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  La maternità verginale di Maria 
DogmiDa: S. M. Perrella, Il parto verginale nel dibattito teologico ontemporaneo (1962-1994), Marianum, Roma 1994.

Introduzione

MARIA MADRE DI DIO
La Chiesa crede che Maria è la Theotokos, cioè la Madre di Dio in senso vero e proprio. Questa verità, professata ufficialmente dal Concilio di Efeso nel 431, è intimamente collegata al mistero dell'Incarnazione del Verbo di Dio che da Lei assunse veramente la natura umana. Dire che Maria è Madre di Dio, significa professare la propria fede in questo evento storico - salvifico: il Verbo di Dio, incarnandosi, unì ipostaticamente alla sua persona divina la natura umana, ben distinta dalla natura divina. Egli ha dunque due nature piene reali e distinte, quella umana e quella divina, armoniosamente composte nella sua unica persona, quella di Verbo di Dio. Maria che genera alla vita secondo la natura umana la persona del Verbo di Dio, è veramente sua madre, è Madre della Seconda Persona della SS. Trinità secondo la carne ed è, di conseguenza, vera Madre di Dio.

PERPETUA VERGINITÀ DI MARIA
Che cosa crediamo professando la perpetua verginità di Maria? Crediamo che Maria ha concepito, generato e partorito come uomo, senza la cooperazione biologico/storica di un uomo (= sine virili semine) il Figlio dell'eterno Dio, in virtù dello Spirito Santo. A questa affermazione si aggiunge la dottrina che Maria, dopo aver partorito in stato di verginità il proprio Figlio, è vissuta verginalmente anche dopo la nascita di Cristo, sino alla fine della propria esistenza. Il mistero della verginità è però un mistero unico che deve essere ricondotto alla sua fontale unità: la condizione divina del Verbo esige una concezione verginale; il carattere verginale della concezione si prolunga nel parto, parto vero e sacralizzante, in cui l'integrità della Madre diviene anch'essa segno della divinità del Figlio; dalla concezione e dal parto verginale consegue la perfetta dedicazione di Maria a Dio che ne ha fatto il suo inviolabile santuario. Con questa consacrazione è iniziata la divinazione dell'uomo riscattato da Cristo e ricondotto nella luce della pienezza di Dio: la Vergine Madre diviene così anche l'icona della nuova creazione e della creatura in cui in pienezza si attuano tutti i frutti della Redenzione

