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  L'Esortazione apostolica «Recurrens mensis october» di Paolo VI 
Magistero

Dal volume di Antonino Grasso, La Vergine Maria e la pace nel magistero di Paolo VI, PAMI, Città del Vaticano 2008, pp. 351-356



Anche con l’esortazione apostolica Recurrens mensis october, Paolo VI, si ricollega ampiamente al magistero dei suoi predecessori1 i quali, soprattutto a partire da Leone XIII, con insistenza e con numerosi documenti magisteriali, hanno incoraggiato e raccomandato la recita del Rosario, rapportando la soluzione dei problemi della Chiesa e del mondo, soprattutto quello della pace, con la straordinaria efficacia di questa antica preghiera mariana. Il ritorno del mese di ottobre offre, quindi, al Papa l’occasione di invitare ancora una volta tutto il popolo cristiano alla pia pratica di questa preghiera giustamente cara alla pietà cattolica, e che nulla ha perduto della sua attualità anche nelle difficoltà dell’ora presente. L’occasione è il quarto centenario della Bolla Consueverunt Romani Pontifices, con la quale S. Pio V (1566-572) definiva la forma del Rosario ancora oggi in uso, in un’epoca di turbamenti per la Chiesa e il mondo.2 Fedele a questa eredità così santa, da cui il popolo cristiano non ha mai cessato di attingere forza e coraggio, Paolo VI esorta il clero e i fedeli a chiedere insistentemente a Dio per l’intercessione della Vergine la pace e la riconciliazione fra tutti gli uomini e fra tutti i popoli.3 Nonostante alcuni progressi visibili che hanno acceso legittime speranze di pace, continuano ancora nel mondo micidiali conflitti; appaiono nuovi “punti caldi”; si manifestano perfino tra i cristiani, pur chiamati dal Vangelo all’amore, incomprensioni, accuse e condanne vicendevoli. Appare necessario, quindi, pregare perché Dio conceda al mondo il dono della pace la quale, pur essendo certamente opera degli uomini, per cui pesa su di loro il grave compito e la responsabilità di costruirla e difenderla superando gli egoismi, gli antagonismi e le rivalità, è anche opera e dono di Dio. Egli, infatti, ha deposto nel cuore dell’uomo il desiderio della pace ed è lui che ci spinge a collaborare, ognuno secondo le proprie capacità e funzioni, a edificare la pace. Ogni cosa che a noi viene donata, ci viene concessa per mezzo di Cristo (Rm 8,32) ed è solo quindi che per mezzo di Lui anche la pace ci viene concessa. Maria, ha dato la vita a Cristo, ed è divenuta, quindi, la madre di Colui che è il Principe della pace (Is 9,5), nato sotto il segno della pace (Lc 2,14) e che l’ha solennemente proclamata al mondo, chiamando i “pacifici” figli di Dio (Mt 5,9).  La S. Scrittura, mostra Maria sensibile verso le necessità umane e sollecita nel prestare loro il suo materno aiuto (Gv 2,15). Ancora oggi, la Vergine non ha deposto questa sua funzione materna, ma continua a intercedere presso il Figlio, per cui si unirà a noi nell’invocazione della pace e ascolterà le nostre preghiere che la chiedono.4 Tutti, dunque, sono invitati a ricorrere alla Vergine perché ci venga concessa la pace e tutti sono chiamati ad imitarla, divenendo essi stessi operatori di pace e portatori della salvezza di Cristo nel mondo. I figli della Chiesa, bambini, giovani, anziani, adulti, anime consacrate, malati, sacerdoti e vescovi preghino la Vergine perché sia fruttuosa l’opera di coloro che lavorano per la pace; perché sorgano ovunque veri operatori di pace e di riconciliazione; perché gli uomini, vivano nella concordia, chiamati come sono da Cristo a formare un solo popolo e a vivere nell’unità e nella fratellanza (Gv 11,52). Sia il Rosario la preghiera con cui si invoca dalla Vergine il dono della pace e sia la meditazione dei misteri della vita di Cristo e di Maria di questa preghiera pubblica e universale, a spingere i cristiani a diventare operatori di pace in una civiltà fondata sull’amore.5
