo già affermato prima, in lingua siriaca. Certo è che quest’opera è una testimonianza del cristianesimo orientale: niente del pensiero occidentale l’attraversa. La pietà che vi si esprime è interamente nutrita della Scrittura e del Vangelo.
3. Maria nelle Odi Ritorniamo all’ode 19 che è una sorta di liturgia celeste che celebra con linguaggio ermetico la maternità verginale di Maria e, in antitesi con la pena del «dolore nel parto» data ad Eva, sottolinea l’assenza di dolore nel parto di Maria e la sua partecipazione attiva all’Incarnazione del Verbo:«Il seno della Vergine ha afferrato, ha concepito e partorito. E madre divenne la Vergine per grande favore; divenne gravida, generò un figlio, ma non sentì dolore, che ciò accadde non senza motivo. Ella levatrice non ha voluto, perché lui la vita le diede. Come uomo ella generò, col volere; generò con apparenza e possedette con grande forza. Amò con la redenzione, custodì con cortesia e mostrò con grandezza. Alleluia».
La traduzione e l’interpretazione dell’ode, sono difficili. La prima parte delinea una teologia trinitaria della detenzione, dove il latte è alimento paradisiaco, la parola verosimilmente il logos stesso. Nella seconda la Vergine sembra essere la comunità dei fedeli, Vergine in quanto liberata dalla condizione del peccato e chiamata a realizzare la propria filiazione. Il testo utilizza motivi che abbiamo reperito nei testimonia sulla nascita verginale e nei testi da essi derivati. La Vergine divenne gravida e genera un figlio; non ha provato dolore, ne è intervenuta una levatrice; inoltre l’allattamento si ritrova nel contesto della nascita sia nell’ Ascensione di Isaia (11,17) che nel Protovangelo di Giacomo (19,2), e potrebbe anch’esso venire dal testo biblico di Isaia 66,11.12b. La comunità nella quale questo poema liturgico è stato composto conosceva dunque senza dubbio il complesso di testimonia sulla nascita verginale di cui ci siamo occupati, e ne dava una lettura non narrativa, ma simbolica, al servizio della propria soteriologia ed ecclesiologia. 4. ODE 19
1 Una coppa di latte mi fu porta e l’ho bevuta per la dolce cortesia del Signore. 2 Il Figlio è la coppa e chi fu munto è il Padre e chi lo munse lo Spirito santo. 3 Poiché le sue poppe eran piene né era conveniente che il suo latte fosse gettato via senza motivo, 4 Lo Spirito santo aprì il suo seno ed ha mescolato il latte delle due poppe del Padre. 5 Benché non lo sapessero, diede la miscela al mondo. Chi ne riceve, è nella perfezione della destra. 6 Il seno della Vergine ha afferrato, ha concepito e partorito. 7 E madre divenne la Vergine per grande favore; divenne gravida, generò un figlio, ma non sentì dolore, 8 Ché ciò accadde non senza motivo. 9 Ella levatrice non ha voluto, perché lui la vita le diede. 10 Come uomo ella generò, col volere; generò con apparenza e possedette con grande forza. 11 Amò con la redenzione, custodì con cortesia e mostrò con grandezza. Alleluia.
Bibliografia SIMONETTI M., La letteratura cristiana antica greca e latina, Sansoni, Firenze 1969; JOSSA G., Dalle origini al concilio di Nicea, in FILORAMO G. (a cura di), Cristianesimo, Editori Laterza, Roma - Bari 2000; PETERS G., I Padri della Chiesa, vol. 1, Dalle origini al Concilo di Nicea (325), Borla, Roma 1984; RENDEL HARRIS J. H., The odes and psalms of Salomon, Cambridge 1909; GORI G., Gli Apocrifi e i Padri, in Complementi interdisciplinari in Patrologia, a cura di A. QUACQUARELLI, Roma, 1987.
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