La verginità di Maria e il mistero di Cristo

La teologia cattolica insegna che la verginità di Maria fu un’esigenza della trascendenza del Figlio di Dio, della sua relazione eterna e primordiale con il Padre e della sua relazione singolare con questa sua madre. La sua fu una vera nascita, egli divenne veramente uomo, ma senza alterare la sua trascendenza che doveva essere manifestata anche nella sua immanenza corporea. La presenza di un padre corporeo avrebbe offuscato la sua rivelazione di Figlio eterno ed unico del Padre, il suo essere oggetto eterno di un’unica filiazione. Ecco perché, per Lui la paternità umana non poteva non essere che adottiva ed ecco perché la sua concezione umana non poteva non essere che verginale.
Era necessario dare un segno che quella nascita al tempo del Figlio di Dio era qualcosa che andava oltre la natura perché veniva dal Dio trascendente, ma nello stesso tempo era secondo la natura per la sua reale e autentica inserzione umana, materiale e materna. Sia Matteo che Luca nei loro capitoli 1 e 2, hanno inserito, anche se in modo diverso, la nascita verginale di Gesù al centro del loro Vangelo dell’infanzia. Non hanno elaborato un’idea o rielaborato un mito, ma l’hanno riconosciuta come un fatto realmente accaduto. I primi ad essere sorpresi sono stati proprio gli evangelisti che hanno dovuto scrivere cose che andavano controcorrente alle idee comuni e al loro stesso progetto. Il loro progetto era quello di dimostrare che Gesù era il vero Messia, il Figlio di Davide secondo i profeti, attraverso un piccolo e sconosciuto discendente quale era Giuseppe. La ricerca delle fonti a Gerusalemme per Luca e forse a Nazaret per Matteo, faceva loro scoprire che Giuseppe non era il padre genetico di Gesù. Questo rendeva difficoltosa la loro dimostrazione per cui furono costretti a riflettere a lungo per scoprire che Gesù era il Messia più perché Figlio di Dio che perché figlio adottivo di Davide. Hanno dovuto, costretti dalla realtà dei fatti, annunciare una verità profonda, quella della concezione verginale, controcorrente rispetto all’opinione non solo giudaica ma anche pagana secondo cui affermare una concezione verginale era, come è oggi, oggetto di derisione. Giudei e pagani parlarono di adulterio.
“Teologicamente, gli evangelisti hanno capito questo fatto misterioso in funzione del dono di Dio: del Cristo, Figlio di Dio (Lc 1,32 e 35), ‘Dio con noi’ (Mt 1,23) e di Maria, sua Madre, tipo e consacrazione ad opera dello Spirito (Mt1,18-20 e soprattutto Lc 1,35):
Vergine volontaria, preparata da Dio per questa consacrazione (Lc 1,34)”. Essi hanno affermato questa stupenda verità, al di fuori dei modelli comuni ed hanno saputo sapientemente evitare quello che avrebbe potuto assimilare questo mistero ai matrimoni erotici tra dei e dee, cioè alle teogamie. Maria non è per loro la sposa di Dio ma la promessa sposa di Giuseppe; nel loro racconto sulla concezione e la nascita verginale, gli evangelisti evitano di parlare di Dio come Padre, come faranno invece per il resto del Vangelo, perché Dio non è il padre umano, genetico, fecondatore secondo il modello delle religioni cosmiche. Anche se lo Spirito Santo opera in Lei, Maria non è nemmeno chiamata sua sposa. In ogni caso nelle lingue semitiche Spirito (Ruah) è femminile, cosa che elimina automaticamente qualsiasi riferimento ad una teogamia. Lo Spirito non è presentato come il fecondatore del seno di Maria, ma come attestante l’origine trascendente, puramente divina del Figlio di Maria. Gli Evangelisti, insomma, hanno cercato di esprimere in maniera originale la sorprendente verità della venuta del Figlio di Dio sulla terra senza padre genetico, verità confermata poi da tutto il Nuovo Testamento in cui Gesù non viene riferito ad altro Padre che a Dio, salvo le rarissime referenze, sempre ben precisate, alla paternità adottiva di Giuseppe. Marco che non ha esplicitato la concezione verginale, evita tuttavia di nominare Giuseppe; Paolo chiama Gesù “nato da donna”, non da un uomo; Giovanni considera in una unica prospettiva la progressione della nascita eterna nel tempo: sempre verginale, attraverso l’Incarnazione del Verbo fatto carne, e attraverso la nascita battesimale “né da sangue né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio (1,13).

Spiegazione dei due dogmi

1. La questione del dogma
La Chiesa cattolica riconosce la propria capacità di proclamare la fede ad ogni generazione in modo autorevole. I dogmi sono queste proclamazioni per le quali la stessa Chiesa si assume ogni responsabilità.
Il dogma si può definite una verità divinamente rivelata, proclamata come tale dall'autorità docente infallibile della Chiesa, e quindi vincolante per tutti i fedeli senza eccezione alcuna. A partire dalla fine del secolo XIX, il dogma è stato sottoposto a feconde ma anche irriverenti ermeneutiche filosofiche, bibliche, teologiche e socio - culturali che hanno voluto indagare sul suo significato originale, il suo contesto storico, il suo senso per l'uomo di oggi. Questa esasperata analisi è stata influenzata dal soggettivismo e dallo storicismo tipici della cultura contemporanea che a loro volta hanno anche influenzato alcune correnti teologiche che, per quel che concerne il "senso dei dogmi", li hanno come una prigione della verità rivelata e non come una nuova base di partenza, con punti fermi irrinunciabili, per l'approfondimento teologico.
Maria è presente nel dogma cristiano a motivo della sua imprescindibilità per la retta e completa confessione ecclesiale del Natus ex Virgine. Infatti, l'Incarnazione è l'evento trinitario grazie al quale concretamente Dio è entrato nella nostra storia. Da qui l'importanza eccezionale dell' ex Virgine. Grazie alla maternità della Vergine di Nazaret, Dio è diventato una volta per tutte l'Emmanuele, il Dio con noi. Tale confessione di fede è sintesi di tre testimonianze bibliche: quella di Matteo 1,18-25, in chiave ecclesiale; quella di Luca 1,26-38, in prospettiva trinitaria; quella di Giovanni 1,13 ss, in dimensione sacramentaria/tipologica. Teniamo conto, inoltre, di due elementi essenziali: la testimonianza originaria e normativa della Scrittura, l'organicità e l'unità di tutto il dogma cristiano per cui nessuna verità è a se stante, ma ogni dato costituisce con gli altri un tutto organico. Anche l'asserto mariologico rivela la sua importanza dal nesso che possiede con il centro della fede e, a sua volta, disvela e conduce alla verità cristologica.