Secondo Paolo VI il Rosario esercita, dunque, un ruolo di conforto e pacificazione molto importante nel mondo attuale, non come toccasana o un amuleto carico di forza magica, ma come un molteplice influsso positivo che contribuisce alla guarigione spirituale dell’uomo. Esso, come ha approfondito Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Rosarium Virgins Mariae, è un esercizio di fiducia e di abbandono mistico nelle mani di Dio, nelle prove e preoccupazioni che non mancano nella vita; è una via che conduce all’interiorizzazione e fa rientrare in sé stessi; è come una terapia contro l’ansia, lo stress, la violenza, l’egoismo e le inquietitudini della vita moderna.6
L’esortazione apostolica Recurrens mensis october, si colloca, quanto al contenuto e alla forma, più in linea con le encicliche Mense maio e Christi matri che non con le altre esortazioni apostoliche Signum magnum e Marialis cultus, di ben altra natura, contenuto e finalità, che segneranno un superamento per qualità teologico–liturgica e prospettica rispetto ai documenti precedenti e che appariranno fortemente in empatia e in continuità dinamico–creativa della Sacrosantum concilium e della Lumen gentium del Concilio Vaticano II.7 Essa, come le due encicliche, sembra essere stimolata non soltanto dalla situazione internazionale oscura e minacciosa come se fosse vicina a scoppiare,8 ma anche dalla volontà di continuare, pur con un documento esiguo nella forma e semplice nel testo, una consolidata tradizione ecclesiale e magisteriale. Su questo sfondo, la Recurrens mensis october si propone come istanza appassionata di pace, sostenuta dalla viva e lunga esperienza di fede e di insegnamento della Chiesa.9

NOTE
1. Cfr. G. Colombo, L’azione direttiva di Paolo VI riguardo alla pietà mariana, op. cit., 56-57; S. M. Perrella, Rosarium Beatae Virginis Mariae «Totius Evangelii Breviarum», op. cit., 467-503.
2. Il 17 settembre 1569, Papa Pio V pubblica la bolla Consueverunt romani Pontifices  nella quale spiega l’origine del Rosario, il nome, gli elementi essenziali, gli effetti, la fecondità spirituale il modo adeguato per diffonderlo. Egli definisce il Rosario un modo piissimo di orazione e di preghiera a Dio, modo facile e alla portata di tutti, che consiste nel lodare la beata Vergine ripetendo il saluto dell’Angelo per 150 volte, quanti sono i salmi del Salterio di Davide, interponendo a ogni decina il Padre nostro, con determinate meditazioni illustranti l’intera vita del Signore Gesù Cristo. (Cfr. Pio V, Consueverunt Romani Pontifices, bolla del 17 settembre 1569, in Acta Sanctae Sedis Pro Societari SS. Rosarii, vol 1, pars I-II, Lugduni 1891, 75-82). Nello stesso anno il Papa autorizza l’introduzione della seconda parte dell’Ave Maria. Il 5 marzo 1572 con la bolla Salvatoris Domini riconosce che la Cristianità ha ottenuto la vittoria contro i Turchi invocando la Vergine con il Rosario e concede l’indulgenza plenaria a quanti visitano il 7 ottobre a Martorell la cappella del Rosario, eretta da Ludovico di Requasens, che era stato uno dei comandanti di Lepanto. Nel Concistoro del 17 marzo 1572, il Papa esprime il desiderio di voler istituire una Commemoratio sanctae Mariae de Victoria da celebrarsi il 7 ottobre a ricordo della vittoria di Lepanto. Fu Gregorio XIII, successore di Pio V, a realizzare il desiderio del suo predecessore morto prematuramente. Con la bolla Monet Apostolus del 1 aprile 1573, il Papa istituisce la festa del Rosario da celebrarsi la prima domenica di ottobre in tutte le chiese in cui si trova una cappella o almeno un altare dedicato alla Vergine con questo titolo (Cfr. S. M. Perrella, Rosarium Beatae Virginis Mariae «Totius Evangelii Breviarum», op. cit., 446-466).
3. Cfr. Paolo VI, Recurrens mensis october, in EV, 3, nn. 1612–1615; S. M. Perrella, Il Rosario nel magistero dei papi: da Leone XIII a Giovanni Paolo II,  op. cit., 132-133.
4.A tutti è nota l’efficacia del Rosario per ottenere l’aiuto materno della Vergine (Cfr. Pio XII, Ingruentium malorum, in EdE, 6, n. 877). Il ricorso che noi facciamo con la preghiera a Maria si fonda sul potere della sua materna intercessione che lei esercita a nostro favore presso Dio, potere che in nessuna altra preghiera appare così vivo come nel Rosario, perché proprio in questa preghiera i disegni divini, le funzioni (Cfr. Leone XIII, Iucunda semprer, in EdE, 3, n. 1192) e i grandi meriti che hanno unito Maria all’opera della nostra riconciliazione e salvezza vengono messi, attraverso la contemplazione, in grande risalto (Cfr. Leone XIII, Fidentem piunque, in EdE, 3, 1284 – 1285) e quasi attualizzati. (Cfr. Leone XIII, Iucunda semper, in EdE, 3, n. 1199). Così, nel Rosario, contempliamo Maria come colei che dispensa i divini carismi nella casa di Elisabetta; presenta il Figlio ai pastori, ai re, a Simeone; dona la sua carne e il suo sangue a Colui che con le sue sofferenze paga il prezzo della nostra salvezza; trova grazia presso Dio e ne è in abbondanza ricolmata perché tale sovrabbondanza si spandesse sugli uomini; è unita al Signore col vincolo più stretto possibile; è benedetta fra le donne; toglie di mezzo la maledizione e porta la benedizione, ossia il frutto del suo seno nel quale tutte le genti sono benedette. Attraverso il Rosario la riconosciamo come la Madre di Dio che, in virtù di tale sublime dignità, intercede per noi, in vita e in morte, per ottenerci i doni della grazia (Cfr. Leone XIII, Fidentem piunque, in EdE, 3, n. 1289) e comprendiamo che lei è potente, amorevole, benigna e pietosa, solo perché madre di Colui in cui risiede ogni potere. (Cfr. Leone XIII, Octobri mense, in EdE, 3, nn. 948-950) Contemplando la cooperazione di Maria all’opera della nostra salvezza, l’orante viene animato da commossa confidenza e desidera rifugiarsi sotto la sua protezione, sicuro di essere accolto e ascoltato da Colei che, invocata nelle necessità, non ha mia abbandonato nessuno. Il Rosario attira le grazie e i favori di Maria, (Cfr. Leone XIII, Iucunda semper, in EdE, 3, nn. 1193 – 1196). il suo materno aiuto, la sua compassione e ottiene l’intervento della sua materna e supplice intercessione, (Cfr. Leone XIII, Supremi apostolatus, in EdE, 3, nn. 350–353) soprattutto nel guidarci ad  una più autentica vita vissuta secondo i dettami del Vangelo e a professare con rettitudine la nostra fede. (Cfr. Leone XIII, Superiore anno, in EdE, 3, nn. 437–438)). Papa Urbano IV affermava che da una simile preghiera, con cui si rende onore a Dio e alla Vergine, il popolo cristiano riceve ogni sorta di benefici, mentre Gregorio XIII poteva chiamarla preghiera eccellente per implorare l’intercessione materna di Maria. (Cfr. Leone XIII, Supremi apostolatus, in EdE, 3, nn. 350 – 353). Leone XIII col forte e suadente richiamo delle sue encicliche, tornò più volte ad invitare il mondo cristiano alla recita costante del Rosario, proponendolo come sacra e benefica meditazione, nutrimento spirituale e mezzo potente per ottenere i doni di Dio tramite l’intercessione della Santa Vergine.