2. Fondamenti biblici e neotestamentari
Le asserzioni di fede, poiché dipendono e sono al servizio della Parola rivelata, non possono sussistere se non sono radicati in essa.. Ma non tutte le dottrine professate dalla Chiesa possiedono il medesimo rapporto con al Parola rivelata: alcune sono una sua trascrizione diretta; altre rappresentano uno sviluppo che li collega in una posizione meno immediata. Quali sono le cause che hanno agito sullo sviluppo del dogma mariano nella Chiesa? Sono quattro:
La professione della verità cristologica;
La difesa di questa verità dall'attacco delle eresie;
La necessità di proporre un modello significativo della consacrazione della creatura al creatore;
Lo sviluppo del culto a Maria
a) Maria Madre di Dio
Nella Sacra Scrittura, formalmente parlando, e nei documenti patristici dei primi secoli, non si trova l'espressione "Madre di Dio", però vi si legge che Gesù è figlio di Dio e della Vergine Maria. Maria è chiamata "madre di Gesù", "sua madre", "Madre del Signore", suo figlio viene confessato "Figlio di Dio". Il titolo venne attribuito a Maria nel III secolo e si diffuse universalmente nel IV secolo. Ma la realtà della maternità divina è indissociabile dalla fede trasmessa dalla tradizione biblica neotestamentaria, approfondita poi dal magistero della Chiesa.
b) La verginità di Maria
Essa ci è attestata dai testi biblici che è necessario leggere con la Chiesa, alla luce della sua tradizione, quale si esprime nella professione di fede. I vangeli ci rivelano la verginità di Maria, almeno quella relativa alla concezione di Cristo, e ne fanno un mistero/evento inserito in quello dell'incarnazione del Verbo redentore. Luca attesta il concepimneto verginale di Gesù come segno della filiazione divina. Ma egli ci dice che tale concepimento era sconosciuto alla gente: "era figlio, come si credeva, di Giuseppe"(Lc 3,23). In che modo gli Apostoli hanno preso coscienza di questo fatto? Non lo sappiamo, ma per la fede è sufficiente che lo abbiamo compreso per la grazia della divina Rivelazione, dopo la resurrezione di Gesù, come una verità implicata nel riconoscimento della filiazione divina eterna di Gesù. Alcuni esegeti (de la Potterie, Serra, Galot..) vedono attestata in alcuni brani neotestamentari (Mt 1, 18-25, Lc 2,6-7, Gv 1,13 al singolare) anche il parto verginale di Maria.
La verginità dopo il parto sembra per alcuni esegeti essere attestata dalla Scrittura per altri no. Il documento di Dombes ritiene che "sul piano esegetico è impossibile provare che i fratelli e le sorelle di Gesù fossero figli di Maria e quindi lo fossero in senso stretto, ma nemmeno che si tratti della famiglia in senso lato cioè composta da cugini e cugine".