(Cfr. Giovanni XXIII, Il religioso convegno, in EdE, 7, n. 1244) La rapidità con cui il Rosario si è diffuso dimostra la certezza di queste affermazioni. (Cfr. Leone XIII, Magnae Dei matris, in EdE, 3, 1036). Chiunque studia con diligenza gli annali della Chiesa, vedrà facilmente congiunti i grandi benefici accordati alla Chiesa con il valido patrocinio della Vergine Madre di Dio, alla quale i nostri padri si sono sempre rivolti con animo fiducioso, ottenendo il ritorno di tempi sereni. (Cfr. Pio XI, Ingravescentibus malis, in EdE, 5, 1329–1330). La ragione per cui tutto questo avviene è insita nella natura del Rosario stesso, preghiera con la quale confermiamo la nostra riconoscenza a Maria per la parte che ebbe nell’opera della nostra salvezza. Il ricordo di questi importanti avvenimenti, richiamati con frequenza ed amore, suscita in Maria nuova sollecitudine e pietà verso di noi, (Cfr. Leone XIII, Iucunda semper in EdE, 3, 1203) per cui, pur esistendo diversi modi di invocare la Vergine, il Rosario rimane la preghiera migliore e più efficace per ottenere la sua materna intercessione e il suo aiuto. (Cfr. Pio XII, Ingruentium malorum, in EdE, 6, nn. 882–883). Costatando i grandi benefici elargiti dalla Vergine per mezzo del Rosario, il cuore cristiano si sente animato da grande fiducia e spera di ottenere da Dio, per mezzo di Lei, protezione alla Chiesa, prosperità e pace per il mondo, (Cfr. Leone XIII, Iucunda semper, in EdE, 3, n. 1203) la conservazione e la custodia dei fondamentali valori sui quali riposano la sicurezza e la salvezza della società umana. (Cfr. Leone XIII, Superiore anno, in EdE, 3, n. 437). Ella, infatti, si piegherà sempre con dolcezza materna per allevare le sofferenze dei suoi figli rendendole anche meritorie davanti a Dio, (Cfr. Pio XI, Ingravescentibus malis, in EdE, 5, nn. 1329–1330). Ella conosce e valuta tutte le cose che ci riguardano, sia le necessità della vita, sia i pericoli che ci minacciano e, soprattutto, gli sforzi che dobbiamo compiere per raggiungere, con la grazia di Dio, la nostra salvezza. (Cfr. Leone XIII, Magnae Dei matris, in EdE, 3, nn. 1034–1036).
5. Cfr. Paolo VI, Recurrens mensis october, in EV, 3, nn. 1612–1615.
6. Cfr. Giovanni Paolo II, Rosarium Virginis Mariae, in AAS 95 (2003), 5-36; S. De Fiores, Riflessi antropologici del Rosario in AA.VV. Contemplare Cristo con Maria, op. cit., 216–218.
7. S. M. Perrella, Il Rosario nel magistero dei papi: da Leone XIII a Giovanni Paolo II,  op. cit. 132–133.
8. Gli anni Sessanta sono quelli della guerra del Vietman, dell’uccisione dei due Kenney (1963 e 1968) e Martin Luther King (1968), del conflitto Israele – Egitto (1967) con le relative ripercussioni e tensioni.
9. Cfr. G. Colombo, L’azione direttiva di Paolo VI riguardo alla pietà mariana, op. cit., 56-58.

 

Inserito Mercoledi 15 Ottobre 2014, alle ore 10:37:14 da latheotokos
 
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