3. Il dogma nell'insegnamento della Chiesa
Le affermazioni dottrinali (simboli di fede, concili ecumenici, dottrina dei Padri, magistero e liturgia ecclesiale, senso dei fedeli), relative alla Vergine di Nazaret, hanno origine, senso e centro nel ruolo che essa possiede nella storia della salvezza e, in particolare, nel suo singolarissimo rapporto con Gesù Cristo vero Dio e vero uomo, del quale ella è la madre verginale secondo la carne. Il dogma ecclesiale dei primi sette secoli ha conosciuto delle eresie e degli errori che hanno stimolato la Chiesa ad approfondire e conoscere meglio il proprio credo.
Il dogma della maternità divina è sorto come approfondimento e retta regolazione del mistero di Cristo. Avendo generato il Figlio di Dio secondo la carne, Ella è veramente Madre di Dio, della persona del Figlio, nato nel tempo e dall'eternità generato dal Padre. L'errore di Nestorio che considerava le due nature umana e divina del Verbo solo moralmente e non ipostaticamente unite, negava a Maria il titolo di Theotokos per riconoscerle solo quello di Christotokos, essendo solo madre della persona umana di Cristo. Il Concilio di Efesto del 431 condannò la tesi di Nestorio affermando l'unione perfetta delle due nature nell'unica persona del Figlio di Dio, per cui Maria che dà la natura umana alla persona del Verbo, è Madre reale del Verbo e cioè Madre di Dio. Il titolo di Maria fa parte perciò del dogma cristologico e ne è parte essenziale: se Maria non è madre di Dio, il verbo incarnato non è vero uomo. Molti concili successivi e papi accolsero gli anatematismi di Efeso come espressione autentica della fede cristiana, per cui il titolo di Efeso acquistò valore di dogma e come tale fu ripreso nella definizione del Concilio di Calcedonia del 451 e dal Concilio Costantinopolitano II del 553. La maternità divina di Maria è rimasta la pietra angolare dell'ortodossia cristologica, essendo tale asserto ecclesiale ed ecumenico inseparabile da quello dell'incarnazione del Verbo preesistente.
Per quanto riguarda l'asserto ecclesiale circa la verginità di Maria i più antichi simboli battesimali confessano "Gesù Cristo nato dalla Vergine Maria":
Simbolo degli Apostoli: "…e in Gesù Cristo suo unico Figlio nostro Signore, che fu concepito di Spirito Santo e nacque da Maria Vergine";
Simbolo di S. Epifanio (374): "….noi crediamo nel Figlio di Dio che per noi uomini e per la nostra salvezza, è disceso e si è incarnato, cioè è stato generato perfettamente da santa Maria, la Semprevergine, per lo Spirito Santo; che si è fatto uomo….senza venire da un seme d'uomo";
Concilio niceno - costantinopolitano (381): "…per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo".
Concilio di Calcedonia (IV ecumenico 451): "….generato dal Padre prima di tutti i secoli, secondo la divinità, ma nato in questi ultimi giorni, per noi e per la nostra salvezza, da Maria, la Vergine, Madre di Dio, secondo l'umanità";
Concilio Lateranense (649):indetto e presieduto da Papa Martino V per condannare l''resia dei monoteliti, difende la maternità divina e la perpetua verginità di Maria nel canone III;
Concilio Lateranense IV (1215): riconosce "…il Figlio unico di Dio, concepito da Maria Semprevergine con la cooperazione dello Spirito Santo";
La Costituzione apostolica "Cum quorandum" di Paolo IV (1555): ".. con la nostra santa autorità…….chiediamo e ammoniamo ritornare sui loro errori dogmatici…quelli che affermano o che il nostro Signore non è stato concepito di Spirito Santo secondo la carne, nel senso della beata e Semprevergine Maria, ma che lo è stato come gli altri uomini e dal seme di Giuseppe….o che questa stessa beata Vergine Maria non è veramente Madre di Dio e non è rimasta integralmente vergine prima, durante e dopo il parto….".
Senza dubbio molte di queste dichiarazioni non impegnano il magistero infallibile della Chiesa ed è vero che se le professioni di fede proclamano la verginità di Maria, questa non è stata mai in senso formale/giuridico oggetto di alcuna definizione dogmatica. Ma anche altre verità pur fondamentali per la fede, come la resurrezione stessa di Cristo o la stessa redenzione non sono state definite e sarebbe irragionevole negarle. Non si può contestare la verginità di Maria solo perché manca la definizione formale!

4. Che cosa crediamo professando la perpetua verginità di Maria?

Queste verità: Maria ha concepito, generato, partorito come uomo, senza la cooperazione biologico/storica di un uomo (= sine virili semine), il Figlio dell'eterno Dio in virtù dello Spirito Santo. A questa affermazione si aggiunge la dottrina che Maria ha partorito il proprio Figlio in stato di verginità e che è vissuta verginalmente anche dopo la nascita di Cristo, sino alla fine della propria esistenza. Il mistero della verginità è però un mistero unico che deve essere ricondotto alla sua fontale unità: la condizione divina del Verbo esige una concezione verginale; il carattere verginale della concezione si prolunga nel parto, parto vero e sacralizzante, in cui l'integrità della madre diviene anch'essa segno della divinità del Figlio; dalla concezione e dal parto verginale, consegue la perfetta dedicazione di Maria a Dio che ne ha fatto il suo inviolabile santuario. Con questa consacrazione è iniziata la divinazione dell'uomo riscattato da Cristo e ricondotto nella luce della pienezza di Dio: la Vergine Madre diviene così anche l'icona della nuova creazione e della creatura in cui in pienezza si attuano tutti i frutti della redenzione.

Significati della verginità di Maria

Da due secoli in qua la sconcertante verità di Maria Madre e Vergine, è stata oggetto di accanite critiche. Proprio contro questo dogma è stato usato un tale lavoro di erosione metodico, sistematico perseverante e ingegnoso, che anche nello spirito degli stessi cristiani questa verità preziosa ne è rimasta oscurata. Questa lotta contro la Verginità di Maria si basa soprattutto su dei presupposti culturali tra cui, oltre al razionalismo e l’idealismo, c’è anche l’esaltazione della sessualità come uno dei valori supremi dell’uomo e ridotta alla sola libido come suo costituente fondamentale. L’esegesi scientifica ha tentato di negare l’autenticità dei versetti in nome della critica testuale; si è parlato di mitologie, mentre i vangeli sono in aperto contrasto con la fantasia degli Apocrifi; si è detto da parte delle femministe che la verginità è un insulto al piano creativo di Dio, alla sessualità, alla famiglia, ecc. Non si è voluto capire che se per Cristo siamo di fronte ad una modalità diversa, è perché la nascita del figlio di Dio è un’altra cosa. Non aveva bisogno di genitori che gli dessero l’esistenza personale perché preesisteva. Egli veniva come Dio tra gli uomini e solo per questo riceve l’umanità. I Padri lo hanno ben compreso questo. S. Agostino afferma : “Se un Dio doveva nascere, non poteva nascere che da una Vergine e se una Vergine doveva partorire non poteva dare alla luce altri che Dio” (De Trinitate 13, 18-23).
Quali sono i reali e profondi significati di questa verità?
Anzitutto il dogma esprime la trascendenza di Dio. La verginità di Maria manifesta che la persona del Figlio di Dio, non può avere che un solo Padre. “Un solo Figlio non può nascere da due padri” - scrive Proclo nel suo Sermone I sulla Natività – “Colui che è senza madre nei cieli è senza padre sulla terra”. La verginità di Maria doveva a tutti manifestare la divina provenienza del suo nato.
La verginità di Maria è anche un segno della preesistenza del Cristo: la Vergine dà alla luce il Verbo mediante il suo corpo, ma ella non dà inizio alla divinità quando partorisce. Fa solo apparire agli uomini il Dio fatto uomo.
La verginità di Maria è il segno delle nuove nozze, della nuova alleanza, della nuova creazione annunciata dai Profeti: un mondo nuovo, oltre il peccato e santificato dallo Spirito, e al di là delle procedure di questo mondo La nuova creazione non poteva non cominciare
come la prima, cioè ad opera di Dio soltanto. Per l’iniziativa umana e maschile non c’è posto – dice Laurentin – in questa nascita straordinaria in cui Dio nasce per fare nuove tutte le cose.
Ed ancora la Verginità di Maria è un segno dell’Agape che trascende l’eros; della liberalità di Dio che deliberatamente rinuncia ai mezzi di questo mondo per comunicare la Buona Novella del Regno ai poveri; della dignità personale di Maria che, scelta da Dio, rispose liberamente e volontariamente alla chiamata offrendo tutta se stessa, anima e corpo, al servizio del Signore che viene, non soltanto prima, ma anche durante e dopo il parto del Figlio suo. Venendo a questo mondo il Figlio di Dio – dicono i Padri – è divenuto quello che non era (= uomo) senza cessare di essere quello che era (=Dio), e Maria è divenuta quello che non era (= Madre) senza cessare di essere quello che era (= Vergine).

Inserito Lunedi 14 Settembre 2009, alle ore 15:52:01 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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